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Autore: Marne    16/01/2016    4 recensioni
Il Mondo Magico è sconvolto da una lunga serie di scandali. Il Governo Shacklebolt, nato come faro di speranza, è sull'orlo di un precipizio fatto di menzogne, intrighi e spie. Il Bambino Sopravvissuto non riesce a dormire, le Forze del Male continuano a tramare fra le ombre delle anime che hanno rubato.
Uno specchio è ciò che impedisce al caos di rovinare sulla terra. Uno specchio divide la realtà dalla follia.
Hermione Granger, giovane Inquisitore del Ministero, è costretta a lavorare con Draco Malfoy, uno dei maggiori esperti di antichi artefatti magici.
Una serie di avventure nel cuore del vecchio Continente li porterà a scontrarsi con i demoni del passato, mentre la minaccia di un Ritorno aleggia su tutta la Comunità Magica.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Mangiamorte | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Mirror Universe'
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Atto V – Capitolo I

Lo Specchio delle Anime.

 

 

Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista.

[Edgar Allan Poe – La lettera rubata]

        

        

Atto III – Parte I

Nascosto in piena vista.

 

 

Il concetto di “essere in ritardo” era assolutamente assente nella visione del mondo che Hermione Granger aveva sviluppato, fin dal primo giorno di cui aveva memoria. La puntualità, negli appuntamenti così come nei compiti da consegnare, era ciò che l’aveva sempre contraddistinta dalla massa degli sfaticati che aveva intorno.

Compreso Jerry Stamp, che aveva perso il suo record di puntualità per assistere la moglie in travaglio.

Quella mattina, però, Hermione non aveva avuto la minima intenzione di essere puntuale. Per assicurarsi di arrivare in elegante ritardo, la sera si premurò di spegnere la sveglia, contando sulla stanchezza e sull’istinto di autoconservazione del suo corpo. Nella sua visione delle cose, in seguito, avrebbe fatto un bel bagno rilassante, nutrito il gatto, fatto lei stessa una lunga e sostanziosa colazione per poi, solo alla fine, presentarsi all’appuntamento con il suo nuovo collega.

Naturalmente, il suo piano non funzionò.

Sveglia alle cinque del mattino, la giovane restò a fissare le stesse fosforescenti che aveva fissato al soffitto, considerando ogni variazione di luminescenza con l’aumentare del chiarore fuori dalla finestra. Alle sei e quarantacinque, una volta che il sole fece la sua comparsa oltre il muro di palazzi che le impediva di vedere l’orizzonte, il miagolio insistente di Mittens la costrinse ad alzarsi dal suo enorme, freddo e ruvido letto per riempirgli la ciotola di latte.

Le lenzuola di cotone che sua madre le aveva regalato per l’ultimo compleanno, quasi un anno addietro, erano così fastidiose che ancora si chiedeva per quale motivo le avesse usate. Le ricordavano moltissimo quelle che la sua prozia Jeanne era solita propinarle quando era costretta a passare il weekend da lei, a Brighton. Sua madre le diceva sempre di non lamentarsi, perché la prozia era anziana, sola e non accettava le critiche. Non accettava neppure i complimenti. Sostanzialmente, non accettava nessuna manifestazione di volontà umana, a prescindere dalla tipologia.

«Oh, per Merlino, Barty Poplar e la sua mania di protagonismo» sbuffò, lanciando un’occhiata alla prima pagina del giornale. Il signor Poplar era un opinionista molto famoso, quel giorno aveva riempito il suo trafiletto con uno sproloquio sulla necessità delle streghe di iniziare ad indossare ancora una volta i capelli a punta. Hermione odiava tutte quelle sciocchezze.

Ovviamente, si stava trasformando nella Prozia Jeanne.

