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Autore: Ria    17/03/2009    4 recensioni
- Ma davvero... Nient'altro?
Il ragazzo sospirò, guardando il ciliegio del giardino che metteva i primi boccioli.
- No. - disse lentamente - Solo il mio nome.
La storia che nessuno conosce. La storia che tutti credono mai esistita. Mentre fuori gli eventi si muovono, preparandosi per lo scontro finale, lui resta in un angolo di paradiso, per trovare la cosa più preziosa.
Seconda Spin-Off sulla fanfic "Psaico", leggete e commentate in tanti mi raccomando ^^!
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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È incredibile! Ho riaggiornato dopo soli gg! Sono troppo brava xD! No, la verità è che venerdì, tutta ingarluzzita per la pubblicazione del primo cap, in treno ho continuato a lavorare… Ed ecco qui il risultato ^^!

A dire la verità questa sarebbe dovuta essere la 1° parte del secondo cap e non un cap a parte, ma mi sono accorta che stava venendo troppo lungo, così ho dovuto tagliare. A dire la verità nn mi piace moltissimo come cap, è un po’ di “transizione”, ma spero cmq di aver fatto un buon lavoro ^^! (se qualcuno scova qualche errore ditemelo pure, provvederò a correggere ^o^!). Una cosa importantissima che non ho scritto nello scorso cap: la trama della storia che Haine racconta non me la sono inventata io (purtroppo ç__ç) ma è il riassunto a larghe linee di una delle storie brevi contenute in “Wish – Un solo desiderio” di Mia Ikumi. M’ero completamente scordata di metterlo ^\\^… (volevi spacciarla x tua, ammettilo! ndTakao – Taci fogna mangiatutto! ndRia – Zob, mi tratta male ç__ç!  - Sei patetico -__-“”… ndKei).

Vi lascio al cap, i ringraziamenti alla fine!!

 

 

 

 

 

Paragrafo 2 ◦ Awake – Il sorriso di Shiro

 

Il dottor Ryuichi sospirò, poggiando i gomiti sul tavolino. Mosse appena con una mano la stilografica nera, perfettamente allineata alla cartelletta, e lentamente la prese tra due dita, aprendo lo scatto per la punta e poi richiudendolo, quasi nervosamente; con l’altra mano si portò la cartelletta più vicino, prendendo a sfogliarla. Il ragazzo di fronte a lui non muoveva un muscolo.

- Molto bene. – disse infine, con voce bassa – Beh, ragazzo mio, devo dire che, con quello che hai passato, i risultati degli esami sono decisamente consolanti.

Il ragazzo annuì vago.

- Ovviamente avrai sentito che i tuoi muscoli faticano a darti retta. – altro cenno d’assenso – È assolutamente normale (e logico, converrai con me) dopo due anni che te ne stai sdraiato. Un po’ di buona fisioterapia e tornerai come nuovo.

Il ragazzo annuì di nuovo, ma ebbe l’impressione che quel “un po’” fosse decisamente troppo ottimistico, come se volesse tranquillizzarlo. Invece lo innervosiva di più.

- Tutti gli altri esami sono decisamente rassicuranti. – ripetè, sfogliando le pagine – Hai un fisico robusto ed obbediente, devi riconoscerlo!

Al ragazzo scappò un sorriso, che si spense nell’istante in cui il medico arrivò all’ultima pagina.

- Il risultato della tac… - sussurrò l’uomo sovrappensiero; il tono era preoccupato – Hai preso una bella botta, eh?

- Così pare…

Il medico sospirò.

- Allora… Ora ti farò alcune domande veloci, tu rispondi la prima cosa che ricordi. Non sforzarti se non la sai, d’accordo?

- D’accordo.

Il dottor Ryuichi iniziò a scrivere. Per alcuni secondi il frusciare della penna fu il solo suono nella stanza, a parte i loro respiri.

- Bene. Dunque, nome?

- Shiro.

- Shiro… Sai con che kanji si scrive?

- Con quello di bianco. – rispose sicuro. Il medico sorrise, aveva cominciato bene.

- Cognome?

Shiro tacque per un po’.

- … Non me lo ricordo.

Forse Ryuichi aveva parlato troppo presto.

- D’accordo. Mi sai dire quanti anni hai?

- In che anno siamo?

Il dottore fu sorpreso della domanda, ma rispose comunque:

- È il 2002.

- Mi avete detto che sono entrato in coma quando mi stato portato qui in ospedale – riflettè Shiro ad alta voce – quindi prima non lo ero?

- No. – confermò il dottore – Eri pesto e malconcio, ma solo svenuto.

- Perfetto. Quindi ho… Dormito per due anni?

- Esatto.

- Allora ne ho diciassette.

Il dottore scrisse.

- Hai parenti?

- Non lo so.

- Ricordi qualcuno? Amici, vicini…

- Nessuno.

Shiro si zittì nuovamente. Il dottore smise un istante con le domande, sospirando.

- Qual è l’ultima cosa che ricordi?

- … Non ne sono sicuro. – mormorò – So che stavo male. Avevo freddo ed ero stanco. Qualcuno mi ha trasportato in giro, non so dove né chi, però. L’ultima cosa che ricordo è l’erba sotto di me.

- Gli Ichinomiya ti hanno trovato su un prato accanto al guard-rail della tangenziale. – spiegò il dottore – Come mai eri finito lì?

- Non lo so. – rispose, stavolta più brusco – Non ricordo.

Squadrò il medico arcigno, gli aveva appena detto che non sapeva chi ce l’avesse portato, come poteva sapere il perché?! Ryuichi sospirò, chiudendo la penna:

- Va bene. Per oggi basta così.

Si alzò, mettendosi la cartelletta sotto braccio, gli rivolse un sorriso garbato e si avviò alla porta:

- Adesso riposati. Tornerò più tardi col pranzo.

Shiro annuì. Guardò la figura dell’uomo finchè non sparì dietro l’angolo, e si lasciò andare mollemente sul letto, sospirando.

Non c’era parte del corpo che non gli facesse male: anche il solo essere rimasto seduto composto per venti minuti gli aveva lasciato un collo praticamente incancrenito. Si guardò la mano destra, perdendosi a contemplare le linee sul palmo:

- Niente. Non ci riesco…

 

- I dati della tac sono chiari. – sospirò il dottor Ryuichi.

Con aria stanca prelevò dalla busta marrone la lastra nera, fissandola al piano retroilluminato appeso alla parete. Prese ad indicare l’immagine laterale della testa di Shiro, mentre il signor Sentaro osservava attento.

- Qui, sul lobo temporale mediano. – continuò il medico – Ci sono ancora i segni di un riversamento di sangue, anche se ormai è riassorbito. Le percosse che gli avevamo diagnosticato quando è arrivato qui, con ogni probabilità la caduta e anche, successivamente, l’incoscienza, gli hanno provocato danni all’ippocampo.

