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Autore: Juliet Leben22    09/01/2016    1 recensioni
Castiel ha richiamato i suoi fidati cacciatori per assegnargli una missione di vitale importanza che potrà cambiare l'esito di alcuni loro scontri: dovranno proteggere una ragazza, dal carattere forte con sfumature velate di fragilità, con un potere molto speciale.
Riusciranno i due fratelli a compiere la missione e a fermarsi solo alla sua "protezione"?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Crowley, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più stagioni
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Capitolo 13°”Desire”

 
Una voce la stava chiamando ininterrottamente, imprecando.
Era una voce rude, ma era apprensiva e colma di emozioni. Stava tremando.
Pian piano, quella voce la condusse a sbattere le palpebre, mettendo a fuoco la situazione. Avvertì immediatamente del liquido caldo colarle sul mento e un dolore lancinante alla bocca.
-Dean!- fu la prima cosa che riuscì a dire, nonostante il male.
Sicuramente, il pugno doveva averle rotto il labbro.
-Ellie, sono qui! Guardami!-
Curvò il collo, riconoscendo immediatamente il ragazzo a pochi metri da sé.
-Dean…- sbiascicò.
Il ragazzo era a petto nudo, indossava solo i pantaloni e vari sbreghi gli sferzavano il bel corpo.
-Ellie, stai bene?-
Sospirò. –Mi dispiace non essere riuscita a salvarti-
-Se usciamo vivi di qui, ti uccido e uccido anche Sam e Castiel. Cosa diavolo gli è venuto in mente di portarti qui?-
-Dean, io…-
Uno schiarimento di voce li riportò alla realtà. Entrambi si voltarono e riconobbero il Re dell’Inferno che indossava, sul suo solito smoking, un grembiule insanguinato. Era sangue vivo, fresco che era sicuramente di Dean.
Elenie cercò di strattonare il braccio, provando a liberarsi, anche se con scarso successo.
-Calmati, pantera!-esclamò Crowley, vedendo la ragazza- tanto non riuscirai a romperle.-
-Che ne sai?-
-Ah, perché oltre che innamorata, sei anche wonder woman?-
Lei abbassò lo sguardo, immobilizzandosi.
Dean non ebbe nemmeno la forza di irrigidirsi, ma scambiò uno sguardo fugace con Ellie, facendole capire di stare tranquilla.
Ora, doveva pensare ad un modo rapido e poco doloroso per farla uscire di lì.
Il Re dell’Inferno prese il ferro che prima aveva impregnato la pelle del biondo e si avvicinò verso di lei.
-Questo farà un po’ malino, ma vedila così… potrei risparmiarti questo sfregio se mi dirai il segreto della tua trasformazione… prima di portarti via dal tuo amato. Oh, è così doloroso vedervi entrambi legati…- disse ilare.
-Sei un figlio di puttana! Lascialo andare!- esclamò Elenie, arrabbiata, strattonando le catene.
Ridacchiò, sempre più forte. –Te lo concedo, Dean, mi piace. È agguerrita… tosta… ma mi sa che se non te la sei goduta abbastanza è un tuo problema- sollevò la maglia della ragazza e appoggiò velocemente il ferro incandescente sulla sua pancia.
Il dolore della carne a contatto col fuoco era indescrivibile, ma Ellie non urlò, strinse i denti e strizzò gli occhi.
Dopo quattro segni sull’addome- la maglietta era stata fatta a brandelli-, Crowley comprese doveva usare altri mezzi per farla parlare e che la tortura non era abbastanza.
Spostò il ferro da sotto il seno della ragazza e lo impresse sul petto del ragazzo che digrignò i denti, ma non urlò.
Elenie tirò le catene, cercando di avvicinarsi a lui. –SMETTILA! Non ero io ciò che volevi? Sono qui!- esclamò, provando a farlo desistere.
Aveva trovato il mezzo che cercava: Dean era la motivazione per cui lei gli avrebbe detto tutto.
-Non… dire… niente…- sussurrò il ragazzo dagli occhi verdi, mentre provava a non gridare.
L’odore della pelle bruciata era nauseante, vomitevole, ma Ellie si fece forza.
-Non te lo ripeterò un’altra volta… lascialo stare!- esclamò, avvertendo al polso destro un dolore lancinante.
