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Autore: DanieldervUniverse    29/01/2016    6 recensioni
Yuna, l'evocatrice che si ama fin dal primo momento in cui la si incontra. Una ragazza forte e determinata, eppure sensibile e lieve come un fiocco di neve. Una ragazza che vuole salvare il mondo, impegnata in una missione suicida per fermare il demone Sin in nome di tutti gli abitanti di Spira, protetta dai suoi indomabili Guardiani. Ma chi sono questi Guardiani? Sono forse immagini scolpite nella nostra memoria, o sono spiriti erranti giunti per caso o seguendo un sogno? Mutevoli o radicati? Se i Guardiani di Yuna fossero diversi da quelli che conosciamo, sarebbe lo stesso? La storia cambierebbe?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rikku, Yuna
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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A\N: Scusate il ritardo, anche se era già pronto serviva un'ispirazione forte per poter pubblicare questo capitolo.

DII\N: Mi ero appena appisolato Yawn...


Era freddo.

Dovunque si trovasse, faceva freddo.

Ed era buio pesto.

Di riflesso Yuna si strinse il corpo con le braccia, strofinandole lungo i fianchi.

Fortunatamente, mentre si strofinava, urtò il suo scettro, e con sollievo lo usò per incanalare un pizzico della potenza di Ifrit dentro di se, venendo avvolta da un piacevole tepore.

-Uh? C'è qualcuno lì?- chiese d'improvviso una voce femminile sconosciuta, nel buio.

Sembrava giovane dal tono, ma non riuscì a dedurre altro, senza poterla vedere chiaramente.

-Chi sei?- chiese, cercando di ottenere un po di chiarezza.

-Oh grazie al cielo, credevo che sarei rimasta da sola per sempre- fece invece l'altra, con una forte nota di sollievo nella voce.

Immediatamente dopo Yuna udì uno scalpiccio, come di qualcuno che camminava rapidamente a carponi, e presto sentì una figura umana abbracciarla.

Dalle forme e dal peso sembrava decisamente una ragazza della sua età, in buona salute e con i capelli mossi.

-Va tutto bene?- chiese l'evocatrice, colpita dalla sensazione della pelle fredda contro la propria.

-S-si- rispose quella, intirizzita -È solo... sono rimasta chiusa qui non so per quanto tempo, e non riesco a trovare un modo per scaldarmi. Sono sollevata che tu sia qui, ecco. E sei anche calda.

-Beh, con il potere di Ifrit posso scaldare il mio corpo se necessario- rispose, passando un mano sulla schiena dell'altra, cercando di essere rassicurante.

L'abito era leggero, probabilmente abitava in zone tropicali come Besaid e Kilika.

-Sei un evocatrice anche tu?- le chiese la ragazza sconosciuta.

-Si, e tu?

-Anche, ovviamente. L'ho appena detto. Ma non riesco a ritrovare il mio scettro con questo buio- rispose l'altra, facendosi momentaneamente indietro.

-Ma dove siamo?- chiese a quel punto Yuna.

-Su una barca, rispose l'altra -Probabilmente dentro una stiva. Sono rimasta abbastanza a lungo da identificare il rollio dello scafo e con il silenzio che è regnato fino adesso riuscivo anche a cogliere il rumore delle onde.

Yuna tese l'orecchio, riuscendo ad udire distintamente il suono della risacca.

-Però, hai un buon intuito- osservò.

-Merito della mia sorellona. Pensa sempre a proteggermi e mi ha insegnato alcuni trucchi del mestiere- rispose prontamente l'altra, abbracciandola di nuovo per usufruire del calore.

-Tua sorella è il tuo Guardiano?

-Si, assieme al mio fidanzato e al mio migliore amico- rispose prontamente -E tu?

-Oh, io sono Yuna. I miei Guardiani sono Kuja il Mago Errante e Gabranth Giudice del Tempio di Kilika- rispose gentilmente la ragazza.

Parlare in quel momento sembrava la cosa migliore: senza un minimo di chiarezza non sarebbero mai uscite a lì.

-Lady Yuna! Non sa quanto sono onorata di incontrarla finalmente!- l'assalì l'altra, stringendola ancora più forte.

-G-grazie. È un piacere- rispose cortesemente Yuna, imbarazzata da tutte quelle attenzioni e da quel contatto forzato -Tu chi sei?

-Oh, io? Io sono...- ma s'interruppe di colpo, lasciando la frase in sospeso.

Pochi attimi dopo anche Yuna capì, udendo anche lei un affrettato rimbombo di passi e alcune voci.

-Eccola lì!

-L'abbia trovata!

