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Autore: emmahp7    20/03/2009    10 recensioni
Lui se n'e andato in un giorno di pioggia. Poi è tornato, chiedendo di dimenticare, ma si può perdonare un'abbandono? I pensieri contrastanti di Hermione, divisa tra il suo affetto per Ron, che la delusione non è riuscita a far scemare, e la paura di fidarsi ancora di lui. Breve missing moment da DH.
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tremare come foglie

Piove ancora

 

 

È arrivato il tempo

Di lasciare spazio

A chi dice che di tempo e spazio

Non ne ho dato mai

Piove ancora e penso

Ha quest’acqua un senso?

Parla di un rumore

Prima del silenzio

 

- Come foglie – Malika ft. G. Paoli

 

 

 

Piove ancora… di nuovo… acqua che scorre addosso a me, come allora…

Sembra sia passato un secolo.

Un secolo di paure e disperazione, di neve e di vento, di ferite e pianti.

Un secolo fa mi hai abbandonata; un’altra volta.

Un secolo fa, io ero sotto la pioggia a gridare il tuo nome, mentre le lacrime si confondevano al ritmo di queste gocce che, anche oggi bagnano le mie guance.

Fa freddo. Il cielo nero incombe su di me e mi schiaccia, e il gelo avviluppa il mio cuore.

E tremo. Tremo per questo vento che soffia sul mio viso e mi fa chiudere gli occhi, e pensare. Pensare di nuovo a te. A ciò che hai detto prima di andare, ed a quello che non hai detto; a ciò che avrei dovuto dirti io, ed a quello che non vorrei dirti adesso.

Non dovevi tornare, non volevo che lo facessi. Avevo ricominciato a vivere, anche se forzandomi a dimenticarti, morivo dentro un po’ ogni giorno. Avevo cessato di sperare; forse, se avessi avuto più tempo, mi sarei rassegnata a non averti intorno, a non desiderare le tue mani sulle mie spalle, a non bramare il tuo sguardo che sembrava abbracciarmi, come tu non sapevi fare. Invece sei rientrato nella mia vita, come in sogno, hai sconvolto il mio sonno, e quando ho rincontrato i tuoi occhi, mi sono accorta che fino a quel momento avevo trattenuto il fiato, avevo vissuto in apnea.

Ed ho ricordato di avere un cuore, che tu avevi spezzato e che, io, avevo cercato di riparare; ha ricominciato a sanguinare, e mi brucia dentro, e mi chiede di non ferirlo ancora.

E adesso ho paura. Paura di te. Paura del tuo respiro che avverto al di là della tenda. Paura di me. Di non essere forte abbastanza da allontanarti come dovrei. Paura di fidarmi ancora. Paura di riuscire a non fidarmi più.

Che senso ha tutto questo? Queste lacrime che avevo promesso di non versare? Questi dubbi che avevo deciso di cancellare? Avevo giurato a me stessa che non avrei ceduto, che nessun altro mi avrebbe fatto del male, ma non riesco ad impedire alle mie viscere di torcersi, se incrocio il tuo sguardo, e alla mia  pelle di rabbrividire, se sento la tua voce. E mi detesto. Non riesco ad odiarti, ma posso odiare me stessa, e mi odio con lo stesso ardore con cui vorrei odiare te.

La pioggia continua a cadere  inesorabile, inzuppa i miei capelli, si mescola con le mie lacrime, scivola sulla mia pelle, s’insinua tra i miei vestiti… Prende possesso di me, senza chiedermelo, come te. Sei entrato nel mio cuore, sfondandone la porta, non hai lasciato il tempo, alle mie difese, di alzarsi, hai confuso i miei sensi, hai soggiogato la mia volontà; e nel momento in cui avevo rinunciato a combatterti, mi hai voltato le spalle e sei sparito… Ti ha portato via la pioggia… Via da me…

E mi domando, oh, pioggia, perché non hai trascinato con te anche il mio cuore? Perché l’hai lasciato nel mio petto, agonizzante? Perché, alla fine, gli hai permesso di ricominciare ad illudersi?

Sento qualcuno, avvicinarsi, e non ho bisogno di guardarti, per sapere che sei tu, riconoscerei il rumore dei tuoi passi, in mezzo ad una tempesta… - Ti ammalerai… - ti sento dire.