Erano le otto e quarantadue, lei era già rimasta a mollo nella vasca per un tempo a dir poco improponibile e stava giusto versando il suo caffè mattutino nella vecchia tazza a forma di gufo che i suoi genitori le avevano regalato dopo aver ricevuto la lettera da Hogwarts. Accanto a lei, sul bancone della minuscola cucina, giacevano tre lettere, due aperte ed una ancora sigillata con ceralacca.

La prima era una lettera babbana, una semplice bolletta della luce arrivata tramite posta; Hermione avrebbe dovuto ridurre notevolmente l’utilizzo del phon o dei vari aggeggi che sua madre le aveva regalato per aiutarla a tenere sotto controllo i suoi ricci ribelli, soprattutto perché in linea generale erano inutili. La seconda era una missiva del suo capo, il Signor Hicklebottom la informava che tutti i suoi soliti incarichi erano stati trasferiti ad un altro sottosegretario, così da lasciarle campo libero per le indagini. Inoltre, si premurava di farle sapere di aver scelto un sostituto organizzato e puntuale quasi quanto lei, così che potesse mantenere un’organizzazione quantomeno decente fino al suo ritorno.

Adalbert Hicklebottom era un uomo sulla sessantina, molto alto e non particolarmente in carne, con un amore sfegatato per tre cose: i suoi papillon colorati, i dolcetti babbani ed i casi proposti al suo dipartimento risolti senza complicazioni. Si occupava della Sezione Inquisitoria da quasi venti anni, dopo una lunga carriera dapprima come Auror e successivamente come sottosegretario, sopravvivendo egregiamente alle due guerre e facendosi un nome nello scenario giudiziario internazionale. Molti dei casi di cui si era occupato erano finiti nei libri di preparazione che Hermione aveva dovuto studiare, facendole sviluppare un’immensa ammirazione per quell’uomo.

Ma era un tale disordinato cronico da farle venire mal di testa.

La terza lettera, quella ancora sigillata, era di Ginny, cosa che spaventava la strega non poco.

La sua migliore amica, che negli ultimi sei mesi era diventata molto più che una sorella, era solita presentarsi direttamente nel suo salotto, usando la metropolvere, qualora avesse avuto una qualche notizia da comunicarle. Le lettere erano utilizzate da entrambe soltanto in casi di particolare urgenza, come questioni di lavoro o, più in generale, questioni del fattore P.

La P, naturalmente, indicava Potter. Questioni riguardanti Harry James Potter, per essere ancora più precisi, il Bambino Sopravvissuto a Voldemort ma che sembrava non riuscir a sopravvivere al terremoto mediatico che stava investendo il Ministero della Magia, oltre che agli incubi ed ai problemi di evidente alcolismo non più controllato.

Per questa ragione, Hermione aveva deciso di non aprire la lettera finché non avesse preso il suo caffè, magari aggiungendoci una ciambellina zuccherata che aveva acquistato la sera precedente al forno vicino.

Le servivano zuccheri, oltre che energia.

Un miagolio leggero le fece spostare lo sguardo dall’orologio sulla parete alla minuscola palla di pelo che tentava disperatamente di arrampicarsi sulle sue gambe. Le unghiette erano affilatissime, nonostante Mittens non avesse più di due mesi di vita, e le calze di nylon indossate da lei non fecero che aiutarlo a graffiarla con maggiore facilità. Guardandolo per la prima volta, sarebbe sembrato una creaturina adorabile, con un folto pelo tendente al rosato – forse era troppo piccolo per essere rosso? – e dei grandi occhi gialli. In realtà era un essere crudele, che sembrava tollerare Hermione solo perché era la mano che lo nutriva, oppure per rispetto alla memoria del defunto padre, il caro Grattastinchi.

Hermione ancora non si capacitava di come quel suo vecchio amico fosse riuscito a convincere una gatta a fare cuccioli.

Un cucciolo, ad essere precisi. Un singolo cucciolo dall’aria angelica, che il padrone della gatta le aveva consegnato dentro un guanto da forno, “Mitten”, appunto. L’uomo, disperato, le aveva consegnato l’unico frutto di quell’amore bizzarro, affermando che fosse troppo insopportabile per una casa rispettabile come la sua.

