Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Stephanie86    07/02/2016    5 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

8

 

“Un universo di orrore e smarrimento circonda un palcoscenico illuminato,
sul quale noi mortali danziamo per sfidare le tenebre”

[Stephen King]

 

 

 
Camelot. Quattro settimane prima della maledizione.

 

Non era una stupida. Sapeva benissimo che se Artù l’aveva sistemata in un’altra ala del castello non era perché era a corto di stanze. Semplicemente lui, la sua mogliettina e, di certo, anche quegli idioti dei genitori di Emma pensavano fosse meglio separare la ragazza che aveva dato fuoco a Percival dalla nuova Signora Oscura. Artù ancora non era consapevole che l’Oscura era tra loro, ma aveva intuito quanto lei, figlia di una donna in grado di trasformarsi in drago, fosse pericolosa e incontrollabile.

Ed era vero. Era entrambe le cose. Pericolosa, soprattutto.

“So abbastanza. Quelle come te... come noi... non possono essere Salvatrici. È come sperare che Biancaneve sia davvero la ragazzina che parla con gli uccellini”.

Forse era vero anche che l’oscurità di Emma avrebbe potuto influenzarla negativamente. Forse era vero che avrebbe dovuto starle lontana per evitare guai. Ma non si trattava di una persona qualsiasi. Si trattava di Emma.

Di sicuro, chi pensava che Lily rimanesse sveglia buona parte della notte perché tormentata dall’immagine dell’uomo che aveva ucciso, si sbagliava di grosso.

- Posso aiutarti a dormire con un incantesimo, se ne hai bisogno – le aveva detto sua madre.

- Non mi serve. Sto bene. – Era stata una risposta brusca e se ne rendeva conto. – O credi che io sia continuamente tormentata da un uomo che brucia?

Anche quella sera scivolò insensibilmente nel sonno. Si addormentò di botto, riposando su un fianco nello spazioso letto con le coperte color porpora come i mantelli del re e dei suoi cavalieri.

E quando riaprì gli occhi era da tutt’altra parte. Era in una stanza buia. Non avrebbe saputo dire in quale parte del castello; sembrava un piccolo salotto. I contorni delle cose erano pochi chiari, sfuggivano. Dalle porte lasciate aperte entrava la luce delle fiaccole accese nei corridoi ed era una luce tremolante, malaticcia. Davanti a lei, dentro una scatola di legno, c’era il pugnale dell’Oscuro, con il nome di Emma inciso sulla lama ondulata. Era lì da sola e Dio solo immaginava il perché e stava guardando l’arma che serviva per controllare la creatura che tutti temevano più dei loro stessi incubi, più di quanto lei temesse l’oscurità che albergava nel suo corpo. Lily ne avvertiva il potere. Un’intensa forza di attrazione che allungava le braccia per acciuffarla. Le lettere che formavano il nome Emma Swan parevano ingigantirsi dinanzi ai suoi occhi e poi rimpicciolirsi, le sembravano lettere sfocate e, se batteva le palpebre per metterle a fuoco, aveva l’impressione che fossero vive, che si muovessero. Inoltre... non era solo la forza di attrazione che sentiva, ma anche un senso di oppressione, come se avesse un peso sul petto.

Emma Swan.

Non riusciva a smettere di guardare le lettere impresse sul pugnale.

Emma Swan.

Il nome mutò. Si deformò. Si confuse.

Alla fine non ci fu più il nome di Emma sulla lama.

Lilith Page.

Sgranò gli occhi, premendosi le nocche sulle labbra. Il terrore. L’orrore. Lily li avvertiva crescere dentro di sé, fino a che il suo stesso cuore sarebbe scoppiato sotto quella implacabile stretta.

E c’era una voce. Qualcuno la chiamava.

C’era il peso sul petto e c’era la voce. La voce del pugnale...

La voce...

- Lily. – Era sua madre e sembrava allarmata. – Lily, svegliati.

Aprì gli occhi e si trovò a fissare quelli grandi e celesti di Malefica. Si alzò di scatto, mandando un gemito di sorpresa.

- Va tutto bene, Lily – disse sua madre, allungando gentilmente una mano per appoggiargliela sulla testa. – Stavi sognando... parlavi del sonno, ma non capivo che cosa stessi dicendo.

Rimase immobile, in attesa che la realtà, quella realtà, la riprendesse fino in fondo.

Solo un sogno. Un incubo e niente di più. Per quanto fosse reale e terribile, era stato solo un incubo.

- Non so... – mormorò, schiarendosi la voce. Guardò fuori dalla finestra e si accorse che il sole era appena sorto.  – Ma che cosa ci fai qui?

- Una guardia davanti ad una porta non è certo un problema, per me. – disse Malefica.

- Che cosa gli è successo?

- Dorme. Quello che dovresti fare anche tu. È molto presto. – Sua madre continuava a passarle le dita tra i capelli.

Lily si sentì confortata da quella carezza e posò la fronte contro la spalla di Malefica. Si sentiva anche leggermente a disagio. Non era abituata a ricevere affetto da una persona, tantomeno ad essere rassicurata da qualcuno che conosceva appena. Aveva avuto una madre, una madre adottiva. Da piccola quella donna l’aveva abbracciata spesso e anche suo padre, ma non si era mai sentita al posto giusto. Forse quelle due persone l’amavano davvero, ma per quanto lei si sforzasse, non era in grado di accettare i loro gesti d’affetto. Li percepiva come... sbagliati. Lei era sbagliata e lo era anche la vita che stava vivendo. Quella non era la sua famiglia, non era il suo posto. Non desiderava quegli abbracci. E allora stringeva il suo ciondolo, pensando alla madre che non aveva mai conosciuto.

