Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Bellamy    01/02/2016    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Continuammo a parlare fino a quando Bella decise di andarsene e lasciarmi da sola a riposare. Quando lasciò la stanza era già notte inoltrata.
Tenni sempre una mano sopra la sua ma non parlai molto: ero sempre restia a rispondere riguardo argomenti personali. Bella lo capì. Capì che quando non le irradiavo nulla con il mio dono significava che aveva fatto una domanda che andava oltre il consentito e alla fine ne formulava un’altra che rispettava i miei limiti.
Parlammo di tante cose, soprattutto Bella mi fece tante, troppe domande: che viaggi avevo fatto, che tipi di libri leggevo, che musica ascoltavo, se mi piaceva il cibo umano, che genere di film guardavo, com’era la mia famiglia e tante altre.
Neanche per un secondo sembrò essere annoiata, anzi, ad ogni domanda carica di dettagli lei era ancora più avida di sapere. Glielo chiesi una volta se si annoiava o meno, lei mi rispose velocemente dicendomi offesa: “Assolutamente no!”
Mi sentii spiazzata dalla piega che aveva preso quella situazione, non impaurita perché Bella non mi faceva paura. Ma dall’altro lato mi faceva piacere. Interpretai la sua curiosità come una disperata voglia di parlare con qualcuno per non sentirsi più sola. Mi rattristai pensandolo ma ero sicura che era quello il vero motivo.
Bella non era felice. Lo si capiva dal tono della sua voce, dall’espressione del suo volto, dal nervosismo che irradiava il suo corpo. Mi chiesi da quanto tempo sopportava in silenzio e di come fosse il suo rapporto con Edward, suo marito. Non avevo mai vissuto una relazione amorosa con qualcuno ma a casa avevo ben tre coppie e certe cose le notavo. Bella non avrebbe dovuto vedere Edward come un porto sicuro? Sembrava di no ma io che ne sapevo.
Non face parola di lui, lo nominò quasi una volta quando le chiesi come fece parte della Guardia dei Volturi.
Io non domandai niente su di lui. Pensarlo mi faceva venire i brividi. Mi domandai come una persona come Bella fosse sposata con una lastra di ghiaccio come Edward. Non seppi darmi risposta.
Chissà da quanto tempo Bella non vedeva Vanessa, sua sorella umana. Se era viva o meno. Se era felice e soddisfatta della sua vita. Bella aveva fatto un sacrificio enorme per il bene di sua sorella, si era sacrificata per dare una vita a lei. Non potevo biasimarla. Potevo impazzire al solo pensiero di stare lontana dai miei nonni o dai miei zii.
Prima di andarsene, con fare autoritario, Bella mi accompagnò a letto, mi rimboccò le coperte tutte stropicciate e mi diede un bacio nella fronte. Era strano quel cameratismo e quella confidenza che si era creata tra noi ma non dissi nulla per non rovinare il momento o far credere qualcosa di male a Bella. Ed io mi addormentai subito dopo che chiuse la porta dietro di sé.
 
 
Mi svegliai accaldata sotto una coltre pesante di coperte e con gli strilli dei bambini che giocavano giù in piazza nei timpani.
Rimasi un buon pezzo sotto le coperte cercando di indovinare cosa sarebbe capitato quel giorno, sperai nel nulla. L’orologio appeso alla parete segnava le undici del mattino.
Dalla finestra si intravedeva un cielo del più azzurro senza una traccia di nuvola e il sole era caldo con i suoi raggi che davano il buongiorno alle case degli abitanti di Volterra.
Guardando l’azzurro del cielo stesa nel letto, una forte sensazione di prigionia mi fulminò sul posto e l’aria si fece poca e pesante. Ero in gabbia.
Strinsi i denti per non scoppiare in lacrime. Stavo raggiungendo la crisi di nervi. Volevo la mia famiglia, non ero in grado di cavarmela da sola. Dovevo mettere da parte la mia testardaggine. Il test era fallito ma che potevo fare ora? Sottostare ai voleri di Aro? Facevo prima a far parte della Guardia. Non volevo diventare come Bella. No, in un modo o nell’altro sarei riuscita a scappare da Volterra.
Decisi di alzarmi e lasciare il morbido letto e le lenzuola sporche di sangue diedero conferma ad un pensiero che accantonai per tutta la notte.
Continuavo a sanguinare dalla cicatrice, il filo di argento stava allentando la sua presa ogni giorno di più. Non avevo gli attrezzi giusti per poter rimediare e non sapevo a chi rivolgermi. Avevo bisogno di Carlisle.
Mi alzai e disfai i letto dolorante. Corsi in bagno e riempii la vasca.
Andai verso il camino e presi il mio zaino nascosto. Scovai il cellulare e lo accesi. Feci il numero di Carlisle.
Per favore.
Pochi squilli a vuoto. “Pronto?”
“Nonno!” urlai mordendomi subito la lingua poi, maledicendomi.
La voce di Carlisle era allarmata e sollevata allo stesso tempo. “Renesmee! Stai bene?”
“Nonno… Si io sto bene, mi mancate.” La mia testa si era svuotata, non sapevo che dire.