Lei non si era opposta, Grattastinchi era morto da pochissimo e non si sentiva ancora abbastanza forte da poter vivere da sola. Per quanto pestifero, Mittens era tutto ciò che era disposta a sopportare fra quelle quattro mura rosa pallido.

«Cosa c’è, mostriciattolo? Hai già finito il tuo latte?» gli domandò, con un leggero sorriso, chinandosi per acciuffarlo da sotto il pancino e lasciandolo andare sopra il bancone. Una parte di lei si lagnò per il pelo che avrebbe dovuto pulire prima di uscire, così da non scordarsene, ma il resto le ricordò che difficilmente si sarebbe messa a cucinare qualcosa, il takeaway italiano era sempre aperto per lei.

Mittens zampettò allegramente sul bancone, decidendo, infine, di accomodarsi sulla lettera che ancora non era stata aperta. Fissò la sua padrona con i suoi grandi occhi gialli, senza fare più un suono. Fu come se avesse iniziato a giudicarla per quel suo procrastinare.

Con uno sbuffo, la ragazza sfilò la lettera da sotto il suo sederino peloso, aprendola con degli scatti veloci delle dita. Le mani le tremarono, mentre gli occhi scorrevano le poche linee:

 

Cara Hermione,

Harry è quasi andato al lavoro ubriaco, ieri. Fortunatamente me ne sono resa conto prima che potesse farsi licenziare, costringendolo a darsi malato. Ti scrivo perché temo che Kingsley potrebbe chiederti conferma delle sue condizioni di salute e vorrei che tu ci reggessi il gioco. Come sempre.

Ho già informato il mio ragazzo che la prossima volta che succederà verrò a dormire a casa tua, ordinando a Kreacher di tormentarlo.

Tranquilla, oggi non è ubriaco e non credo avrà modo di esserlo, ho requisito tutte le bottiglie ed ho ordinato all’elfo di non farlo uscire di casa.

Ti aspetto per il tè, questo pomeriggio,

Ginny.

 

Hermione sospirò, mettendo da parte la lettera. Ancora una volta, il suo migliore amico aveva fatto prevalere il suo lato oscuro. Forse avrebbe fatto bene a parlare con qualche collega, per scoprire quanto fosse stata dura l’ultima missione. In base al numero di morti, avrebbe potuto prevedere quanto tempo Harry avrebbe impiegato a riprendersi.

Sperò qualche giorno fosse sufficiente.

“Appuntamento al Kensington Cafè, ore nove” canticchiò l’orologio che aveva al polso, un gentilissimo regalo di Harry stesso. Era dorato, molto fine, parlava con una voce che somigliava a quella della strega, ma molto più snob. Lui le aveva detto di averlo scelto per ridere. Hermione lo detestava.

«Ho capito, sto andando» sbuffò, con una smorfia, avvicinandosi all’uscita per osservarsi al grande specchio ovale accanto alla porta. La sua camicetta azzurra la faceva sembrare grassa ed i suoi capelli sembravano pronti a scappare dalla crocchia strettissima.

“Farai tardi” insistette la voce, pedante.

«Lo scopo era quello».

 

***

 

Victoria Sponge, dolcissima pasta morbida e spugnosa con ripieno di crema e confettura di lamponi, servita con lamponi freschi e zucchero a velo.

Hermione odiava i lamponi. Ancora si chiedeva per quale motivo avesse ordinato proprio quel dolce, considerata l’enorme scelta che le cinque pagine di menù offrivano. Avrebbe potuto prendere i bigné alla crema, oppure i biscotti al miele. Il crumble di mele sarebbe stata la sua prima scelta, ne era assolutamente convinta, ma…

«Signori, una fetta di Victoria ed un crumble di mele» disse la giovane cameriera, posando i due piatti davanti a loro e lanciando uno sguardo di fuoco al giovane mago, che però sembrava troppo preso dal contemplare il suo squadernino di pelle nera.