-Tieni duro zuccherino siamo arrivati AHIA! Che ho detto!?

-Non parlare di mia sorella in quel modo!

-Eccoli, sono loro!- esclamò la ragazza misteriosa, riconoscendo le voci.

-Resta qui- ordinò una voce nel buio, facendole sobbalzare, mentre una piattaforma si abbassava dal ponte superiore della nave, illuminando l'ambiente e mostrando un gruppo di Albhed, pronti a caricare una delle loro macchine sul montacarichi.

-Noi occuparcene. Voi resta qui- le si rivolse uno di loro, prima di aiutare i compagni a montare il marchingegno e far risalire il montacarichi al piano superiore.

-Una macchina Albhed!- sentirono esclamare da sopra, dopo pochi attimi.

-Maledetti! Ridatemi mia sorella!

-Questa ce la pagano cara!

-Prendi questo ammasso di metallo!- la voce del fidanzato fu seguita da un clangore e da un corpo che cadeva.

-Idiota! Comportarti così ci mette tutti in pericolo! Pensa prima di agire!- lo rimproverò la sorella.

-Coraggio, dobbiamo fermarla!- gli fece eco l'amico.

-Ehi- fece Yuna, rivolgendosi alla sua compagna con una certa urgenza -Hai localizzato il tuo scettro?

-Eh? Oh si, dammi un secondo che lo recupero- rispose lei, mentre i suoni della battaglia continuavano a rimbombare sopra di loro.

-Che strano, gli Albhed sono scomparsi non appena hanno finito di caricare la macchina. Come fanno?- si domandò la ragazza misteriosa, mentre i suoi passi incerti risuonavano nella stiva.

-Dubito che sia un nostro problema adesso. Penso che non vogliano farci del male, forse pensano di proteggerci da qualcosa. In ogni caso...- osservò Yuna, provando a mettersi in piedi, prima di essere interrotta da un frastuono poco rassicurante.

-Maledette macchine!
-Tutto bene?- chiese il fidanzato ad uno dei suoi compagni.

-Io sto bene, tu pensa a fermare quella cosa!- rispose aspra la sorella.

-E come dovremo farlo!?

-OOOOOOOOOOOYYYYYY!!!!- fece una nuova voce, rude, violenta e sbronza.

Poi un possente scossone fece tremare tutta la barca portando Yuna a cadere all'indietro.

-Voi ragazzini state indietro! Lasciate fare al migliore!


Era una giornata da schifo.

Come sempre.

Il mondo era uno schifo.

Neanche riempiendosi di alcool dalla mattina alla sera era possibile offuscarlo.

“Puah! Quegli smidollati del credo Yevon hanno mandato tutto in malora. Magari ci fosse un modo per rimediare. Invece no, uno si fa a pezzi la schiena per tentare di costruire qualcosa e poi gli vengono a dire che niente di tutto quello che ha fatto ha un senso. Maledetto questo mondo! Maledetta Spira!”.

Sbatté la bottiglia sul tavolo, prima di rilasciare un rutto.

Non gliene poteva sbattere di meno dell'opinione degli altri.

Lui era il migliore un tempo, eppure adesso non era altro che un rifiuto, uno scheletro ambulante, ubriaco puzzolente e sporco.

Che schifo.

Se lo diceva anche da solo.

“Schifo! Schifo! Peggio del peggio! Brutto idiota!”.

Mandò giù un lungo sorso, deglutendo a tutto volume.

-Ahhhhh... puah- disse, senza trarre alcuna soddisfazione dal gesto.

Era tutto così insensato.

A che serve bere, se non puoi neanche usarlo come scusa per i tuoi problemi?

Alzò gli occhi sulle persone che gli sedevano vicino, disgustati, o che si allontanavano di corsa lanciandogli sguardi offesi.

“Brutti sacchi di merda! Voi non sapete niente!”.

Fece per mandare giù un altro sorso, ma con suo disappunto scoprì che la bottiglia era già vuota.

Frustrato la scagliò contro il terreno piastrellato, frantumandola, prima di alzarsi per cominciare un'altra giornataccia.

-Dove credi di andare?- fece il proprietario del locale, dal banco -Ogni consumazione si deve pagare.

-P...pagare? Ah, non farhhhmi ri*burp*dere- replicò, senza neanche voltarsi, tenendo lo sguardo puntato verso l'uscita, continuando a barcollare.

Urtò alcuni clienti, che protestarono oltraggiati.

Altezzosi pezzi di merda.

-Guardie! Fermate quell'ubriacone!- ordinò il proprietario, facendo segno ad una coppia di soldati del Clero, che avanzarono immediatamente verso di lui.

