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Autore: Kite97    25/01/2016    2 recensioni
Flavio è un ragazzo di diciassette anni, ha qualche problema con il suo fisico e il suo essere, che lo hanno portato ad allontanarsi dai suoi amici.
cercherà di affrontare la realtà, in un viaggio in cui tenterà di battere il suo nemico numero uno, la sua mente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-cos'hai fatto?!- urlo con le tempie che mi pulsano. -calmati Flavio, è presto e le persone dormono. -non mi importa, delle persone, perché l'hai fatta salire? -l'avevo incontrata quando sono andata a fare la spesa, l'ho riconosciuta e lei ha riconosciuto me. Cortesemente mi ha chiesto come stai, e le ho risposto la verità che secondo me non stai bene. -perché mamma? Io sto bene, non ho nulla, perché le hai solo parlato? ti ho detto mille volte che se mi cerca lei o Fabio io sono occupato! - rispondo arrabbiato più che mai. Lacrime iniziano a correre sulle sue guance, stavolta anche lei urla- mi chiedi perché anche? È da due anni che non esci, vai a scuola e poi stai sempre a casa. Persino in estate non ti smuovi da quella maledetta stanza, hai preso chili su chili, e mi chiedi perché? Perché voglio che tu esca di nuovo, che ti diverta. Sei giovane e stai sprecando così la tua vita, perché Flavio? Eri felice con Francesca, Fabio e.... La interrompo prima che pronunci quel nome, abbracciandola. - mamma basta, hai detto tu stessa che le persone stanno dormendo- La sento singhiozzare, le sue lacrime mi scendono sulle spalle, aspetto che si calmi e le dico- poi cos'è successo? dopo che le hai risposto? Si siede sulla sedia, inizia a fissarsi le unghia, poi dice: - lei ha sospirato e ha fissato a terra, mi ha detto di consegnarti quella busta e il bracciale. Le ho detto di venire a casa nostra, ho visto che dormivi, e non ti ho disturbato. Poi ho fatto del tè e siamo rimaste a parlare per un po', non ti preoccupare tu non centravi con la discussione, abbiamo parlato come vecchie amiche. Poi verso le undici se n'è andata e mi ha lasciato sia la lettera che il bracciale. -lo hai messo tu sul comodino? -certo chi altri se no? Un sospiro di sollievo mi scappa, le dico- ti prego mamma, ti giuro che farò del mio meglio, ma ti prego di non fare come ieri. - ma perché hai litigato con loro? Eravate sempre insieme- -sono tempi passati, non me la sento di uscire con loro, non chiedermi altro, ti prego. Lei annuisce, si dà una spinta dalla sedia tamponando le lacrime, poi inizia a darsi da fare con i fornelli. Vado in bagno con la mente letteralmente tempestata sul da fare, butto via i vestiti e apro l'acqua della doccia, metto una mano per tastarne la temperatura, ma è fredda, la lascio scorrere per riscaldare. Mi fisso allo specchio, in effetti, non riconosco più il mio vecchio me: Ho la barba incolta, con un pelo qua un altro là, sembra quasi un vecchio giardino abbandonato, ogni tanto nella faccia c’è qualche brufolo, la pelle screpolata in alcuni punti. Gli occhi verdi sono ancora rossi, le sopracciglia sono folte come una foresta, e i capelli un po' lunghi… anzi sono indecentemente lunghi, arruffati e con qualche traccia di forfora. Sospiro, due anni fa mi curavo molto di più, avevo soprattutto più autostima e un fisico migliore. Adesso invece sono solo l'ombra di un vecchio Flavio, lo penso ormai alla paranoia. Mi spoglio e mi metto sotto la doccia, cerco di sbrigarmi, voglio andare presto a scuola. L'acqua è come un toccasana, è un piacere rilassarmi e fermarmi a pensare, sembra quasi di entrare in un altro mondo, con un flusso temporale tutto suo, ma non è il momento di perdere tempo. Finisco in fretta, mi vesto, riempio lo zaino con i libri e lo getto sulle spalle, sto per uscire dalla mia stanza, quando mi cade l'occhio sul bracciale, non capisco perché ma lo voglio mettere. Cerco invano di resistere alla tentazione, però cedo e lo fisso sul polso destro, nascondendolo con la manica del giubbotto. L'orologio segna le sette e trenta, annuncio a mia madre che vado a scuola e lei mi ferma. -dove vai? È ancora presto. -per un po' dovrò andare presto, ho un progetto con la scuola- rispondo cercando di far sembrare la cosa più vera possibile. Lei magnetizza i suoi occhi nei miei, annuisce e andando verso la cucina risponde- fai come vuoi. Esco dalla porta, l'aria gelida mi attacca, sento quasi la pelle rigarsi sotto quell’esposizione, mi stringo sulle spalle e inizio a camminare. Il sole ancora non è perfettamente visibile, è solo una