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Autore: Layla_93    16/01/2016    3 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
[...] Si rigirò nel letto, infastidito.
Chi diavolo si metteva a bussare alla porta alle… Alle…
Allungò un braccio verso il comodino, recuperando la sveglia.
“Cristo Santo, sono solo le 6:30 del mattino!”
“John, ti sei svegliato finalmente.”
“Finalmente?” Chiese, spalancando la porta e ritrovandosi davanti al suo coinquilino.
“Ti rendi conto di quanto presto sia?!”
“Abbiamo un caso.” Fu la risposta che ricevette in cambio.
“Quando mai non ne abbiamo uno.” Mugugnò, tornando a buttarsi sul letto.
“Sembra piuttosto interessante. Vuoi venire?”
“Dammi cinque minuti...” [...]
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per la terza volta in soli quattro giorni varcò l’ingresso di Scotland Yard.
Riuscì a raggiungere l’ufficio di Lestrade dopo un attento slalom tra i vari agenti che affollavano il bureau, molto più frenetici del solito.
“Hey, Greg.” Salutò, accomodandosi sulla sedia davanti alla scrivania.
“John.” Ricambiò l’ispettore senza alzare gli occhi dal documento che stava leggendo.
“Come mai tutta questa commozione?”
Un grugnito contrariato abbandonò le labbra dell’uomo.
“Immagino tu non abbia visto il telegiornale.”
“Sai che è meglio tenere Sherlock lontano dalla televisione.”
Per un attimo credette che Lestrade volesse commentare ma, con una scrollata di spalle, sembrò ripensarci e gli passò invece il documento che fino a pochi secondi prima aveva trattenuto la sua attenzione.
“Cos’è?” Chiese, schiarendosi discretamente la voce.
“Qualcuno ha avvertito i giornali su cosa sta accadendo. Abbiamo respinto un’orda di giornalisti questa mattina solo con la promessa di una conferenza stampa tra un paio d’ore.” Il tono dell’ispettore trasmetteva tutta la sua insofferenza per quella situazione.
Poggiò il comunicato stampa sulla scrivania e offrì un sorriso rincuorante all’uomo.
“Riusciremo a prenderlo. Finirà presto.” Riuscì a dire prima di cedere ad un leggero colpo di tosse.
“Lo spero.” Gorgogliò l’altro da dietro la mano che aveva portato sul viso.
“Devo andare a consegnare questo foglio a Sally, quando torno stileremo l’identikit di questo psicopatico.”
Con un breve cenno della testa si congedò, lasciandolo da solo
nell’ufficio.
Attese in silenzio il ritorno dell’ispettore ma, dopo dieci minuti, decise di utilizzare in modo proficuo quel tempo.
Provò a riportare alla mente ogni particolare che si ricordava dell’uomo che la sera prima era entrato nel suo studio.
Ignorò il brivido che lo percorse alla consapevolezza di essere stato tanto vicino al serial killer e scavò nella sua memoria.
Quali erano le sue caratteristiche?
La sua altezza era ormai un fatto accertato ed occhi e capelli, come aveva ‘gentilmente’ sottolineato Sherlock, erano facilmente camuffabili.
Anche la cicatrice sotto la scapola era inutile, a meno che non
decidessero di far spogliare ogni probabile indiziato.
Un sibilo frustrato vibrò sulle sue labbra.
Doveva assolutamente ricordare particolari utili per catturare lo squilibrato che ancora si aggirava per la città in cerca di altre vittime.
Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio e si estraniò dal rumoroso chiacchiericcio che proveniva da fuori l’ufficio, riducendolo ad un semplice brusio di sottofondo.
Si schiarì leggermente la gola e, con una leggera spinta dei piedi, iniziò a far girare la sedia su se stessa.
Riportò la memoria alla sera prima, ricostruendo nel modo più accurato possibile quei minuti così preziosi.
Ci volle qualche secondo di concentrazione, forse interi minuti, ma finalmente riuscì a visualizzare con chiarezza l’uomo.
Aveva un volto piuttosto squadrato, con pelle lievemente abbronzata e ciuffi di capelli che ricadevano scomposti sulle tempie.
Il taglio dell’occhio non era molto grande e il naso era piuttosto lungo, con il setto parzialmente deviato sulla destra.
Indossava un semplice giaccone nero e dei jeans chiari.
Gli sembrava di aver avvertito un odore dolce quando si era sollevato la camicia per farsi visitare.
Colonia? Deodorante?