-F-fuori da piehhhdi- replicò sbattendoli da parte con una mano.

Il suono di vetri rotti e di urla segnalarono che aveva travolto qualcuno col suo gesto, ma non se ne curò.

Quella gente non meritava la sua considerazione, non erano nessuno per lui come lui non era nessuno per loro.

-Ehi, piccolo uomo- udì una voce felina dietro di lui, prima di sentirsi sbattere a terra.

-Tu non essere tanto duro, piccolo uomo- gli fece eco una seconda, altrettanto bestiale.

-Uhhh...- fece lui, sputando un mischio di saliva ed alcool sul pavimento, prima di volrasi sulla schiena, fissando i suoi aggressori.

Erano due Ronso, uno dal pelo bluastro, con una tinta leggermente tendente al verde, e un armatura verde acqua, e uno dal pelo giallo, con una criniera folta e un'armatura dello stesso colore, entrambi giganti rispetto a lui e alla maggior parte dei commensali.

-Piccolo uomo deve chiedere scusa.

-Piccolo uomo deve imparare rispetto.

-Uhhh, voi due... vi piace fare i duri, ah?- li sfidò, cercando di apparire minaccioso mentre si rialzava incerto e tremante -Andate al diavolo...

Tentò di colpire quello a sinistra, mancandolo e finendo per crollare su un altro tavolo, generando altre urla.

Branco di mammolette.

-Piccolo uomo molto cattivo. Piccolo uomo non capire- minacciò uno dei Ronso, afferrandolo per il capo e sollevandolo in aria.

-Io te insegnare lezione, piccolo uomo- continuò quello, dal pelo giallo, menando un forte pugno al suo volto.

Una fitta di dolore lo travolse, lasciandolo stordito per un attimo.

Poi scosse il capo sputacchiando un po, prima di ricevere un secondo colpo al petto.

Fu sul punto di vomitare, mentre una linea di saliva cominciava e scivolare dalla sua bocca verso il pavimento.

Faceva male, ma i suoi sensi si stavano risvegliando, scacciando la presa dell'alcool.

Che patetico era stato.

Ora bisognava combattere.

Non si rinunciava mai ad un combattimento, era una cosa che non aveva da tempo.

Quasi tutti fuggivano alla sua vista o lo evitavano, nessuno più lo sfidava, dandogli quel po di gratificazione che gli spettava, almeno all'inizio.

Poi, a furia di essere ignorato, era diventato niente, il relitto vuoto e dimenticato nell'angolo.

-Grazie della sveglia- disse, con un ghigno di soddisfazione in volto -Era ora che vi faceste vivi. Un toccasana.

-Piccolo uomo pensare di essere divertente?- chiese il Ronso dal pelo verde.

-Ora Biran finire quello che iniziato- rispose l'altro, reggendolo ancora in aria.

-Cosa credi di fare micio spelacchiato, eh? Credi che la tua forza sia sufficiente a fermare il migliore?- lo schernì, sentendo il sangue ribollire dall'eccitazione.

-Ehi, andate fuori a fare le vostre cose, o chiamo le guardie...- minacciò il proprietario, ma lo ignorò.

Colpì con un calcio dei migliori il volto di Biran, spedendolo contro la parete opposta con un gran fracasso, rovesciando tavoli, sedie e commensali.

-TU PICCOLO...!- gridò oltraggiato l'altro Ronso, prima che lui potesse sollevarlo sulle sue braccia possenti e scaraventarlo contro il banco, fracassando anche quello.

-Guardie! Guardie! Aiuto!- iniziarono a gridare tutti, scappando in massa dal locale.

-Codardi!- gridò con tutto il proprio disprezzo -Oggi vedrete cos'è un vero uomo!

-Biran finire piccolo uomo!- ringhiò il Ronso giallo, facendo per avventarglisi contro ad artigli sguainati, ma lui lo anticipò con una gomitata all'addome, seguita da un uppercut che spedì l'avversario a gambe all'aria con un gran tonfo.

-Tieni, palla di pelo!- sputò.

-Tu pagare!- ringhiò il Ronso blu, in piedi e con un tavolo in mano -Yenke te fare molto male!

Scagliò il mobile, mancandolo di molto.

-È questa la tua mira migliore? Stupido gatto, è così che si tira- replicò, afferrando un tavolo e scagliandolo contro l'avversario, che venne centrato in pieno, accasciandosi a terra.

-Puah, tutto qui!? Dannazione speravo in qualche tipo di scontro decente!- sputò di nuovo per terra, asciugandosi il volto il palmo della mano -Essere il migliore è dura. Non che voi idioti possiate capirne qualcosa.

