Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Arabella1897    26/01/2016    4 recensioni
Il gelo le colpì il cuore, ghiacciandolo e rendendolo arido. All'esterno la temperatura del suo corpo crebbe, rendendola tiepida, umana... Fu così che i suoi poteri scomparvero, lasciandola inerme in un mondo crudele.
Helsa
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao raga! Come state? Spero bene! Io sono sotto con gli esami universitari e quindi vi dico già in anticipo che non so quanto posterò il prossimo capitolo, ovviamente massimo tra un paio di settimane. Abbiate pietà di me, please! Buona lettura sweeties <3
 


Dream
We all are living in a dream,
But life ain’t what it seems
Oh everything’s a mess
And all these sorrows I have seen
They lead me to believe
That everything’s a mess
But I wanna dream
 


Non aveva detto una sola parola quando aveva fatto scendere San dal suo cavallo e lo aveva consegnato alla Regina di Arendelle, si era limitato a sorridere prima al bambino e poi alla donna, infine si era voltato e aveva condotto l’animale nelle scuderie per permettergli di riposare.
Quando ebbe terminato nella stalla se ne tornò nelle sue stanze, ovviamente non lo avevano aspettato.
Mentre camminava un sorriso dispettoso era disegnato sulle labbra di Hans. Una volta giunto a destinazione entrò e si ritrovò una delle sue innumerevoli amanti, ovvero una delle future spose del suo undicesimo fratello, Jensen. Si trattava di una principessa di una terra lontana, che nemmeno ricordava, era invaghita di lui sin dal primo momento che l’aveva visto e da quel momento aveva fatto di tutto per finire tra le lenzuola di quel dannato principe. Era riuscita nell’intento, ma non per particolari meriti della stessa, ma solo perché Hans non era uno che diceva di no ad una passionale notte. Oltretutto era un ottimo modo per fare uno screzio ad un suo fratellastro. Non appena varcò la soglia si ritrovò la principessina, appena diciottenne, in piedi, ansiosa di vedere il suo amante. Hans si era sempre chiesto che cosa ci vedeva in lui quella ragazzina, sapeva bene di essere affascinante, ma perché buttarsi tra le braccia di un rinnegato piuttosto che uno degli altri principi presenti in quel castello? Era forse il fascino del pericolo? Del bello e dannato? Non aveva mai osato chiederle alcunché, non voleva avere questioni, ciò che desiderava era soddisfare i suoi più animaleschi istinti e nulla più. Non le piaceva nemmeno particolarmente quella giovane donna, appunto troppo giovane e frivola per lui che aveva vissuto sulla sua pelle esperienze terribili. Ci andava a letto solo perché aveva voglia di fare sesso e perché ella era la promessa sposa di uno dei suoi fratelli, nulla più. Certo, era bella, molto bella, ma dell’evanescente bellezza non se ne faceva nulla se oltre a quella non vi era sostanza.
Non appena fu entrato non lasciò dire alcunché alla ragazza, ma la zittì prontamente con un ruvido bacio. Non aveva alcun desiderio di ascoltare la sua petulante voce, non aveva voglia di sentirsi dire che le era mancato troppo, non voleva udire nulla da lei. Continuò così, zittendola ogni qual volta che ella tentasse di parlargli. La portò ben presto sul letto ed una volta privata delle sue vesti si lasciò andare in un’apparente sfrenata passione. Alla fine del rapporto la ragazzina voleva fermarsi un po’ con lui, voleva chiacchierare, ma Hans non aveva tempo per quelle sciocchezze. L’aveva sempre cacciata quando aveva tentato di fermarsi, ella più volte aveva espresso il suo desiderio di fermarsi e stare con lui, si era persino lasciata andare affermando con decisione che era innamorata di lui. Hans non sapeva di che farsene dell’amore di una ragazzina, cosa poteva saperne lei di cosa fosse quel sentimento così puro e così profondo se tra loro vi era mera attrazione fisica e nient’altro. Il problema era che nemmeno il principe conosceva cosa significasse essere amato e ben voluto. Nessuno nella sua famiglia lo amava e lo aveva mai amato, era sempre stato il reietto di quella stirpe reale. Lui era il bastardo venuto al mondo per errore, non sarebbe mai dovuto esistere. Più volte si era trovato a pensare che non vi fosse posto per lui in quel mondo. Diverse erano stati i momenti in cui la sua mente, colta da profondi attimi di depressione, aveva persino sfiorato l’idea del suicidio, ponendo così fine a quella infinita solitudine, a quell’eterna sofferenza che attanagliava il suo animo e lo logorava lentamente.
Aveva vissuto una terribile infanzia, abbandonato da chiunque, odiato da chiunque in quel castello, isolato dagli stessi servitori i quali lo avevano sempre osservato con estremo disprezzo, nonostante fosse comunque stato sempre considerato un principe.
