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Autore: Red_Hot_Holly_Berries    16/03/2009    11 recensioni
Una giornata cominciata nel migliore dei modi e treminata in tragedia.
Basta un solo attimo, e per via di un incidente la vita di Harui cambia completamente.
Ma la cosa più importante è che cambia anche il suo modo di vedere il mondo...
Rimasta cieca, la ragazza piomba nella disperazione, e i suoi amici non sanno più come aiutarla, dato che lei rifiuta ogni loro tentativo...
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka, Kyoya Ohtori, Tamaki Suoh
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: La Differenza Tra Dolore e Rancore


Haruhi non sapeva da quanto tempo ormai si trovava lì, da sola. Pochi minuti o molte ore?
Non lo sapeva… e non le interessava affatto.
Nascosta sotto le coperte di quel letto in infermeria, Haruhi tremava come se il gelo che percepiva le fosse entrato nelle ossa.
Calde lacrime le rigavano le guancie, bagnandole le mani che teneva premute sugli occhi, tentando di alleviare il dolore lancinante che le trafiggeva le tempie e dietro la fronte.
Serrava le palpebre con forza, e poi di scatto le riapriva, come sperando di sorprendere alzato il sipario nero che si era chiuso sul mondo.
Anzi, no… non era il mondo a essersi spento, ma un sudario ad essersi avvolto intorno a lei, tanto che Haruhi si sentiva soffocare.
Singhiozzando silenziosa, non le sembrava vero.
No, tutto quello non poteva essere capitato, non a lei!
Non aveva forse sofferto già abbastanza? Non aveva forse già versato tutte le sue lacrime quando si era ritrovata da sola, in un mondo ipocrita e noncurante?
E ora, si ritrovava di nuovo abbondata.
Le sembrava di essere stata attirata in un gioco crudele di cui lei non conosceva le regole.
Dentro di sé, aveva imprecato contro quel Dio che le avevano detto essere misericordioso, ma perché chiedevano il perdono a una creatura che non si curava dei suoi figli?
Aveva pregato perché le spiegasse il perché di tutto quello.
Aveva pregato perché tutto quello finisse.
Non voleva viverre sempre in quell’oscurità… non riusciva ad accettarlo, non riusciva a rinunciare al cercare di spingere la sguardo oltre quella cortina nera, alla ricerca di una vaga traccia di luce…
Ma quella non era il confortevole buio della sua camera, di notte, non c’erano né luna né stelle a guidarla…
Un rumore lontano attrasse la sua attenzione.
La sua mente si rifiutava di prendere atto dell’accaduto, ma il suo corpo si stava già adattando a supplire alla carenza della vista: fu così che riuscì a distinguere il rumore di passi prodotto da molte persone.
I medici non potevano essere, se n’erano andati poco prima, perciò… dovevano essere i suoi amici dell’Host Club, che da quando li aveva cacciati via piangendo, subito dopo la scopetta, non aveva più visto…
Haruhi scoppiò in un riso amaro.
Già, quella era l’espressone adatta. Non li avrebbe mai più visti.
I passi si erano fermati, proprio come aveva immaginato, davanti alla porta.
Dopo un attimo di esitazione, uno di loro l’aveva aperta, entrando seguito da tutti gli altri.
Capendo che era inutile fingersi addormentata, non quando quei silenziosi singhiozzi le scuotevano le spalle, Haruhi emerse dal viluppo di lenzuola fino a mettersi seduta, tenendo gli occhi chiusi.
Non era ancora pronta ad affrontare la verità, e di sicuro non davanti a loro…
Loro che erano diventati improvvisamente la valvola di sfogo per tutto il suo dolore e la sua frustrazione.
-C…come stai, Haruhi?- Domandò Tamaki, con voce ansiosa e insicura.
-Come vuoi che stia? Una meraviglia, mi pare ovvio, no?- Rispose pesantemente ironica la ragazza, con una voce velenosa che non era la sua.
Anche se non poteva vederli in viso, Haruhi immaginò senza sforzo le loro reazioni: li conosceva tutti troppo bene.
Tamaki, risoluto a vivere giorno per giorno, sempre ottimista.
Hikaru, dal carattere deciso, capace di prendersi le sue responsabilità.
Kaoru, possessivo ma gentile dietro la sua apparenza di menefreghista.
Kyouya, ambizioso e beffardo, eppure così legato ai suoi amici.
Honey, incredibile osservatore, guardava in profondità nel cuore delle persone.
Mori, anche se solitamente taciturno, sapeva sempre cosa dire per consolare.
Oh, sì, li conosceva meglio di quanto conoscesse sé stessa.
Tanto da aver capito ormai da tempo che Tamaki, Hikaru, Kaoru e Kyouya si erano innamorati d lei, amandola ciascuno per un motivo diverso, in un modo diverso.
Una serie di passi più leggeri si avvicinarono al suo letto: senza dubbio Honey.
-Tieni, Haru-chan, questo è il tuo peluche… Prendilo, così ti rallegri un po’!- disse infatti il ragazzo biondo con la voce di un bambino, posandole il suo gatto di pezza in grembo.
Ma Haruhi non era per nulla in vena di stupidaggini, e per la prima volta si sentì irritata e presa in giro da quel comportamento volutamente infantile.