Si diresse deciso verso l'uscita scuotendo il capo, accusando ancora gli effetti dell'alcool, e afferrò il suo immenso spadone con una mano mentre infilava la porta.

-Fermo!- un gruppo di soldati di Yevon e Miliziani gli si fece intorno, armi alla mano.

-Getta a terra l'arma. Gettala!- fece uno dei comandanti, facendo un passo avanti deciso.

-Nei tuoi sogni bamboccio!- rispose subito, sbaragliando parte di quelle mammolette con un solo fendente cella sua arma.

Ovviamente di piatto: non c'era nulla di divertente nel combattere per uccidere.

-Fermatelo!- ordinò il capo, caricando assieme ai suoi, mentre la gente intorno cominciava a disperdersi gridando dalla paura.

Ci fu una gran confusione, e lui ne godette come non mai.

Bei tempi quelli in cui poteva menare le mani come da manuale.

Ma poi tutto era cambiato, tutto era andato a puttane.

Quei soldati così decisi a fermarlo finirono presto a terra, abbattuti come mosche.

Uno spettacolo patetico dai difensori di Spira.

Esalò, sentendosi sconfitto dentro: non c'era mai nessuno che potesse tenergli testa, erano svaniti tutti per colpa di Sin.

Scosse il capo, prima di cominciare a camminare.

Un passo dietro l'altro, come ogni schifosissimo, maledettissimo giorno.

Le persone si erano dileguate durante lo scontro, lasciandolo solo in quelle vie, ora silenziose e tremanti di paura al suo passaggio.

Eppure...

Alzò gli occhi da terra quando udì alcune imprecazioni in Albhed, scorgendo un gruppo di loro trascinare un corpo coperto da un cappuccio verso i moli.

Non ci vedeva molto bene, ma non ci mise molto a capire che si trattava di un rapimento.

E uno degli Albhed risultava molto arrabbiato, continuando a sbraitare contro gli altri.

Ma non importava quali fossero le loro intenzioni, un rapimento era un rapimento.

“Ma saranno fatti miei?” si chiese “Io sono il migliore, ma questo non fa di me un eroe od un vigilante”.

Fissò ancora un po il gruppo, riuscendo a determinare che il rapito era una ragazza.

Scosse il capo, cercando di darsi un contegno, di schiarirsi le idee, ma il gruppo continuava ad allontanarsi, fin quasi a sfuggirgli.

Con un ultimo sbuffo si gettò all'inseguimento, veloce come solo lui poteva essere.

“Se vorranno nasconderla, il posto migliore è il porto, dove potranno tenerla in una delle barche. Non c'è dubbio”.

Lui lo sapeva: erano anni che viveva per le strade di Luka, aveva visto diversi campionati iniziare e finire, e cosa ben più importante, aveva imparato come muoversi in una città come quella.

Era la seconda città di Spira, pulita, splendente e ricca, quindi ben protetta, pulita e sorvegliata, eccetto per le barche che arrivavano in città di tanto in tanto.

Quelle non le controllava mai nessuno dopo che erano attraccate.

Infatti, dopo diversi metri di corsa lungo i moli, sentì alcuni suoni di battaglia, e scorse in lontananza una massa grigia e alcune forme umane.

Avvicinandosi poté distinguere chiaramente una macchina Albhed, confrontata da un ragazzo alto biondo e con un impermeabile, una ragazza dai capelli rosa accesso e con una divisa dei miliziani, e un ragazzo con un abito tribale e due coltelli.

Non se la stavano vedendo per niente bene.

“Poppanti, in tre contro una macchina Albhed! Non c'è niente di più semplice”.

-OOOOOOYYYYYY!- gridò spiccando uno dei suoi balzi leggendari ed atterrando a tutta forza sul ponte, facendo sbandare la nave e scricchiolare le travi di legno -Voi ragazzini state indietro! Lasciate fare al migliore!

La macchina Albhed recuperò l'equilibrio in pochi secondo, ma pochi secondi furono sufficienti per calare un possente colpo con lo spadone.

Lo schianto metallico che seguì generò diverse scintille, e l'arma piegò irreparabilmente la superficie di metallo, facendo crollare sul ponte la macchina inerme.

Quindi afferrò l'oggetto con due mani sollevandolo alto sopra la testa.

-Andate a farvi una nuotata con i pesci, Albhed!- gridò schernendoli, prima di lanciare la macchina in mare.


A\N: Papparapappa-pappà.

DII\N: Nuovo invincibile ed incivile individuo che, diciamolo, già sapete chi è non è vero?

A\N: Alla prossima. Ciao.

  
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