Sentaro aveva capito la metà del discorso, ma annuì comunque; la faccia di Ryuichi, per quanto criptiche fossero le spiegazioni, era molto eloquente.

- Vuol dire che ha perso la memoria, sostanzialmente?

- Almeno temporaneamente. – annuì – Ma, se può rassicurarla, si tratta di una perdita reversibile, anche se non possiamo stabilire quanto siano estesi i danni, per il momento.

Sentaro annuì. Il dottore rimise le lastre al suo posto, sorridendo:

- Le sono grato di essere venuto. – disse all’improvviso – Sua figlia ha già fatto tanto…

- Non lo dica nemmeno per scherzo. – sorrise di rimando – Sono più che felice di aiutarlo.

Ryuichi annuì. Poi, di colpo, parve ricordarsi di qualcosa, e s’incupì.

- Che succede?

- … Shiro mi ha detto di avere diciassette anni. – disse – Ed è una delle poche cose che ricorda con certezza. Se le cose stanno così, però, noi dell’ospedale non possiamo prenderci legalmente la sua custodia.

Sentaro parve capire:

- Vuol dire che lo affideranno agli assistenti sociali?

Il dottore annuì.

- A meno che…

- A meno che?

Il dottore alzò gli occhi scuri su di lui, con aria indecifrabile.

- Potremmo fare una chiacchierata con l’avvocato Kiriaki?

 

Haine era arrabbiata.

Molto arrabbiata.

- Avete visto? – sentì cinguettare una delle infermiere del reparto di rianimazione.

- Chi, il ragazzo della 151? – disse una sulla quarantina, con aria deliziata – Certamente! È davvero un ragazzo fortunato…!

- E com’è gentile! – si aggiunse una sua coetanea, scatenando le risatine delle più giovani – Si vede che è spaventato e stordito, eppure è stato educatissimo con tutto il personale!

Le infermiere più giovani confabularono un istante e ridacchiarono di nuovo.

Sì, Haine era davvero arrabbiata.

Da quando Shiro si era svegliato era riuscita a vederlo solo un momento, quando era tornata nella camera e aveva visto che la stava guardando.

Poi era stato un traffico di medici, infermiere, legali dell’ospedale. E lei era dovuta rimanere per tutto quel tempo buona buona in corridoio, mentre il dottor Ryuichi discuteva con suo padre.

Insomma…!

Si sentiva un po’ offesa: non voleva certo riconoscimenti per essere stata accanto a Shiro tutti i giorni per due anni, però almeno che non la ignorassero a quel modo! Guardò ancora una volta la porta bianca, lontana in fondo al corridoio, chiusa. Sospirò, chissà Shiro come stava…

In quell’istante vide un impercettibile movimento della porta: due ciuffetti castani si sporsero appena nel corridoio, seguiti dalla faccia stanca e un po’ confusa del proprietario.

- Haine…

- S-Shiro…! – balbettò lei, vedendolo: si vedeva da un miglio che stava in piedi per grazia ricevuta.

Gli corse incontro, incespicando, e pregando che nessuno dei medici l’avesse visto:

- S-sei impazzito?! Non dovresti alzarti…!

Lui si limitò a sorriderle, facendo spallucce; poi, ritirandosi lentamente per non dare nell’occhio, le fece segno di seguirlo.

Haine non se lo fece ripetere.

Shiro si lasciò nuovamente andare sul letto, quasi stravolto per la camminata. Haine, titubante, prese la sua solita seggiola e si mise accanto a lui, a disagio.

- Cosa c’è?

Alla domanda di lui la brunetta sobbalzò: era rimasta bloccata ad ammirare le sue ginocchia, senza guardarlo.

- Niente… Stai tranquillo! – disse più energicamente – Comunque… Mi sembri abbastanza in forma! Parli anche abbastanza fluentemente.

Lui annuì lentamente. A dire la verità era difficile capirlo quando apriva bocca, perché anche la sua lingua sembrava contraria a qualsiasi tipo di movimento e gli faceva borbottare solo parole biascicate, così si trovava costretto a sforzarsi per parlare lento e chiaro.

Tacquero qualche minuto; Haine strinse la stoffa dei pantaloni tra le mani, quel silenzio era snervante. Lei, però, improvvisamente non sapeva cosa dire: s’era ormai, diciamo abituata a quel ragazzo che dormiva costantemente, a parlargli, ma ora che era sveglio, che poteva mostrarle i suoi pensieri e i suoi giudizi (magari propri su di lei) si sentiva a disagio.

- S-senti… - balbettò alla fine – Tu… Ecco, come facevi a sapere il mio nome?

Si morse la lingua, che razza di domanda per iniziare la conversasione…! Pregò che il pavimento crollasse, così si sarebbe rifugiata in qualche recesso delle fondamenta. Shiro la guardò un istante:

- A dire il vero non lo so.

Haine lo fissò basita:

- N-non… Non lo sai?!

Lui scosse la testa:

- No. So solo che quando ho aperto gli occhi, sapevo che tu eri Haine.

Lei gli rivolse un’occhiata allibita, cosa voleva dire quella frase?!

- Vuoi dire… Che non ricordi niente dopo che ti sei… Che sei entrato in coma?

Lui le rivolse un sorriso disarmante, scuotendo la testa:

- Nulla di nulla.

Haine non seppe se sospirare sollevata o sentirsi delusa. Un pochino, lo ammise, aveva sperato che si ricordasse delle loro conversazioni (a senso unico, ma pur sempre conversazioni), ma riflettendoci a mente fredda era impossibile: anche il dottor Ryuichi gliel’aveva detto, “è possibile che capisca le tue parole oltre a sentirle”, non “è sicuro”.

Forse è anche meglio così.

La porta si aprì di colpo e Haine sobbalzò nuovamente. Il dottor Ryuichi, sulla porta, le rivolse un sorriso malizioso, a cui lei rispose con un’occhiataccia in cui si leggeva “non-osi-prendermi-in-giro!”; dietro all’uomo, il signor Sentaro faceva capolino con un sorrisino tirato.

- Mi dispiace interrompervi – esordì il dottore divertito – ma Shiro deve riposare.

Il ragazzo assunse un’aria contrita. Haine era scarlatta:

- P-però…!

- Niente discussioni. – la ammonì il padre – Coraggio, tesoro, andiamo.

Haine annuì dispiaciuta.