Dopo un momento Lily si tirò indietro. - Da quanto tempo sei nella mia stanza?

- Da un po’. – rispose Malefica.

Aggrottò le sopracciglia e piegò leggermente la testa in un cenno dubbioso.

- Vuoi che me ne vada? – chiese sua madre.

- No... è solo che... non mi aspettavo di trovarti qui.

- Sai, mi dispiace... volevo solo guardarti mentre dormivi. Non... non l’ho mai fatto. Una delle tante cose che mi sono persa. – Non c’era traccia di rabbia sul suo viso. Solo rammarico e una lieve forma di tristezza che rendeva più dolci i suoi lineamenti.

Lily non rispose, perché se avesse risposto sarebbero uscite cose poco gradevoli dalla sua bocca. Certo che te le sei perse. La mia vita era un casino, lo è ancora e tu te le sei perse perché qualcuno ha deciso di proteggere Emma maledicendo un’altra bambina! Te le sei perse, perché quei due erano convinti che così facendo l’avrebbero salvata e adesso, invece, guarda! L’oscurità è tornata e se l’è presa. Emma sta male, deve lottare ogni giorno contro l’essere che la possiede e chi dice che non è colpa loro?

 

 
“Lo senti? Che suono dolce. Che suono strano! Diamo un’occhiata. Ti va?”

Le andava. Le andava di dare un’occhiata. Le andava di seguire i bisbigli, i sussurri. Il richiamo. Seguirlo era una vera coercizione. Era più forte di tutto. Di qualsiasi altra cosa.

Era stato facile trovarlo. Riposava in una scatola di legno. Il pugnale.

“Ecco da dove viene! Il tuo pugnale!”. La voce di Tremotino era sgradevole. Il suo sorriso era largo e soddisfatto, infido e malizioso. “E dato che Regina l’ha lasciato in questa stanza... direi che chi lo trova se lo tiene”.

Emma allungò una mano, ma una magia protettiva la respinse.

“Oh, c’è un incantesimo su di esso! Non è niente per te. Infrangilo”.

“Non posso”.

“Sta chiamando... la sua metà”.

“Lasciami sola”.

“I tuoi amici non possono proteggerti”.

“Smettila”.

“Tu sei la Salvatrice. Salvati!”.

“Esci dalla mia testa!”. Aveva diretto il suo potere contro la proiezione di Tremotino, che ovviamente era svanito, emettendo una risatina folle. Per poco l’onda magica non aveva colpito Uncino...

Aveva passato la notte ad intagliare rametti di salice per fabbricare acchiappasogni. Il cerchio esterno, che rappresentava il ciclo della vita e l’universo. La rete interna, che serviva per intercettare i sogni e dirigerli, se buoni, verso il filo di perle simboleggiante la natura... se dannosi, verso le piume d’uccello, perché volassero via.

Avrebbe voluto fare lo stesso con le voci. Scacciarle. Come i brutti sogni. Ma le voci la circondavano. Le voci la opprimevano. Erano nella sua testa e sussurravano. Tremotino, o l’oscurità che ne assumeva le sembianze, appariva ogni giorno un po’ più a lungo, le parlava e le sue parole erano sempre più persuasive ed insinuanti... sempre più debole era la sua forza di volontà. Le voci le avvelenavano il sangue. Si insinuavano sotto la pelle e si addensavano intorno al suo cuore. Presto le ombre sarebbero state troppe dense. Per quanto lottasse, le venivano meno le energie.

“Ferma l’oscurità, prima che ti consumi”.

Ma la stava già consumando.

Emma giaceva, spossata e con gli occhi appannati, su una panca, nella stessa stanza in cui aveva ritrovato il pugnale.

- Cosa le è successo? – domandò Neve.

L’oscurità mi consuma, mamma. Non lo vedi?

- Non ne ho idea – rispose il pirata, con un tono afflitto. – Non ha detto una parola.

Emma osservava le persone intorno a lei. I colori sembravano più intensi. Sì, ne era sicura. L’azzurro degli occhi di Uncino era molto più azzurro. Il vestito rosso di Regina era molto più rosso. La giubba di Henry pareva più... sgargiante. E Lily... Lily aveva qualcosa intorno a sé. Come un’aura. Un’aura scura come le ombre che si assiepavano dentro di lei.

- È tua... – sussurrò Tremotino. Si era accomodato sulla panca, vicino ai suoi piedi. – Quell’aura è tua. È il tuo potenziale. Ma che ce ne facciamo quando abbiamo tutto questo, mia cara?

Emma non rispose.

- Oh, suvvia, non fare quella faccia! – esclamò lui. E rise, come se tutto ciò lo divertisse un mondo e non vedesse l’ora di continuare. – Regina si sta già scervellando per trovare un altro posto in cui nascondere il pugnale. Lo sa che eri qui per il pugnale. Insomma, non è stupida! L’ha allenata il migliore. Se mi avessi dato retta non saresti in questa situazione!

- È... quella cosa, no? – disse Lily. – La sta distruggendo.

- Sì – disse David. Era entrato nella stanza senza che nessuno se ne fosse accorto. – Sta peggiorando.

- David! – esclamò Neve. – Dov’eri finito? Ti ho cercato per tutto il castello!

- Con Artù. Ho scoperto che conosce un modo per aiutare Emma. – Parlava a voce bassa, per non disturbarla, ma era concitato. Esaltato, persino.

- Non possiamo, David. Ascoltami...

- Se gli diamo il pugnale...

- No, David. Non possiamo fidarci di Artù. – Neve, invece, non era affatto esaltata. Era preoccupata. Tesa. Lo era stata dalla fine della cerimonia di investitura del marito.

