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Autore: Maty66    31/01/2016    2 recensioni
Cosa si nasconde nel passato del più giovane e brillante capitano della Flotta Stellare? Quali oscuri ricordi tornano all’improvviso a tormentare l’animo di James Tiberius Kirk, proprio quando ha trovato una famiglia nel suo equipaggio ed una casa sull’Enterprise? Potranno i suoi amici aiutarlo a superare l’incubo che credeva ormai sepolto nella sua mente?
Ambientato dopo Into Darkness, durante il primo anno della missione quinquennale.
Attenzione è una storia NO SLASH.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Dottore, James T. Kirk, Montgomery Scott, Nyota Uhura, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 27
Minacce


TARSUS IV
Data Stellare 2261.5.61
 
“Kirk… il tuo puzzo mi è giunto alle narici ancora prima di vederti” rise Kor mentre fronteggiava il giovane capitano.
Una ventina di Klingon aveva invaso la struttura e la sala ed immobilizzato tutti, ivi compresi  i due addetti alla sicurezza dell’Enterprise, con le mani legate dietro la schiena.
“Kor… vecchio amico, è sempre un piacere vederti” sorrise Jim, sfacciato e apparentemente indifferente.
“Cambierai idea fra un paio d’ore, quando ti avrò strappato gli occhi e la lingua” disse il Klingon scandendo le parole, subito prima di rivolgere la sua attenzione a Kodos.
L’uomo era ancora legato e stava fermo ed immobile a guardare la scena.
“Suppongo che tu non abbia quello che mi hai promesso” gli disse fissandolo feroce.
“Stava per rilevarmi i codici di accesso al sistema di difesa, ma…” balbettò l’ex governatore.
“Ma…ma… Devo ammettere la mia stoltezza nel fidarmi di un umano schifoso. Sei una nullità come tutti quelli della tua razza” Kor  guardò Kodos con  aria schifata.
“Ma posso fare in modo di non aver perso il mio tempo” sghignazzò guardando di nuovo verso Kirk.
Kirk vide distintamente il terrore dipingersi sulla faccia di McCoy.
“Devo evidenziarle che in base alla direttiva della Flotta n. 14.5, nessuno di grado inferiore ad Ammiraglio di prima classe è a conoscenza dei codici di accesso al sistema di difesa. Quindi né il Capitano Kirk né alcuno in questa stanza può rivelarli” scandì Spock con voce priva di emozione.
“L’Alto Consiglio celebrerà comunque il mio coraggio e la mia virtù se gli porto il vigliacco della battaglia di Qo’Nos”  rispose con ferocia Kor, avvicinandosi di nuovo al capitano.
Cy iniziò ad agitarsi.
“Senti stronzo puzzolente, perché non mi mostri il tuo coraggio? Slegami e vediamo che sai fare” fece con il suo sguardo più truce.
Kor a stento lo degnò di uno sguardo.
“Io non mi sporco le mani con un escremento umano” rise.
Kirk era apparentemente impassibile ed indossava la sua migliore faccia da poker.
”Non c’è né onore né coraggio nel consegnare un nemico che è stato catturato con l’inganno. E poi sei così sicuro che il tuo gesto verrebbe apprezzato dall’Alto Consiglio?” disse con la massima calma.
“Per quanto tu mi faccia ribrezzo, devo ammettere che sei un nemico apprezzato dall’Alto Consiglio” rispose, con una leggera sorpresa il Klingon.
“Non penso che la cattura a tradimento di un capitano della Flotta verrà apprezzato dal Cancelliere ora che ha avviato colloqui di pace con la Federazione” disse ancora Jim con il suo solito sorrisetto arrogante.
Tutti nella stanza si guardarono sorpresi.
“Stai mentendo!!! L’Impero non scenderebbe mai a patti con una razza inferiore e senza onore come quella umana” si inalberò.
“Beh…non ti resta che  scoprire  le reazioni del cancelliere quando gli porterai la mia testa” fece ancora Kirk con la massima calma.
McCoy si chiese una volta di più come faceva quel ragazzo a sembrare così sfacciato ed arrogante in tutte le situazioni, anche quelle più disperate.
“E come saresti a conoscenza di questi colloqui di pace?” sbottò Kor con un’aria a metà fra l’incredulo e il timoroso.
“Forse perché sono stato invitato a parteciparvi?” sorrise sempre beffardo Jim.
“Stai mentendo feccia!!! Ti strapperò la colonna vertebrale e ne farò una collana per la mia donna” urlò Kor.
“Se ne sei così sicuro…” fece ancora Kirk con la massima calma.
“Ucciderò tutti i tuoi amici e poi porterò la tua testa al  tavolo dell’Alto Consiglio su Qo’Nos” minacciò ancora una volta il Klingon.
“C’è un detto sulla Terra: can che abbaia non morde” ridacchiò Jim.
“Ora basta… mi hai stancato” disse alla fine Kor sguainando il pugnale rituale  che aveva nella fondina sul fianco.
Con calma studiata lo poggiò alla giugulare di Kirk.
Nella stanza cadde un silenzio terrorizzato.
 