Il dottor Ryuichi porse un sacchetto di carta bianco a Shiro, stranamente gonfio e chiuso con varie mani di scotch e pinzatrice. Mentre si alzava, Haine gettò uno sguardo alla busta, sul cui fianco scritte nere in stampatello si leggevano nette come ferite:

 

DOTTOR RYUICHI AOKI – PAZIENTE STANZA 151 (REPARTO RIABILITAZIONE)

 

Nessun nome. Guardando Shiro prendere la busta con aria afflitta, Haine sentì una morsa allo stomaco.

- Questi sono tutti gli oggetti che avevi indosso quando ti hanno trovato – spiegò il dottore dolcemente – e altre cose rinvenute dalla polizia.

Shiro sfiorò la busta con le dita, senza una parola.

- Potrebbero riportarti altri ricordi alla memoria. – continuò il dottore – E quindi…

- No.

Sia Ryuichi che gli altri due presenti fissarono Shiro sorpresi. Il ragazzo spostò la busta sul ripiano accanto al suo letto, la testa voltata come se vedere quell’oggetto gli facesse male:

- Oggi… Non voglio pensarci. – disse sottovoce – L’aprirò poi…

Il dottore annuì:

- Non preoccuparti. Fai come ti senti.

L’uomo gli fece un cenno di saluto e si avviò alla porta, imitato da Sentaro. Haine invece restò ferma; solo quando il dottore la sospinse con gentilezza verso la porta si costrinse a voltare lo sguardo dal ragazzo sul letto.

- Haine.

La brunetta si voltò così di scatto che sembrò saltare. Shiro le rivolse un sorriso lieve:

- Vieni domani?

Lo fissò un istante; mentre usciva la morsa allo stomaco si acuì un poco:

- … Certo. Ci vediamo domani!

 

Il furgoncino del signor Sentaro quel giorno sembrava stranamente in forma. Il motore ronzava allegramente senza ansimare troppo, i freni a tamburo stringevano le ruote senza che queste fischiassero come un vecchio treno arrugginito, costringendo i passeggeri ad un secco quanto poco piacevole abbraccio da parte delle cinture di sicurezza.

Haine e suo padre non parlavano; non s’erano scambiati una singola parola da quando lui l’aveva invitata ad andarsene con lui dall’ospedale. La ragazza, con aria assorta, continuava a guardare fuori dal finestrino, senza realmente vedere il paesaggio opalescente nella luce del primo pomeriggio, un solo pensiero che le martellava la testa: il modo in cui Shiro l’aveva guardata quando le aveva chiesto di venire il giorno dopo.

Si sentiva in colpa ad essersene andata dall’ospedale.

I suoi occhi scuri le dicevano che era spaventato.

Non voleva restare lì da solo, non voleva aprire quella maledetta busta.

Haine si strinse le mani. Le era sembrato talmente fragile, talmente solo, che non aveva saputo rispondere in altro modo, ma ora si domandava cosa potesse fare lei, di concreto, per poterlo aiutare. Si sentì stupida all’idea di aver fatto un gran lavoro restandogli accanto mentre era in coma, parlare ed aprirsi con qualcuno che non poteva sentirti era una cosa, ma essergli di sostegno quando alla fin fine praticamente non si conoscevano… Era un altro paio di maniche.

 

- So solo che quando ho aperto gli occhi, sapevo che tu eri Haine.

 

“Però…”.

- Senti un po’, Haine…

- Uhm? Cosa c’è, papà?

- Tutto bene, tesoro?

- … Sì, certo. – disse tranquilla – Stavo solo pensando.

Le rivolse una rapida occhiata; sapeva benissimo che non se l’era bevuta, ma non avrebbe insistito se non fosse stata lei a parlare.

- Ascolta. Mentre ero in ospedale, il dottor Aoki mi ha fatto parlare un po’ con l’avvocato Kiriaki.

- L’avvocato…?

- Quello che ci ha lasciato il suo numero di telefono.

Lei si limitò ad annuire.

- E’ il legale che si occupa dei minorenni e dei contatti con gli assistenti sociali. – le spiegò rapidamente – Ora ha lui in mano tutte le pratiche che riguardano Shiro, dato che è minorenne.

- Ah.

Fu la sua sola risposta.

A me non l’ha detto nessuno. Non so nemmeno quanti anni ha.

Evitò di chiederlo e guardò il padre, aspettando continuasse.

- Ufficialmente, quando sarà in grado di lasciare l’ospedale, dovrebbero essere gli assistenti sociali ad occuparsene, ma Kiriaki mi ha fatto capire perfettamente che è troppo grande per trovare una famiglia che lo adotti o se ne prenda cura: finirebbe sballottato da un centro all’altro fino alla maggiore età.

Haine assunse un’aria preoccupata ed indignata insieme:

- E allora come si può fare?

Il vecchio furgone tossicchiò mentre Sentaro cambiava la marcia e lo faceva proseguire lungo il mezzo sterrato che fiancheggiava la linea della costa. L’uomo prese un bel respiro, rallentando, e guardò la figlia:

- Ho chiesto se fosse possibile che il ragazzo venisse a stare da noi.

Nell’abitacolo scese il silenzio, rotto solo dalla risacca del mare, lontana. Haine lo guardò inespressiva.

- Il mio stipendio è sufficiente per sfamare un’altra bocca – riprese Sentaro – e casa nostra è molto grande, nonostante tutto, quindi mi ha spiegato che non ci sarebbero nemmeno problemi con gli assistenti sociali. Se Shiro avesse una casa dove stare, forse riuscirebbe a riprendersi con più tranquillità.

Haine annuì meccanicamente, anche se quasi non lo ascoltava più, le sue orecchie che ripetevano quell’unica frase.

Stare da noi.

Stare da noi.

Stare da noi.

Il furgone girò bruscamente; la strada che portava in città cominciava a delinearsi di fronte a loro, prendendo la sua forma nell’asfalto nero. Sentaro si fermò, guardando la figlia negli occhi:

- Se tu non te la sentissi -  aggiunse con dolcezza – se, per un qualunque motivo, la cosa ti lasciasse dei dubbi, dimmelo, e troveremo un’altra soluzione.

Lei annuì nuovamente, anche se sinceramente non sapeva cosa pensare.

- Non lo so… - ammise timidamente – Lasciamici… Lasciamici pensare fino a domani, ok papà?

Sentaro sorrise appena:

- Certo. Su, andiamo adesso, Ribbon avrà fame!

Rise e ingranò nuovamente la marcia, insultando il cambio per come non volesse proprio saperne di seguire le sue direttive.

 

***

Non voleva entrare.

Per la prima volta in sei anni, quell’ospedale le sembrava un grosso mostro che ringhiava sommessamente nel sonno, pronto a balzare su ed azzannarla nell’istante in cui avesse tentato di avvicinarsi.

Non poteva entrare.

Si sentiva incredibilmente stupida, e non solo perché le stavano tremando le ginocchia.