- Cosa? Chi ti ha detto questo?

- Lancillotto.

David non credeva alle sue orecchie. – Lancillotto?

Regina non aveva idea di che cosa diavolo stesse capitando. Ma di una cosa era certa: non c’era nessuno al comando, lì. Non si faceva alcun progresso. La stanza era gremita di gente che si aggirava senza uno scopo. Persino lei si sentiva inutile. Inutile davanti alla debolezza di Emma. Mai e poi mai le era successo di vedere la Salvatrice così fragile. Mai le era sembrata più distante da loro. Mai le era sembrata così assillata e schiacciata dal suo destino. Regina aveva un groppo alla gola ed era un groppo che non voleva saperne di sciogliersi. Più guardava Emma e più quel groppo si faceva stretto e intollerabile. Era stata presa dall’assurdo impulso di prendere una coperta e gettarla sopra Emma, sebbene il freddo non fosse certo un problema per l’Oscuro. Era stata afferrata con forza dal desiderio di appoggiarle una mano sulla fronte, di toccarla per accertarsi che il suo corpo emanasse ancora calore, di appoggiare quella stessa mano sul suo petto e udire i battiti del cuore.

- Ehi! – intervenne, alla fine, fermando la discussione degli Azzurri. – Non di fronte ad Emma! Visto lo stato in cui si trova, qualsiasi cosa potrebbe farla esplodere.

David e Neve tacquero, vagamente imbarazzati.

- Deve riposare. In un posto tranquillo e lontana da occhi indiscreti. – osservò.

- E dove? Ci sono occhi ovunque qui – disse Lily. Anche lei non staccava gli occhi di Emma, per quanto stesse parlando agli altri.

- Conosco il posto giusto. – disse Henry, con un sorriso.

- Potremmo portarcela io e il ragazzo. - disse Uncino.

Emma non sembrava nemmeno in grado di sollevare la testa.

- Non possiamo portarla fuori. Guardate come sta! – esclamò Lily, indicandola. – Non si potrebbe... stare di guardia davanti alla porta? Oppure qualcuno potrebbe tenere Artù impegnato.

- Non è sufficiente. – rispose Regina, cercando di non lasciarsi irritare di nuovo dal tono dell’amica di Emma. - Se resta qui, chiunque potrebbe accorgersi che qualcosa non va. Non possiamo tenere lontane le guardie o i cavalieri molto a lungo. Meglio portarla in un altro posto.

- Forza, tesoro. È ora di salpare. – disse Uncino, aiutandola ad alzarsi, con gentilezza.

- Potrei venire con voi. – osservò Lily.

Emma le rivolse un sorriso stanco.

- Forse... è meglio che non siate in troppi a lasciare il castello con Emma. – replicò Biancaneve. – Regina ha ragione... dobbiamo essere il più discreti possibile. Tutti quanti. Artù non deve sospettare niente.

David sembrò sul punto di dire qualcosa, ma alla fine non lo fece.

Lily levò gli occhi al cielo e uscì. Un attimo dopo se ne andarono anche Henry, Emma ed Uncino. Regina si assicurò che le porte fossero ben chiuse.

- Quella ragazza non è stupida. Sa che cosa state facendo. – disse agli Azzurri, subito dopo.

- Stiamo cercando di proteggere Emma. – ribatté Neve, scura in volto.

- Tenendola lontana da Lily?

- Lo facciamo per il suo bene.

- Per il bene di chi?

Biancaneve sospirò. Non aveva la minima voglia di affrontare quell’argomento ed era evidente. – Se ci pensi bene, di entrambe. Ma noi dobbiamo pensare a nostra figlia. Lily ha dentro di sé il potenziale oscuro di Emma.

- Non possiamo sapere come funzionano le cose adesso che Emma è... ciò che è.

- Regina, potrebbero influenzarsi a vicenda. So che Lily è un’amica di Emma, ma in questo momento nostra figlia non è nelle condizioni per sopportare la vicinanza con un altro tipo di... oscurità. Che le apparteneva, tra l’altro.

- Beh, siete stati voi a maledirla.

- Credi che non me lo ricordi? – Neve stava per perdere la pazienza. I suoi occhi verdi parevano invitare Regina alla cautela.  

- A volte credo di no. E sei stata tu a proporre Lily quando si trattava di attivare quella bacchetta.

- So benissimo quello che ho fatto! – gridò Neve. – Me lo ricordo tutte le volte che guardo quella ragazza! L’ho separata da sua madre e so che cosa significa, perché l’ho provato sulla mia pelle! Avevo promesso che gliel’avrei riportata e invece...

- Non c’è bisogno di urlare! – le fece notare Regina.

- E chi sta urlando?! – urlò di rimando Biancaneve.

Tutti ammutolirono.

Neve serrò le palpebre per qualche momento.

- Sentite. – riprese Regina, massaggiandosi una tempia. – Quella ragazza non starà lontana da Emma. Non potete evitarlo. E per quanto la giudichi irritante, so anche che Emma tiene molto a lei. È... il destino.

“Ti ho vista, in cima a quella scalinata. La Regina Cattiva che recita la parte della Salvatrice e si gode il momento di gloria! Era quello che volevi. Che tutti ti vedessero come una Salvatrice. Che ti vedessero come vedevano Emma”. In realtà pensava fosse molto più che irritante. Era aggressiva ed emotivamente instabile. E Regina era anche convinta che la situazione di Emma la rendesse ancora più incontrollabile. Era così che Lily manifestava la sua ansia, la sua paura. Diventando aggressiva. Non conosceva altri modi e il filo rosso che la univa ad Emma faceva sembrare tutto molto più difficile. Di certo la ragazza temeva quel legame. Al tempo stesso era come se lo bramasse, come se volesse sentirlo più intensamente.

