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Autore: Fantasy090    27/01/2016    3 recensioni
PercyJackson!AU Teen!lock e ovviamente Johnlock (il titolo non mentiva)
-o-
Una volta una persona mi disse che l’uomo medio usa solo il 5% delle sue capacità cerebrali.
Probabilmente un mezzosangue medio ne usa il 2%, altrimenti non mi spiego come una normalissima gita al British Museum possa essersi trasformata in un disastro epocale in meno di mezza giornata. 
[Ho già detto che mi dispiace, John!].
Si. Certo...
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La vita del tranquillo studente John Watson trascorre pacifica e alquanto noiosa, fino a che un saccente semidio (tale Sherlock Holmes) dagli intrattabili capelli neri e dai pericolosi occhi grigio-azzurri (o forse verdi?) non entrerà nella sua vita (senza bussare e con un'orda di mostri alle calcagne).
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Una volta una persona mi disse che l’uomo medio usa solo il 5% delle sue capacità cerebrali.

Probabilmente un mezzosangue medio ne usa il 2%, altrimenti non mi spiego come una normalissima gita al British Museum si possa essere trasformata in un disastro epocale nel giro di mezza giornata.   

[Ho già detto che mi dispiace, John!].

Si. Certo…

 

 {JOHN}

Londra è la città senza tempo. O così dicono i libri. Un cuore vivo da cui si snoda un eterno reticolo di strade. Una creatura caotica e pulsante che vive alla giornata.

Londra è la città del mistero. O così mi piace pensare. I suoi neri vicoli, che la fioca luce dei lampioni non raggiunge mai davvero, trattengono nei loro anfratti segreti ancora più oscuri.

Ma, fino a pochi mesi fa, Londra era semplicemente la città nuova. Ed io uno dei suoi tanti albergati.

L’America era diventata troppo stretta per mia madre. Immagino accada a chiunque sia costretto a crescere due figli senza uno straccio di marito. O di fidanzato. O di qualunque cosa mio padre fosse. Trasferirci era sembrata la scelta più sensata.

Col senno di poi, nutro numerosi dubbi al riguardo.

Comunque.

Il lancio delle freccette era stato doveroso. Io e Harriet (la quale, per inciso, detiene il titolo di figlia “maggiore” solo per la data di nascita e il suo metro e settanta) abbiamo passato una buona mezzora a litigare su quale parte dell’Europa il mare del Nord (su cui la freccetta rossa era andata a incunearsi) rappresentasse.

Alla fine nostra madre ha tratto un lungo ed esasperato sospiro (lo fa spesso, il lavoro la stressa troppo, ma non lo ammetterebbe mai) e ha deciso per noi che l’Inghilterra sarebbe andata più che bene. Nessuna nuova lingua da imparare se non altro.

Dunque eccomi qui.  Nuova casa, nuovo Paese, nuova vita. E nuova scuola.

E qui arriva il tasto dolente.

Non che sia un ragazzo problematico o altro.

Davvero.

La scuola non mi ha mai creato problemi. Ho sempre avuto voti medio-alti, un comportamento educato e la capacità di farmi amiche le persone giuste. Niente crisi da studio, niente botta e risposta coi prof, niente bulli.

Il che andava più che bene se non fosse tutto assurdamente monotono.

La monotonia monopolizzava le mie giornate molto più di quanto volessi ammettere. Un estenuante circolo vizioso senza una fine apparente.

Fu probabilmente per questo, alla mera notizia che a metà semestre fosse prevista un’uscita al più importante museo londinese, che il mio entusiasmo si accese come mai prima.

Ok, non è esattamente il massimo, lo riconosco. Ma davvero, era meglio che ascoltare la professoressa di chimica che rispiegava per l’ennesima volta le ossidoriduzioni.

Date le premesse, mi aspettavo una rilassante giornata. Che avrei passato senza dubbio con Sarah, la brunetta dell’altra classe, la quale, per altro, non faceva che lasciarmi bigliettini ben poco fraintendibili.