Non sapeva cosa doveva fare, non sapeva cosa avrebbe dovuto dire, non sapeva perché si stava facendo tutte quelle paranoie. Ed era questo che la faceva sentire una vera cretina.

Prese sonoramente un bel respiro, rilassando le spalle: ormai era in ballo, doveva ballare.

Entrò lentamente nell’atrio, guardandosi attorno: le sembrava tutto un po’ diverso quel pomeriggio, come se le cose avessero preso una nuova vitalità che la rendeva inquieta, più guardinga.

Insomma, Haine! Sei in un ospedale, mica nella giungla!

Salì le scale continuando a spostare il cinturino della borsetta sulla spalla con fare nervoso, senza staccare gli occhi dal pianerottolo successivo. Quando arrivò finalmente al terzo piano la sua stretta sulla cinghia era diventata praticamente una morsa; impiegò almeno il doppio a percorrere il corridoio, e quando passò davanti alla camera della signora Toruhmiya, sperando di vedere una faccia amica che le desse un po’ di carica, la trovò vuota.

Ormai senza più scuse, Haine si ritrovò di fronte alla stanza 151. La porta era socchiusa e sentiva provenire delle voci dall’interno; si accostò con strana cautela allo spiraglio, sbirciando dentro: Shiro era seduto sul letto, la flebo nel braccio sinistro, e una corpulenta infermiera con riccioluti e corti capelli neri era in piedi di fianco, sistemando il sacchetto di plastica appeso al gancio.

- Non fare quella faccia! – lo ammonì con fare materno – Il tuo stomaco non è pronto per ricevere del cibo solido. Non lavora da un bel pezzo, poveraccio!

Shiro grugnì qualcosa di simile ad un sì.

- Per questa settimana dovrai accontentarti di questo menù. – fece ancora lei, indicando la flebo – Tranquillo, ti varierò la dieta, ma devi portare pazienza!

Lui sospirò, annuendo; Haine, da fuori, si sporse un po’ di più, guardando preoccupata la sua faccia afflitta. Si sorprese quando vide un sorriso spuntare magicamente sulle sue labbra.

- Haine!

La brunetta trattenne un urletto di stupore, emettendo uno strano singulto. L’infermiera, avanzando verso la porta come un Panzer ben attrezzato, la spalancò di scatto; Haine, d’istinto, si acquattò quasi a terra.

- T’ho! – esclamò la donna ridendo – Una piccola spia!

La ragazza arrossì vistosamente, rimettendosi in piedi mentre pregava che i suoi occhi la stessero ingannando e non stesse vedendo Shiro ridere.

- Avanti, non fare quella faccia! Entra cara.

Haine obbedì, andandosi rapidamente a sedere sulla sua sedia; mise le mani sulle ginocchia e fissò per terra, vergognandosi come una ladra.

- Sei venuta.

Si costrinse a guardare Shiro in faccia, incrociando il suo sorriso stanco, ma felice: annuì, sentendosi già meglio.

- Oh, quindi tu sei la famosa Haine?

- “Famosa”?

L’infermiera segnò alcune cose sulla cartelletta che teneva in braccio, annuendo vigorosamente:

- Tutto l’ospedale non parla che di te e Shiro, da quando questo monello si è svegliato.

Arruffò affettuosamente i capelli del ragazzo, che dovette piegarsi leggermente alla sua stretta poderosa; Haine aveva la mascella a mezz’asta, lei è Shiro?! Potè solo immaginare con orrore cosa avessero spettegolato le tirocinanti del primo piano.

- Comunque, meno male che sei venuta. – riprese la donna – Questo qui ha il muso da stamattina, gli si allungava ancora un po’ e diventava un cavallo!

Haine diede un’occhiata interrogativa a Shiro, che rispose facendo spallucce con un sorriso impacciato: non riuscì a non pensare che fosse carino, davvero molto carino.

- Beh, giovanotto, io vado. – sospiro ancora l’infermiera – Se succede qualcosa o avete bisogno di me, chiedete di Mitsumi.

La donna sorrise e li lasciò soli. Haine tornò a studiarsi le nocche delle mani senza una parola per una decina di minuti buoni.

- Haine…

- S-sì?!

- Ti ringrazio di essere venuta. – disse piano. Il suo tono mortificato stupì la brunetta – Mi spiace di averti chiesto questo…

- Perché scusa?

Lui si sedette più dritto, stringendo i denti: evidentemente non era semplice muoversi, ma Haine si trattenne dall’aiutarlo, timorosa forse di offenderlo.

- Hai già perso un sacco di tempo dietro a me, in questi due anni. – sorrise. Haine si mordicchiò il labbro, a disagio:

- Tu come lo sai? – lui sollevò le sopracciglia, allusivo – No, non me lo dire! Il dottor Ryuichi?

- Già.

Haine sbuffò, riacquistando un po’ di baldanza, ma tornò seria quando sentì Shiro riprendere il discorso:

- Non avrei voluto darti altri fastidi. – disse, passandosi una mano tra i ciuffi della frangia – Stai tranquilla, comunque, approfitterò della tua gentilezza soltanto per oggi!

Haine non seppe cosa rispondere. Guardò il ragazzo appoggiarsi al cuscino che l’infermiera Mitsumi gli aveva messo in verticale sulla testata del letto, e ripensando a tutti i suoi timori si sentì allo stesso livello di un verme.

- Tu non te ne stai approfittando!

Esclamò con decisione alzandosi; Shiro la fissò ad occhi sgranati, si aspettava una reazione ma non che saltasse su a quel modo! Alla sua occhiata la brunetta si risedette, prendendo a giocherellare con le proprie dita:

- Cioè… Volevo dire, sì, insomma, non è che per me sia uno sforzo… Anzi, ti faccio compagnia volentieri…

Si zittì, mordendo il labbro più saldamente prima di dire altre stupidaggini.

Oh, ti prego! Che qualcuno mi fulmini!

Shiro sorrise ancora e, come capendo che la ragazza non sapeva più che pesci prendere, cambiò argomento e si allungò sul ripiano accanto al letto: la busta che il dottor Ryuichi gli aveva dato il giorno prima era ancora nello stesso identico punto in cui l’aveva posata, intonsa.

- A-allora non l’hai ancora aperta?

Shiro scosse la testa:

- Devo ammetterlo, ho decisamente paura a vedere cosa c’è dentro.

- Ma il dottore non dovrebbe saperlo? – gli domandò – So che di solito stilano una lista degli oggetti personali contenuti nelle buste…

Lui fece un gesto vago con la testa, iniziando a giocare col nastro adesivo sul bordo; gli tremavano le dita. Haine, senza pensarci, allungò la sua mano prendendo il sacchetto di carta:

- Ti aiuto?

 - … Grazie.