Ringhiando, lanciò con furia il pupazzo verso il posto dove aveva mentalmente collocato il gruppo degli Host, venendo ricompensata dallo sbuffo del ragazzo che aveva colpito e dal morbido tonfo che fece il gatto cadendo a terra, per poi essere recuperato dallo stesso.
-Cosa vuoi che me faccia, me lo dici, eh?- chiese acida, i denti scoperti in una smorfia cattiva che non le avevano mai visto addosso.
-È per via di questa cazzate che sono qui! Sono stufa di tutto questo!- continuò Haruhi, con voce però così pacata da rasentare il gelo.
-Hai ragione, Haruhi… è tutta colpa mia.- disse mesto Tamaki… ma la sua voce, così triste, così dannatamente sincera, la fece talmente arrabbiare da farle perdere il controllo.
Lui non aveva nessun diritto di mostrarsi debole quando lei voleva sfogarsi su di lui!
-È vero. È tutta colpa tua.- gli urlò contro lei, spalancando gli occhi vacui in provenienza della sua voce.
-Ho sopportato i vostri modo spocchiosi per così tanto tempo che mi ci ero quasi abituata! “Tanto non fanno male a nessuno” Col cazzo che non fate del male a nessuno! Siete solo capaci di far soffrire la gente intorno a voi! Tanto non siete voi a dover subire le conseguenze delle vostre azioni! – esplose, come se ogni minuscolo rancore che aveva mandato giù senza battere ciglio si fossero fusi in un’unica cosa.
Non le importava se stava generalizzando, cogliendo solo le cose negative che aveva vissuto con loro, non le importava che poi si fossero scusati, non le importava per nulla.
Voleva solo ferirli, e con la sua nuova sensibilità, sentì di essere riuscita nel suo intento.
-Haruhi, ci dispiace di quello che ti è successo, ma…- cominciò uno dei due gemelli (era troppo agitata per riuscire a capire quale) ma senza delicatezza la ragazza lo interruppe.
-Cosa me ne faccio del vostro dispiacere? Me lo volete dire? Credete che possa cambiare le cose?- una risata amara si fece strada dentro Haruhi, terminando in un singhiozzo che sapeva di sconfitta.
Si piantò le unghie nella carne: lei non era sconfitta, tutt’altro!
-Ti aiuteremo noi, Haruhi! Ripareremo al nostro errore!- intervenne l’altro gemello.
-Davvero?- si limitò a dire lei, in tono atono.
-Sì. Dicci cosa possiamo fare, e noi la faremo- disse Kyouya, intervenendo per la prima volta, anche lui con la voce rotta da un’emozione non ben definibile, ben lontano dalla sua solita calma.
-No, ditemi voi cosa vi devo dire! Che siete stati i miei primi veri amici? Che con voi sono riuscita a superare il dolore per i miei genitori? Che pensando a voi ho smesso di svegliarmi nel mezzo della notte, piangendo perché mi sentivo sola? Che da quando sono con voi vivo una vita quasi normale? Che è solo grazie ai soldi che ricavo dall’Host Club che non sono finita in orfanotrofio?- gridò Haruhi, salendo man mano di tono.
Ma, improvvisamente com’era arrivata, la rabbia svanì, lasciandola spossata e con un grande vuoto dentro.
-Ditemelo, vi supplico…- ripeté con un filo di voce Haruhi lasciandosi cadere sul materasso, chiudendo gli occhi per nascondere le lacrime che avevano ripreso a scorrere sulle guancie ancora bagnate, senza però grande successo.
Un silenzio tormentato si prolungò nella stanza, mettendo a disagio tutti, tranne Haruhi che si sentiva… insensibile, come intontita.
-Oh, Haruhi…- cominciò Tamaki, ma Honey lo zittì, probabilmente con una delle sue (rare) occhiate serie e compunte.
-Shh, Tamaki. Non dire nulla, è meglio. Lasciamo Haruhi in pace. Ha bisogno di riposare e di stare da sola.- sussurrò con voce dolce ma non melensa come suo solito.
Dopo un attimo di pausa stupefatta, Haruhi sentì che i ragazzi si ritiravano, indugiando fino a che non varcarono la soglia uno ad uno.
Proprio quando credeva che se ne fossero andati tutti e si chiedeva perché non avessero chiuso la porta, sentì Kyouya parlarle.
-Sai cosa hanno detto i medici, vero? Che potrebbe essere una situazione passaggera…-
Anche se lei non lo vedeva, lui vedeva lei: Haruhi si limitò ad annuire.
-Ma tu non riesci a crederci.- Non era una domanda, affatto.
Ormai anche lui era giunto a conoscerla troppo bene per esserlo.
Per tutta risposta lei rise, e se aveva creduto di aver esaurito tutte le sue lacrime, scoprì che così non era: i suoi lievi singhiozzi non le impedirono di sentire la porta chiudersi delicatamente.
“Farò qualunque cosa per te”.
Scivolando in un sonno spossato, Haruhi si chiese se quelle parole gliele aveva davvero sentite pronunciare o se le aveva solo immaginate.





ammetto che la scarsità di commenti mi aveva depresso, ma poi ho deciso che non sarabbero stati i lettori il motivo per cui scrivevo! questa storia la volevo finire come ... una questione di principio, ecco!
xscemo92: grazie!hai avuto la risposta alla tua domanda, ma in effeti POTREBBE essere uan cosa passeggera... non si sà. In effetti 8segreto) non so nemmeno io se Haruhi si riprenderà, ammetto! e grazie atntissimo per la correzione... un pò li ho messi a posto nell'altyro chappy, ma in questo è tutto scritto, giusto, eh!
  
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