Il suono della tua voce viene da lontano, potrebbe essere nei miei sogni, forse mi sono addormentata.

Non rispondo e abbraccio le ginocchia al petto. Qualcosa di morbido e caldo si posa sulla mia testa, una coperta, me l’hai messa tu addosso. La pioggia non mi bagna più; hai usato l’incantesimo Impervius, te l’ho insegnato io.

Inspiro profondamente, ed il tuo odore mi assale, la coperta profuma di te, e mi ritrovo a tremare di nuovo, ma non per il freddo. Affondo il viso nella stoffa tiepida, ed è come se mi tenessi tra le tue braccia. E vorrei piangere ancora, e gridare, e picchiarti, solo per poterti toccare, per convincermi che sei vero, che sei tornato da me, che sei qui per me. Ma mi obbligo a non muovermi, tremo più forte nello sforzo di reprimere ogni mia reazione.

- Va’ a riposarti, finisco io, il tuo turno di guardia. – dichiari.

Non voglio parlarti, non voglio guardarti. Ti sento sospirare, e dopo un attimo aggiungi, - Va bene, allora resto a farti compagnia qui fuori. – e ti siedi accanto a me.

Sei così vicino che riesco quasi a sentire il calore del tuo corpo e mi scopro ad implorarti, nella mia mente, di non torturarmi ancora. Vattene.

Ma tu resti fermo al mio fianco e guardi la notte che ci circonda. Il silenzio è rotto solo dalla pioggia che cade.

-  Fa freddo! – stai provando a dare origine ad un conversazione, ma io non ti do corda, e seguito a rimanere immobile. Mi stai fissando, lo vedo con la coda dell’occhio; senza distogliere lo sguardo, estrai la bacchetta dalla tasca e la punti per terra, poco lontano dai miei piedi. Percepisco la tua concentrazione, e dopo un attimo, si accende, sul terreno umido, un fuocherello azzurro, incredibilmente caldo. Osservo le fiamme danzare vivaci, farsi beffe delle gocce d’acqua che scendono dal cielo, avverto l’aria intorno a noi, scaldarsi rapidamente.

Esamini, un minuto, l’incantesimo, poi riconosco una nota di soddisfazione nella tua voce, - Bello, eh? Me l’ha insegnato Bill a Villa Conchiglia…

Villa Conchiglia è dove hai vissuto, mentre io ed Harry, rischiavamo di morire. La rabbia e la delusione, mi fanno rispondere, - Io sono in grado di produrlo dal primo anno! – trattengo il viso verso il fuoco, ma sono certa che hai smesso di sorridere.

- Lo so. -  ribatti, perdendo l’espressione tronfia di poco prima.

Allunghi i palmi delle mani in direzione delle fiamme, e restiamo a lungo in silenzio, io con le mie riflessioni, tu con le tue.

A cosa pensi? A cosa pensavi quando eri lontano? Ti sei mai fermato a considerare a quanto mi hai ferito? A quanto mi sono sentita sola? C’era Harry, ma era così distante da me, che a volte mi chiedevo se non volesse abbandonarmi perfino lui, se non fosse giusto, anche per me, andarmene. Ma avevo promesso. E sarei rimasta fino alla morte. Gli resterò accanto fino alla morte.

- Bill mi ha aiutato molto. – interrompi i miei ragionamenti, - Non è passato giorno, senza che pensassi a voi, - ti guardo, è come se mi avessi letto la mente, - Volevo tornare, dovevo tornare, e la ricerca di un modo per farlo, mi stava ossessionando a tal punto, che Fleur, credeva che mi sarei ammalato. Così, Bill, mi ha insegnato tutti questi piccoli incantesimi, che, diceva, potrebbero tornarmi sempre utili. In realtà, voleva che distogliessi la mente da voi. Ed ha funzionato, se mi impegnavo, arrivavo a non tormentarmi. – punti gli occhi nei miei, e sento il mio cuore perdere un battito.

Distolgo lo sguardo, - Avresti potuto impararli da me, in ogni momento. – soggiungo io, tentando di mantenere la voce ferma, ma, le parole, sono cariche di tutta la mia tristezza, e te ne accorgi.