Aveva compreso, con lo scorrere del tempo, che suo padre lo aveva tenuto in vita solo perché il popolo delle Isole del Sud sapeva delle scappatelle del lascivo sovrano. Il re aveva capito che se lo avesse ucciso avrebbe macchiato la già scarsa benevolenza dei suoi sudditi, mettendo ancora più in bilico quel rapporto. L’uomo non era mai stato particolarmente amato dai cittadini, mentre Hans era sempre stato apprezzato. Ecco, il vero punto di forza di quel principe maledetto era stata proprio la simpatia che il popolo aveva da subito nutrito per quel bambino, poi ragazzino ed infine uomo.
Hans aveva sempre passato molto tempo in mezzo ai sudditi del padre che non nel palazzo reale. Aveva sempre preferito il popolo e la semplicità che lo caratterizzava piuttosto che la nobiltà spocchiosa. Erano le mille sfaccettature delle persone che componevano le Isole del Sud che lo avevano affascinato, stregato e rapito, conducendolo a diventare un grande amico, persino di quelli che non lo conoscevano, dei cittadini. Era sempre stato preferito lui a qualunque altro dei suoi fratellastri, sebbene fosse solo un bastardo. La simpatia che aveva suscitato nella povera gente lo aveva reso immune a qualsiasi tentativo di omicidio che Re Dries aveva inizialmente ideato per lui. Il sovrano aveva compreso che se avesse ucciso il figlio, togliendolo di mezzo una volta per tutte, simulando un incidente avrebbe comunque avuto il popolo in rivolta. Quel ragazzino rappresentava in un modo o nell’altro le Isole del Sud.
Hans amava il popolo e il popolo amava lui, anche ora che era stato riconosciuto come un pazzo scriteriato che aveva tentato di appropriarsi del Regno di Arendelle, provando ad uccidere principessa e regina. Lo avrebbero sempre supportato perché da sempre comprendevano la sua condizione, ciò che lo aveva condotto a quelle nefandezze. Non giustificavano la malvagità, ma credevano nelle seconde chance e l’avevano concessa al loro beniamino, colui che meglio di chiunque rappresentava quanto la vita potesse essere crudele.
Hans si trovava sdraiato tra le lenzuola arruffate, l’aria stanca dipinta sul viso e lo sguardo perso ad osservare il soffitto. Aveva cacciato la ragazzina ed ora era completamente solo. Anche se persino circondato da persone, lì a palazzo, si era sempre sentito solo. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli, mentre si voltava su un fianco, appoggiandosi successivamente al soffice cuscino. Chiuse gli occhi e tentò di dormire, sebbene una serie di pensieri gli frullavano nella testa, rendendolo irrequieto e incapace di lasciarsi accogliere tra le braccia di Morfeo. Nella sua mente continuava a stagliarsi l’immagine delle labbra di Elsa. Sebbene avesse appena terminato di scambiarsi bollenti baci con quella principessina, ricordava perfettamente il sapore della bocca della regina. Si sfiorò le labbra d’istinto, pentendosi improvvisamente di essersi lasciato traviare nuovamente da quella ragazzina ed essersi tolto di dosso il profumo inebriante della regnante di Arendelle.
Si rese conto di quanto aveva sempre desiderato averla, non per niente quando si era recato ad Arendelle per diventare re, il suo primo obiettivo era stato quello di conquistare il gelido cuore di Elsa. Non era partito con l’intenzione di uccidere nessuno, non era mai stato nei piani iniziali. Anzi, non appena aveva messo piede sulla nave diretta ad Arendelle, era stato più che convinto che avere accesso a quel cuore sarebbe stato un gioco da ragazzi, così non era stato e il risultato lo si poteva benissimo notare anche quella sera. Era solo e lo sarebbe sempre stato.
Per l’ennesima volta si ritrovò a fare i conti con la ormai conosciuta consapevolezza che lo tormentava da tempo: la voleva. Non era questione di attrazione fisica, si trattava di una vera e propria fissazione. Voleva Elsa e basta. Questo non perché ne fosse invaghito come quello stolto di Fen, ma per semplice vendetta. Dopotutto, era colpa sua se si trovava costretto ad una prigionia costante, se era stato riportato da quella maledetta famiglia ed in quel maledetto castello.
Se solo lei si fosse aperta e lasciata conquistare sei anni prima lui sarebbe stato certamente Re, ma magari col tempo sarebbe stato persino in grado di amarla. Ovviamente si trattavano di pensieri confusi, dettati dalla disperazione di una vita di solitudine e di prigionia, di una vita vissuta solo per metà.
Hans si voltò di scatto dall’altra parte, tirandosi su le coperte con un gesto secco, sbuffando per l’idiozia di quei pensieri.
Il sonno arrivò dopo una lunga agonia. Non fu tranquillo, ma bensì incubi invasero nuovamente la mente del giovane uomo, inducendolo più volte ad urlare.