“Renesmee, sei sicura?” la voce di Carlisle era spaventata ma nascosta da un tono indagatore e sicuro.
No! Non sono sicura! “Ho bisogno di aiuto… la cicatrice. Si sta aprendo e non so che fare. Ho bisogno di te.” Vi prego venite a prendermi.
La voce di Carlisle si fece più sicura “Renesmee, stai calma, indossa qualcosa di stretto. La pelle di vampiro cercherà di unirsi da sola.”
Annuii “O-Okay.” balbettai.
“Renesmee sei sicura di stare bene?” domandò Carlisle. Era solo? Era in ospedale? Era a casa? Perché non sentivo le voci degli altri?
Mi morsi il labbro “Quando verrete a prendermi?” domandai.
Carlisle pazientò prima di darmi una risposta “Presto. Faremo di tutto pur di fare presto.”
Cosa? “Che succede?”
“Nulla. Stai attenta e fai la brava. Ti vogliamo bene.”
Chiusi la chiamata senza salutarlo e tirai il cellulare verso il muro davanti a me salvandosi dalla rottura in mille pezzettini atterrando nel letto.
Corsi in bagno e mi tuffai nella vasca bollente sotterrando in qualche parte di me stessa la rabbia che stava crescendo.
 
 
Scelti i vestiti, il solo colore che trovai era il nero ma mi andava bene, strappai un lembo di un lenzuolo pulito e lo avvolsi stretto per tutto il mio busto. Cercai in tutti i modi di non urlare per via del dolore ma era impossibile. Non era giornata.
La bella giornata qual era mi seduceva a uscire fuori dalla stanza e sgranchirmi le gambe. Era una scelta troppo invitante. E rinchiusa in quattro pareti che era la mia camera mi stava facendo impazzire.
E avevo troppo sete.
Mi affacciai alla finestra. Non se ne parlava di bere il sangue –né il sangue offertomi da Carlisle né quello che avevo conservato - per motivi sia di orgoglio che di senso di colpa. Vedevo davanti a me una dieta umana, scacciai il pensiero immediatamente.
Guardai la fontana al centro della piazza che gorgogliava acqua fresca. Potevo berne un po’, nessuno se ne sarebbe accorto, avrei fatto velocemente. Solo per colmare la mia sete, per riempire il mio stomaco di qualcosa. Sì, potevo farlo.
Allungai un braccio verso fuori dove venne subito colpito dal sole: nessuna reazione, nessuna luminescenza. Sorrisi. Via libera.
Uscii un attimo fuori la mia stanza: il corridoio era vuoto e silenzioso. Ritornai in camera, andai verso la finestra e guardai verso terra: neanche lì c’era nessuno.
Scavalcai la finestra e saltai per tre piani, atterrando silenziosamente, il vento mi frustava nella faccia e scompigliava i miei capelli. Nessuno mi notò.
Camminai lentamente verso la fontana in piazza facendo il giro del palazzo, nessuno sembrò guardarmi con fare incuriosito ed io cercai di risultare più umana e più disinvolta che potevo.
Venni abbracciata dal sole che mi scaldò subito. Arrivai davanti alla fonte d’acqua e mi guardai attorno con la coda degli occhi. I bambini stavano ancora giocando, alcune ragazze si stavano scattando delle foto, altre persone erano seduti stretti sui tavolini del bar.
Mi chinai verso il getto d’acqua e bevvi assetata raffreddando tutto il mio corpo. Bevvi come non avevo bevuto prima.
“Ha tanta sete, signorina?”
Alzai lo sguardo e davanti a me vidi un uomo sulla trentina che mi guardava con un’espressione divertita e perplessa. Era alto e magro, moro con gli occhiali da intellettuale. Era vestito troppo pesante per una giornata di quel genere. Da dove diavolo era spuntato?
Feci di no con la testa e gli voltai le spalle. Ero nel panico. Che danno che avevo fatto.
“Hey! Aspetta!” urlò dietro le mie spalle. Accelerai il passo.
Lo ritrovai al mio fianco. Mi fermò posando una sua mano nella mia spalla. Mi fermai e mi voltai verso di lui troppo velocemente. I miei occhi fiammeggiavano.
L’uomo si spaventò. Gli occhi sgranati e la bocca aperta. Senza proferire parola ritornò ai suoi passi, aumentando di molto il passo.
Feci un respiro profondo. Il cuore mi batteva forte. Corsi sotto la finestra della mia camera e saltai arrampicandomi nella pietra.
Uscii fuori dalla stanza: non c’era ancora nessuno. Nessuno mi aveva vista ma sentivo ancora tutta l’adrenalina causata dalla paura e dalla eccitazione che scorreva forte nelle mie vene.
“Ferma!”
Cosa? Travolta da un masso, venni scaraventata lontana dalla stanza lungo il corridoio, guancia e spalla sinistra strisciarono contro il marmo freddo bruciando.
Ero costretta tra due braccia fredde di pietra che mi tenevano appiccicata al pavimento. Non riuscii a divincolarmi. Chiunque esso fosse era troppo forte per me.