Forse era meglio non specificare queste cose ai genitori di Emma.

- Il destino? – chiese David.

- Il destino le ha unite. – Regina si chiedeva se il pastore fosse duro di comprendonio o solo troppo preoccupato per la figlia per vedere le cose con chiarezza. - E credo che le spinga a stare insieme, qualunque cosa facciano.

Gli Azzurri piombarono in un silenzio accigliato e non replicarono. Non a quell’ultima esternazione.

- Forse è meglio concentrarsi su quello che è capitato qui – disse David, riscuotendosi.

- Già. Perché qualunque cosa le sia successa... di certo era qui per il pugnale. – Regina si fece pensierosa, mentre ricordava l’espressione di Emma. Sembrava quella di chi aveva battagliato a lungo con qualcuno estremamente potente. Quel qualcuno l’aveva spinta in quella stanza. Verso il pugnale. Certamente l’oggetto chiamava il suo proprietario e l’oscurità che aleggiava nell’animo di Emma la spingeva a riprenderselo. – Meglio spostarlo in un posto più sicuro.

- No, aspetta! Artù ha detto che può usarlo per aiutare Emma. – disse Azzurro, di nuovo molto concitato.

- Così ti ho appena detto? Non lo daremo ad Artù. – preciso Neve, seccata. – Secondo Lancillotto non possiamo fidarci di lui.

- E Cora ci aveva detto che Lancillotto era morto. Non puoi credere a tutto ciò che senti.

- Non ti fidi proprio di Lancillotto, vero? Ci ha sposati. È nostro amico!

David cercava di non lasciarsi irritare dal tono testardo di sua moglie, che parlava quasi come se stesse lanciando accuse a lui e non solo al re di Camelot. - Questo è successo molto tempo fa. Dov’è stato tutto questo tempo?

- Non me l’ha detto!

- E perché si presenta qui soltanto adesso?

Vedo che questa testa vuota non è poi così vuota. Sta facendo le domande giuste, pensò Regina, osservando i due coniugi sempre più indaffarati a far valere le rispettive opinioni. Solo che la ricomparsa del cavaliere di Artù e le sue illazioni contro il re non la facevano stare tranquilla. Non aveva percepito niente di anomalo in Artù, ma era anche vero che non si era soffermata più di tanto su di lui, fino a quel momento. Si era dimostrato gentile, non aveva smesso di fidarsi di lei quando aveva saputo che era... era stata la Regina Cattiva. Aveva aiutato Azzurro a recuperare la Corona Scarlatta, anche se in seguito il fungo era andato perduto. Aveva buttato in prigione il mago che aveva incantato la spada di Percival e il ciondolo.

- Beh, perché non è il benvenuto a Camelot! – stava dicendo Neve, sempre più infervorata.

- Lo credo bene! Voleva la moglie di Artù. Ed ora è tornato. Perché?

Oh, già, quella storia, ricordò Regina. Aveva udito un sacco di cose, a riguardo. Un sacco di versioni diverse erano state raccontate nell’altro mondo.

Stavolta Biancaneve perse il controllo e urlò davvero. Urlò così forte che a Regina aumentò il mal di testa. – Non lo so, David! Io non so tutto!

Calò il silenzio. Regina osservava la scena con le braccia conserte, in attesa che la discussione terminasse.

- Regina, ti dispiacerebbe lasciarci soli qualche minuto? – chiese Neve, recuperando un po’ di contegno.

Profondamente seccata, Regina disparve in una nuvola viola.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

Il volo del drago con in groppa il suo oscuro cavaliere era terminato nei boschi di Storybrooke, quando Lily era atterrata malamente in uno spazio aperto tra gli alberi. Sbalzata dalla schiena della creatura, Emma si era volatilizzata per poi riapparire comodamente appoggiata ad un tronco. Sorrideva, estasiata.

Per la prima volta da quando era diventata la Signora Oscura, sentiva di aver fatto una cosa giusta, una cosa che le era piaciuta davvero, per quanto Lily non la pensasse affatto così e lo vedeva dal modo in cui i suoi occhi la fissavano, accesi come braci. Emma si era sentita potente, ma quello era diverso rispetto al potere che percepiva di solito;  si era sentita... stranamente completa come non era stata più o non ricordava di essersi sentita, da quando la sua natura era cambiata.

La sua famiglia stava arrivando. Doveva andarsene.

- Non prendertela, Lily. Ammetterai che è stato esaltante. – disse Emma. Si avvicinò al drago e allungò una mano, posandogliela sulla testa. La creatura non si mosse, ma seguitò a incenerirla con lo sguardo.

Poi Emma si dileguò.

 

 
Poco dopo, alla centrale di polizia, Malefica porse la tisana a Lily.

- Non la voglio. – rispose lei, quasi sua madre le avesse appena offerto una manciata di scarafaggi.

- È solo una tisana. – rispose Malefica.

- Beh, non mi servono tisane. L’Oscura mi ha appena usata come destriero personale!

Uncino si passò una mano sulla fronte. Era confuso. Non riusciva a raccapezzarsi. Prima Emma minacciava tutti quanti. Poi lo invitava sulla barca, salvo poi prendersi la sua spada e andarsene di nuovo, dicendogli... cosa aveva detto? La nave è tua. Ed ora questo. Ora Swan si metteva a cavalcare draghi. – Quindi, se non ho capito male, Emma ti ha detto che tu non hai fallito... e che sta facendo tutto questo per proteggerti.