L’aveva preso lui, il maledetto crumble.

«Grazie» sibilò la strega, alla fine, quando la ragazza non sembrò interessata a lasciarli in pace. Le dedicò anche un’occhiataccia – una di quelle che in ufficio aveva fatto tremare molti novellini – e fece un gesto imperioso della mano per convincerla ad alzare i tacchi.

Non le erano mai piaciute le smorfiose.

«Mezzosangue, per Merlino, avresti potuto lanciarle direttamente una Cruciatus, saresti sembrata più magnanima» la riprese l’uomo, senza alzare gli occhi dal suo quadernino. Il solito sorriso sardonico non si mosse dalle sue labbra, facendola innervosire ancora di più.

«Dobbiamo parlare di lavoro, furetto» gli sibilò, incrociando le braccia al petto. «Il fatto stesso che tu abbia spostato l’appuntamento qui, quando doveva essere nel mio ufficio, è già inaccettabile di per sé, che tu addirittura lasci una ragazzina a sbavarti sulle scarpe mentre fingi di ignorare non solo lei, ma anche me, è addirittura vergognoso».

Malfoy alzò gli occhi dal suo quadernino solo per un secondo, prima di sospirare – come se lei lo stesse annoiando – e riporlo nella tasca interna della sua giacca, raddrizzandosi sulla sedia. Con un gesto elegante, intrecciò le dita sul tavolo, piegando leggermente il capo mentre osservava la sua collega come se le avesse fatto un enorme favore.

«Bene, Mezzosangue. Adesso hai tutta la mia attenzione, sei contenta?» le domandò, sfrontato, tirando fuori lo stesso strano sorriso che le aveva dedicato durante il loro primo incontro, al Ministero. Quel sorrisino capace di far rabbrividire Hermione per lo sdegno.

«Tu, insulso…»

Lui la fermò, alzando la mano per intimarle il silenzio. «Sì, lo so. Insulso furetto, maledetto egocentrico, Purosangue dei miei stivali. Queste deliziose parole d’amore le ho già lette nei sei gufi che mi hai mandato quando ti ho chiesto di incontrarci qui» le disse, esasperato. «Devo dire che sei ripetitiva, Granger» aggiunse, divertito. «Domandami il perché di questa scelta, invece di insultarmi. Non l’hai fatto nelle lettere, nonostante io credessi che sarebbe stata la prima cosa a venirti in mente».

Effettivamente, quella era stata la prima domanda a passare per la mente di Hermione. Aveva proprio voglia di chiedergli spiegazioni, ma temeva che lui…

«So per certo che avresti scritto qualche bugia» gli disse, raddrizzando le spalle ed incrociando le braccia al petto. «Ho preferito farti sapere subito cosa penso di te, così da impedirti di prendermi per i fondelli. Cosa che, faccia a faccia, sarà molto più difficile da fare» gli rispose, cercando di mantenere un atteggiamento il più orgoglioso ed elegante possibile.

Eleganza che semplicemente moriva, davanti al portamento del dannato Purosangue.

«E come mai ritieni di essere abbastanza brava da comprendere se sto mentendo, Mezzosangue? Vuoi usare la legilimanzia?» le domandò lui, divertito, osservandola col capo piegato di lato. Ridusse gli occhi grigi a due fessure, il sorrisino nuovamente evidente. «Oppure è qualcuna di quelle stronzate babbane sul guardare le persone negli occhi?».

Hermione accennò un sorriso, sentendosi improvvisamente più sicura di sé. «Interrogare le persone e capire se sono sinceri è il mio lavoro, Malfoy. Non hai idea di quanti siano immuni al Veritaserum o Occlumanti capaci» gli disse, orgogliosa. «Tu non puoi essere più complicato da capire».

Anche se su questo aveva i suoi dubbi.