“Corri! Ho detto corri, Hans!” una voce non faceva altro che ripetergli queste parole. Si guardò in giro, non riuscendo a capire inizialmente ove si trovasse. Fu un piccolo dettaglio a permettergli di comprendere che si trovava nelle vecchie scuderie del castello. Iniziò a correre, percorrendo quel lungo corridoio che divideva i vari box degli animali. Aveva il fiato corto, le gambe gli dolevano, al punto tale che si ritrovò a zoppicare vistosamente. Fu costretto a rallentare, la caviglia sinistra era stata colpita da una fitta violenta e, nell’abbassare lo sguardo, notò con orrore che essa sanguinava. “Scappa Hans!” di  nuovo quella voce che gli intimava di fuggire. Non se lo fece ripetere due volte e, zoppicando, continuò ad allontanarsi. Iniziò a guardarsi attorno, rivoli di sangue scorrevano affianco a lui. Ai lati, nei box dei cavalli, erano presenti corpi umani, straziati, irriconoscibili. I volti erano sfigurati, con un’espressione allucinata, infernale. Continuò ad avanzare, sempre più faticosamente, mentre questa volta era il braccio sinistro a sanguinare e a dolere. Un singhiozzo attirò la sua attenzione. Si voltò e vide una donna accovacciata a terra. Si avvicinò lentamente e posò una mano sulla spalla di questa. Quando ella sollevò il viso e rivolse lo sguardo al giovane, Hans poté notare con estremo orrore che il volto era sfigurato, gli occhi iniettati di sangue, le guance scavate, scheletriche. “Tu mi hai ucciso! Tu mi hai ucciso! Sei un assassino! Un mostro! Sei solo un mostro!” E proprio mentre si staccava e allontanava dalla donna, incolpato dell’ennesima morte, venne colpito al ventre una, due, tre volte, fino a cadere a terra agonizzante in una pozza di sangue, che andava ad aumentare di momento in momento, fino a sommergerlo totalmente. Non sentiva male per le ferite che gli erano state inferte, il problema era semplicemente riuscire a trovare ossigeno. Annaspava in cerca di aria, mentre tutto quel sangue lo affogava lentamente. Possibile che fosse tutto suo? Continuò ad annaspare, cercando prezioso ossigeno.
L’ennesimo urlo squarciò la notte ed Hans si ritrovò a tirarsi su di scatto, riemergendo da quel folle incubo. Era uno dei tanti che ogni notte lo tormentava. Aveva il fiato corto, la fronte imperlata di sudore, le mani stringevano convulsamente le lenzuola. Si costrinse a calmarsi e poi a tentare, vanamente, di riprendere sonno. Erano anni che i suoi sonni non erano più tranquilli. Si ritrovò nuovamente ad addossare la colpa ad Elsa. Ella avrebbe potuto salvarlo sei anni fa, invece lo aveva condannato nuovamente ad una infame vita.
Voleva vendetta e l’avrebbe ottenuta.
 
*
 
Elsa aveva lasciato passare un intero giorno da quel bacio inaspettato scambiato con Hans. Ovvio, aveva ripensato anche a quello che Fen gli aveva rubato e rubato più volte, stranamente felice all’idea che almeno lui non la temesse o la detestasse. Sebbene ormai fosse una donna ed una regina, Elsa si poteva considerare ancora come una bambina dal punto di vista relazionale con gli uomini. Il primo bacio lo aveva ricevuto proprio da Fen due giorni prima, il secondo invece era arrivato da una fonte insospettabile che l’aveva scossa, sorpresa, ma che almeno aveva mostrato che i suoi poteri non erano del tutto scomparsi. Quel minimo fiocco di neve, sviluppatosi dalle sue delicate mani, era la prova che i poteri non erano spariti del tutto e qualcosa di magico viveva ancora lei, celato nel profondo, ma ancora vivo.
Durante la scorsa giornata, passata accanto a Fen, a svolgere le faccende legate alla sua sovranità e rapporti commerciali con quel posto e non, aveva ripensato più volte a nuove soluzioni per la sua magia, per farla tornare a splendere. Si era chiesta che cosa l’avesse accesa in quel modo, quando le sue labbra si erano infuocate al tocco di quelle di Hans. Si era domandata perché mai non fosse successo lo stesso con Fen, uomo che decisamente l’aggradava di più rispetto al fratello. Che cosa era stato a ricordarle come si accendessero i suoi poteri? Impossibile si trattasse solo di un bacio, specialmente scambiato con il peggiore dei suoi nemici.
Aveva ragionato parecchio e si era informata sulla vita che Hans aveva condotto in quel castello, sia prima che dopo il fattaccio. Aveva ricevuto pareri contrastanti, aveva sentito trapelare odio, tristezza, pena dalle parole di coloro che aveva discusso con lei. Era stato al di fuori del castello che aveva scoperto come invece fosse apprezzato dal popolo delle Isolde del Sud, o per lo meno, i cittadini aveva parlato bene di lui.
Aveva deciso così che avrebbe tastato con mano quella benevolenza rivolta a quel pazzo e così aveva richiesto il permesso di poter essere accompagnata dal prigioniero nel paese circostante il castello. I regnanti erano stati restii dal concederle il permesso di una giornata interna, aveva più volte cercando di affidarle anche un qualche soldato per la loro difesa personale, o meglio quella di Elsa, ma ella aveva declinato, affermando che era benissimo in grado di difendersi da sola, persino da Hans. Il re temeva una fuga del figlio, ma le parole rassicuranti di Elsa gli fecero cambiare idea. Ottenuto il permesso, la ragazza si era recata nelle stanze del principe, comunicandogli quello che aveva stabilito di fare.
