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Autore: Aracne90    14/01/2016    0 recensioni
E se le storie che conosciamo non fossero quelle realmente accadute? E se si nascondessero delle verità ben più tragiche del troppo semplicistico “Per sempre felici e contenti”?
Storia partecipante al contest L'inizio e la fine di ogni cosa indetto da ManuFury sul forum di EFP
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1-C'era una volta

L'uomo abbassò il bicchiere ormai vuoto sul bancone, con una veemenza che assolutamente non percepiva di avere. La vista era annebbiata dai fumi del troppo whiskey che aveva ingerito dopo aver passato l'intera serata chiuso al bancone di quella bettola; fu per questo che mancò goffamente il piano del bancone, azione che portò allo sgretolamento del contenitore di vetro che aveva avuto in mano fino a quel momento in un numero considerevole di schegge che si sparsero su tutta la superficie, allargandosi come una macchia d'olio. Con movimenti a scatti, dovuti soprattutto all'incapacità di coordinare la mano e gli ordini forniti dalla mente, l'uomo tentò di raccogliere tutti i piccoli pezzi, causando solo più disordine e provocandosi un piccolo taglio sulla sua mano sinistra che, chiusa a coppa, stava tenendo i miseri resti dell'ormai pianto bicchiere.
-Dannashione.- biascicò l'uomo, andandosi a guardare il danno e facendo così cadere tutti i pezzi raccolti, frantumandosi ulteriormente.
Il barista che si trovava dall'altra parte del bancone, un omone dagli occhi piccoli, le mani callose e le braccia piene di tatuaggi, sbuffo appena, andando a prendere con un gesto pratico lo straccio sudicio che utilizzava sempre in queste occasioni. Doveva fermarlo subito, altrimenti la situazione si sarebbe aggravata, e non era proprio il caso. In una sola mossa aveva pulito completamente tutta la superficie da ogni minima scheggia superstite, per poi alzare lo sguardo verso l'uomo che apparentemente ignaro stava ancora esaminando il taglio con aria interessata.
-Fammi vedere.- ordinò all'uomo, che finalmente alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo interessato per la prima volta. Con riluttanza allungò la mano verso il barista, il quale la osservò per un paio di secondi prima di scuotere la testa e ricominciare a parlare.
-Non è niente di che, solo un graffio.- la voce possente del barista copriva bene il brusio che gli altri avventori producevano, ma l'uomo era troppo confuso per accorgersi che ci fosse altra gente intorno a loro due. -Nestor, vai a casa. Sei ubriaco.-
Ci vollero un paio di secondi affinché l'uomo che era stato appena chiamato Nestor capisse le parole pronunciate dal barista di fronte, ma non appena lo fece cominciò a scuotere la testa violentemente, facendo sbattere di qua e di là il ciuffo castano sulla sua testa. -Non è vero, non shono ubriaco.- pronunciò alla fine dopo aver smesso di muovere la testa, sbattendo un paio di volte le palpebre per riprendersi dal movimento evidentemente troppo veloce. -Io shono lucidissimo, non lo vedi? Fammi una domanda…-
-Nestor, non puoi più stare qui. Te ne devi andare.- lo interruppe il barista, irremovibile, lanciando uno sguardo a due uomini accanto alla porta, che stavano immobili a braccia conserte. I due, non appena scorsero il segnale, si mossero contemporaneamente, facendo un paio di passi in direzione di Nestor, il quale evidentemente non si era affatto accorto di ciò che stava accadendo, anzi stava ancora guardando il barista pronto a convincerlo della sua sobrietà.
-E dai, non fare coshì!- cercò di dire alla fine, provando a ricomporsi, prima che due paia di braccia possenti cingessero le sue, alzandolo di peso dallo sgabello dove fino a qualche attimo prima era stato seduto. -Cos… No, ragasshi, suvvia non potete…-
-State attenti, mi raccomando.- continuò il barista verso i due, ormai ignorando completamente Nestor. -Non voglio che nulla mi butti giù il locale.-