«Su questo ho i miei dubbi, Granger». Draco sorrise, grattandosi il profilo della mascella. Aveva un velo di barba, forse aveva evitato di radersi per qualche giorno. «Comunque non c’è bisogno di mentire, il motivo è molto semplice e credo tu lo sappia, nel profondo del tuo cuoricino di Mezzosangue» disse poi, stringendosi un momento nelle spalle. «Al Ministero c’è una talpa, vista la gravità della nostra missione è il posto meno sicuro in assoluto» spiegò, prendendo in mano il suo cucchiaino ed immergendolo nella piccola coppa con il suo dolce. «Oltretutto, qui fanno il crumble migliore di tutto il sud dell’Inghilterra. La prossima volta dovresti provarlo».

Hermione serrò i denti, irritata. Negare che ci fosse una talpa sarebbe stato ingenuo, da parte sua, ma sentirselo sbattere in faccia così, soprattutto da lui, l’aveva fatta innervosire come mai.

Oppure era stata la storia del crumble, non lo sapeva.

«Bene, la tua motivazione regge, per quanto avrei ritenuto più accettabile un qualsiasi altro luogo appartato, vista la delicatezza dell’argomento» gli rispose, socchiudendo gli occhi per tentare disperatamente di darsi una calmata. La fetta di torta che aveva davanti le sembrò improvvisamente disgustosa. Il rosso dei lamponi nella crema sembrava sangue. Sangue su delle lenzuola.

«Ah, Mezzosangue. Nascosti in piena vista, non l’hai capito? Quale modo migliore per seminare una talpa, che restare in un luogo pubblico, dove nessuna persona di buon senso discuterebbe una missione così fondamentale?»

Maledizione, Malfoy 1 – Granger 0.

«Stai implicitamente affermando di non essere una persona di buon senso, Malfoy?» gli domandò, forse sperando di sembrare intelligente. La necessità di denigrarlo per tenerlo sotto controllo era diventata impellente.

«Certo che no, Mezzosangue, non implicitamente. Quale ex Mangiamorte di buon senso accetterebbe di lavorare con te? La migliore amica di Potter?» disse, divertito, portandosi un cucchiaio di dolce alle labbra. Hermione dovette sbattere un paio di volte le palpebre, sorprendendosi a fissare quel gesto. Probabilmente il movimento elegante l’aveva incantata. «Mi sorprende che lui o la Donnola non siano venuti a farti da scorta» aggiunse poi lui, con il suo solito ghigno.

Lei si irrigidì, quando lo sentì fare riferimento a Ronald. La ferita nella sua anima cominciò a pulsare, come succedeva ogni volta, ma ormai era diventato un dolore sopportabile.

«Non ho bisogno di guardie del corpo, Malfoy. Adesso, per piacere, possiamo parlare della missione?»

«Come la signora desidera».

 

***

 

«Speculum Animarum» lesse Malfoy, allontanando leggermente il suo quadernino. «Noto volgarmente come Specchio delle Anime, nonostante non siano molti i popolani a sapere qualcosa della sua esistenza» strinse un momento le labbra, alzando gli occhi verso Hermione. «Quantomeno, non con quel nome, viste le varie storie in cui è apparso».

«Principalmente favole, oppure romanzi epici, lo so» aggiunse lei, con un gesto annoiato della mano. «Ma i più illustri ricercatori sostengono che si tratti solo di una leggenda. Se davvero questo specchio è esistito, dovrebbe avere molto più di duemila anni, oltre ad aver girato tutto il Vecchio Continente» protestò, accigliandosi. Rischiò di arrabbiarsi, quando notò lo sguardo divertito ed il sorriso compiaciuto dell’altro, ma decise di soprassedere. I loro guai erano ben altri. «Non possiamo fidarci delle parole di quei detenuti, soprattutto perché la confessione è stata fatta senza veritaserum e davanti dei comunissimi Auror, non Inquisitori».