- Mi state dicendo che mi porterete al guinzaglio tra la mia gente? – Sebbene il ragazzo avesse voluto dimostrare disappunto per tale idea, non riuscì più di tanto a trattenere l’entusiasmo. Era da troppo tempo che non scendeva in mezzo alla gente come lui, persone semplici, grandi lavoratrici.
- Ad una condizione! Niente guardie, vostra Maestà! – Aggiunse poco dopo, mentre un sorriso entusiasta si andava a dipingere sulle sue labbra. Avrebbe voluto trattenersi, ma non ci riusciva.
- Già provveduto alla vostra scontata richiesta. Ora preparatevi, partiremo tra meno di mezz’ora. – Annunciò seria Elsa, mentre usciva dalla stanza e si ritirava nelle sue stanze per cambiarsi. Non si sarebbe fatta riconoscere, altrimenti i sudditi del Regno delle Isole del Sud non si sarebbero comportati con naturalezza. Aveva programmato tutto, eccitata quanto lui, desiderosa di non essere sé stessa per una volta. Mise una lozione speciale sui capelli, in modo che da biondi passassero ad un castano chiaro. Era temporanea quella colorazione, una volta lavata la lunga chioma essa sarebbe tornata a splendere del suo colore naturale. Stessa cosa fece per le sopracciglia. Indossò abiti meno ricchi, meno sofisticati, meno appariscenti, la quale la fecero sembrare una ragazza normale, bella, ma non regale. Si guardò allo specchio, notando come i capelli castani la facessero sembrare più simile ad Anna.
San sarebbe rimasto al castello, era riuscita a trovare un compromesso con quella piccola peste. Una volta pronta uscì, raggiungendo un Hans euforico e già in groppa al suo cavallo. Erano entrambi irrequieti, sia l’uomo in sella che l’animale, come se entrambi avessero aspettato a lungo quel momento.
- Non vorrete andare a cavallo, principe Hans! – Esclamò la ragazza, abbassando il cappuccio che le copriva il castano crine. Hans si girò e scioccato osservò la regina di Arendelle. Che fine aveva fatto la vecchia Elsa? Era stata brutalmente sostituita da una sconosciuta, la quale era sì molto bella, ma non equiparabile allo splendore della reale regina.
- Tutti i vostri tentativi di non sembrare la Regina di Arendelle andranno in fumo se vi farete accompagnare da una ricca carrozza. – Rispose il giovane, scendendo da cavallo e aiutando la giovane sovrana a montare a cavallo. Una volta issata su Elsa, salì a sua volta. Non ci fu nemmeno bisogno di dirle di attaccarsi a lui, che già le sue braccia circondavano la vita del principe, quasi convulsamente.
I cavalli non erano mai stati gli animali preferiti di Elsa, anzi tutt’altro, un poco li temeva. Non era mai andata a cavallo, quella era la prima volta che vi saliva.
Hans se ne accorse, ma non disse nulla, un lieve ghigno comparve sulle sue labbra, poi partì a tutta birra.
Non vi misero poi molto a giungere a destinazione, all’inizio del paese. Solo allora il principe fermò l’animale, quasi di scatto, nonostante quello le braccia di Elsa non smettevano di stringere convulsamente la vita dell’uomo. Era terrorizzata e lui l’aveva fatto apposta, poteva scommetterci.
- Se mi lasci andare, ti aiuto a scendere, Electra. – Le diede del tu, cambiandole persino nome, giusto per mantenere la sua copertura. Elsa pareva non rispondere e così Hans si permise di spostare le sue mani, allargandole le braccia lentamente. Scese giù con un balzo e poi aiuto la ragazza a fare altrettanto. Constatò che aveva un colorito verdognolo, poco salutare e che le tremavano le gambe. Fu costretto a sostenerla, mentre quella si guardava attorno smarrita.
- Vieni, siediti un attimo, Electra. – Diede enfasi sul nuovo nome, assaporandolo quasi fosse stato un piccolo e buono dolcetto. Elsa lo seguì docilmente, andando a sedersi.
Passò qualche minuto e solo dopo che il colorito verdognolo sfumava verso una tonalità più sana, Elsa si permise di parlare.
- Voi! Voi siete uno spudorato pallone gonfiato! Voi… argh! Siete impossibile! La prossima volta giuro che vi rimetto addosso e mi sforzerò con tutta me stessa di farlo! – Borbottò con ira la ragazza, alzandosi e pulendosi il vestito. Tutto quel “vomitare” di parole non aveva fatto altro che far ridere Hans.
- Electra poi? Ma che cosa vi salta in mente? Con tutti i nomi possibili che c’erano! Electra? – Fu costretta ad abbassare il tono di voce, mentre Hans la prendeva per mano e la conduceva verso le prime case del paese.