Ehi, sono un bravo ragazzo. Ma questo non vuol dire che alla veneranda età di diciassette anni non ami trascorre il mio tempo con le ragazze.

 

 

Il giorno prestabilito venimmo fatti salire tutti e 40 (40! Si, lo so, è da pazzi) sull’unico bus di linea che ci avrebbe lasciati direttamente in Montague Street.

Seduto sui sedili leggermente usurati, trascorsi il viaggio ascoltando la musica dal mio i-pod (essenziale in ogni mio spostamento) e lanciando di tanto in tanto delle occhiate verso Sarah.

Fin qui, escludendo qualche lamentela di vecchiette irritate da tutta quella gioventù stipata nel mezzo, nulla di strano.

 

Il British Museum, al secolo “Museo di Storia di Londra”, venne fondato nel 1753 da Sir Hans Sloane. (Informazione datami solo successivamente da UNA CERTA PERSONA e non propriamente richiesta).

L’entrata di per se’ è già spettacolare, visto che da’ sulla piazza coperta più grande d’Europa. (Altra informazione non richiesta, ma inevitabile).

 

La prassi prese dunque il sopravvento. Venimmo divisi in due gruppi. Il primo, che sfortunatamente includeva anche Sarah, si avviò verso l’ala dedicata all’antico Egitto.

A questo punto l’unica ancora di salvezza rimaneva il mio fidato i-pod.

Il quale scelse esattamente quel momento per emettere un infelice suono e morire tra le mie mani.

Una scena straziante.

Arreso mi avvicinai al gruppo per preservare almeno la parvenza di interesse. La nostra guida, tale Lestrade, somigliava più ad un ispettore di Scotland Yard che ad una guida museale. Indossava un lungo impermeabile grigio, aperto su dei pantaloni neri e una camicia bianca dal collo consumato. Avrà avuto all’incirca trent’anni, ma ne dimostrava molti di più. Aveva l’aria di un che ne ha viste tante.

Quasi come se avesse sentito i miei inutili ragionamenti, l’uomo si girò verso di me. E mi sorrise.

E' una di quelle persone che sorridono spesso, pensai. Le rughe, molto marcate ai lati degli occhi, si moltiplicavano quando lo faceva.

Il mio personale e alquanto inutile sesto senso lo classificò all’istante come una brava persona.

Fece un cenno con la testa e tutto il gruppo lo seguì verso l’ala est.

La lastra in marmo che troneggiava sull’entrata del salone annuncia che stiamo per visitare l’“Antica Grecia (i reperti, la storia e gli dei)”.

La scritta mi sfarfallò un po’ davanti agli occhi, come se fissassi troppo a lungo uno schermo.

Infastidito distolsi lo sguardo per concentrarmi su Lestrade, che intanto aveva iniziato la visita davanti ad una piccola teca illuminata poco più avanti.

Tredici piccole statutette, grandi non più di una spanna, facevano bella mostra al suo interno.

“Questi” sottolinea Lestrade con un gesto della mano “sono i dodici dei dell’Olimpo. Per i Greci ognuno di loro rappresentava una forza della natura o un aspetto della vita quotidiana.”. Il tono con cui parlava di quei tizi è inspiegabilmente cauto. Quasi come se si aspettasse di essere colpito da un fulmine da un momento all’altro. “Ora, immagino che, anche senza guardare i cartelli, sappiate dirmi almeno qualche nome.”

Volarono qualche “Zeus” e “Poseidone”, seguiti da alcuni “Afrodite” qui e la’. Poi cadde il silenzio.

A questo punto, neanche a dirlo, la guida si voltò verso di me. Mi scrutò qualche istante con quegli occhi grigio azzurri e poi, di nuovo, mi sorrise senza un vero motivo.

“E tu, John? Qualche idea?”.

chiese. Il tono era più che altro pacato e sinceramente incuriosito, per cui non me la presi più di tanto. Era solo una giornata sfortunata.

