Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: FreDrachen    20/01/2016    1 recensioni
Cosa potrebbe mai accadere se un Angelo si innamorasse di un Demone? E se il Demone ricambiasse?
Non è impossibile.
A Gabriele e Lilith è successo. E sono disposti a tutto per proteggere il loro amore proibito.
Anche a costo della vita.
Saranno messi a dura prova dagli Inferi e il Paradiso.
Il loro amore riuscirà a scalfire le avversità e perdurare in eterno? O sarà sconfitto condannandoli a un'eterna divisione?
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heaven & Hell'
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Capitolo 61


 
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'entrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.
Canto V vs.4-6
…cingnesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Canto V vs.11-12
 
Il primo a notarlo, non appena uscí dalla tenuta di Asmodeus, fu Ettore.
«L'Arcangelo é tornato»annunció.
E subito Gabe fu circondato da una miriade di anime sorridenti. Tra loro scorse anche Virgilio e Omero.
Quest'ultimo si avvicinò e l'avvolse in un caloroso abbraccio.«Sapevo che ce l'avtesti fatta. So riconoscere un eroe quando ne vedo uno».
«Vedere é una parola grossa Omero, dato che sei cieco»gli fece notare Deifobo.
Omero liquidó il discorso con un cenno della mano.«É un eufemismo ragazzo. E ora gioite con me per la morte del nostro aguzzino,e la vittoria dell'Arcangelo che ci ha liberato dalla tirannia di Asmodeus».
Scoppio un tripudio di gioia tra i presenti che invocarono a grande voce il nome di Gabriele.
A Gabe salirono le lacrime agli occhi. Non per la felicità, ma per i sensi di colpa. Lui non era un eroe, ma un assassino.
Senza proferire parola si allontanò, prima camminando, poi correndo verso l'uscita del Limbo, lasciando la folla ammutolita. Solo Virgilio comprese che qualcosa non andava nel suo giovane amico. Per questo lo seguì.
Lo scorse in prossimità della porta che l'avrebbe condotto verso il Secondo Cerchio.
«Gabriele, aspetta!»lo chiamó.
E Gabe rimase immobile aspettando che Virgilio lo raggiungesse.
«E successo qualcosa, non é vero?»domandó senza giri di parole.
Gabe si voltó verso di lui, con gli occhi lucidi.
«Che differenza c'é tra me e Asmodeus?»
Questa domanda lasciò Virgilio sorpreso.
 «Tu non hai nulla in comune con quel mostro»rispose sicuro.
Gabe scosse la testa.«Tu non capisci. Posso provare a essere diverso da lui, ma alla fine non é cosí».
 «Gabriele cosa...»provó a ribattere Virgilio, ma Gabe lo bloccò. «Io l'ho ucciso Virgilio. L'ho ucciso senza un bricciolo di rimorso. Sono come lui. Ho provato piacere per la sua morte. Sono un assassino, un mostro. Non merito di essere ció che sono».
«Sei diverso da Asmodeus. E vuoi sapere il motivo?»
Gabe lo fissó, annuendo brevemente poco convinto.
«Perché adesso stai provando sensi di colpa per la sua morte. Ad Asmodeus non sarebbe importato nulla togliere una vita. Tu hai un cuore puro Gabriele, lo so»disse con determinazione «E se fossi stato davvero dall'animo nero saresti sceso fino a qui per salvare la tua ragazza?»
Quelle parole riuscirono a calmarlo.
«Tu non sei un mostro»ripeté Virgilio.«Non é odio ció che predomina il tuo cuore, ma solo amore e desiderio di giustizia».
Gabe gli sorrise grato.
«Grazie, sommo Virgilio. Le tueparole significano molto per me».
Virgilio allungó la mano, e Gabela strinse, come due vecchi amici prossimi a dirsi addio.
«Spero che tu riesca nella tua impresa ArcangeloGabriele, Eroe di D... Ecco, Tu sai Chi, insomma».
«Conosci il significato del mio nome?»
«Conosco tutte le radici etimologiche di voi Araldi del Cielo»disse Virgilio orgoglioso.
Gabe lo fissò con ancora piú ammirazione. Chi l'avrebbe mai detto che un'anima del Limbo, condannata a non vedere mai il Signore, si potesse interessare a loro Arcangeli.
«Addio Gabriele. Possa la buona sorte seguirti nella tua impresa»lo salutó Virgilio, prima di girarsi e allontanarsi per ricongiungersi con i compagni.
Gabe lo fissó un'ultima volta con nostalgia, prima di voltare le spalle al Limbo per intraprendere di nuovo la sua traversata nell'Inferno.
 