Lo scotch si tolse con un rumore sinistro, portandosi via una parte della busta nella sua morsa appiccicosa; Haine, che aveva certo più mobilità nelle dita di Shiro in quel momento, riuscì a sganciare i lembi della busta dalle ultime graffette della pinzatrice e il sacchetto, ormai devastato, fu pronto per liberare i suoi segreti: Haine se ne vergognò un po’, ma avvertì chiaramente un lievissimo moto d’eccitazione invaderla, mentre Shiro prendeva i poveri resti della busta tra entrambe le mani e faceva per rovesciarne il contenuto sul materasso.

- Sei curiosa?

- C-come?

- Sei curiosa. – si rispose da solo sorridendo – Ma a te piacciono queste cose, vero?

Haine sgranò gli occhi, riuscendo solo a mormorare:

- Come fai a saperlo?

Anche lui sembrò sorpreso, come se si fosse reso conto solo in quel momento di quel che aveva detto. Scosse la testa:

- Io non…

Il discorso fu interrotto dal contenuto della busta che, ormai stufo di contrastare la forza di gravità, si era lasciato andare sul letto. Shiro assunse un’espressione marmorea, gettando di lato l’ormai inutilizzabile pezzo di cartaccia, e allungò appena il collo assieme alla ragazza, osservando il tesoro.

Tesoro misero, dovette ammettere la brunetta. Sulle lenzuola candide c’erano soltanto un piccolo rettangolo di carta, una foto probabilmente, rivolta faccia in giù, e un ciondolino in legno con un laccio di caucciù; la cosa che aveva dato alla busta quell’aria così gonfia era una piccola trottola bianca, striata di celeste e nero, dall’aria assai elaborata, fatta in metallo. Haine la prese delicatamente tra le dita e inclinò la testa di lato come un gattino, osservandola dubbiosa:

- Mi sembra di aver già visto una cosa del genere…

- È un beyblade.

Haine si portò la trottola di fronte al naso, guardandola più attentamente:

- Ah, sì, ora ricordo! Anch’io avevo provato a giocarci, ma mi annoiavo subito…

Shiro, senza una parola, le sfilò il bey dalla mano, e prese a guardarlo con un sorriso nostalgico:

- Credevo fosse andato distrutto…

- Distrutto?

L’espressione del ragazzo si fece corrucciata, mentre continuava a fissare l’oggettino di metallo rigirandoselo tra le mani:

- Ricordo… Che stavo duellando. Non so perché e dove, ma… Comunque, ho perso. Davvero malamente. – gli sfuggì una risata che fece solo inquietare di nuovo la brunetta, ma lei evitò i commenti – Credevo fosse andato in pezzi.

- … Ci tieni molto, vero?

Lui annuì, sfiorando il chip sulla cima col pollice.

- Io non me ne intendo, ma è davvero bello. – ammise Haine, sbirciando il bey lucente – Ha dei colori bellissimi…!

Shiro sorrise. Haine, rendendosi conto di essersi sporta troppo sul letto, si rimise a sedere impacciata:

- H-ha un nome? – mormorò, cercando di essere naturale – Ricordo che alcuni miei compagni gli davano dei nomi… Almeno credo…

- Shallow.

- “Shallow”? Non vuol dire rondine, in inglese?

- Già.

Le mostrò meglio la trottola, così che potesse leggere il nome inciso sulle ali del disco; perfino sul cip era disegnata l’immagine di una rondinella, leggermente di tre quarti e con le ali spiegate.

- Ti piacciono le rondini?

- Sì…

Gettò lo sguardo pensieroso alla finestra aperta. Haine, forse stuzzicata dall’idea di scoprire qualcos’altro su di lui, strisciò la sedia sul pavimento avvicinandosi un altro po’ al letto, scrutandolo curiosa:

- Come mai? – l’occhiata dubbiosa del ragazzo la fece subito pentire della domanda – Cioè, perché…?

- Sono bellissime.

Shiro si appoggiò meglio al cuscino, inclinando indietro la testa con aria incantata:

- Sono animali, ma sono state create in maniera così perfetta da avere l’aerodinamicità di un aereo; sono in grado di volare per chilometri senza stancarsi, anche se sono uccellini che raggiungono a stento i diciotto centimetri, e non perdono la bussola nemmeno se cambiano continente.

Haine lo fissò sorpresa; Shiro si limitò a sorriderle:

- Mentre ero a riabilitazione ho cercato di pensare a qualunque altra cosa che non fosse il mio corpo, così ho rispolverato tutte le cose che ricordo. Direi che sono tante… - gli sfuggì uno sbuffo amaro – Soltanto di chi sono non ricordo un accidente!

Haine lo guardò in silenzio.

- Perché quella faccia triste?

Alla domanda del ragazzo lei scosse la testa, fissandolo poi con più decisione nonostante gli occhi lucidi:

- Ricorderai tutto! – disse convinta – Ci vuole solo un po’ di tempo…!

Shiro sorrise, annuendo. Haine si fregò un secondo il viso, indicando poi il letto:

- E… E quel ciondolino?

Shiro fece spallucce, non se lo ricordava minimamente. Lo sollevò per il cinturino, guardando il pendente in legno: da un lato portava scritto un ideogramma, mentre dall’altro c’era un’incisione un po’ storta.

- 21/03/1985. – lesse Haine sottovoce – E poi… Non riesco a leggere quest’altra data…

- Mi sembra… 11/10/1999.

- Ti dicono nulla?

Shiro scosse la testa, prendendo a guardare l’ideogramma; Haine strizzò gli occhi per vederlo bene:

- Tsubasa?

- Ali.

Fece lui. Lei indicò un angolo del ciondolo:

- Guarda, sembra che sia rotto qui… - lo spigolo era sbeccato, quasi fosse stato “morso”. - Che peccato!

A Shiro però non sembrò importare e se lo mise al collo, guardandolo pensieroso.

- … Che dici, vediamo anche la foto?

Shiro s’irrigidì, quella sembrava la cosa che davvero voleva evitare di fare; annuì comunque, mentre Haine la prendeva:

- La guardiamo assieme. – disse decisa - Uno, due…

La brunetta trattene impercettibilmente il fiato mentre la voltavano. Ma fu una delusione: la fotografia era stropicciata, sbiadita e piena di macchie come se fosse stata esposta ad una fonte di calore. Praticamente era impossibile distinguere anche solo i colori, figurarsi il soggetto!

Sospirando la ragazza si risedette composta. Guardò Shiro, passata la paura ora si vedeva chiaramente quanto fosse amareggiato: le uniche cose che aveva con sé non potevano dirgli nulla sulla sua vita, era sempre ad un punto morto.

- Coraggio! – fece lei baldanzosa – Te l’ho detto, ci vuole solo un po’ di tempo!