Malfoy inarcò le sopracciglia. «Potter è a conoscenza della considerazione che porti alla sua squadra?» le chiese, tornando quasi immediatamente a concentrarsi sul suo quadernino. Sfogliava le pagine con disinvoltura, probabilmente cercando solo qualche parola chiave. «Comunque, l’interrogatorio è più che accettabile, considerando le conferme raccolte da uno studioso estremamente competente».

«E chi sarebbe?» domandò lei, noncurante, essendo certa di non aver trascurato nessuno degli esperti più importanti. Con molti di loro aveva intrattenuto una breve corrispondenza, nella settimana trascorsa in attesa di quell’appuntamento. Tutti avevano concordato nel non considerare valida la teoria dell’esistenza dello specchio. Chiunque Malfoy avesse contattato, si sarebbe dimostrato facilmente uno sciocco.

«Io, Mezzosangue».

Le sopracciglia di Hermione non sarebbero potute andare più in alto, senza schizzare via dalla fronte. Una parte di lei fu tentata di scoppiare a ridere, l’altra, semplicemente, pensò che sarebbe stato più saggio dargli un altro cazzotto per pretendere un minimo di serietà. Poi, però, si rese conto che fosse assolutamente serio, quindi si limitò ad aprire la bocca per rispondergli, senza tuttavia riuscire ad emettere un suono.

Quell’insopportabile…

«Non guardarmi in quel modo, Mezzosangue» la riprese Malfoy, dedicandole solo uno sguardo veloce. «Sono certo tu abbia già verificato le mie credenziali. E non c’è bisogno di specificare che, diversamente da tutti gli studiosi che ti sei premurata di contattare, sono in possesso di contatti molto più affidabili».

«Contatti affidabili?» lo scimmiottò la strega, le sopracciglia inarcate ed un sorriso di scherno sulle labbra. «Modo carino per parlare di delinquenti, Mangiamorte non esattamente pentiti e… e…» non riuscendo a trovare appellativi peggiori di quelli già usati, gonfiò leggermente le guance. «Insomma, gentaglia inaffidabile».

Con uno sbuffo divertito, Malfoy mise da parte il suo quadernino, concentrandosi nuovamente sul suo dolce di mele. «Gentaglia di cui ho fatto parte, Mezzosangue. Non è carino da parte tua» le disse, pacato, mescolando il contenuto del suo piatto con la punta del cucchiaino, l’aria da principe elegantemente annoiato. «E comunque, parlo di gente tutt’altro che inaffidabile. Fra le mie conoscenze ci sono collezionisti d’arte di tutto il mondo, studiosi delle migliori università… L’uomo con cui abbiamo appuntamento questo pomeriggio, ad essere precisi, è Augustus Rochester, ordinario alla St. Andrews, esperto in Arte Medievale ed Arte Esoterica» le spiegò, passandole da sopra il tavolo un fascicoletto estratto dalla tasca interna della giacca.

Hermione era ammirata, inutile negarlo. Ammirata ed un po’ imbarazzata, per essere precisi. Il suo non era stato davvero un tentativo di sminuirlo, associandolo a quel gruppo tutt’altro che ammirabile, però non era riuscita a far diversamente.

- Non sminuirti Hermione. Hai sofferto, ma non sei una stupida.

No, non doveva pensarci. Avrebbe avuto modo di parlare con il dottor Crave nel giro di qualche giorno, nel suo appuntamento settimanale. Non poteva permettersi di mostrarsi debole. Non davanti a Malfoy.

Cercando di distrarsi, la giovane afferrò il fascicolo, scorrendo velocemente le poche pagine. Notò che i caratteri fossero più grandi del normale, probabilmente per lo stesso motivo che costringeva Malfoy ad allontanare il quadernino per leggere chiaramente. Era ipermetrope, lo spocchioso bastardo. Probabilmente non voleva che degli occhiali rovinassero il suo aspetto da principino delle fiabe.

Un principino verde e argento capace di far morire le principesse, piuttosto che svegliarle.