Probabilmente deodorante, l’odore era diventato per un attimo più forte dopo che l’uomo aveva smosso i vestiti.
I capelli erano sicuramente castani, in quanto anche la leggera peluria dell’addome aveva il medesimo colore.
Non sapeva dire se portasse delle lenti a contatto colorate, ma ricordava d’aver visto spuntare un paio di occhiali dalla tasca della camicia.
C’era altro?
Corrugò la fronte, cercando di concentrarsi maggiormente, mentre si dava un’altra leggera spinta, riaumentando la velocità delle rotazioni.
Ricordava di aver visto un orologio in pelle marrone al polso sinistro dell’uomo e un cerotto sul dorso della mano.
“Che stai facendo?” Chiese improvvisamente Lestrade, facendolo sobbalzare.
Puntò subito i piedi a terra per frenare l’ennesima rotazione della sedia e, con lieve imbarazzo, portò gli occhi sulla figura dell’ispettore fermo sulla porta.
“È solo un metodo per massimizzare la memoria visiva che ho imparato da Sherlock.”
“Passate troppo tempo insieme.” Sbuffò l’uomo, riguadagnando la sua posizione dietro la scrivania.
“Allora, ci mettiamo al lavoro?”
La mezz’ora seguente fu passata a stilare l’identikit.
Elencava tutti i particolari che era riuscito a riportare alla mente, mentre Lestrade li immetteva in un programma che, in breve tempo, restituì loro quello che doveva essere il volto dell’assassino.
“Che dici, è lui?” Chiese, girando lo schermo del computer in modo che potesse vederlo.
Scrutò per qualche istante l’immagine.
“Gli occhi erano leggermente più piccoli, ma oltre a quello ci siamo.”
Dopo che la modifica fu apportata poterono finalmente stampare l’identikit del serial killer.
“Abbiamo finito, finalmente.” Esalò l’ispettore, osservando con soddisfazione l’immagine.
“Speriamo che ci aiuti a trovare in tempi brevi questo psicopatico.”
Annuì il suo consenso, alzandosi finalmente dalla sedia.
“Ti lascio al tuo lavoro. Tra poco devi presentarti alla conferenza stampa.”
“Oddio…” Gorgogliò l’uomo alle sue spalle, facendolo ridere.
“Aspetta.” Ingiunse quando ormai era sulla porta.
“Dai questo a Sherlock.”
Afferrò il plico che l’ispettore gli stava porgendo e lo soppesò con sguardo curioso.
“Cos’è?”
“Le immagini trovate sulle ultime due scene del crimine e tutto quello che il mio team è riuscito a reperire sul campo. Si lamenterà sicuramente dell’inaccuratezza del lavoro, ma è importante che li abbia comunque.”
Trattenne a stento un sorriso.
“Grazie.” Si limitò a dire, per poi congedarsi definitivamente ed avviarsi verso l’uscita.
Il vento che lo accolse fuori da Scotland Yard lo fece rabbrividire e stringere maggiormente nella giacca mentre aspettava l’arrivo di un taxi.
Durante il tragitto estrasse dal plico l’identikit e si premurò di annotare sul retro tutte le informazioni che non avevano potuto immettervi.
“Sherlock.” Chiamò, appena raggiunse l’appartamento al 221B.
Si addentrò nel salotto e, notato il detective, gli lanciò un’occhiata stranita.
L’uomo era seduto al contrario sulla poltrona, con le gambe poggiate allo schienale e la testa che sfiorava il pavimento.
“Che stai facendo?” Chiese, osservandolo sistemarsi meglio per non perdere l’equilibrio.
“Massimizzo le mie capacità deduttive.” Rispose con semplicità, senza neanche rivolgergli uno sguardo.
Un leggero sospiro sfuggì al suo controllo mentre appendeva la giacca nell’ingresso, per poi sedersi davanti al detective.
“Lestrade mi ha dato questo per te.”
Depositò il plico nella mano protesa del detective, osservandolo mentre lo sfogliava velocemente.
“Che lavoro grossolano.” Lamentò, continuando comunque a sfogliare le pagine.
Passarono alcuni minuti di totale silenzio prima che il dottore fosse sopraffatto dalla curiosità e si alzasse dalla poltrona per affiancare quella di Sherlock, cercando di adocchiare i fogli che teneva in mano.
“Sherlock, non riesco a vedere niente così.” Si lamentò, cercando di sporgersi maggiormente per carpire il contenuto dei documenti.
“Stenditi, riuscirai a leggere tranquillamente.”
Il dottore lo osservò per qualche istante, interdetto.