La catena le aveva reciso la carne, perciò il sangue cominciò a scorrerle sul braccio.
-Ellie… no-
-Avanti, Elenie… non vorrai costringermi a ucciderlo solo per farti parlare!- lo sfregiò con il coltello e Dean, a quel punto, urlò, senza riuscire a soffocare il grido.
Una lacrima scese sul viso della ragazza. –Punisci me- sussurrò, come fosse una supplica.
-Cosa? Non ho sentito bene…- si avvicinò Crowley.
-Punisci me, non lui, ti prego.-
L’aveva piegata.
Si avvicinò a lei, sfiorandole la pelle non bruciata e guarendogli il labbro spaccato. Lei chiuse gli occhi, girando il capo.
Ridacchiò. -Non ancora. Mi sto divertendo ancora un po’.-
Ellie indossava solamente i pantaloni e un reggiseno bianco, che faceva da contrasto su quella pelle ormai colma di segni e sfregi. Tremava di dolore, ma non diceva nulla.
Il suo unico pensiero era quello di salvare Dean, Castiel e Sam che non sembravano arrivare.
-SMETTILA!- esclamò –Cos’altro vuoi?-
-Oh, io quello che voglio ce l’ho già. Perciò, ora ucciderò Dean e ce ne andremo via assieme. –
Una rabbia incontenibile la sommerse: aveva mentito. Anche Sam, le aveva mentito.
 Si sentiva impotente, arrabbiata. Il fuoco dell’ira la cosparse senza sapersi controllare.
Le iridi le divennero rosse e con un solo gesto spaccò le catene che la tenevano legata, recedendosi la pelle anche sul polso sinistro.
Crowley sogghignò, vedendola in azione. Era perfetta. Era proprio quello che gli avevano raccontato i suoi scagnozzi.
Si avvicinò verso il ragazzo e lo liberò, mentre il Re dell’inferno la guardava con stupore e malizia.
Con un fischio, richiamò altri demoni che comparvero nella stanza.
Erano in tre. Due la bloccarono e uno si avvicinò a Dean.
Erano troppi. Non sarebbe riuscita a sconfiggere Crowley, nemmeno se lo avesse desiderato ardentemente.
Riuscì però a divincolarsi dalla presa dei due soldati e si frappose tra il cacciatore e il Re.
Dean avrebbe voluto calmarla, rilassarla, ma sapeva perfettamente che se lei fosse tornata normale non avrebbero mai avuto scampo. Non ne sarebbero mai usciti vivi.
Sospirò e raccolse stancamente da terra il coltello. La superò, pronto a combattere nonostante faticasse a reggersi in pieni.
Castiel entrò nella stanza e uccise i due demoni. Il terzo tentò di ucciderlo alle spalle, ma Elenie lo uccise, prendendo a Dean il coltello, prima che potesse nuocere al suo migliore amico.
L’ex angelo prese l’arma dalle mani della ragazza che guardava il Re in modo truce. 
-Portala via, Dean!- esclamò.
–Sono io, Ellie. Sei al sicuro. Non permetterò a nessuno di farti del male…- sussurrò, vicino al suo orecchio.
Il ragazzo abbracciò Ellie dal dietro e lei si calmò, piano piano.
Le sue iridi tornarono ghiacciò e l’energia le si prosciugò, facendola svenire.
-Quindi è la rabbia… grazie per questa risposta, carissimi!- si teletrasportò e alla porta comparve Sam, trafelato.
Dean teneva ancorata- nonostante il dolore- a sé la ragazza, come se fosse una cosa sua che era stata osservata da chi non ne aveva il diritto.
-Dean…-
-Ne parliamo a casa, Sam. Ne parliamo a casa.-
 
 
Il viaggio fu breve, nonostante fosse calata la notte e Elenie dormisse tra le braccia di Dean. Respirava, ma era distrutta. Ogni volta che osservava quella pelle sfregiata, il cuore gli si stringeva in  una morsa.
I capelli ricci le cadevano sul corpo e lui pensava che anche così, con il corpo scempiato, fosse bellissima.
In macchina il silenzio era rimasto intatto per tutta la durata del ritorno a casa.