- Un nome perfetto per una ragazza desiderosa di elevarsi socialmente, insomma è questo il ruolo che stai interpretando, cara Electra. – Elsa fu costretta a mordersi la lingua per evitare di replicare. Ormai si stavano addentrando nel paese e non era saggio discutere in quel modo.
Hans aveva cambiato i piani, visto che lei aveva pensato di fingersi una sua cugina in visita da lontano. Lui aveva distrutto tutto, inventandosi una mal assortita coppia di futuri sposini, in cui lei doveva recitare la parte di una donna desiderosa di sposare un uomo abbiente. Ovviamente lui recitava sé stesso, il narcisista ben desideroso di fare l’idiota anche con donne diverse dalla sua futura sposa.
Hans venne fermato più volte ed invitato in diverse case. Elsa poté constatare quanto fosse amato dal suo popolo. Chiunque lo salutava, affermando quanto fosse mancato per tutto quel tempo. Gli uomini chiedevano chi fosse la fanciulla che lo accompagnava e ormai Elsa rispondeva prontamente. La giovane donna si ritrovò a pensare che era quasi divertente fingere di essere qualcun altro. Elektra era diversa da lei, era più spigliata, più sveglia e più disponibile ad interloquire con gli altri, al punto tale che più volte venne detto ad Hans di essere fortunato ad avere una come lei. Parevano contenti di vedere come il loro principe avesse finalmente trovato la felicità.
Giunsero in una locanda e anche lì vennero accolti con gioia, specialmente dalla proprietaria, una donna grassoccia sulla cinquantina, parecchio sboccata, poco fine, ma senza peli sulla lingua.
Eveline, un nome che mal si addiceva alla sua figura, rimase diversi istanti ad osservare Elsa. Pareva incuriosita e sospettosa allo stesso tempo, al punto tale che si avvicinò, proprio mentre Hans veniva portato a giocare lontano da lei. Tentò invano il principe di non lasciare sola Elsa, ma Eveline lo rassicurò affermando che l’avrebbe salvata dalle mani lunghe degli uomini di quel posto. Elsa fu costretta ad un confronto con la donna. Ne era quasi spaventata, aveva notato come il suo sguardo si era posato su di lei.
- Non vi ho mai viste da queste parti. Come avete detto di chiamarvi? – La donna aveva iniziato a ronzarle attorno, osservandola con estrema e morbosa curiosità.
- Vengo da lontano, signora. Mi chiamo Electra. – Per la prima volta in vita sua doveva portare rispetto per una donna apparentemente superiore a lei.
Eveline si ritrovò a toccarle i lunghi capelli, sciogliendoglieli e lasciando che essi ricadessero sulle fragili spalle della regina di Arendelle. Erano arruffati, indomiti e le davano un’aria selvaggia quasi.
- Da dove per la precisione? E perché volete rapire il cuore del mio Hans? -
Nuove domande, pretendeva nuove risposte, più esaustive.
- Dal Regno delle Cascate, signora. – Come rispondere alla seconda domanda? Intanto la donna continuava ad osservarla, studiando le sue fattezze, toccandola di tanto in tanto e scuotendo il capo subito dopo.
Nel frattempo Hans osservava la scena da lontano, pronto ad intervenire qualora ce ne fosse stato bisogno.
- Non voglio il cuore di Hans. – Elsa sapeva che tale risposta non l’avrebbe soddisfatta.
- Non ritenete che abbia sofferto già a sufficienza? Volete infliggergli ulteriore dolore? Rifiutato da quella frigida Elsa di Arendelle, condannato a pubbliche fustigazioni ogni sei mesi, costretto alla prigionia ed ora che è poco più libero arrivate voi, a prendervi gioco del suo cuore. – Non erano domande, ma mere affermazioni, le quali dimostravano quanto fosse attaccata a quel ragazzo e quanto detestasse la regina di Arendelle. Per non parlare delle pubbliche fustigazioni?
All’udire tali parole, Elsa si era portata le mani alla bocca, trattenendo un grido di puro terrore per la scena. Si era voltata immediatamente verso Hans, il quale gli dava però le spalle. Quelle spalle martoriate dalla violenza dei sovrani delle Isolde del Sud. No, non era a conoscenza di questo dettaglio, non sarebbe mai stata d’accordo. Non aveva voluto la sua morte e nemmeno una pena corporale.
- Cosa ne pensate della regina Elsa di Arendelle, Electra? – Eveline era scaltra, bastava guardarla in faccia per comprendere quanto fosse avanti rispetto ad Elsa.
- Sapete, me la ricordate per certi versi. Carnagione pallida, profondi occhi azzurri, viso molto simile. Conosco molto bene il suo viso, ci ho giocato a freccette molte volte. – Eveline prese a braccetto Elsa, conducendola fuori dal suo locale. La regina delle neve iniziava ad avere paura, quella donna aveva capito tutto e lei era nei guai.
- Non capisco solo perché prendersi gioco nuovamente di lui, insomma è palese che sia preso da voi, mi capite? Hans è bravo a mentire, ma io ormai ho imparato a conoscerlo. Non vi ha perso di vista un attimo da quando siete entrati qua. – Elsa deglutì, cercando di mantenersi composta.