“Stai scherzando, vero?”
Tutto quello che ricevette in risposta fu un fine sopracciglio alzato.
“No, certo. Quando mai scherzi…” Borbottò mentre si inginocchiava e poi stendeva accanto alla poltrona, sistemandosi in modo da poter leggere senza problemi insieme al detective.
Rimase per qualche minuto in silenzio, leggendo attentamente tutte le informazioni che l’ispettore e i suoi uomini erano riusciti a racimolare.
“Aspetta.”
Il detective si bloccò a metà movimento, evitando di sfogliare ulteriormente il plico.
“Queste due immagini…” Mormorò, osservando attentamente la stampa.
Prese il foglio tra le mani e lo piegò in modo da far combaciare due lati delle immagini tra di loro.
“Sono una il continuo dell’altra.”
“Come lo sapevi?” Chiese il detective, osservando con cipiglio corrugato il foglio.
“Le ho già viste. Fanno parte di un unico quadro.” Disse mentre si alzava per raggiungere il computer sul tavolo.
“Ecco, è questo qui.”
Aspettò che Sherlock si fosse sistemato normalmente sulla poltrona prima di porgergli il computer.
“Interessante.” Mormorò pensoso il detective, scorrendo lo sguardo sulla nuova immagine.
“Cosa?”
“Ha voluto iniziare la sua opera prima di essere sicuro su come procedere.”
Il detective si alzò di scatto, lasciando il computer in bilico sul bracciolo della poltrona.
“Sherlock!” Ingiunse il dottore, protendendosi per non far cadere il portatile.
“Vuoi dire che non sa cosa sta facendo?” Chiese in un sospiro, mettendo in salvo il computer sul tavolo.
“Al contrario. Una persona che lascia immagini sacre, video e presta visite a chi gli da la caccia sa esattamente cosa sta facendo.”
Lo osservò per un attimo camminare a scatti per la stanza, digitando furiosamente sul suo cellulare.
“Ti spiacerebbe elaborare il discorso?” Chiese quando capì che non avrebbe ricevuto maggiori spiegazioni.
Il detective gli lanciò un’occhiata annoiata, ma si lasciò comunque ricadere sulla poltrona e riprese i documenti in mano.
“Questo suo castigo dei peccati capitali è troppo specifico perché non vi abbia prestato lunga attenzione. Molto probabilmente ha una lista con i peccati e le rispettive pene. Ha iniziato senza essere del tutto sicuro sul come mettere in scena la sua opera, però. Quindi è una persona impaziente.” Il tono di Sherlock era pensoso, troppo preso nello studio dei documenti per prestare vera attenzione alla conversazione in atto.
“In pratica stiamo cercando un pazzo che non vede l’ora di mettere le mani sulle sue vittime.” Sbuffò, combattendo il bisogno di schiarirsi la gola.
“Non proprio.”
Il detective aspettò di avere gli occhi del dottore su di sé prima di continuare il suo discorso.
“Per qualche motivo vuole attirare l’attenzione su di sé. Il fatto che in quattro giorni abbiamo già trovato tre vittime ne è la prova. Ogni più piccolo gesto che ha compiuto è stato perfettamente calcolato per farci avvicinare sempre di più a lui.”
“Stai dicendo che vuole essere trovato?” Chiese incredulo.
Non ricevette alcuna risposta.
Il silenzio che seguì fu interrotto dopo svariati minuti dal suono acuto del cellulare di Sherlock.
Il volto del detective si illuminò non appena lesse il messaggio e si alzò di slancio per recuperare cappotto e sciarpa.
“E adesso cosa c’è?” Mugugnò il dottore, afferrando anch’esso la propria giacca e seguendo l’altro in strada.
Riuscì a salire sul taxi per un soffio, chiudendo la porta quando ormai il veicolo era già ripartito.
“Dove stiamo andando?” Chiese, dopo essersi sistemato meglio.
“Binney Street.”
“Riceverò mai una risposta soddisfacente?”
Sussultò appena quando il detective gli posizionò il cellulare davanti agli occhi.
Sullo schermo campeggiava un messaggio di Lestrade.
“Hanno già trovato l’indirizzo dell’assassino?” Esclamò, stupito.
“Come diavolo hanno fatto a trovarlo così in fretta? No, aspetta… Avranno sicuramente mostrato l’identikit durante la conferenza stampa.” Bisbigliò concitato.
“Non importa come abbiano fatto, l’importante è che sappiamo dove andare. Probabilmente l’assassino avrà pensato di riuscire a depistarci per più tempo, ma ha fatto un passo falso di troppo.”