luce fioca nascosta tra le case, che ogni tanto ristora facendo capolino con qualche raggio. Ho deciso che andrò a scuola presto di mattina, in modo di non incontrare Francesca, voglio evitare qualsiasi contatto. Giro l'angolo della strada, la quotidianità che si era creata con me e il mio quartiere era spezzata, la chiesa è ancora chiusa, la croce ancora accesa contro l'ombra creata dalle case. Nessun bambino è in giro, tutto è in silenzio, tranne il rumore di qualche vettura in una strada adiacente. Non c’è proprio nessuno, anzi qualcuno che ancora vagava c’era, i netturbini che lentamente finivano il lavoro. Faccio qualche metro, arrivato davanti una scalinata alla destra, l'occhio corre in sua direzione, vedo Francesca seduta sul primo scalino, è mezza assonnata, con un bicchiere di plastica tra le mani. Lei alza lo sguardo pesante, ha l'aria di chi non ha dormito nulla, appena realizza la mia presenza scatta in piedi. La fisso qualche secondo con la bocca spalancata, sento un forte dolore al petto, devo quasi dire al cuore di stare muto per paura che lo senta. Si aggiusta i capelli corvini, mette lo zaino in spalla, e con un sorriso dice – buon giorno. Ingoio un po' di saliva con non poco amaro, continuo con la modalità sguardo da ebete, cercando di riprendere possesso di me. Passa qualche secondo prima che la mente ricominci a fungere e dico- che ci fai tu qui? -conoscendoti sapevo che avresti fatto una cosa simile pur di evitarmi…così eccomi qui. -non mi dire che sei qui da ieri sera? -ieri sera? Come fai a dire che sono stata qui ieri sera? Inizio seriamente a irritarmi, questa discussione mi ricorda una delle tante avute anni prima. - non ha importanza, voglio sapere perché sei qui ora! -secondo te dopo tutto questo tempo che non ci vedevamo, avrei lasciato che tu scappassi così? Comunque non sono così pazza da passare qui la notte. -e a te cosa importa se scappo? La vita è mia, non tua! Mi dovete lasciare in pace, dillo anche a Fabio… è inutile che vi ostiniate, non torno sui miei passi. Il mezzo sorriso che aveva fatto capolino sul suo viso, si tramuta presto in una espressione seria. Mi dà una piccola spinta, e la sua dolce voce si incrina, dice- la vita è la tua, ma non ti permetto di viverla da schifo come stai facendo. Tutti e tre siamo usciti devastati da quell'estate, cosa credi che sei il solo ad aver perso qualcuno? Io ho perso mia sorella, e nello stesso momento il tuo conforto, dato il tuo giocare stupidamente a nascondino, Fabio ha visto una sua amica scomparire. Come vedi non sei il solo a essere sconvolto, non credere che solo tu hai delle cicatrici. Si interrompe e alza la manica della felpa, mostra delle cicatrici sui polsi. - cosa hai fatto? - dico io afferrandogli il polso. -a quanto pare non sei così distaccato nei miei confronti. -cosa hai fatto?!-dico di nuovo stringendole il polso, con un tono meno controllato. -mi stai facendo male- dice lei. Allento poco la presa, e la fisso con evidente rabbia, la sua risposta è: - quando lei morì, e tu scomparisti, rimasi sola con Fabio. Non avevo come sfogarmi, le lacrime non bastavano mai, e il dolore era persino in eccesso. Fui al limite quando Fabio dovette partire e rimasi completamente sola, una sera fui tentata dal vetro di una bottiglia rotta. Sfogai tutta la frustrazione che avevo accumulato sulla mia pelle, fino a farmi male. Da allora per qualche mese mi rifugiai in quel dolore fisico, che alleviava quello che provavo dentro. Una sera però tutto andò sbagliato, esagerai e tagliai una vena principale... Se non mi avessero trovato in tempo i miei genitori, a quest'ora non sarei qui con te. Dopo quell'esperienza smisi con quelle cavolate, e pian piano il dolore si affievolì, ma come vedi tu stesso le cicatrici le porto ancora addosso. Tu forse hai sofferto più di me, ma quella è stata una colpa che abbiamo commesso tutti e tre, non solo tu. Non tenerti il peso solo sulle tue spalle, per quanti forti siano, tutto ha un limite, condividilo con me, e soprattutto con Fabio, in fondo è il tuo migliore amico- finisce Lei accarezzandomi la guancia con l'altra mano. Le lascio il braccio, e sento le lacrime pungermi sugli occhi. -stupida! Stupida! La colpa è solo mia che ho ceduto ai miei sentimenti per quanto forti fossero- penso dentro me. Vedo gli occhi di Francesca diventare vitrei, la fisso pensando al fatto che fosse ancora più bella di prima, l'opposto di me. Sospira e mi fissa dritto negli occhi, all'improvviso si mette in punta di piedi... mi abbraccia, scoppiando