McCoy era al di là del panico.
Guardava la scena che si svolgeva davanti a lui come  se stesse vivendo un brutto incubo, uno di quelli che di solito seguivano le sbronze più memorabili.
Lanciava sguardi disperati in direzione di Spock, nella assurda speranza di vedere in qualche modo il vulcaniano libero dai legacci, atterrando tutti quei maledetti Klingon.
Ma la speranza era ovviamente vana; tutti loro erano bloccati con le mani dietro la schiena ed i phaser puntati contro.
E   in aggiunta stava  anche assistendo ad una delle solite scene arroganti di Jim Kirk che si divertiva a stuzzicare ed insultare colui che poteva porre fine alla sua giovane vita in un attimo.
A McCoy sembrava quasi impossibile l’aria sfrontata con quel ragazzino idiota fronteggiava Kor;  sentì il cuore saltare un battito quando il Klingon estrasse il coltello e lo poggiò alla gola di Kirk.
Per un attimo nel silenzio assoluto gli sembrò di vedere anche Spock che tratteneva il fiato in attesa dell’inevitabile.
  Ma Cy non era stoico come Spock né tipo da restare in silenzio nonostante il terrore.
“Ehi tu, stronzo… è facile prendersela con chi ha le mani legate vero?  Ti ripeto: scioglimi e andiamo fuori, soli io e te, fammi vedere quanto onore hai…” urlò.
Kor si voltò con aria disgustata, ma prima ancora di capire l’errore commesso si ritrovò a parti invertite; Kirk con gesto fulmineo gli prese il coltello dalle mani e glielo puntò alla gola.
Nella stanza si levò un mormorio; McCoy guardò incredulo:  non era la prima volta che Jim tirava fuori un’acrobazia del genere, ma stavolta era propenso a credere  davvero che quello che si diceva sull’Enterprise del capitano era vero.
Era un mago. Come aveva fatto a liberarsi dai legami senza che nessuno, compreso Spock, se ne accorgesse?
 
“Ma cosa…” balbettò il Klingon, cercando di recuperare dalla sorpresa.
“Ora miei cari signori, se non volete che il sangue del vostro comandante finisca tutto sul pavimento, vi consiglio di mettere giù le armi” scandì Kirk verso la pattuglia Klingon con la massima calma. 
“Sparategli” ordinò Kor con voce dura, anche se Kirk lo sentiva tremare leggermente sotto le sue mani.
Jim fece schioccare la lingua e sorrise ironico.
“Come avete visto sono di mano molto, molto lesta. Prima che mi facciate fuori posso tagliare la gola del vostro comandante da parte a parte”
“Moriresti comunque” sibilò una delle guardie Klingon.
“Sì, ma avrei la soddisfazione di portarmi dietro il tuo comandante. In fondo non è neppure la prima volta che muoio. So cosa mi aspetta”
Jim sembrava assolutamente calmo.
Kor sospirò spazientito.
“Forse puoi avere messo in conto la tua morte, ma non quella dei tuoi amici. Sparate al medico” ordinò feroce.
Jim trattenne il sospiro.
Poteva sopportare tranquillamente l’idea di morire  proprio in quel momento e in quel posto, ma l’idea di vedere morire Bones davanti ai suoi occhi era del tutto insopportabile.
Istintivamente diminuì la pressione sul collo di Kor mentre vedeva una delle guardie puntare il phaser direttamente su McCoy, tarato per uccidere.
“Sparagli!!!” ordinò di nuovo il comandante Klingon.
Jim vide un lampo di terrore correre negli occhi del suo migliore amico e prese la sua decisione.
“Ok…” disse lasciando cadere il coltello e alzando le mani.
“JIM NO!!” urlò McCoy.
Kor subito approfittò per colpire il giovane capitano violentemente in volto.
“Uccidetelo!” urlò poi ai suoi uomini.
 