Mi arrovellai alla ricerca di un dannato nome. Mia madre è sempre stata appassionata di storia antica. Quando eravamo piccoli ci raccontava spesso qualche storia prima di andare a dormire. Nonostante questo non mi veniva in mente niente di niente.

Incerto lanciai un occhio alla mia destra. Sopra una lunga lastra di marmo dalle scene raccapriccianti lessi la mia salvezza prima che le lettere iniziassero nuovamente a sfarfallare impazzite. Forse avrei dovuto farmi vedere da un ottico.

“Ade, ilsignoredegliinferi” buttai fuori tutto d’un fiato. Se avessi trattenuto il respiro fino a quel momento sarei parso meno esausto.

Nella sala cadde nuovamente il silenzio. Lestrade, un po’ pallido (ma probabilmente erano le luci a led della vetrina) mi guardò.

D’accordo, non sarà stato esattamente il più simpatico, ma era sempre un dio, no?

“Molto bene” esalò. Con tutta probabilità non era la risposta che si era aspettato da me.

Come se dovesse aspettarsene una precisa...

Un attimo, come faceva a sapere il mio no-

“Per quanto riguardo gli altri, che spero non si offenderanno della vostra mancata considerazione,…” riprese, e mentre lo diceva lanciò un’occhiata verso l’alto come per assicurarsene “… abbiamo Era, la regina degli dei e protettrice del matrimonio; Apollo, dio della musica e della poesia, ma anche della medicina. Quella in basso è Atena, dea della ragione e delle arti. Alla sua sinistra Ermes, messaggero degli dei, Ares, dio della guerra, ed Efesto, dio dell’ingegneria e del metallo. A destra Demetra, dea delle messi, e Bacco, dio del vino e dell’ebrezza. L’ultima statua in basso è dedicata ad Hestia, dea del focolare domestico, la quale ha ceduto il suo trono a Bacco per…”

 

Ok, avevo smesso di ascoltare già da un pezzo.

Osservai con interesse la teca successiva che conteneva un’intera armatura greca, con tanto di elmo e spada.

Accanto a me un tizio allampanato guardava inespressivamente il contenuto della teca senza dare segni di vita. Probabilmente immerso nella lettura dei cartoncini esplicativi.

Annoiato nuovamente, buttai un occhio al gruppo, che nel frattempo si era spostato ed ora osservava rapito la scultura di un gigantesco serpente avvolto sulle sue stesse spire.

I particolari erano incredibili. Le squame in rilievo su tutto il corpo perfette e la lingua, biforcuta, avvolgeva con eleganza l’aria.

Cercai con lo sguardo Lestrade per chiedere spiegazioni e lo trovai che stava parlando con il tizio che era affianco alla teca con l'armatura. Anzi, più che parlando ci stava litigando, e non sembrava nemmeno avere la meglio.

Incerto tornai a guardare la statua.

 E fisso il serpente negli occhi.

Poi, semplicemente, accadde.

 

Dall’occhio destro iniziò ad aprirsi una crepa.

Poi un’altra.

Poi un’altra ancora.

Di riflesso feci un passo indietro, proprio mentre la statua esplodeva in mille schegge davanti allo sguardo sorpreso dei visitatori.

Il caos.

 

*CLICK*

Registrazione salvata

Data: 13\06\15

Durata: 01.34.27

 

 

Ok, uhm, *cof cof* cosa ne dite? In po’ lunghetto in effetti, per questo l’ho diviso in due. In realtà non saprei cosa dirvi se non che mi auguro che il primo capitolo vi piaccia. ;) Se si, fatemelo sapere, anche con due semplici righe, mi fareste molto felice. Avvisatemi se trovate errori di grammatica, perché ho riscritto il capitolo dal presente al passato, quindi magari qualcosina mi è sfuggito ^-^ Per il resto vi ringrazio della lettura e al prossimo capitolo ;)

   
 
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