- Il problema è: da che cosa? – domandò Regina. Se ne stava appoggiata alla scrivania, con le braccia conserte. E guardava Lily, aspettandosi qualcos’altro.

“Ma tu non riesci a capire... non hai idea di che cosa sia la verità! Non hai idea di che cosa io stia facendo! E quando gli altri ce l’avranno... si renderanno conto da soli che sarebbe stato meglio non sapere!”

- È tutto quello che mi ha detto, okay?

- Questo l’hai detto anche l’ultima volta. – le ricordò Regina.

- Non c’è nient’altro. – Lily afferrò la tisana e ne bevve un sorso. Fece una smorfia. – Non avete qualcosa di più forte?

Uncino estrasse una fiaschetta di rum dalla tasca della giacca di pelle. Malefica gli riservò un’occhiataccia.

- Questo è per me, non preoccupatevi, signora. – disse il pirata.

- Magari anche tu avrai qualcosa di più forte... se ci dirai tutta la verità – continuò Regina.  

- Ve l’ho detta! Fidatevi.

- No! Non ci fidiamo. – Regina si alzò di scatto, protendendosi minacciosamente verso Lily. – Perché dovremmo farlo?

- Regina... – iniziò Malefica.

- Che cos’è che non ti va? – domandò Lily, alzandosi a sua volta. – È sapere di aver fallito che non ti va? È sapere di non essere la Salvatrice che desideravi essere che non ti va? È sapere... che qualcuno ha preso una decisione sensata e che qualcuno non sei tu?

Regina aveva l’impressione che il sangue le fosse appena schizzato al cervello. – Non puoi nemmeno credere a tutto quello che ti dice Emma. O pensi che l’Oscuro non sappia ingannarti, se vuole qualcosa da te?

- Io conosco Emma. Può anche essere l’Oscuro, ma in quel momento era sincera.

- E allora occorre stabilire che cosa intenda Emma con giusto o sbagliato. Forse quello che hai fatto tu è giusto per l’Oscuro, ma non per gli altri. – La sua voce suonava rabbiosa e prepotente. 

- Emma è furiosa con te e lo vedi anche tu. È furiosa con tutti voi. Non credo che l’abbiate mai vista così furiosa...

Regina allungò una mano verso Lily. Una mano che sembrava un artiglio, pronta ad afferrare la ragazza per i capelli o per la gola.

Malefica mise una mano sul petto di Regina per trattenerla. Ormai lei e Lily erano molto vicine. – Basta così.

Regina chiuse gli occhi, in un disperato tentativo di mantenere il controllo.

Poi si udì un frastuono di vetro infranto. La tazza che conteneva la tisana era esplosa. Il pavimento si riempì di schegge acuminate. Un frammento aveva ferito Lily sul palmo della mano. Nell’aria si diffuse l’odore di quella brodaglia alle erbe.

- Fate attenzione, Maestà. – disse Uncino, indietreggiando di un passo per evitare alcuni frammenti.

- Non sono stata io, Capitan Mascara! – ribatté Regina.

Lily osservava, incredula, il palmo sanguinante e, quando alzò gli occhi, vide molte facce concentrate su di lei. Azzurro teneva una mano sulla testa del piccolo Neal, che ora aveva cominciato a piangere tra le braccia di sua madre. Agitava i piccoli pugni e le gambe sotto la copertina. Neve era turbata e guardinga. Regina si guardò intorno, come se non credesse che quel potere potesse venire da Lily, ma in realtà l’aveva percepito benissimo. Era stato un atto del tutto involontario, eppure la magia le aveva fatto accapponare la pelle delle braccia.

Malefica intervenne, prendendo delicatamente il polso della figlia. – Non è niente. Ci penso io. Credo sia meglio rimandare questa discussione a un altro momento.

Nessuno si oppose quando Malefica invitò la figlia ad uscire da lì. Lily non dimenticò di regalare a Regina un’altra occhiata di fuoco. Uncino, invece, le diede la sua fiaschetta. La ragazza guardò la mano piena di anelli del pirata, vagamente perplessa, poi accettò l’offerta e scolò buona parte del rum con un unico, lungo e disinvolto sorso.

- Ehi, tesoro, non ti ho detto che puoi finirlo! – disse Uncino.

Lily inghiottì il rum e scosse il capo per schiarirsi le idee. Gli restituì la fiaschetta quasi vuota. – Ho bevuto cose peggiori.

Lui sollevò un sopracciglio.

“Io conosco Emma. Può anche essere l’Oscuro, ma in quel momento era sincera”.

Regina non riusciva a capacitarsi di avere appena avuto quell’assurda discussione.

“Non c’è più nessuna Salvatrice in questa città”.

“Puoi farcela, mamma. Puoi essere la Salvatrice”.

“Non succederà”.

“Tu non pensi che io possa esserlo”.

“So che non puoi”.

- Non sapevo che il piccolo drago avesse dei poteri. – commentò Uncino, una volta che se ne furono andate.

- Nemmeno io, ma non dovrebbe neppure sorprendermi, considerando che è figlia di Malefica... – osservò Regina, pensierosa.

- Nel suo caso sembra più un dono... – disse Biancaneve.

- Non ho tempo di occuparmi di questo, ora. – sbottò Regina. – Volendo, non ci metterei molto a strapparle il cuore...

- Regina! – la rimproverò Neve, scandalizzata.

- Non ho detto che intendo farlo. – precisò.

“È sapere di aver fallito che non ti va? È sapere di non essere la Salvatrice che desideravi essere che non ti va? È sapere... che qualcuno ha preso una decisione sensata e che qualcuno non sei tu?”