Non dovette camminare molto prima di raggiungere una lunga fila di anime, quasi paragonabile a quella che attendeva il Traghettatore. Ma a differenza di queste ultime, buona parte sembrava già arresa al proprio destino. Poco distante scorse il Giudice Infernale Minosse.
Alcune anime lo scontrarono con poca grazia, intimandolo in modo sgarbato di avanzare.
"Che permalosi" pensò Gabe piccato.
In un non nulla si ritrovò schiacciato tra una ragazzina sui quindici anni e una donna di mezza età vestita in modo impeccabile.
La donna, non appena incrociò il suo sguardo gli sorrise in modo affabile e seducente.
"O è un'adulatrice o una lussuriosa" pensò infine Gabe, girandosi con disgusto. Si concentrò meglio sulla ragazzina.
Aveva i capelli castano scuro lunghi fino alle spalle super lisci, sicuramente piastrati a dovere, non molto alta-Gabe la sovrastava di una spalla e mezza-e era di corporatura media. La ragazza si giró verso di lui, fissandolo con interesse, gli occhi scuri che scintillarono di malizia.  Non era la classica ragazza che si poteva trovare sulle riviste di gossip, pur avendone l'ambizione come testimoniavano i vestiti che indossava:una camicetta grigia scollata a V, una minigonna nera e ai piedi un paio di ballerine.
«Giulia»si presentò offrendogli la mano. «Ma tu puoi chiamarmi Giul».
«Gabriele»ribatté Gabe con disgusto. Nella sua anima captava qualcosa, come una macchia. Doveva aver compiuto chissà che malefatta, altrimenti non si sarebbe dovuta trovarelí. Proprio non riusciva a capire come gli umani potessero macchiarsi di tutte queste colpe. Davvero il male era così bravo a tentare le sue vittime?
La ragazza, che nel frattempo non aveva smesso di studiarlo, gli offrí un sorriso tra il divertito e il canzonario.
«Bene, bene. Se qui all'Inferno ci sono figacci come te, credo che mi troverò davvero bene».
Gabe la fissó stupito,arrossendo poi di botto.
«Ma che stai dicendo? Qui non troverai altro che dolore per l'eternità. Come puoi pensare di... »
La ragazza di tutta risposta gli fece l'occhiolino.«Scommettiamo che la farò in barba a quel demoniaccio che mi deve giudicare?» lo sfidó con arroganza.
«Morirai se solo ci proverai»ribatté Gabe.
Giulia gli sorrise pericolosamente.«Questo é tutto da vedere, mio caro».
Fece due passi avanti, dato che nel frattempo, i due uomini prima erano già stati mandati nei loro rispettivi cerchi.
«Allora? Ci possiamo muovere si o no? Non ho tempo da perdere io!»sbraitó la voce di Minosse incollerito. Gabe cercò di riconoscere anche solo un l'insignificante fattezza umana nella creatura che gli stava di fronte:aveva la carnagione grigiastra come quella dei cadaveri, due occhi ardenti come la brace che fissavano minacciosi le anime impaurite. Le dita lunghe e sottili erano munite d'artigli taglienti come rasoi, così anche quelle dei piedi. E poi la coda, lunghissima che terminava con un micidiale arpione. Li sovrastava di qualche metro, ma al suo cospetto Gabe si sentiva peggio di una formica.
Lo stesso non si poteva dire di Giulia che si voltó verso l'Arcangelo dal viso cinereo, sorridendogli beffardamente.«Staa vedere».
E rivolta a Minosse, cinguettó: «Eccomi».
Il Demone borbottó qualcosa, forse nella sua lingua originaria,il cretese, per poi dire:«Nome».
«Giulia»rispose la ragazza calma.
Tra le mani possenti dagli artigli acuminati, di Minosse comparve un libro enorme. Aveva la copertina nera in pelle, e le parole, scritte sui fogli ingialliti dal tempo, sembravano scritte con il sangue.
Giró il tomo verso la ragazza, a cui nel frattempo era apparsa una penna dalla punta acuminata in mano.
«Pungiti il dito con la punta. Essa assorbirà il tuo sangue, e sarà con quello che scriverai il tuo nome sul libro».
Giulia ubbidì, presa però da una strana ansia. Gabe gliela lesse negli occhi. La sua convinzione cominciava a vacillare.
La ragazza scribacchió con timore il suo nome sulla pagina ingiallita simile a pergamena del tomo. Non appena fini di scrivere l'ultima lettera, la penna scomparve magicamente.
Minosse diede un'ultima occhiata alla pagina per poi chiudere il libro.
«Ebbene, dimmi qual é la colpa che ti ha spedito qui».
Giulia deglutí. Ora si giocava il tutto per tutto.
 «Mio signore, vede...c'é stato un grosso malinteso. Io non ho fatto nulla per finire qui»balbettó, cercando di assumere l'espressione più docile nel suo repertorio.
Minosse la fissó con i suoi occhi accesi, come la brace.
«Nessun errore mia cara. Nel tuo nome scritto con il tuo sangue ho letto la tua colpa».
Gabe rimase spiazzato, così come Giulia.
Ma come faceva a sapere di che colpa si era macchiati in un nome scritto col sangue?
Un vero mistero. Una trovata insolita dell'ingegno per incastrare le anime dannate.