Rimanemmo qualche minuto a lottare, poi mi sentii alcune ciocche di capelli spostarsi lasciando il mio collo e la spalla destra nude e due labbra fredde che stavano facendosi strada verso il collo.
“No!” cercai di dire. “Lasciami!” urlai. Cercai di spingere le mani contro il pavimento per spingerlo via ma lui mi aveva bloccato la schiena con un ginocchio. Non potevo muovermi, ero bloccata.
Due canini affilati irruppero nella mia giugulare ed io mi sentii la carne strapparsi e distaccarmi dal mio essere. Sentivo il mio sangue fluire da me verso la gola del vampiro che mi teneva ancora stretta. Feci per urlare ma mi blocco la bocca con una mano, gliela morsi. In risposta il vampiro morse più forte nel mio collo.
Trattenni il fiato pregando che non mi avvelenasse. Fallo ma non avvelenarmi. Non avvelenarmi.
Non contai per quanto tempo si nutrì del mio sangue ma mi sembrò una eternità. Riuscii ad alzare un braccio e portai la mano destra verso la nuca del vampiro, capii che era maschio, tirai, tirai forte e gli diedi una gomitata nelle costole. Il vampiro fece un balzo e cadde a cinque metri da me.
Mi accasciai sfinita di lato, facendo respiri profondi. Mi strinsi su me stessa. Pregai di non aver fatto danni con la cicatrice e il collo mi doleva. Ma soprattutto pregai di non essere stata avvelenata. Non volevo cominciare tutto daccapo.
Mi alzai non preoccupandomi di star piangendo e mi fiondai verso il vampiro che era ancora a terra prendendolo alla sprovvista.
Non lo vidi neanche in faccia. Iniziai a picchiarlo e a schiantarlo contro il marmo. Lui cercò di opporre resistenza, mi alzai portandolo con me e lo spinsi verso il muro, si schiantò verso uno specchio frantumandolo.
Era lui. Il ragazzo umano dai capelli castani. Era diventato un vampiro e mi aveva appena morso.
“Tu!” esclamai in preda allo shock. Non ci potevo credere.
Due occhi socchiusi facevano intravedere due iridi rosse, che presero posto di quelli azzurri, mi guardarono affamati e con rimorso.
Non mi rispose ed io continuai. “Sei pazzo! Perché l’hai fatto?!”
“Hai una bella presa.” Farfugliò massaggiandosi la spalla.
Mi avvicinai a lui e gli diedi un calcio nello stomaco. Mi prese una caviglia facendomi stendere a terra sbattendo la testa. Si posizionò sopra di tenendomi ferma. I suoi occhi guardavano ancora ingorde la mia gola.
Ci guardammo negli occhi ed io mi persi, la testa iniziò a vorticare ma non capii se era per via della botta o per altro. Il cuore intraprese un ritmo troppo accelerato per chiunque.
“Mi hai avvelenata?” domandai.
Lui aggrottò la fronte “Cosa? No! Non mi è permesso.”
Sospirai sollevata “Perché l’hai fatto? Io non volevo ucciderti. E’ stato Caius!” Che stavo facendo? Mi stavo mettendo a discutere pure?! Ero per caso impazzita?
I suoi occhi strabuzzarono di sorpresa, poi il ragazzo mi fece un sorrisetto ammiccante: “Il tuo sangue è buonissimo. Ne voglio ancora.”
Vedendo che non riscontrava nessuna reazione da parte mia – vedevo tutto girare e le mie orecchie fischiavano – il vampiro mi prese in braccio con facilità e mi portò nella mia camera. Dovevo spostarmi, scendere dalle sue braccia ed ucciderlo ma non ci riuscivo e forse non m’importava neanche. Mi sentivo le vene svuotate.
Stendendomi nel letto, prese una coperta e me l’avvolse attorno. “Hai sanguinato tanto. E’ impossibile che sia stato io.” Mormorò cercando di trovare con una mano la causa di tutto quel sanguinamento. Intanto il morso sul collo si stava per rimarginare.
“Si…. Si che sei stato tu.” Dissi arrancando l’aria. Allontanai la sua mano che era arrivata allo stomaco e stava per scoprirla. “Lasciami!” urlai con tutto il fiato in corpo, gli occhi mi lacrimarono per il troppo sforzo.
Lui mi guardò. Nei suoi occhi rossi vedevo ancora i suoi occhi celesti e solo in quel momento mi ricordai quanto erano belli.
“Vattene.” Dissi a denti stretti alzandomi “E ringrazia che sei ancora vivo.”
Sbuffò, la sua mascella si fece rigida. “Sei solo una piccola umana.” Lasciò la camera sbattendo la porta.
“Idiota.” Dissi “Sei solamente un vampiro da un giorno. Ieri ancora pregavi la mamma per sbucciarti la frutta.”
Scelsi un altro paio di vestiti, strappai un altro lembo di lenzuolo e mi feci un altro bagno.
Piansi tutto il tempo.
Rifeci il letto e mi addormentai immediatamente. Era il primo pomeriggio ma per me la giornata era già finita.  
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Bellamy