- …Grazie, Haine.

- I-in ogni caso – si affrettò a dire, per non restare imbambolata a fissarlo – hai parlato di riabilitazione?

- Il dottore ha detto che dovrò farla almeno per altre due settimane. – sbuffò lui rassegnato – Non riesco a camminare ancora per più di cinque metri senza stampelle e non posso muovermi come voglio, la mia schiena è più rigida di quella di un ottantenne!

Haine rise a quella battuta; poi le tornò in mente quello che le aveva detto il padre il giorno prima, e strinse i pugni con forza.

Aveva deciso.

- Per quanto tempo dovrai stare ancora in ospedale?

- Una settimana, almeno. – spiegò lui, senza capire il motivo della domanda – L’hai sentita la nostra infermierona? Il mio stomaco non vuole saperne di lavorare, quindi finchè mi devono infilare questo maledetto ago nel braccio per farmi mangiare non  posso muovermi.

- Mio padre ha parlato col dottore. – lo bloccò – Per te andrebbe bene venire a stare da noi, una volta dimesso?

Shiro la fissò ad occhi sgranati, sembrava non aver capito.

- Come?

- Da me e mio padre. – ripetè lei – Ha detto di aver fatto una chiacchierata anche con quell’avvocato, Kiriaki, e che…

- No, no, aspetta un secondo! – mosse le mani come a chiedere un time out, guardandola stranito – No, Haine, non posso lasciarvelo fare! Non voglio che vi prendiate anche quest’onere! E poi… Non voglio essere compatito, anche se ho bisogno di aiuto.

Lei gli rivolse un’occhiata quasi ferita:

- Non vogliamo aiutarti perché ci fai pena! – esclamò – Mio padre… È fatto così, è un buon samaritano! Quanto a me…!

Si zittì qualche istante, assumendo un’aria più impacciata:

- Senti, se devo essere onesta non so spiegarmi perché voglio aiutarti, però voglio farlo e non certo perchè ho pietà di te!

Lo sguardo che le rivolse Shiro era indefinibile. Haine lo sostenne, nonostante si stesse mentalmente maledicendo per il suo solito modo di fare impulsivo e infantile; pregò per la seconda volta che qualcuno la fulminasse, possibilmente facendo poi sparire i resti.

- Sul serio?

Le rivolse un sorrisetto sornione, ma lei non si scompose:

- Certo!

L’espressione del ragazzo si rilassò; Haine sorrise sollevata.

- Allora… D’accordo.

 

***

 

 

18 Maggio 2002. Bel tempo

Caro diario,

da giorni non ti scrivo, ma ho avuto così tanto da fare che non ho trovato proprio il tempo di fermarmi un attimo e rianalizzare tutto.

Comunque, riprendo il discorso da dove l’ho lasciato l’altra settimana.

Shiro si è svegliato e sta bene. Almeno, fisicamente sta bene: il dottor Ryuichi dice che il suo fisico si è ripreso dalle ferite che aveva quando è entrato in coma e che risponde bene alla riabilitazione; inoltre, ha ripreso a mangiare normalmente (anche se quasi tutti cibi liquidi, per il momento) quindi papà potrà farlo venire a casa nostra entro breve ^o^! L’avvocato di quella sera (ti ricordi che te ne avevo parlato? Si chiama Kiriaki-qualcosa) a quanto pare ha sistemato tutte le questioni burocratiche, quindi Shiro potrà stare qui senza impicci.

Sono andata a trovarlo quasi tutti i pomeriggi anche i giorni scorsi, ma ora che è sveglio studiare è difficile. Lo so, è colpa mia che non riesco a concentrarmi però -\\-… A mio favore dico che non è semplice nemmeno con lui che se ne sta zitto sul letto: non so, ha volte ho l’impressione che prenda a fissarmi, e mi agito >\\\< !

Così, con gli esami in corso, sono rimasta bloccata in casa ç__ç. Spero di levarmi presto questa grana!

Tra non molto ci saranno le vacanze estive, sono felicissima! Ne approfitterò per scrivere e per cercare qualche indizio assieme a Shiro su di lui (lo so, sono già entrata nel ruolo della detective XD!), sento che mi verranno un sacco di idee per tante nuove storie ^-^!!

Estate… Mi piacerebbe andare al mare x3 (non qui =_=, in qualche bel posto! Tipo Okinawa *ç*! Sole, sabbia *-*…)! Chissà se ci riusciremo… Non voglio certo lasciare solo Ribbon! E poi quest’anno c’è Shiro. Il dottore ha detto che dovrà continuare con la fisioterapia ed altre cose, poverino! Chissà quando

 

Haine smise di scrivere, lasciando la penna nell’incavo delle due pagine con un sospiro. La casa era silenziosa, suo padre era uscito per motivi di lavoro e Ribbon dormiva beatamente accanto al letto della ragazza, allungato a terra con aria da pascià; la brunetta, sdraiata a pancia sotto sul materasso, incrociò le braccia sotto il petto e vi affondò il viso, prendendo a muovere ritmicamente la gambe: la fila di libri e quaderni per l’esame di giapponese moderno era là, ferma ed immobile come una sentinella sulla sua scrivania, ma lei non aveva proprio voglia di mettersi a studiare, anzi, anche se l’avesse avuta non era assolutamente in grado di concentrarsi in quel momento.

Non faceva altro che pensare a come stesse Shiro, ormai non andava all’ospedale da quasi quattro giorni. Dopo due anni che andava là tutti i pomeriggi le sembrava così strano…! Inoltre, ora che Shiro era sveglio, l’idea di essersene rimasta a casa ed averlo lasciato alla mercè delle infermiere e dei dottori, la metteva in agitazione.

Sprofondò la faccia contro il materasso, doveva smetterla, non l’avrebbero certo seviziato a causa della sua assenza.

- Ribbon, la tua padroncina è una paranoica.

Il cane alzò appena il muso al suo sospiro, guardando la ragazza che lo fissava sdraiata sul fianco, per sbadigliarle in faccia e rimettersi comodo.

- Che insensibile *gocc*!

Haine sospirò ancora, restando in quella posizione con la mano che sosteneva la testa. Improvvisamente Ribbon sollevò la testa, in allerta, e prendendo a scodinzolare si mise sulle quattro zampe, puntando la finestra.

- Che c’è Ribbon?

Lui abbaiò in risposta, la bocca aperta e la lingua a penzoloni, felice ed eccitato. Haine strisciò giù dal letto e si inginocchiò sul mobile sotto alla sua finestra, scorgendo suo padre parcheggiare nel vialetto e scendere dal furgone.

- Beh, era l’ora! – ridacchiò – Dai, Ribbon, vieni, andiamo ad aiutarlo!