 «Non capisco...».
«Piccola miserabile umana, so cos'hai combinato sulla Terra. Hai fatto girare voci false su una tua compagna di classe, screditandola davanti a tutti, conoscenti e non. E ti sei vantata di questo. Dimmi, cosa ti ha fatto quella povera ragazza per meritare un simile trattamento, eh?»
Giulia abbassó lo sguardo sconfitta.«Nulla, mio signore».
Minosse annui serio. «Questa é stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso che ci ha spinto ad agire di conseguenza. La tua vita é tutta costruita sumenzogne, e come ben sai, i nodi vengono sempre al pettine. Ora che siamo giunti a questo punto, ti condanno alla sesta Bolgia dell'Ottavo Cerchio. Che tu sia dannata tra gli ipocriti, come in vita hai vissuto vomitando miele e pensando fiele. Camminerai vestita di menzogna, e che sulle tue gracili spalle senta il peso opprimibile della verità che hai oscurato con le tue parole».
Non si alzó neppure dal trono quando mosse la sua coda che finiva come un arpione. Sinuosa come un serpente si avvolse intorno al corpo di Giulia che cercó di divincolarsi, invano. Per otto volte si attorciglió, e la voce di Minosse tuonó:«Sesta Bolgia».
Davanti agli occhi di Gabe la figura di Giulia si dissolse, condannata per l'eternità.
La coda tornó al suo posto, e Minosse portó lo sguardo su di lui, squadrandolo con un certo interesse. Anche troppo.
Gabe trattenne il fiato. Che avesse fiutato la verità sul suo conto? Non poteva permetterselo. Non adesso che non aveva ancora raggiunto il Secondo Cerchio.
«Il mio nome è Gabriele, e sono un assassino»borbottó impacciato. Era la scusa piú stupida che avesse mai potuto trovare.
Minosse lo fissó stupito.«Sei sicuro Asmodeus? Hai bevuto troppo sangue che ti ha dato alla testa per caso? Levati, mi stai facendo perdere tempo prezioso»l'apostrofó poi aspramente, allungando la coda per scostarlo dalla fila.
Gabe deglutí. L'aveva preso per il gemello sovrannaturale. Sentì la gola secca, e si ritrovò a corto di parole.
«Ecco...io...»provó a ribattere.
«Ecco dov'eravate finito»l'apostrofó una voce femminile.
Non riuscínemmeno a metabolizzare il tutto, che si ritrovó a braccetto con un Demone femmina.
Aveva i capelli ricci scuri e gli occhi vermigli tipici della sua specie. Era abbastanza mingherlina e minuta, eppure notevolmente forte.
«Ti chiedo scusa Minosse per il comportamento inappropriato di Asmodeus. Credo che sia per colpa dello stress»disse con un leggero sospiro.
Gabe si ritrovò ad annuire meccanicamente stando al gioco del Demone, troppo scosso per ribattere.
Minosse annui comprensivo.«Già. La disfatta in Paradiso brucia a tutti. Capisco cosa stai provando, ma non ti azzardare a farlo un'altra volta, intesi?»
Gabe aprì la bocca per rispondere, ma fu anticipato dal Demone. «Assolutamente si. E ora andiamo Asmodeus»disse, e lo trascinò lontano da Minosse e dalla macabra fila di animeche doveva giudicare e che si snodava di fronte a lui a perdita d'occhio.
Ma quando furono a debita distanza e lontani da occhi indiscreti, Gabe torse il braccio del Demone, ancora avvinghiato al suo, cogliendola i sorpresa. Fulmineo lo bloccò dietro la schiena e con l'altra mano libera estrasse un pugnale dal fodero, e glielo puntó alla gola.
 «Mi fai male»si lamentó il Demone.
 «Faró piú che questo se non mi dirai la verità. Chi sei? Ti ha mandato qualcuno per uccidermi?»Affondò leggermente la punta del pugnale nella sua gola delicata.
«Oppure vuoi gli onori di aver ucciso un Arcangelo?»
«Nulla di tutto ció»si affrettó a dire lei tra le lacrime.
Gabe rimase stupito. Nessun Demone piangeva sotto tortura. Erano soliti a farsi beffe di loro oppure si limitavano a fissarli con odio. Almeno questo era quello che gli avevano raccontato Michael e altri suoi compagni.
«E allora perché? Perché mi hai salvato dai guai con Minosse, se non per uccidermi».
«Non sono qui per ucciderti»ripeté.«Si tratta di Beth».
A sentire quel nome, lasció subito la presa. Il Demone si massaggió il collo, là dove era penetrata in minicissima parte la lama celeste.
«Accidenti. Hai mai pensato sul serio di fare il serial killer, anziché usarlo come patetica scusa?»gli domandó con risentimento.
Gabe ignoró la domanda.«Cosa sai di Beth?»chiese invece, fissandola intensamente negli occhi.
Il Demone sospiró. «Sei Gabriele giusto?»
Gabe la fissó sorpreso, annuendo.
Il Demone di tutta risposta si sedette sopra una roccia poco distante. Con una mano fece un cenno a Gabe.
«Vieni. Ci sono molte cose che devi sapere».

 






Angolino dell'autrice:
Hola a tutti ^^
Oggi sono due anni di permanenza della storia su EFP :)
Ringrazio tutti voi che la seguite ^^
A presto(spero)
Drachen
   
 
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