Una volta nel bunker, Castiel curò le ferite di Dean e Sam e poi si spostò per occuparsi della ragazza, ma Dean lo fermò.
-Me ne occupo io.- sancì, duro.
Il suo addome era completamente bendato e disinfettato, ora toccava alla ragazza che aveva appena aperto gli occhi.
-Dean…- sussurrò.
-Sono qui, Ellie- le accarezzò il viso.
-Stai bene? Sam e Cas?-
Annuì. –Stiamo tutti bene. Ora dobbiamo medicare te…-
-Io sto bene-
Era la bugia più carina che avesse mai detto, perciò lui sorrise.
-Riesci a tirarti su?-
Lei scosse la testa. –Mi sento il corpo come un macigno, che palle.-
In quei momenti la riconosceva, tanto da scoppiare a ridere.
La sollevò per il bacino, attento a non toccarle la pelle bruciata e se la caricò in spalla, pronto a portarla nella sua stanza.
-Non dormiamo assieme?- domandò, spontaneamente.
Lui la osservò e appoggiò la fronte contro la sua. –Devi riposare e non hai bisogno di un altro problema.-
-Per favore.- sussurrò e lui annuì, cambiando immediatamente tragitto.
L’appoggiò sulla coperta e le spalmò la crema, attento a non essere troppo rude. Lei, malgrado il dolore, non si lamentò mai.
-Non avresti dovuto venire, Elenie. Sono serio. Perché l’hai fatto? Potevi morire. Potevi essere presa…-
Le mani del Re su quel corpo lo fecero innervosire ancor di più.
Gli prese la mano. –Mi hai salvata tante volte. Toccava a me. Inoltre… – arrossì.
Dean si irrigidì.
-So che tu non… ma io che dovrei farci?-
Le accarezzò il viso. –Se non vorrai più continuare questa cosa, lo capirò.-
Con uno slancio, nonostante il dolore, eresse il busto e appoggiò le labbra sulle sue.
-Non potrei, neppure volendo.- sussurrò.
Ricambiò il bacio, accarezzandole i capelli, sporchi anche quelli di sangue e sudore.
-Devo farmi una doccia- sentenziò, ma lui scosse la testa.
-La crema deve ancora fare effetto, la faremo domattina.-
Lei annuì e lui si stese, cambiando leggermente l’espressione del viso in una smorfia. Erano entrambi stesi e vicini, ma immobili.
-Dormi, Ellie. Sarai stanca.-
-Anche tu.- replicò lei, a tono.
-Sono più grande, quindi obbedisci.-
Ridacchiò. –Certo, come se questa differenza d’età ti permettesse di darmi ordini… non ci contare!-
Sbuffò. –Al diavolo! Cosa devo fare per farti obbedire una buona volta?-
Lei lo fissò con quei occhi ghiaccio a cui non avrebbe detto mai di no e istintivamente la baciò, non senza sforzo per il cambiamento di posizione.
-Non posso sopportare che qualcun altro ti tocchi. – sussurrò, baciandola ancora.
Lei si distanziò, tirando indietro il capo e lo fisso. –Cosa?-
-Ho detto che non posso sopportare che qualcun altro ti tocchi.-
Gli sorrise, appoggiando il capo contro la sua fronte.
-Non avrebbe mai avuto il mio consenso. – rispose, sinceramente.
-Però avevi accettato che accadesse.-
-Per salvarti.-
Deglutì. –Non posso credere che ti saresti venduta solo per dare adito a Sam e Cas di portarmi via.-
Lei non rispose. Lo avrebbe fatto. Lo sapevano entrambi.
Sospirò, distanziandosi.
-Non posso darti quello che cerchi, Ellie. Anche se lo vorrei-
-E cosa cerco, a tuo parere?-
-Vuoi sistemarti, fare una famiglia un giorno e…-
Elenie sollevò il braccio e appoggiò dolcemente due dita sulle sue labbra. –Stai dicendo un mucchio di cazzate, lo sai?-
-Negalo.-
Scosse la testa. –Non posso negarlo, ma ora io… Dean io voglio stare con te. Non voglio altro. Non ti sto chiedendo di sposarmi e mettere su famiglia. Non voglio questo, non ora. Sono…-
-Sì, sei giovane. Troppo giovane.-
-Ma non ti ha impedito di venire a letto con me o sbaglio?-
Abbassò lo sguardo, come se si fosse scottato.