No, non intendeva farlo, naturalmente. Ma ne aveva avuto voglia. Oh, molta voglia.

La porta della centrale si aprì di nuovo e Belle si catapultò dentro, portando con sé la campana di vetro. – Meno male che siete tutti qui.

- Che succede ora? – chiese Regina.

- Non so davvero come spiegarlo, è... – Appoggiò la campana sulla scrivania. Sotto di essa galleggiava la rosa rossa legata alla vita di Tremotino. Risplendeva e non perdeva più i petali. Anzi, era una rosa in procinto di sbocciare.

- Il Coccodrillo si è svegliato. – commentò Uncino.

- Sì, è l’unica cosa che so. – rispose Belle. Aveva gli occhi un po’ cerchiati e l’aria di chi aveva passato giorni e giorni a mangiare ciò che capitava e solo quando se ne ricordava. Due ciocche castane le spiovevano sul viso. - Ma è sparito.

- Sparito? - chiese Regina.

- Quando mi sono accorta che si stava svegliando, sono tornata subito da lui. Ero andata da Granny, mi ero allontanata solo un istante per prendere un toast... – La sua espressione era afflitta. Quasi si sentisse in colpa per averlo lasciato solo, sebbene si fosse trattato di pochi minuti. – E poi... il letto era vuoto.

- Si è alzato e se n’è andato, quindi? – chiese Uncino, confuso.

- Non credo che sia successo questo. Non poteva farcela da solo. Insomma... non si sarebbe mai allontanato così. – disse Belle.

- Beh, non sappiamo mai che cosa aspettarci da lui.

- Prima, forse. Ma adesso non è più l’Oscuro.

- L’oscurità è stata parte di lui per centinaia di anni. Potrebbe averlo cambiato, non credete, tesoro?

Belle scosse il capo, risoluta. – Quello che conta è che è scomparso.

Silenzio. Tutti si scambiarono occhiate disorientate.

- Potrebbe essere con Emma. – suggerì Belle.

- Perché Emma dovrebbe avere bisogno di Tremotino? – chiese Azzurro.

- Non ne ho idea! – Belle si strinse nelle spalle. – Perché ha lanciato questa nuova maledizione? Perché ci ha portato via i ricordi? Perché dice che abbiamo sbagliato? Perché ha abbracciato l’oscurità?

Perché ha bisogno del piccone di un nano?, continuò Regina fra sé e sé. Perché ha invitato Capitan Mascara sulla sua stupida barca e ha preso la sua spada? Perché è convinta che Lily abbia fatto la cosa giusta, mentre noi...

- Forse dovremmo cercarlo. – propose Azzurro. – O dovremmo invocare Emma.

- Non risponderà alle nostre domande, David. – rispose Neve.

- Beh, allora... proviamo a parlarne con Artù. Magari ci aiuterà a cercare lei e Tremotino. Sappiamo dove vive, adesso.

Artù e la sua cricca erano sembrati fin troppo preoccupati a cercare una soluzione per tornare a casa. Ormai non avevano più nemmeno l’unica cosa che avrebbe potuto ricondurli a Camelot, ovvero il fagiolo magico.

- Scusate se vi interrompo. Di solito le mie buone maniere me lo impediscono, ma...

Regina si era totalmente dimenticata del mago rinchiuso nella cella. Credeva che fosse ancora troppo immerso nel mondo dei sogni. Adesso l’uomo li fissava, con la faccia infilata tra le sbarre. Il corvo se ne stava comodamente appollaiato sulla sua spalla ossuta, la testa incassata e gli occhi... anzi, l’unico occhio chiuso. Sonnecchiava.

- Allora ricordatevi delle buone maniere e chiudete il becco, mago da strapazzo. – replicò Regina.

- Se fossi dotato di un becco, magari lo chiuderei anche o potreste chiudermelo voi, sarebbe facile, no? – Knubbin ridacchiò, divertito. – Ma del resto non ho nessun becco. E non sono nemmeno un mago da strapazzo. Il mio nome è Knubbin. Quello che mi preme dirvi è che chiedere aiuto a quel re non è una buona idea. È una pessima idea. Un’idea terribile! Terribile come... fatemi pensare... ecco, terribile come soffocare i sogni di una persona. Oh, troppo pericoloso, soffocare i sogni. Non lo farei mai. Beh, magari mai è una parola un po’ troppo forte. Con la magia... c’è sempre una via attraverso il mai...

- Che cosa sapete di Artù che noi non sappiamo? – lo interruppe Neve, aggrottando la fronte.

- Molte cose. In realtà non le ho sapute ascoltando. Le ho sapute da Heathcliff.

- Chi diavolo è Heathcliff? – domandò Regina.

- Il mio corvo. – Lo indicò. Heathcliff socchiuse l’occhio, scrutando i presenti. – Perché sapete... quando il re è venuto per quel suo servitore... si è assicurato che io continuassi a dormire. Aveva una polvere con sé. Una qualche polvere magica. Oserei dire che era decisamente più forte della polvere di papavero.

- Volete arrivare al dunque? - disse Regina, seccata da quel continuo ciarlare a vuoto.

- Il dunque, ma certo! Veleno delle vipere di Agrabah.

- Che cosa? – Le sovvenne il ricordo di tre bocche fameliche e munite di zanne acuminate che facevano capolino da dentro un contenitore. Il Genio aveva sollevato il coperchio e lei, allora moglie di Leopold e intenta a recitare la parte della donna segretamente innamorata di un altro uomo, aveva visto i temibili serpenti, le vipere di Agrabah, il cui veleno era in grado di uccidere chiunque. Ma cosa diavolo c’entrava Artù con Agrabah?