Il cane abbaiò nuovamente, prendendo a girare in tondo al settimo cielo; la ragazza aprì la porta della stanza e corse giù per le scale, superata rapidamente dal labrador che quasi la fece cadere tanto balzava invadente sui gradini.

- Ciao pa’! – fece allegra la brunetta, aprendo l’ingresso – Si può sapere quanto ci hai messo a tornare?! Avevo anche preparato il pranz…

La voce le morì in gola.

Perché Shiro è davanti alla porta di casa mia?!

Il ragazzo, con addosso un montgomery troppo grande e probabilmente troppo pesante per quella stagione, le rivolse un timido cenno di saluto con la mano:

- Ciao…

Haine era diventata improvvisamente muta.

- Pensa un po’! – esclamò suo padre ridendo, mentre si avvicinava ai due con un grosso televisore a 32 pollici in braccio – Stavo tornando indietro dopo aver preso questo gioiellino da un cliente, e sono passato in ospedale…

- Il dottor Aoki ha detto che potevo andarmene. – sorrise Shiro – Così…

 Non finì la frase perché l’uscio gli si richiuse davanti con un colpo sordo. Sentaro e Shiro restarono immobili a fissare la porta, mentre Haine, dall’altra parte, vi s’era attaccata di schiena come un geco e tentava di riprendere una respirazione regolare, rossa in faccia. Si fissò i vestiti, quasi non li ricordasse: un paio di jeans larghissimi e di un colore che a stento si poteva definire blu, talmente consunti che in alcuni punti si stavano rompendo ed altri avevano già vistose toppe azzurro slavato; un top rosa pallido a maniche corte che, quando l’aveva preso, anche se le sfiorava appena l’ombelico, aveva detto “ma tanto è così carino! E poi mi fa sembrare più adulta!”, senza riflettere che poi il suo seno era cresciuto e adesso quello straccetto liso le faceva a malapena da fascia per coprirle il petto. A concludere lo scempio, calzini bianchi e capelli raccolti con due codini, a loro volta legati a formare due anellini di capelli che la rendevano più libera, ma le davano un’aria da bimba dell’asilo. Credette di morire dalla vergogna.

- Ha-Haine?! – balbettò suo padre – Tesoro, che ti prende?

- Mi prende che devi avvertire quando porti gente a casa! – sibilò inviperita – A cosa te l’ho regalato il cellulare?!

- Ma sai che non so usarlo…! – piagnucolò in sua difesa l’uomo – E poi mi dici che problema c’è?!

- Il problema è che vorrei avere un aspetto mezzo decente!

- Dai, Haine, non ti preoccupare. – cercò di blandirla Shiro – E poi sei talmente carina che non dovresti tormentare su cosa metterti addosso.

Haine rischiò il secondo infarto della giornata, anche se non era sicurissima di aver capito quel che aveva detto.                                                                                                                                                                

- Ehi, cos’è questo? – Sentaro tirò una pacca sulla spalla di Shiro, ridendo – Vacci piano, sai!

- B-beh… - balbettò alla fine la ragazza – Io vado a cambiarmi comunque! Voi entrate intanto!

La brunetta schizzò su per le scale senza voltarsi. Quando fu nuovamente al sicuro nella sua stanza, spalancò l’anta dell’armadio e si guardò allo specchio: la sua carnagione stava sfiorando pericolosamente una strana tonalità di fucsia. In fondo, però, era normale, non si aspettava certo un commento del genere. A quel pensiero le sue labbra si piegarono in un sorriso involontario, che si costrinse a cancellare scuotendo la testa con veemenza.

Meno male che non mi hanno vista fare questa faccia ebete!

Cominciò a cercare una maglietta qualunque (ma per lo meno presentabile) tra quelle impilate nel vano vuoto del mobile, prese il primo paio di pantaloni che trovò e si sciolse i capelli, legandoli poi in due codini morbidi, quindi scese nuovamente al piano terra.

Suo padre e Shiro erano in cucina; Sentaro era intento a prepararsi un caffè, mentre Shiro stava bevendo da un bicchiere quel che sembrava succo di frutta.

- Ah, bentornata tra noi! – rise Sentaro; la figlia lo fulminò con un’occhiataccia – Vabbè, vuoi del caffè?

- No, grazie papà, mi farò un the più tardi…

Guardò distrattamente il bicchiere che Shiro aveva in mano e sorrise:

- Quello è il mio preferito!

- Scusa, te ne ho rubato uno.

- Il dottor Aoki ha detto che ti fanno bene. – gli ricordò Sentaro – Zuccheri per il cervello, ottimi nel tuo caso!

- E anche nel mio, dato che sto preparando gli esami. – scherzò Haine - La prossima volta ne prenderai uno dalla tua scorta, papà!

Il padre in risposta rise.

- Haine, per favore, potresti accompagnare Shiro nella stanza degli ospiti?

- Certo!

- Non preoccuparti, se stavi studiando possiamo andarci dopo…

- Faccio due minuti di pausa. – ammiccò lei – Dai, vieni!

La ragazza lo accompagnò nel corridoio; si fermò un istante ad un grosso armadio nel sottoscala, da cui prese un pacco di lenzuola pulite, poi lo condusse al primo piano.

- Qui c’è la stanza di mio padre. – disse, indicando la porta alle loro spalle – Lì il bagno… E qui starai tu!

Aprì una porta che dava sul lato della casa affacciato al mare, lo stesso della mansarda. La stanza era piccola, ma confortevole, e molto pulita anche se sembrava non vi avesse dormito nessuno da anni. Shiro si perse ad osservarla attentamente, sentendo un calore provenire da quelle mura come non lo sentiva da molto tempo.

- Ah, Haine, non serve! – disse con energia vedendola intenta a preparargli il letto – Posso farmelo dopo io!

- Non se ne parla!- esclamò lei – In questa casa rifare i letti è compito mio, e non cambierà di certo perché ci sei tu!

Lui la guardò ad occhi sgranati, e si lasciò sfuggire un risolino:

- Sei decisamente meno docile di quel che sembri.

Lei arrossì di nuovo, guardandolo piccata:

- Beh, se è per questo nemmeno tu sembri così…! Così…! Così marpione, ecco!

- Per quello che ho detto prima? – sorrise sincero – Scusa, ti ho dato fastidio? Però lo penso davvero.

Haine sentì il suo cuore saltare un battito, quel sorriso la lasciava spiazzata ogni volta.

- N-non è… Che…

Sprimacciò con forza il cuscino, infilandolo nella federa, senza sapere come continuare. Lui sorrise di nuovo:

- Grazie, sai?

- Per cosa?