-Di cosa hai paura? Che tutto questo finisca? Oh no. Tu hai paura che continui. Ora ho capito. Che stupida che sono stata. Scusami.-
Dean la osservò, sembrò quasi che l'avesse colto sul fatto. Si sentiva in trappola, con le spalle al muro. Si sentiva troppo compreso, letto e non poteva gestirlo. 
-Non ti ho promesso niente... Sono stato sincero fin dall'inizio. Non sono mai andato oltre con le parole. MAI.-
Elenie rise amaramente, sfiorandosi il ciuffo che le cadeva sul viso, diventato ormai troppo ribelle. Avrebbe dovuto tagliarlo...
-Parole? No. Non ce ne sono mai state troppe tra di noi, ma ci sono stati tanti gesti. Ricerche di attenzioni, necessità... il livello di intimità che abbiamo raggiunto cosa significa per te? È una cosa che hai provato con tutte? Cazzo io no, Dean. E lo sai. Lo sapevi anche quando mi hai baciata la prima volta.-
Scostò lo sguardo, in silenzio. Avrebbe voluto essere lontano da lì, da lei, da quel bunker. Piuttosto che udire quelle parole. Sapevano di dolcezza, forse di vaniglia, ma anche di... amaro.
Sì, quella consapevolezza che hai ferito la persona a cui tieni davvero.
Quella che sapevi che non se ne sarebbe mai andata.
No, quella che non avrebbe mai dovuto andare via. 
Si grattò la nuca, cercando le parole giuste e il coraggio di... 
Era tardi. Tardi per quegli occhi ghiaccio ormai spenti e distanti, forse su un altro pianeta, forse in una visione. 
-Credo che io e Kev dovremmo trovare un altro posto. Avevi ragione. Domani faccio le valigie.- sentenziò, concludendo un discorso che non avrebbe avuto ragione di esistere se solo il cacciatore avesse avuto le palle di accettare e affrontare quei sentimenti vividi e vivaci che stava provando.
Spense la luce e le lacrime, silenziose e pesanti come macigni, scivolarono sul suo viso.
Era consapevole che non fosse attrazione. 
Lo sapeva quando ogni notte ricercava il calore del suo corpo stretto al suo. 
Lo sapeva quando la teneva per mano e si specchiava nei suoi occhi ogni volta che diventavano una cosa sola.
Lo sapeva quando si era occupato di lei, del suo piacere e delle sue esigenze.

La strinse  a sé, contro ogni logica fisica e morale.
Lei si irrigidì e lui, non appena avvertì le lacrime sulla sua spalla, gliele asciugò.
-Sono riuscito a rovinare tutto alla fine, eh?-
Non rispose, era troppo impegnata a soffocare quel dolore. –Lasciami Dean- sibilò, con voce rotta.
La strinse più forte. Il suo corpo stava facendo tutto quello che le parole non dicevano. “Rimani”, “non andartene”.
Perché doveva essere così difficile chiederle di restare e di crearsi una vita con lui?
Perché sarebbe stato egoista, le avrebbe impedito di vivere la sua vita.
-Non capisco se devo fidarmi del tuo corpo o delle tue parole.-
-Del mio corpo.- sussurrò, vicino al suo orecchio.
Sospirò. –Dean. Dimmi se vuoi che io rimanga. Dimmelo, o domani me ne vado.-
Le baciò la spalla.  Si sforzò. Doveva dirglielo, non poteva lasciarla andare in quello stato.
-Rimani, per favore.-
Lei non disse nulla, ma si voltò a fatica verso di lui. Ormai la crema per le scottature si era completamente asciugata.
Le prese il viso e la baciò, approfondendo il bacio in maniera più passionale, spinta.
In quell’effusione c’erano tutte le parole non dette, non sussurrate, inconsapevoli che Dean provava.
A lei bastava e lui lo percepì quando sorrise sotto quel bacio.
Avrebbe voluto fare l’amore con lei, ma ci sarebbe stato tempo per quello.
Entrambi, staccandosi, avevano il fiatone. –Mi desidererai ancora nonostante questi segni?- domandò, insicura.
-Ti desidererò ancora di più.-
   
 
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