Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
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Autore: Mary40    12/01/2016    0 recensioni
In un mondo parallelo, fate e vampiri si fronteggiano da secoli per ritrovare Esilea, dea della libertà, che, secondo un'antica leggenda stabilirebbe la supremazia di una delle due razze sull'altra. Serena, ancella della figlia della regina delle fate e fata della luce, vive ormai da anni come Leganda da quando i suoi genitori sono morti quando lei aveva tre anni. Quando però Arcturus, capo degli Evgeni, una delle tribù più antiche dei vampiri, cerca di rapire la principessa delle fate; Serena prende il suo posto, divenendo sua schiava. Peccato che il sangue delle Luxe, fate della luce, sia nocivo per i vampiri...
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arcturus, grande ex-sovrano dei vampiri, era ormai bloccato a letto da quasi tre giorni. E quando si svegliò la situazione non migliorò affatto: la febbre alta non accennava a scendere, i muscoli erano percossi da violenti spasmi ed era ancora in preda al delirio. Avevo dormito sul divano, svegliata almeno ogni due ore dalle sue grida di dolore. Non mi era permesso uscire dalla stanza e l'unica cosa che potevo fare era cambiare la pezza di acqua fredda che aveva sul viso. Avevo ancora i segni delle sue mani sul collo e mi stavano venendo fuori grossi segni violacei. Continuai a leggere il libro che avevo trovato dove venivano narrati alcuni miti dei vampiri. Quello che mi aveva più interessata era la leggenda che narrava di una bellissima fanciulla umana che si innamorava di un vampiro. Dopo averla quasi uccisa il vampiro le aveva promesso eterno amore per poi tradirla, spezzandole il cuore. Giurando vendetta all'amato e alla sua amante morì suicidandosi. Il suo spirito perseguito i due spingendoli alla pazzia. Vendicatasi l'anima della ragazza poté finalmente riposare in pace. Da allora chiunque avrebbe commesso un'adulterio avrebbe dovuto passare la vita in prigione fino alla morte del compagno. Sotto questo aspetto preferivo assolutamente i vampiri: noi non avevamo leggi a cui sottostare e perciò venivamo considerati quasi dei barbari dai succhiasangue. Guarda caso da un po' di tempo avevano cominciato a girare delle voci riguardanti una presunta relazione del nostro sovrano con un' altra donna. Ogni tanto la cameriera del primo giorno veniva a cambiare la pezza sulla fronte di Arcturus e a dedicargli tutte le sue amorevoli attenzioni. Finché il quinto giorno Arcturus, dopo una lunga dormita, si risvegliò e furioso scacció la ragazza per poi avventarsi su di me tempestandomi di calci e pugni. Dopo avermi colpita più e più volte mi lasciò cadere sul pavimento. Mi aveva spaccato il labbro e non ci vedevo da un occhio. Quando mi afferrò per i capelli gli sputai addosso e lui, in risposta, mi colpì di nuovo. Aprendo la porta cominciò a correre lungo scale e corridoi fino ad arrivare davanti ad un piccola porta nel piano più basso della residenza. "Non hai idea" aveva detto guardandomi negli occhi "di quello che ti aspetta". Mi aveva scaraventata nella stanza e legandomi le mani con una catena, l'aveva poi attaccata al soffitto. Lo sentii armeggiare con qualcosa per poi sentire lo schiocco di una frusta dietro di me. Urlai. Aveva intenzione di frustarmi. Grosse lacrime cominciarono a scendermi sulle guance, offuscandomi la vista. Schioccó nuovamente la frusta e questo bastò a farmi cedere le gambe: l'unica cosa che mi permetteva di non cadere era la catena che mi legava le mani. Tossii di una tosse secca e convulsa, spuntando grossi grumi di sangue. Nel momento stesso in cui la frusta mi toccò la schiena, svenni scivolando nel silenzio. Mi risvegliai qualche ora dopo e riconoscendo le lenzuola di seta del letto a baldacchino mi rilassai sul materasso. Non ero più in quella maledetta stanza e lui, qui, non avrebbe potuto torturarmi. Forse. Facendo leva sulle braccia mi tirai su: avevo il torace avvolto in una stretta fasciatura e sul petto si stavano formando dei lividi rossastri. Arcturus, seduto in poltrona, stava leggendo un libro e in mano teneva un calice. Improvvisamente appoggiò il bicchiere sul tavolo e si voltò a guardarmi. "Quindi, tu sei Serena" disse con un sorriso malizioso sul volto "e l'altra era Viola, giusto?" Mentre annuivo, lui si avvicinò a me scostando lo coperte che mi coprivano. "Oh beh," disse afferrandomi il fianco "vedrò di accontarmi". Cominciò a leccarmi la morbida pelle tra l'orecchio e il collo avvicinandomi a sé. Io, opponendogli resistenza, lo spinsi via, ricevendo come punizione un morso sul collo. Dalla ferita scesero alcune gocce di sangue che lui con occhi furenti seguì fino a quando queste non vennero asciugate dal cotone della fasciatura. Poi infuriato, ritornò sui suoi passi sedendosi sulla poltrona a pensare. Dopo alcuni minuti scivolai sul pavimento dirigendomi verso il bagno. Chiudendo la porta a chiave mi sedetti nella vasca aspettando che l'acqua bollente la riempisse. La schiena mi doleva terribilmente e avevo le labbra secche. Rimasi più di mezz'ora nell'acqua strofinando il mio corpo con una saponetta. Una volta uscita mi guardai allo specchio e notai sulla schiena un grosso segno rosso che era quasi completamente guarito. Uscendo dal bagno trovai il mio aguzzino che chiacchierava a bassa voce con un'altra cameriera. Fiondandomi sul vassoio che lei aveva portato cominciai a riempirmi lo stomaco. Solo quando ebbi finito lei afferrò il vassoio e uscendo dalla porta mi rivolse un sorriso sconsolato. Qualche minuto dopo Arcturus cominciò a parlare : "Per punirti dei problemi che mi hai causato con la tua bricconata, ho deciso che d'ora in poi tu sarai la mia schiava sessuale. Dovrai riferirti a me soltanto con il titolo di "Padrone" ed esigo che tu mi porti rispetto. Da ora hai il permesso di uscire da questa camera ma tutte le sere alle nove in punto dovrai trovarti qui. Dovrai vestirsi con gli abiti che ti farò recapitare, qui, ogni mattina e Becka" disse indicando la porta da cui era uscita poco fa la cameriera "sarà la tua cameriera personale. Tutto chiaro?". Annui lievemente. Arcturus però continuò a guardarmi e subito mi ricordai di quello che mi aveva appena detto. "Sì, Padrone". "Almeno impari in fretta" disse dandomi un buffetto sulla guancia. Poi dirigendosi verso la cabina armadio in fondo alla stanza ne uscì con il suo lungo mantello di velluto nero e un bastone da passeggio. Al cui fondo c'era una lama. Prima di uscire mi afferrò il mento e aggiunse:" Da questo momento non dovrai più provare sentimenti: non mi piace condividere le mie cose con altri. Se tu ti innamorassi voglio soltanto dirti una cosa: Lo uccideró davanti ai tuoi occhi e, ti assicuro, non sarà una cosa lenta" Dandomi un leggero bacio sulla guancia uscì dalla porta con il cappuccio del mantello alzato e il bastone nella mano guantata. Rimasi imbambolata a guardare la porta mentre scivolano, con le lacrime agli occhi, sul pavimento. La mia vita era appena diventata un' inferno.
   
 
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