- Vuole solo proteggermi e nulla più. – Rispose la ragazza con poca convinzione.
- Oh no no, ha sempre protetto qualunque giovane donna, ma per voi il comportamento è diverso. Ora ve lo mostro, cara Elsa… - La regina di Arendelle non fece in tempo a reagire in alcun modo che ben presto si ritrovò con un pugnale puntato alla gola. Eveline la guardava con un sorriso pazzo, sghignazzando divertita. Non passò poi molto tempo, giusto pochi istanti, che ben presto la donna fu disarmata e sbattuta con violenza contro le mura della sua locanda. Hans teneva stretto contro il grasso collo della donna il pugnale che prima era rivolto verso Elsa.
- Avete visto Elsa? Avete compreso ciò che intendo? Non distruggetelo per l’ennesima volta o non tornerà mai più sulla retta via. – Hans pareva non capire, ma Elsa sì, anche se non voleva crederci.
Eveline voleva bene a quel dannato principe, lo aveva fatto per mostrare alla regina di Arendelle di non sbagliare nuovamente, di non condurlo di nuovo verso la via per l’inferno.
- Eveline, che cosa stai dicendo? Si può sapere che ti prende? – Incalzò il giovane, non riuscendo a comprendere il significato di quelle parole.
- Lasciala andare, Hans. E’ stata solo un’incomprensione. Credeva fossi un’altra persona. – Elsa appoggiò una mano sul braccio di Hans, come a convincerlo che andava tutto bene, gli sorrise dolcemente. Il principe lasciò andare lentamente la donna, la quale scappò via, non prima di aver lanciato uno sguardo d’intesa con Elsa.
- Stai bene? – Il principe le alzò leggermente il mento, per controllare che il pugnale non le avesse fatto nulla, ma purtroppo non era così. Un lungo taglio, non profondo, si stagliava sul collo della regina e un rivolo di sangue macchiava la sua bianca pelle.
Una smorfia di disgusto fece increspare appena le labbra del principe, mentre con un gesto secco distruggeva parte della propria camicia per poterle fasciare il collo. Con delicatezza avvolse la benda procurata attorno al collo della ragazza. Avrebbe dovuto provar paura Elsa, ma in quel momento non riusciva a staccare gli occhi da quelli verdi di lui, mentre egli, con fare meticoloso, si preoccupava di quel taglio superficiale. Avrebbe potuto strangolarla, ma non lo fece, non gli balenò nemmeno in mente in un tale gesto. Quando ebbe finito, Elsa allungò una mano e toccò quella del principe, ancora appoggiata al suo collo.
- Grazie, Hans. – Fu quel contatto a riscuoterlo e ad annuire distrattamente, mentre le prendeva la mano per condurla lontano da li.
Elsa si lasciò portare in giro da lui, fino a quando non giunsero, seguiti dal cavallo di Hans, in un bosco isolato, il quale circondava un piccolo laghetto. Non fece domande, si limitò a guardarsi attorno, sentendo quell’anima dannata più simile a lei di quanto non avesse creduto.
Come lei si era nascosta nel suo castello di ghiaccio, così lui andava a perdersi in quell’isola verde, lontano da tutto e tutti.
La ragazza si tolse le scarpe e, sollevando appena l’abito, immerse i piedi nell’acqua. Sospirò, mentre un sorriso sincero accompagnava l’espressione beata di quel refrigerio.
Hans la rimirava da lontano, seduto su una roccia. I suoi pensieri erano confusi, così come lo era il suo cuore. Ripensò alle parole di Eveline e di come fosse scattato quando aveva visto la lama tagliare appena le carni della regina di Arendelle. Aveva agito d’istinto, senza permettere alla ragione di intervenire. Avrebbe voluto arrabbiarsi con sé stesso in quel momento per tale ingenuità, soprattutto quando i suoi piani erano ben altri, ma concordò con sé stesso che avrebbe avuto tempo una volta tornato a palazzo per rimproverarsi da solo.
Si alzò, quindi, avvicinandosi ad Elsa, rimanendo però in silenzio. Fu un gesto repentino della regina a ridestarlo. Della fredda acqua gli arrivò addosso assieme ad una cristallina risata. Era stata Elsa a bagnarlo ed ora ella rideva di lui. Non ci pensò due volte, tolse quello che rimaneva della sua camicia e le scarpe, poi con agilità si mosse verso la donna, schizzandola.
Iniziò una vera e propria battaglia e solo quando furono completamente fradici si lasciarono andare nelle acque del laghetto per una breve nuotata.
Elsa non aveva mai riso così tanto in vita sua, aveva persino male alle guance, per nulla abituate a quella fatica che faceva così bene al cuore. S’immerse, andando sotto persino con la testa, mentre una chiazza marrone iniziava a spandersi dai suoi capelli. Il biondo crine si stava facendo valere, tornando a splendere, restituendo ad Elsa la sua originale bellezza. Hans nel frattempo si era avvicinato, nuotando fino a lei.
- Complimenti, state rendendo marroni le acque del mio laghetto. – Le rinfacciò con finto disappunto.