RIVERSIDE- Iowa
Data Stellare 2253.2.20
 
Jim si nascose dietro il grosso albero che fronteggiava la  fattoria.
Tutto era quasi identico a quando l’aveva lasciata, diretto a Tarsus, solo  più diroccato e malmesso.
Jim scrutò le finestre della costruzione a due piani per cercare di scorgere se ci fosse qualcuno in casa.
Secondo i suoi calcoli Frank doveva essere uscito dal carcere, ma non era sicuro che fosse tornato  a vivere lì. Non sapeva neppure se sua madre, dopo quello che era successo, si fosse presa la briga di divorziare ufficialmente da quella bestia, e se la donna stesse ancora scorrazzando nella galassia o si fosse decisa a tornare finalmente a casa, visto  che ormai non aveva più nessuno dei suoi due figli fra i piedi.
In realtà non sapeva neppure perché stava lì, di fronte alla casa che aveva lasciato quasi sei anni prima, perché era tornato in quel posto che era stato il suo incubo da bambino.
Gli tornarono in mente nette e brucianti le immagini di Frank, del suo odore di sigaretta misto all’alcool che beveva, dei pugni o degli schiaffi che prendeva se non faceva esattamente come gli diceva a quando glielo diceva. E poi gli insulti, le minacce, le bugie raccontate ai medici le rare volte che lo portava in ospedale dopo averlo massacrato. E l’indifferenza di sua madre, le rare volte in cui tornava a casa, quando lui o Sam cercavano di raccontare quello che combinava l’uomo a cui li aveva affidati.
Ma più bruciante ancora gli tornò in mentre l’immagine di suo fratello che camminava lungo il viale alberato, con il borsone in mano, senza voltarsi indietro mentre lui lo scongiurava di portarlo via.
“Ti prego Sam… ti prego… portami con te” aveva urlato e pianto, attaccandosi ai pantaloni del fratello nel vano tentativo di fermarlo.
 “Non posso, sei troppo piccolo. Resta qui e fai quello che ti dice, vedrai che te la caverai”
Suo fratello l’aveva lasciato così, inginocchiato nella polvere, a piangere e disperarsi. Non si era mai voltato indietro.
No, davvero Jim non riusciva a spiegarsi perché aveva preso la navetta per Riverside e si era ritrovato davanti alla fattoria di famiglia, quasi un anno dopo aver incontrato sua madre in quel bar su Alfa Cety.
Che sua madre non volesse avere niente a che fare con lui era chiaro, ma il ragazzo sentiva comunque un impulso irresistibile, come un magnete che ad un certo punto lo aveva attratto e costretto a tornare a ‘casa’.
 