“Fortunati noi…” Mugugnò contro la propria mano.
“Quindi? Ci basta controllare questo indirizzo per trovarlo?” Disse poi in modo intelligibile.
La sua risposta fu un gesto distratto con la testa.
“Perfetto. E perché non aspettiamo Lestrade?”
“Arriverà a tempo debito.” Tagliò corto, osservando il veloce scorrere della strada dal finestrino.
Quando finalmente il taxi fermò la sua corsa si ritrovarono davanti ad un anonimo condomino, simile ai molti che affollavano la zona.
Salirono in silenzio fino al terzo piano, fermandosi davanti alla penultima porta sul fondo del corridoio.
“Christopher Auster.” Lesse sul campanello.
“Quindi, cosa facciamo? Suoniamo?”
La risposta del detective fu di inginocchiarsi davanti alla porta e cercare di aprirla.
“Ti piace proprio scassinare serrature…” Borbottò divertito, ma si immobilizzò quando sentì una voce provenire da dentro l’appartamento.
“Maledizione, è in casa?”
“È quello che volevamo.” Rispose in un soffio il detective.
“Davvero?” Chiese con tono sardonico.
“E cosa pensi di fare, adesso? Non so se hai notato, ma non ho la mia pistola.”
“Io si.” Disse, porgendogliela.
Prima che riuscisse ad aggiungere altro il detective spalancò la porta.
Davanti a loro si presentò un salotto nascosto nella penombra e dall’aria decisamente pesante.
Il tavolo al lato della stanza era ricoperto di varie carte e libri, alcuni in precario equilibrio, altri sparsi sul pavimento.
Sulla parete campeggiava una grande stampa di un dipinto.
“Sette peccati capitali. Hieronymus Bosh, 1520-1525.” Lesse dal bordo.
“È il dipinto che ha usato per le ultime due vittime.” Mormorò, adocchiando una porta vicino all’immagine.
Fece un segno a Sherlock e, lentamente, si posizionarono ai lati.
Allungò una mano sulla maniglia e, dopo un’ultima veloce occhiata al detective, aprì la porta di colpo, puntando la pistola di fronte a sé.
“Oddio… Ci siamo fatti fregare da un televisore acceso” Mormorò sollevato, abbassando la pistola.
“Controlla questa stanza. Io torno in salotto.”
Annuì, lanciando un’occhiata intorno a sé.
La stanza era piccola e l’arredamento consisteva in un letto, un comò di fronte ad esso e il tavolino vicino alla porta su cui era posto il televisore.
La sua ricerca nei cassetti del mobile non rivelò nulla di rilevante, come anche l’ispezione del letto.
“John, abbiamo il nome di altre tre vittime.” Lo accolse Sherlock, non appena fu rientrato nel salotto.
“Vuoi dire che le ha già uccise?” Chiese,adocchiando le carte che il detective stava studiando.
La risposta del detective si perse nella concitazione degli attimi successivi.
Dalla porta d’ingresso comparve un uomo, lo stesso che aveva visto nemmeno ventiquattro ore prima.
“Christopher Auster.” Sibilò tra i denti.
Il detective si girò verso la porta, giusto in tempo per vedere Auster estrarre una pistola dalla giacca e puntarla verso loro.
“Sherlock!”
Il dottore si protese sul tavolo e, con un movimento brusco, appiattì entrambi sui fogli che lo ricoprivano, facendo in modo che la pallottola si conficcasse nella parete alle sue spalle.
“Maledizione, sta scappando!”
Senza perdere un attimo si gettarono all’inseguimento dell’uomo.
“Auster, fermati!” Gridò il detective mentre percorrevano di corsa il corridoio.
“Devo ammetterlo, siete stati più veloci di quanto avessi pensato.”
Ponderò tranquillamente.
“Ma non posso ancora venire con voi, spiacente.”
“Sei sotto tiro.” Lo avvertì John, continuando a seguirlo lungo la seconda rampa di scale.
“Anche lei, dottore.”
Nella tromba delle scale lo sparo rimbombò a lungo, lasciando dietro di sé un inquietante silenzio.

 
Salve a tutti!
Mi scuso per questa lunghissima attesa, ma devo ammettere che questo capitolo mi ha fatto dannare tantissimo!
Spero che il risultato non sia deludente.
E si, ho chiuso il capitolo nel modo più cattivo possibile.
Suspance...
Un bacio a tutti.
xoxo
   
 
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