Elsa si guardò attorno, notando il guaio che aveva combinato.
- Mi spiace, non ci avevo pensato. Avrei dovuto invece! Oh cielo, che disastro! Mi dispiace davvero! – Era realmente dispiaciuta per aver sporcato le acque del suo laghetto, a cui doveva essere molto legato. Ella continuò a guardarsi attorno, sconsolata per ciò che aveva fatto, non accorgendosi di come il principe si fosse avvicinato ulteriormente, arrivando a pochi centimetri dal suo viso.
- Vi perdono solo perché siete voi. – Non vi fu tempo per le repliche, ma solo per lo scambio del secondo bacio. Le mani di Hans erano corse sui fianchi della regina e in una frazione di secondo aveva annullato la piccola distanza che ancora li separava. Elsa non aveva opposto resistenza nemmeno questa volta, ma in automatico aveva appoggiato le braccia sulle spalle del principe e si era lasciata sostenere, in quanto lui toccava e lei no. Non vi era stato timore da parte della ragazza, ma solo un gran desiderio di assaggiare nuovamente quelle labbra tanto invitanti. Diede la colpa di tale suo entusiasmo al fatto che nessuno si era interessato a lei prima di allora, quando in realtà, in cuor suo, sapeva bene che quelle labbra l’attraessero molto di più che non quelle di Fen. Il bacio durò a lungo, i loro corpi erano stretti e combaciavano alla perfezione. Non vi era spazio per nessun pensiero, se non quello del reciproco e ardente desiderio. L’acqua era fredda, ma i loro corpi non sentivano nulla, ribollivano di calore proprio e di passione. Dei poteri di Elsa nemmeno l’ombra, ma in quel momento non aveva nemmeno il tempo di pensarci, impegnata com’era ad intrecciare la propria lingua con quella di colui che sei anni prima aveva tentato di ucciderla.
- Hans, noi… noi non – Venne prontamente zittita dalle labbra di Hans, le quali si posizionarono poi sul suo collo, togliendo le bende. Le labbra del giovane andarono a posarsi sulla ferita, baciandola con estrema delicatezza, come se quel bacio potesse curare immediatamente i danni subiti dal pugnale. A quel contatto Elsa rabbrividì, ma non per il male, per il semplice fatto che trovasse più che piacevole tutto quello e quell’intimità che si stava creando.
Le mani di lei erano andate a sfiorare i perfetti addominali di lui, mentre quelle di lui si erano infilate sotto la fluttuante gonna. Elsa aveva intrecciato le gambe attorno alla vita di lui per reggersi da sola e permettere alle mani maschili di esplorare posti che nessuno aveva mai violato prima di allora. Elsa era consapevole del fatto che avrebbe dovuto fermarsi per amor proprio, della propria famiglia, di Arendelle, ma Hans era tutto ciò che di proibito aveva ed era proprio quel pericolo e quel desiderio di trasgredire a delle regole che si era auto imposta che rendeva il tutto più eccitante.
Fu proprio mentre le cose si facevano più spinte che un dolore al petto la colpì, costringendola ad accartocciarsi su se stessa, abbandonando le labbra del principe. Si toccò il petto, dal lato sinistro, ove si trovava il cuore. Doleva e proprio mentre era stretta dalle braccia del principe, ancora all’oscuro di ciò che stesse accadendo, una piccola ciocca di biondi capelli si tinse, come per magia di castano chiaro. Non se ne accorse ella, ma bensì Hans, il quale ricordò immediatamente la ciocca bianca di Anna il giorno in cui l’aveva conosciuta.
- Sto bene, sto bene. – Comunicò Elsa prima che lui potesse bombardarla di domande. Proprio mentre terminava di parlare si accorse di una ciocca più scura tra i suoi capelli. Scioccata se la rigirò tra le mani, cercando, con crescente ansia, di eliminare quel marrone dai suoi capelli. In cuor suo sapeva che quella ciocca era esattamente l’inverso di ciò che era accaduto anni e anni prima alla sorella Anna.
- Non viene via, Hans. Rimangono marroni. – Continuò a sfregare, lasciandosi impossessare da un’angoscia sempre più grande, mentre Hans la trascinava verso riva.
Una volta giunti dove ella toccava alla perfezione le bloccò le mani, guardandola dritta negli occhi.
- Ora ti calmi e mi lasci dare un’occhiata, intesi? – Fu deciso, lasciando ad ella la sola possibilità di annuire.