C'era una volta in un regno molto lontano, una donna che voleva assolutamente rimanere per sempre giovane e bella. Se questa fosse stata una fiaba, l'inizio perfetto sarebbe stato così; non si sa mai il motivo, ma la semplice presenza del c'era una volta all'inizio di di una narrazione assicura anche il conseguente lieto fine, quasi sempre inevitabile. Tuttavia questa non era una fiaba, nemmeno in minima parte; seduta vicino la grande vetrata che dava sul cortile esterno, le gambe raccolte vicino il petto, Mira stava riflettendo appunto sul significato di quelle parole, e di tutto quello che potevano implicare.
C'era una volta.
Nel corridoio la pesante pendola di noce suonò due rintocchi, e non appena l'eco di quei due colpi si dissolse Mira emise un respiro; era ormai notte inoltrata, e di Nestor ancora alcuna traccia. Scuotendo la testa, la donna rimase immobile, la testa poggiata contro il vetro, l'orecchio teso ad avvertire ogni minimo rumore che provenisse dalla porta e dalla serratura in particolare. Se era ancora fuori, voleva solo dire che l'alcol aveva fatto effetto molto tardi, e la cosa non andava assolutamente bene; tra poco avrebbe dovuto cambiare nuovamente dipendenza, e non c'erano più molte sostanze capaci di dargli l'effetto di cui entrambi avevano bisogno.
Spostando leggermente la schiena così da poter stare un po' più comoda, la donna chiuse gli occhi, sospirando piano. Quanti anni erano passati? Dieci… No, erano dodici. Dodici anni da cui era cominciato tutto. In un gesto meccanico la mano destra di Mira andò a toccare il collo della ragazza, all'altezza della giugulare, due dita premute sulla pelle per valutare la presenza del battito cardiaco. Eccolo lì, lento e inesorabilmente regolare, segno che il suo cuore stava ancora compiendo il suo lavoro; nonostante tutto ciò che era accaduto, lui continuava imperterrito a pulsare il sangue nel suo corpo, senza mancare neanche una volta.
Non una sola.
Mira lo detestava.
Un rumore metallico proveniente dalla stanza accanto la fece voltare di scatto, e la giovane spostò la mano dal collo verso il fianco dove portava il suo fidato pugnale. Le barriere magiche che aveva alzato qualche ora prima erano abbastanza resistenti da far desistere anche il più ostinato scassinatore, persino quelli dotati di grimaldelli di argento puro: l'incantesimo lanciato semplicemente non faceva avvicinare nulla alla serratura che non fossero le due chiavi che avevano in dotazione lei e Nestor. Tuttavia non allontanava chi fosse provvisto di brutte intenzioni; nonostante tutto avevano preso casa in uno dei quartieri più in periferia della città, ed era un'ottima precauzione quella di portarsi sempre dietro un'arma, per quanto piccola ed inoffensiva potesse apparire. Mira si focalizzò ancora di più sul rumore, alzandosi finalmente in piedi e facendo qualche passo in avanti verso la pesante porta di quercia. Nel suo cammino la giovane non produsse alcun rumore, muovendosi di soppiatto come un gatto, e quando arrivò dinanzi la soglia rimase ferma, in ascolto. Pareva che anche la persona dall'altra parte della porta si fosse fermata, forse ormai demoralizzata dall'impossibilità di entrare nell'appartamento; sospirando piano, la ragazza si voltò per tornare alla sua postazione, fino a quando il rumore della chiave che entrava nella toppa della serratura non la riportò con gli occhi verso l'uscio di betulla.
Nestor era tornato.
Mira rimase in attesa, aspettando che la porta lentamente si aprisse, ferma con le mani lungo i fianchi. Non disse nulla quando al terzo tentativo finalmente Nestor riuscì nella sua impresa, mostrandosi completamente devastato in viso e con la bocca sporca di vomito, che aveva appena rigettato poco distante sulla destra, né quando l'uomo si trascinò a carponi nella casa, raggiungendo con difficoltà il divano foderato in tessuto azzurro e buttandosi a peso morto su di esso, lasciando aperta la porta dietro di lui, e neanche quando un lento e regolare russare le fece intendere che alla fine lui si era addormentato. Nessun suono provenne dalle sue labbra in nessuna di queste tre situazioni, se non un paio di sospiri; sapeva bene che ogni parola era superflua, se non addirittura sprecata, in quella situazione.
Quando fu finalmente certa che Nestor sostava placido tra le braccia di Morfeo, la giovane si mosse, agitando con velocità la mano destra; nello stesso istante la macchia di vomito che sostava fuori dalla sua porta scomparve, evanescendo velocemente, e la porta si richiuse da sola, senza neanche essere toccata. Il successivo rumore degli ingranaggi all'interno del tamburo della serratura le indicò che anche le barriere magiche erano state ripristinate, e fu solo dopo questo suono che Mira si riscosse, spostandosi verso il divano dove l'uomo stava dormendo tranquillo. Rimase lì, a fissarlo, senza rendersi conto del tempo che stava passando; fu solo quando lui emise un mugugno di dolore, e lei cominciò ad avvertire un senso di pesantezza al livello del petto, che si spostò di un millimetro, riportandosi le dita alla vena del collo.
Il battito stava pian piano diminuendo.
Mira scosse la testa, facendo un passo indietro. -Ti amo, Nestor.- pronunciò a bassa voce, mentre piano si allontanava dall'uomo e lui smetteva di lamentarsi, riavvertendo nuovamente le pulsazioni del suo muscolo cardiaco.

Spazio Autrice:
Salve gente!
Grazie mille per aver letto questa mini-long fantasy che ho scritto per il contest "L'inizio e la fine di ogni cosa" indetto da ManuFury sul contest di EFP!!
Mi raccomando, lasciatemi un commentino se vi va :)
Baciotti
Dia
   
 
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