«Ha studiato alla Sorbonne» disse, ammirata, scorrendo la lunga lista di meriti del professore. «Massimo dei voti, tre dottorati… Ufficiale dell’Ordine Nazionale al Merito in Francia, Ordine dell’Impero Britannico… Ha pubblicato oltre centotrenta saggi!»

«Possiamo quindi concordare sul fatto che sia estremamente affidabile, non è vero?» le chiese lui, malizioso, portandosi alle labbra un altro cucchiaino di crumble. Per un attimo, Hermione pensò che l’avesse fissata ad occhi socchiusi per provocarla, poi si rese conto che, semplicemente, fosse impossibile.

«Come vuoi, sì» gli disse lei, con un gesto della mano, posando nuovamente gli occhi sui fogli. Sentì un calore sospetto al collo e sperò sinceramente di non essere arrossita. Avrebbe fatto bene a portarsi sempre dietro un foulard, quel giovane aveva la capacità di farle andare il sangue alla testa per la stizza. «Dice di avere delle informazioni per noi, ma non ha scritto nulla. Non poteva farci risparmiare un po’ di tempo?».

«Mezzosangue?» chiamò Malfoy, distraendola. Quando si voltò, pronta a dirgli di non disturbarla, lui le infilò di prepotenza un cucchiaino di torta fra le labbra, facendola spaventare a morte. «La tua torta stava andando a male. Comunque, come noterai questo pomeriggio, il Professore è un po’… prudente»

Mandato giù il boccone, solo per non rischiare di soffocare, Hermione si tolse il cucchiaino dalle labbra e lo fulminò. Fu solo per amore della missione che non lo uccise con una Maledizione.

«Cosa vuol dire prudente

Malfoy ridacchiò, afferrando il Times abbandonato sul tavolo accanto. Si chinò leggermente  verso di lei, come se avesse voluto rivelarle un segreto importantissimo. «Con prudente intendo che, se messo a confronto, Malocchio Moody, che riposi in pace nel suo inferno personale, era un allegro giovanotto dalla testa calda»

La mascella di Hermione rischiò di sfracellarsi per lo shock.

«Il male è sempre in agguato!» recitò lui, proprio mentre lei leggeva l’ultima riga della lettera che il professore aveva inviato al suo compagno.

Il male è sempre in agguato, nascosto in piena vista.

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Questa settimana, ho deciso di aggiornare un po’ prima. Non so il perché, forse la notizia di dover rimandare il mio esame di oltre dieci giorni mi ha stordita al punto di non voler aspettare per altre cose. Ha senso? Per me neppure rimandare un esame ce l’ha.

Scusatemi, sono solo stanca, pedante ed in una brutta crisi di “Grangerite”.

 

Punti importanti:

» La citazione è di Edgar Allan Poe, poiché è proprio a lui che ho pensato, scegliendo il titolo. In particolare, il mio pensiero è andato al racconto “Il cuore rivelatore”, nonostante non ci sia effettivamente un collegamento logico. Semplicemente, è uno dei miei preferiti.

» Il Signor Hicklebottom è un altro dei miei OC, non credo che farà un’apparizione prima della fine della fanfiction o, comunque, qualche presenza momentanea qui e lì. È un uomo di grande conoscenza e cultura, cui è stato anche proposto di fare il Ministro, prima di ricorrere a Caramell (nonostante nessuno l’abbia mai saputo). Hermione lo stima molto ed il sentimento è reciproco.

» Rochester farà la sua apparizione nel prossimo capitolo, portando molte notizie e, forse, un bel po’ di azione. Finalmente, mi verrebbe da dire.

 

Grazie infinite a tutti coloro che hanno commentato, i vostri pareri sono il cibo della mia ispirazione, senza di voi non so neppure se avrei avuto il coraggio di pubblicare ancora. Grazie, davvero.

 

Grazie ancora a chiunque leggerà, ci becchiamo lunedì (o nel weekend!) prossimo,

-Marnie

 

   
 
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