a piangere. Rimango fermo occhi spalancati, da molto non provo tutti quei sentimenti. Eccitamento rintanato nel fondo della stiva, amore che come su una clessidra scivola lentamente scandendo il tempo e il risveglio di quel sentimento che ho incatenato. Paura e autocommiserazioni sempre presenti, in quel momento scompaiono dalla mia mente, lasciando spazio a un mix di coraggio e felicità. Il suo profumo è sempre lo stesso, entra nelle narici, sale fino al cervello e mi provoca vecchi e nuovi ricordi. Quel contatto mi riscalda da cima a fondo, non so che fare, resto immobile sentendo i suoi singhiozzi e le lacrime. Mi arrivano quasi i suoi sentimenti, e tra uno di loro riconosco quello che ci aveva stregato e legati. All'inizio resto immobile, con le mani ferme a mezz'aria, butto giù della saliva come a darmi forza, dopo due anni, prendo in prestito il coraggio di cui non avevo usufruito, ricambio l'abbraccio e le lacrime. Stiamo fermi così per qualche secondo, intorno a me tutto cambia e si trasforma nel parco in cui ci incontravamo il pomeriggio. Ritornano in mente le sue risate, i suoi baci, i suoi abbracci, gli scherzi che ci facevamo tutto in un flash. Quando si stacca mi sento come dopo uno di quei pomeriggi, vuoto e voglioso di sentirla di nuovo su di me. Alza lo sguardo, i miei occhi fissi in quel profondo mare di miele, la sua voce spezza il silenzio e dice: - mi mancava la tua presenza… adesso sei anche più morbido. Abbasso gli occhi qualche secondo, mi scappa un sorriso, non so proprio cosa dire, forse il vecchio me lo avrebbe saputo, ma non il nuovo. Sento la mano di lei che mi alza il viso, riporta i miei occhi all'altezza dei suoi... è di nuovo seria. -Flavio, ti prego ritorniamo di nuovo come un tempo, persino Fabio per quanto potesse essere arrabbiato con te ti vuole vedere.- dice Lei. Quelle parole mi riportano alla realtà, mi sono lasciato andare a quel momento, ma d'un colpo la mia insicurezza ritorna a fare da padrona. Sono tentato di restaurare i vecchi rapporti, ma non ci riesco, c'è qualcosa che mi tiene ancorato al passato. Quel qualcosa non mi fa immaginare di tornare a uscire con Fabio e Francesca, perché manca una quarta persona. -allora che dici? - chiede Francesca con un magnifico sorriso stampato sul volto. Abbasso di nuovo lo sguardo, e dico: - no, mi dispiace non ci riesco. -perché? - chiede semplicemente lei. -non riesco a pensare a un futuro in cui possa essere felice, ecco tutto. - cosa c'è non mi ami più? Alzo lo sguardo e rispondo: - si, ormai sei parte del passato, e voglio dimenticarlo, crearmi un nuovo futuro. - e che futuro vuoi crearti da solo? - - non lo so nemmeno io, ma è ora di andare avanti, lasciami indietro, non vale la pena perdere tempo con me. Hai mai pensato di farti fidanzata con Fabio? Lui ti amava- concludo. Uno schiaffo mi colpisce sulla guancia, la sua mano ancora sospesa a mezz'aria. -stupido, non capisci quanto mi sei mancato? Sono passati due anni, ma quello che provo è sempre lo stesso. Puoi aver preso anche mille chili, potresti essere il più brutto sulla faccia della terra, potresti avere un carattere di merda, o tu stesso odiarmi, i sentimenti che provo non muteranno mai. Ti prego Flavio, ti amo ancora, ogni giorno penso ai tuoi abbracci, ai tuoi baci, alle nostre cazzate insieme, a come scherzavamo, le risate condivise, persino quando litigavamo . Ho tutto ancora intatto nel mio cuore, e non se ne andrà facilmente. Ti ricordi cosa mi dicesti in spiaggia? Prima che tutto si spezzasse? - La mente corre e io automaticamente sussurro: - ti amerò per sempre, è una promessa- -allora ti prego dimmi che stai mantenendo la tua promessa, non puoi venirmi a dire che l'hai spezzata in questi due anni- conclude lei sempre con le lacrime agli occhi. -il mio cuore, non ha mai smesso di battere per te, ti amavo e ti amo, non potrò mai dimenticarti, qualunque cosa succeda o io dica. Ti prego di ricominciare tutto da capo, perché se continuo da solo non c'è la faccio più- è questo quello che le voglio dire, la lingua cerca di dirlo, ma la mente mi blocca. Davvero sarà felice con uno come me? Ti sei dimenticato della tua altra promessa che hai fatto davanti alla tomba di lei? Quelle domande impostatemi dalla mente, mi ricordano che con lei non ho futuro. Abbandono la voce del cuore, e do la vittoria al cervello, le dico: - mi dispiace, ma quei sentimenti ormai nemmeno li ricordo, adesso scusami ma devo andare a scuola.
   
 
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