- Non c’è stato un solo istante, in cui non mi sono sentito un perfetto idiota… e un traditore, - ti ascolto infervorarti, - Vi immaginavo nella mia testa, sempre, ed avevo paura di non essere più capace di raggiungervi. – le tue frasi sono appassionate, - Ho pregato, ho pianto, ho supplicato…

- Anche io ti ho supplicato, Ron! – grido, non riesco a trattenermi; nella veemenza della risposta, mi scivola la coperta dal capo, e la pioggia riprende a lambire il mio viso. Ho il respiro affannato, e il mio sguardo ti sfida.

Ci studiamo, occhi negli occhi, posso riconoscere il dolore sul tuo volto, e per un secondo, devo dominare l’impulso, di buttarti le braccia al collo, e sciogliermi in lacrime contro il tuo petto. Ho giurato a me stessa che non avrei ceduto. Riporto la mia attenzione sul fuoco.

- Perdonami! – sussurri, ma alle mie orecchie, la tua preghiera, giunge come un urlo. Il mio cuore riprende a sanguinare, e mi scongiura di dimenticare, di abbracciarti, di baciarti, di dirti che ora va tutto bene, che non m’importa più di quello che è successo. Ma è una bugia. Non ci riesco, non adesso, non così.

- Perdonami… - ripeti, il tuo tono è calmo e disilluso allo stesso tempo, penso che neanche tu ci credi come dovresti.

Mi alzo, e tu mi scruti in attesa di una sentenza, mi volto e raggiungo l’entrata della tenda. Sei uscito dal mio campo visivo, ma so che non ti sei mosso, sei rimasto seduto, e aspetti ancora.

Mi fermo sull’uscio, - Ho bisogno di tempo, Ron. – e faccio un passo verso l’interno; sono stanca, l’unica cosa che vorrei ora, è riposare, poter dormire senza sognarti, senza dover rievocare ogni tuo gesto ed ogni tua parola ad accompagnare il mio sonno. Ma so che non è possibile.

- Io aspetterò tutto il tempo che ti serve, Hermione! – replichi piano.

Mi blocco. Le tue parole mi fanno vacillare, percepisco tutti i miei propositi, sgretolarsi, crollare come muri al primo soffio di vento. Hai sconfitto, di nuovo le mie difese.

Sono consapevole del fatto che, se ora ti alzassi e mi sfiorassi, mi getterei tra le tue braccia, per esaudire il desiderio di te che mi perseguita. Chiudo gli occhi e stringo i pugni più forte che posso, non voglio piegarmi. Ti prego, rimani dove sei, lasciami andare.

Mi trattengo ad ascoltare il silenzio creatosi, il suono della pioggia mi arriva ovattato. Tutto si è fermato, è come se ogni cosa attendesse. Una parte di me, pretende il tuo tocco, un’altra parte vorrebbe correre via, ed io non so decidermi tra quello che è giusto e quello per cui il mio cuore si strugge.

- Buonanotte. – mormori.

Hai scelto tu al mio posto. Sento la tensione sciogliersi nel mio corpo, e finalmente entro nella tenda che si chiude, nascondendoti ai miei sensi.

Mi avvicino al letto e sospiro. Mi stendo, abbasso le palpebre e mi lascio cullare dal respiro regolare di Harry, profondamente addormentato sul materasso accanto. Mi avvolgo nella coperta, aspirando l’odore di cui è impregnata, il tuo, ed ho, ancora una volta, l’impressione di aggrapparmi a te. E mi rendo conto che , questa, sarà una notte serena, che forse, domani, avrà smesso di piovere.

 

 

 

Se siete arrivati fin qua, grazie.

Ci sono delle precisazioni da fare: ho già scritto un missing moment, e ne avevo promessi degli altri, ma questo, che avete appena letto, e che cronologicamente si situa prima dell’altro, non era in programma. È venuto fuori da solo, in un periodo in cui avevo bisogno di scrivere a proposito dell’abbandono, mi è servito da sfogo, anche se non mi convince pienamente.

Mi sono innamorata della canzone di Malika, la prima volta che l’ho ascoltata. La frase citata all’inizio, è quella che chiude la canzone, nella versione di SanRemo, con Gino Paoli, nella versione originale, la frase è differente, ma questa mi sembrava più adatta.

Grazie ancora a chi ha letto, e in particolare a chi vorrà recensire.

A presto.

 

Emmahp7

 

   
 
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