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Autore: Relie Diadamat    13/01/2016    6 recensioni
In fondo eri già morta, perché toccare le sue labbra con le tue equivaleva a raggiungere il Paradiso. Un po’ come quello che percepisci in questo momento tutte le volte che Mark, sdraiato sull’erba a stringerti la mano, ripete di amarti.
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Lexie/George
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lexie Grey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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Nda: Allora. Prima di tutto, vorrei dire che mi sento alquanto impacciata nel pubblicare questa storia perché è la mia prima fic nel fandom di Grey's (che amo alla follia). 
Non sono un'amante della coppia George/Lexie, ma qualcosa mi ha spinto a scrivere questa brevissima one shot. Spero solo di non aver scritto assurdità e che sarà piacevole da leggere. 
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate.
Buona, spero, lettura!
 

OUR NEST
 
 



Dicono che lo sai, quando stai per morire. Lo avverti come una scia gelida che ti graffia la pelle, un’accecante luce bianca che rende buio tutto il resto. Senti il bisogno di lasciarti andare, la voglia impellente di smetterla di digrignare i denti. E tu, Alexandra Caroline Grey, avevi sperimentato la morte prima ancora che ti toccasse.
Ti sei sentita morire, l’hai ripetuto più volte sotto la doccia, mentre l’acqua ti rigava ogni centimetro di pelle; tu continuavi a torturarti le labbra con le dita, carezzandole, quasi volendoti accertare che fossero vere, che facessero per davvero parte del tuo corpo.
Talvolta fermavi una mano sulla bocca, restando immobile sotto il getto dell’acqua con la consapevolezza che l’uomo che non vedeva le cose ti aveva baciata.
Era durato poco meno di sette secondi, ma in quel bacio ci sei morta. Avevi avvertito l’impulso di chiudere gli occhi, lasciarti andare e poi non avevi più sentito nulla. C’era stata la luce bianca e poi il nero assordante.
In fondo eri già morta, perché toccare le sue labbra con le tue equivaleva a raggiungere il Paradiso. Un po’ come quello che percepisci in questo momento tutte le volte che Mark, sdraiato sull’erba a stringerti la mano, ripete di amarti.
Oh, Mark…
Come puoi non sentirti morire nell’udire le sue dolci parole? Perché lui ti sta porgendo su un vassoio il Paradiso Terrestre, quello che avevi sempre sognato, ma non puoi assaggiarne neanche una fetta. Perché tu, Alexandra Caroline Grey, sai che stai per morire e che presto quella confortante luce bianca arriverà a farti visita e tu la seguirai. È questione di attimi, minuti se sei fortunata.
Ti accorgi che è vera, la storia che tutti raccontano: prima di morire ripercorri per davvero tutta la tua vita. Mark ti racconta della vostra vita, quella che avete sempre sognato ma che non assaporerete mai. Eppure, mentre l’amore della tua vita ti dice tutto ciò che hai sempre desiderato sentirgli dire, un ricordo lontano bussa alla porta della tua mente fotografica, delicato, inaspettato e quasi divertente.
E allora ti rivedi in piedi, in una sottospecie di monolocale che hai arredato rubando coperte, spaghetti e posate dall’ospedale.
«Sto costruendo il nido», stavi dicendo, con uno strano nodo allo stomaco ed un tremolio alla voce. «Per te».
Un sorriso sghembo e due occhi azzurri grati che ti guardano come solo loro sanno fare. Era questa, dopotutto, l’unica ricompensa che desideravi da lui.
E adesso ti morderesti il labbro screpolato, la mano malferma e anche il cuore, perché in fin dei conti quel nido non gliel’hai mai costruito. Ti sei allontanata da lui, il medico che desideravi di diventare, perché non era stato in grado di amarti come avresti voluto che ti amasse.
Hai preso le distanze, distruggendo quel rifugio accogliente, quello che ritrovavi ogni volta che annusavi di nascosto il suo profumo e un giorno un camion si è portato via tutto. Il tuo amore, i tuoi obbiettivi ed il tuo nido.
Ti scappa una lacrima dall’occhio sinistro e ripensi che forse, nonostante l’incapacità di George O’ Malley nel vederti, lui ti abbia costruito lo stesso un nido. Con la sua indifferenza al tuo amore ti ha donato la possibilità d’incontrare la tua anima gemella, la persona alla quale eri destinata.
E allora cominci ad annaspare, cogliendo Mark come una macchia opaca mentre quella luce accecante arriva e ti lasci andare, ma non diventa mai tutto buio. Per assurdo, invece, è tutto tremendamente nitido e riesci persino a respirare a pieni polmoni l’odore di disinfettate, medicina e bisturi che aleggia nel Seattle Grace, ma a renderti serena è un pianto dietro un vetro.
Osservi intenerita i neonati avvolti nelle coperte, distesi nelle loro culle, che piangono stringendo le mani in due pugni e allora non hai neanche bisogno di voltarti per sentirlo al tuo fianco.
L’uomo che profumava di Paradiso, alza le labbra in un sorriso impacciato tenendo lo sguardo su quei piccoli umani, lasciando riposare le sue mani affusolate nelle tasche immacolate del camice.
Per cui non volgi lo sguardo sulle sue gote piene, né cerchi di strappargli una risata contagiosa con le tue strane smorfie. Resti ferma al suo fianco, contemplando in silenzio quello spettacolo della natura umana, ringraziandolo per aver pensato a te quando si trattava di costruire un nido.
   
 
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