Shiro poggiò il montgomery che Sentaro gli aveva prestato sulla sedia vicino alla finestra, sospirando:

- Per comportarti in maniera naturale. – disse sollevato. Haine lo fissò senza parlare, e sorrise – Anche tuo padre…

- Mio padre è così come lo vedi. – ammise lei con un po’ di rassegnazione – Stai tranquillo, non è capace di fingere *gocc*!

Shiro ridacchiò. Mentre Haine finiva di sistemare le lenzuola, lui si affacciò al vetro, guardando la lontana linea blu del mare che si delineava appena, vaga, nell’imbrunire imminente; la ragazza vide un sorriso molto dolce apparirgli in viso.

- Ti piace il mare?

- Sì… - rispose piano – Mi piace moltissimo…

 

…Ne! … Fr…!

… Fratellone!

 

- Shiro?

- Uhm? Scusa, mi ero incantato un attimo.

- Niente. Torniamo giù? Papà starà… OH! GUARDA!

La ragazza lo tirò per una manica, indicando fuori dalla finestra: un lampo nero tagliò il paesaggio sopra il giardino di casa Ichinomiya, sfiorando con la punta delle ali il vetro di fronte a loro e scomparendo poi verso il tetto.

- Era una rondine! Era una rondine, vero?! – fece la brunetta, emozionata – Non ne avevo mai vista una da così vicino!

Il ragazzo sorrise alla sua reazione, fermandosi a riflettere:

- … Avete un sottotetto, per caso?

- Uh? Beh, sì… Una parte della mansarda è la mia stanza, ma il resto è libero.

- Come ci si arriva?

Haine lo condusse, confusa, di nuovo in corridoio, mostrandogli la scala per la mansarda. Un lato della stanza era stato murato ed una porticina in legno chiaro si affacciava sulla scala, con la scritta “Stanza di Haine: BUSSARE PRIMA DI ENTRARE!” in rosa acceso e giallo. Il resto dell’ambiente era completamente spoglio, se non per qualche ragnatela che si stendeva pigramente tra le travi; nonostante il sole fuori, l’aria era fresca lassù, e c’erano un sacco di spifferi che facevano scricchiolare le assi di legno.

- Shiro, ma cosa stai cercand…?

Lui le fece segno di fare silenzio. Quatto quatto Shiro si avvicinò alla trave portante del tetto, allungando la mano come a cercare un alito di vento che gli indicasse uno spiraglio; dopo un minuto buono il suo viso s’illuminò e, sempre in perfetto silenzio, fece segno ad Haine di accucciarsi ed avvicinarsi a dove si trovava lui.

La ragazza, troppo curiosa, obbedì. Effettivamente c’era un buchino nel tetto, troppo piccolo per risultare un problema a lei e a suo padre, ma a quanto pareva utilissimo per qualcun altro. Haine trattenne il fiato.

La rondine che avevano visto se ne stava tranquilla a poca distanza da loro, un miscuglio di ramoscelli in bocca, ritoccando quella che sembrava una pallina di foglie e fango; col beccuccio aguzzo ci lavorò qualche istante poi, apparentemente soddisfatta, se ne volò via. Quando sparì, Shiro si sporse un poco verso il nido, stando attento a non toccarlo o a farsi vedere.

- Non ci credo…! – fece Haine eccitata – Una rondine mi ha fatto il nido in casa?!

- Dev’essere una rondine giovane. – mormorò con aria esperta – Ha fatto il suo nido un po’ in ritardo.  

Haine non trattenne un sorriso.

- Fanno spesso i nidi in posti simili – continuò Shiro – per tenerli più al riparo.

- Dovrò stare attenta a non fare più andare in giro Ribbon qui sopra!

- Faresti bene. – disse lui, mentre si riavviavano all’uscita – Te l’ho detto, è in ritardo, ma presto farà dei piccoli.

- Chissà come saranno belli…!

Shiro rise sotto i baffi, prendendo a scendere lentamente la scala.

- Beh, d’ora in avanti questa sarà casa sua.

- Che vuoi dire?

- Non lo sai? – la guardò con aria furba – Le rondini non cambiano mai posto per fare il nido. Tutti gli anni, quando tornano a casa dalla migrazione invernale, aggiustano i danni e riformano una famiglia nello stesso nido dell’anno precedente.

- Sul serio?! – trillò lei, guardandolo ammirata – Non lo sapevo proprio!

- Ehi, ragazzi! Tutto a posto?

I due, in piedi di fronte alla scala della mansarda, guardarono sorpreso Sentaro che sbucava dal piano terra:

- Vi ho sentiti salire di sopra. Cos’è successo?

- Una rondine ha fatto il nido su, dalle travi del sottotetto! – esclamò Haine – Siamo andati a vedere dove.

- Una rondine? Che strano, siamo già a maggio, è un po’ ritardataria!

- D’ora in poi stai attento quando Ribbon sale su! – lo ammonì la figlia – Non vorrei che a quella poverina le uova venissero strapazzate!

- Haine, che battutaccia *gocc*!

Ma l’uomo rise lo stesso, seguito a ruota da Shiro. Haine sorrise: nonostante il fresco della mansarda che sentiva addosso fino a qualche istante prima, sentì un bel tepore attorno a sé.

 

 

 

Capitolino tranquillo, l’avevo detto ^^”””… Sto iniziando a delineare un po’ come andranno le cose, ma per qualcosa di interessante dovrete aspettare il next cap ^^! Non posso garantirvi (anzi dubito ç_ç) di essere così veloce, ma non si sa mai! Aspettatemi fiduciose ^^!

Ringrazio di cuoreeeee:

Violet_Rose: piccole, non bisticciate! (a ridagli con ‘sto “piccole” =__=”! ndViolet_Rose) La vostra curiosità dovrà aspettare ancora un po’ sorry :*… Cmq, se la cosa vi rende felici, sappiate che i prox chappy saranno mooooolto + succosi ;)…

Ella_Sella_Lella: beh, quel “e non” mi consola, allora non sono così prevedibile (ç__ç) XD. Ho corretto il tuo vecchio account dalla lista nel cap precedente, e ti ringrazio x aver messo entrambe le ficcy tra i preferiti ^^! Me commossa ç\\ç!!

Ametista: ADDIRITTURA O_O?! troppa grazia, troppa grazia ^\\\\^!!! Noo, non morire, ecco, vedi? Ho già aggiornato ^o^! Ma non morireee ç___ç! Addirittura 9?!? Mi monterò la testa XD (sei già abbastanza montata ndKei – Autrice malata ndYuri – Autrice scema ndDaichi – Autrice smielata ndMax_e_Rei – BASTAAAAA +_____+****!! Allora alla prox che faccio vi faccio morire tutti in combattimento, così siete contenti +___+!!! ndRia – Scusi, perdono o___o””! ndTutti); spero che anche questo cap ti piaccia! Alla prox onee-chan!

 

 

   
 
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