- Mi avete chiesto di arrivare al dunque, se non sbaglio. – disse Knubbin. - Quell’uomo, quello che avete messo nella cella qui di fianco...

- Grif. – disse Azzurro. – Grif è sparito. L’abbiamo cercato ovunque. Ha usato il fagiolo magico per tornare a casa sua.

- Griffo, o in qualunque modo si chiamasse, non è sparito. – Knubbin si grattò la testa. – Non nel modo che credete voi. Quel re avrà anche pensato ad un modo per impedire che io sentissi tutto, ma non ha pensato ad Heathcliff. Il mio corvo non si è perso una parola.

- E da quando un corvo sa parlare? – domandò Uncino.

- Il mio corvo parlava molto di più una volta. Era lui che invitava chi mi cercava ad andarsene via. Solo che era anche molto facile persuaderlo. Bastava dargli un biscotto.

Heathcliff si appollaiò meglio sulla spalla del mago.

- Io ed Heathcliff abbiamo... un legame speciale, per così dire. – continuò Knubbin, con una scintilla di furbizia negli occhi marroni. - Tutto quello che vede lui, lo posso vedere anch’io. Se lo voglio, naturalmente. Un incantesimo molto particolare. Molto utile, anche. Certo, se non fosse utile non saremmo qui a parlarne...

- Vediamo se questo incantesimo è davvero così utile, allora. – Regina si avvicinò alle sbarre della cella.

- Ovviamente. Non mi credereste se vi raccontassi quello a cui Heathcliff ha assistito. Bisogna... vedere per credere, ecco. Avete qualcosa... in cui si possa guardare? Uno specchio, un bacile pieno d’acqua, anche un...

Regina aprì la mano e sul suo palmo comparve un piccolo specchio da borsa. Lo aprì, mostrandolo al mago, che rimirò la sua immagine per qualche momento.

- Non pensavo di avere un aspetto così tremendo! Per tutti i maghi, va contro il buon costume. Avreste dovuto avvisarmi.

- Non pensate al vostro aspetto. Non sarebbe migliore nemmeno se vi faceste un bagno di un’ora. – disse Regina. – Sbrigatevi, maledizione!

Knubbin agitò le dita sopra la testa del suo corvo. L’occhio di Heathcliff adesso era aperto e luccicava. Da esso fuoriuscirono due fasci di luce che incontrarono lo specchio e vi si insediarono. La magia vorticò per alcuni istanti, poi iniziarono a formarsi delle immagini...

 

 “Maestà, grazie al cielo siete qui. Non capisco che cosa stia succedendo”, disse Grif, approssimandosi alle sbarre della sua cella, felice di rivedere Artù.“Ho fatto solo ciò che mi avete chiesto di fare. Ho preso gli oggetti per tenerli al sicuro. Ho detto che forse c’era un fagiolo, anche se noi due sappiamo bene che non c’era nessun fagiolo. Esattamente quello che avete ordinato. Adesso potete farmi uscire?”

Artù non aveva intenzione di farlo uscire. I suoi occhi verdi possedevano una lucentezza strana, persino inquietante. Parevano molto più vividi nel contrasto con i capelli scuri e con la luce che entrava dalla finestra.“Non ancora, Grif. Non possiamo certo far sapere agli altri che non c’è nessun fagiolo, ti pare?”

“No, certo che no, Maestà”.

“E loro si fidano di me, adesso. Perciò devo sfruttare questa fiducia per proteggere il mio regno. Questa gente può sembrare gentile, ma minaccia tutto ciò che ci sta più a cuore”.

Grif era sorpreso, ma anche sinceramente impressionato da quelle parole. Pendeva dalle labbra del suo re.

Artù indicò una fotografia appesa alla parete della centrale. In essa comparivano David ed Emma. Erano entrambi appoggiati all’auto dello sceriffo e lui teneva un braccio intorno alle sue spalle. Sorridevano. Sereni. “David è convinto che la sua missione sia nobile. Ma sua figlia... è l’Oscuro”.

Ora Grif sembrava incredulo.

“E l’amica di sua figlia... quella Lilith...”

“Parlate della mutaforma”.

“Sì, Grif. La mutaforma. È un pericolo per noi e per il regno. Esiste una profezia che la indica come una minaccia per Camelot”.

Grif si morse il labbro.

 “Ci hanno mentito. Le hanno portate entrambe nel nostro castello. È colpa loro se siamo stati strappati da casa nostra, una casa che dobbiamo rivendicare!”. Artù aveva assunto un’espressione rabbiosa e determinata.

 “Ma come facciamo a tornare a casa se non abbiamo il fagiolo?”.

“Ho paura che non potremo farlo, Grif. Dovremo costruire una nuova Camelot qui, a Storybrooke”.

Grif sorrise. Si illuminò, rendendosi conto di quanto fosse grande e importante quel piano. “E voi potete fidarvi di me. Farei qualsiasi cosa per il mio regno”.

“So che lo faresti. Così come lo farei io. Per questo devo chiederti di bere questo”. Estrasse una piccola ampolla contenente un liquido di un verde intenso.

Grif capì subito di cosa si trattava e diventò paonazzo. “Veleno delle Vipere di Agrabah. Ma perché? Non direi mai niente a queste persone!”.

“Non di tua spontanea volontà. Ma hanno la magia dalla loro parte. Col tempo, potrebbero costringerti a parlare”.

“Ci deve essere un altro modo!”

“Vorrei che ci fosse. Davvero, lo vorrei. Ma non c’è. Mi hai detto che desideravi un posto nella Tavola Rotonda, una volta. Io ti sto offrendo qualcosa di molto più grande. La possibilità di morire per servire Camelot!”. La sua voce era molto persuasiva. “La tua morte costituirà le fondamenta della nuova Camelot. Se lo berrai...”