“Chi cacchio sei??”
L’odore vomitevole di Frank giunse a Jim prima ancora della sua voce.
Con studiata lentezza si voltò e guardò l’uomo che gli stava di fronte.
Era invecchiato e appariva ancor più trasandato  di quanto lo ricordasse. Barba lunga, vestiti sporchi, nella mano il solito sacchetto di carta per nascondere la bottiglia di whiskey.
“Ah… guarda un po’ chi si vede… pensavo che ormai qualcuno ti avesse fatto fuori, piccolo bastardo” sbottò quando lo riconobbe.
Jim fronteggiò il suo patrigno.
Anche se era cresciuto e diventato molto più muscoloso e forte del vecchio che aveva davanti non poté fare a meno di provare un brivido nel vederselo davanti.
“E io credevo che qualcuno ti avesse fatto fuori in galera” rispose.
Frank ridacchiò.
“Ti piacerebbe eh? Invece sono ancora qui…”
“Dov’è Winona? Cosa ci fai ancora qui? Questa non è casa tua…” sbottò Jim, più per rabbia che interesse alla sorte di sua madre.
“Tua madre…non la vedo da anni. E dato che sono ancora suo marito ho tutto il diritto di stare in questa casa” rispose Frank barcollando verso l’entrata della casa.
“Questa era la fattoria di mio padre, tu non hai nessun diritto” gli urlò dietro Jim sempre più furibondo.
“E chi mi dovrebbe cacciare? Tu? Credi che non sappia che sei nei casini fino al collo? La Flotta ti sta ancora cercando…” Frank si girò minaccioso. “Sei il solito piccolo bastardello. Tua madre aveva capito perfettamente chi aveva messo al mondo. Tu e tuo fratello, degni figli di quella nullità di George Kirk. Perciò aveva lasciato la vostra educazione a me…”
L’insulto a suo padre provocò in Jim una rabbia incontenibile.
“Tu lurido ubriacone!!. Non hai nemmeno il diritto di nominare mio padre. Vivi a sbafo in casa sua, avanzo di galera”
Frank sollevò la mano, brandendo la bottiglia per colpire Jim, ma lui non era più un ragazzino inerme ed indifeso. Era  sopravvissuto a Tarsus, aveva vissuto per anni su di una nave mercenaria visitando pianeti.
Fulmineo afferrò in una morsa ferrea il polso e lo torse sino a far cadere la bottiglia.
La sorpresa ed il terrore si dipinse sul volto di Frank, mentre Jim lo afferrava per il colletto e lo sbatteva contro il grosso albero.
“Non sono più un bambino. Non puoi più  terrorizzarmi o picchiarmi. Tu sei un’autentica nullità Frank. E sai una cosa? Resta pure in questa casa, la casa di mio padre e ogni volta che ci entri ricordati  chi era lui e chi sei tu: un lurido ubriacone che picchia i bambini e non è capace neppure di procurarsi un tetto. Tu e mia madre vi meritate l’uno l’altra” gli sibilò in faccia.
Poi lo lasciò andare e guardò  mentre Frank si accasciava al suolo ansimante per la paura.
Aveva il cuore in tumulto mentre si girava per allontanarsi: cosa aveva creduto di trovare tornando lì?
Con la coda dell’occhio si accorse della presenza alle sue spalle.
Frank aveva raccolto la bottiglia e stava per colpirlo alle spalle.
Ma Jim non era più il piccino timido ed indifeso che il vecchio aveva conosciuto. Ormai era un giovane uomo addestrato al combattimento e alla sopravvivenza anche in condizioni estreme.
Si girò e colpì Frank con un pugno in faccia che mandò l’uomo in terra a gambe all’aria.
Dal rumore sordo che aveva sentito era quasi sicuro che gli aveva rotto il naso.
“Bastardo!!! Mi hai rotto il naso” confermò  l’uomo quasi singhiozzando  mentre cercava di fermare il sangue che gli usciva dal naso.
Jim vinse la tentazione di colpire nuovamente.
“Stammi a sentire bene Frank. Non incrociare mai più la mia strada, ti ho avvisato” scandì il ragazzo prima di girarsi ed andarsene.
 
Ora Jim se ne stava seduto immobile in un bar nel centro di Riverside.
Non sapeva cosa voleva o doveva fare e per la prima volta si pentì di aver mollato Cy e la Phoenix.
Ma come al solito la paura dell’abbandono aveva vinto.
Tutti quanti prima o poi lo lasciavano o tradivano in qualche modo.
Sua madre, suo fratello, gli zii su Tarsus, Hoshi; prima o poi  sarebbe successo anche con Cy e lui non poteva sopportare un nuovo abbandono, quindi aveva fatto quello che sapeva fare meglio: scappare.
Ma ora cosa poteva fare? I risparmi che aveva messo da parte prima o poi sarebbero finiti.
Mentre era perso nei suoi cupi pensieri l’attenzione venne attratta da una giovane donna che entrò nel locale accompagnata da un uomo alto e muscoloso. Era vestita con uno sgargiante e minuscolo costume rosso ed era semplicemente bellissima con i suoi capelli neri ed occhi verdi.
“Scusi potemmo avere due caffè?” disse con un forte accento russo.
Jim guardò fuori dalla finestra incuriosito e vide l’holocar parcheggiata sulla strada.
L’auto aveva sui lati  coloratissime scritte pubblicitarie ‘Circo di Mosca’.
“Possiamo  attaccare qui questi volantini?” chiese ancora la ragazza.
Il barista fece un cenno di assenso e la ragazza si avvicinò al posto dove era seduto Jim.
Mentre attaccava il volantino olografico rivolse un gran sorriso al giovane.
“Ciao… io sono Iryna. Vieni a vedere il nostro spettacolo? Siamo molto famosi e restiamo qui una settimana” gli disse suadente.
“Certo… piuttosto… per caso non è che avete bisogno di qualcuno che lavori per voi? Io so fare praticamente tutto”  rispose Jim con il migliore dei suoi famosi sorrisi

Star Trek ed i suoi personaggi non mi appartengono.
Sempre grazie alla mia beta e a Cladda, a chi legge e passa piacevolmente un po' di tempo e anche a chi legge e pensa "che schifezza di ff".
La storia volge davvero al termine, ma ci sarà tempo ancora per qualche sorpresa.
PS: Se qualcuno si chiede come fa Kirk a uscire dalle stanze, liberarsi dalle corde ecc ecc..... vi ho risposto?


 
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