Hans lasciò le sue mani e la osservò qualche istante, notando con disappunto come le sue labbra stessero diventando violacee per il freddo. Si mosse andandole alle spalle e sfiorando la ciocca castana che partiva dalla radice dei capelli. Cercò di ripulirla, sperando si trattasse di quella sorta di lozione che le era stata messa sui capelli. Il colore non accennava a diminuire e spiccava tra il resto della folta criniera bionda. L’aveva visto con i suoi occhi, era stata la magia a renderla scura e non sarebbe bastata tutta la sua buona volontà per farla ritornare del colore originale. Elsa aveva iniziato a tremare, così senza dire alcunché l’afferrò per le spalle, sollevandola e conducendola fuori dall’acqua. Sembrava in trance, così la spogliò lentamente, lasciandole addosso solo la fradicia sottoveste. L’avvolse prontamente con la sua camicia, tentando di asciugarla come poteva, mentre la giovane regina piangeva silenziosamente. La fece sedere su un masso al sole e si preoccupò di accendere un fuocherello per tentare di asciugarla e farle passare il gelo che la tormentava. Le si sedette accanto, cercando di evitare che il suo sguardo cadesse troppo sul corpo snello della regina. Le sue forme erano messe in mostra dalla sottoveste bagnata, attaccata alle sue membra. Le prese le mani tra le sue e le massaggiò per scaldarle. Quando vi fu riuscito le lasciò andare, passando ai capelli della ragazza, arruffati e scompigliati. Li portò indietro, cercando di districarli come poteva. Li accarezzava con una dolcezza che non credeva di possedere, mentre la ragazza continuava a rimanere in silenzio.
Continuò a lungo, rilassandosi davanti al fuocherello che sprigionava calore. Elsa aveva smesso di piangere e si era appoggiata con il capo sul ventre dell’uomo, ancora in piedi e dietro di lei. Aveva alzato lo sguardo, poggiando i suoi zaffiri occhi su di lui, lo rimirava in silenzio. A quel punto Hans lasciò andare i capelli e con un gesto altrettanto delicato asciugò le guance bagnate di lacrime. Si rispecchiò in quegli occhi, si rivide in tutta quella sofferenza, si rivide in ella. Non erano poi così diversi, in fondo. Si chinò leggermente, fino a sfiorare nuovamente le sue labbra, come a dirle di non aver paura, lui era lì con lei.
Non appena Elsa si fu scaldata e ripresa da ciò che era successo, ripartirono alla volta del Castello dei regnanti delle Isole del Sud. Rimasero in silenzio a lungo, camminando fianco a fianco. Hans non se l’era sentita di costringerla a salire a cavallo, non dopo quello che era successo.
Il silenzio, calato su di loro, venne rotto dalla flebile voce di Elsa.
- Ti fustigano, non è vero? – Fece una breve pausa.
- Ogni sei mesi? – avrebbe voluto chiedergli il perché non gliel’aveva detto, ma sarebbe stata una domanda insensata. Lei non si era curata di sapere come stesse il prigioniero, perché mai lui avrebbe dovuto dirle che veniva frustato come pena per i reati commessi?
- Lo hanno fatto, in passato, ma non mi colpiscono più, Elsa. – Hans mentì spudoratamente, aveva nuove cicatrici fresche sulla schiena, dovute alle fustigazioni di quattro settimane fa.
- Ora capisco perché la gente mi detesta… - Parlò più a sé stessa, che non a lui. Era una constatazione bella e buona, mentre lo sguardo rimaneva perso nel vuoto ed ella avanzava per inerzia. Hans non sapeva cosa dire per rincuorarla, aveva imparato a convivere con quelle stesse certezza che aveva anch’ella.
- Ti chiedo scusa, Hans, per quello che ti ho fatto patire in questi sei anni. Io non ne avevo idea… - E pensare che era giunta fin lì per pretendere in parte le sue scuse ed ora era lei a porgerle a lui.
- Non avresti potuto fare nulla. – Tentò vanamente di rassicurarla il principe. Eppure il fatto che Elsa si sentisse in colpa avrebbe dovuto renderlo felice, dopotutto era lo scopo che si era prefissato da quando lei era giunta nelle Isole del Sud. In quel momento però non riusciva a gioire di quei sensi di colpa, non dopo che aveva sentito il suo minuto corpo accartocciarsi su se stesso per colpa della sua stessa magia.
Giunsero ben presto a palazzo e lì vennero accolti dagli sguardi increduli dei presenti.
Fen corse immediatamente da Elsa e la coprì con la sua giacca, cercando di scaldarla come poté. Una smorfia fece capolino sul viso di Hans, quasi fosse stato geloso di quel prodigarsi. Se solo Fen avesse saputo come ella si era lasciata trasportare dalle emozioni poche ore prima… ah avrebbe goduto.
- Che diamine hai combinato Hans?! – Esclamò il decimo fratello, puntando immediatamente il dito contro il fratellastro.
- Non ha fatto nulla, principe Fen. E’ stata colpa mia, ho spaventato il cavallo e siamo caduti in un laghetto, nulla di pericoloso. – Mentì, ma lo fece per evitare alcuna punizione per Hans, lui si era dimostrato premuroso nei suoi confronti. Venne ispezionata dallo sguardo attento del principe Fen. La ferita sul collo venne subito scoperta con enorme disappunto.
- Cadendo mi sono tagliata, credetemi Fen, sto bene e la colpa non è di Hans. – Fen non pareva crederci, si limitava a lanciare occhiate torve al fratello. 



NOTE AUTRICE: Non ho molto da dire oggi, se non che vorrei ringraziare coloro che mi stanno seguendo e recensendo. Vi ringrazio davvero di cuore <3
  
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