Grif era spaventatissimo. Ma era chiaro che ammirava Artù con tutto se stesso. Lo ammirava al punto tale da credere ciecamente nelle sue parole.

Prese l’ampolla. “Per Camelot”.

Ingurgitò il veleno con un unico sorso.

 

Heathcliff sbatacchiò le ali e lanciò un gracchio infastidito, per poi beccare Knubbin sulla testa. Il mago agitò le mani freneticamente e imprecò, costringendo il corvo a levarsi in volo.

Regina non badò a ciò che stava accadendo nella cella. Osservò Grif crollare sul pavimento della prigione, vittima del terribile veleno. Poi il suo corpo svanì in una densa nube verde.

Non poteva credere a quello che aveva appena visto. Era pura follia. Aveva l’impressione che tutto il mondo si fosse trasformato in un gigantesco vortice di assurdità. – Quel viscido...

- Per mille diavoli... – disse Uncino.

- Ci ha ingannati fin dal principio. – mormorò David. Si sentì ancora più stupido. Lui si era fidato di Artù. Lo aveva considerato un degno alleato, addirittura un amico. Invece era tutta una messa in scena. Il furto del reliquiario era una messa in scena. Il fagiolo magico non era mai esistito. Artù temeva Emma e temeva anche Lily. Parlava di una profezia. Grif era suo complice e si era suicidato, spinto da quel re che serviva e che tanto amava. Artù aveva persuaso un uomo a bere il veleno delle vipere di Agrabah.

Il veleno.

La vera vipera di Agrabah era lo stesso Artù.

 

***

 

Camelot. Quattro settimane prima della maledizione.

 

Regina gettò indietro la testa e contemplò le gelide stelle in un cielo sempre più nero.

Degli Azzurri nessuna notizia. Alla fine avevano trovato un accordo ed elaborato un piano. Un piano rischioso, ma era convinta che se la sarebbero cavata. Tuttavia l’attesa non le piaceva affatto. Aveva bisogno di qualcuno da odiare. Da odiare seriamente. Qualcuno su cui concentrare l’attenzione. O sarebbe diventata troppo nervosa.

Quanto rimase così, con il viso rivolto al vento, non avrebbe saputo dirlo, sebbene non dovesse essere molto, in termini di secondi o minuti. Poi sul balcone in cui si trovava si allungò un’altra ombra.

- Quei due si sono fatti vivi? – domandò Malefica, affiancandola.

- Non ancora.

“Non ti sembra rischioso, questo piano?”, aveva chiesto Regina, quando Neve l’aveva messa al corrente.

“Dobbiamo capire di chi fidarci. Non possiamo affidare il pugnale ad Artù, dopo quello che mi ha detto Lancillotto”, aveva risposto lei, con sicurezza. Poi aveva guardato Azzurro. “Ma David ha ragione. Ci sono cose che non so su Lancillotto. Era nostro amico, ma è passato molto tempo. Devo avere la certezza che sia sincero”.

“E se mentissero entrambi? La verità potrebbe stare nel mezzo”, aveva osservato Regina.

“Allora troveremo un’altra soluzione. Potresti creare un finto pugnale con un incantesimo, intanto?”

Aveva creato una buona imitazione del pugnale dell’Oscuro, con il nome di Emma stampato sulla lama ondulata. Chissà quando si sarebbe abituata a vedere quel nome impresso su un oggetto simile. Dopo il ballo organizzato da Artù, Regina ci aveva messo un bel po’ per addormentarsi. E quando si era addormentata aveva sognato Percival, avvolto nel bozzolo di fiamme, che l’accusava e la chiamava angelo della morte. Aveva sognato anche il pugnale. Aveva sognato di stringerlo nella mano destra. Ma sulla lama non c’era più il nome di Emma. C’era il suo.

Regina.

Così come sarebbe potuto essere, del resto.

- E tu perché sei qui? Sei preoccupata per loro? – Da come sorrideva, sembrava che Malefica la stesse prendendo in giro.

- Non sono preoccupata. Tanto sono più resistenti di uno scarafaggio. Quello che mi rende nervosa è non sapere chi dovrei odiare.

- Hai messo al sicuro il pugnale?

- Certo, per chi mi prendi?

- Per una persona molto coinvolta dagli eventi. Abbiamo a che fare con l’Oscuro e a giudicare da come stanno andando le cose... la Salvatrice sta perdendo la battaglia.

Regina reagì seccamente. - Emma è forte. Resisterà quanto basta.

- Non era mia intenzione offenderti, Regina. È solo la verità. Non so se esista qualcuno abbastanza forte da resistere a quel potere. A quell’oscurità.

Non rispose. Non subito.

- Io di certo non saprei come fare – disse Regina, dopo qualche momento. – Sarei incontrollabile.

Malefica non parlò, ma il suo sguardo era comprensivo. I grandi occhi celesti risaltavano di più nel buio della sera, sottolineati dalle lunghe ciglia. – Forse è ora di distrarsi un po’, mentre aspettiamo che quei due facciano almeno una cosa giusta nella loro vita.

Quei due. La divertiva il modo in cui Malefica pronunciava quelle due parole.

Regina sorrise. – E cosa avresti in mente?

- Vediamo. Ti piace ancora cavalcare i draghi?

 

 
Lungo il percorso fino al luogo in cui Malefica la stava conducendo, Regina venne invasa da un senso di appagamento, che le parve inspiegabile date le circostanze e tuttavia era reale.

Era di nuovo in sella ad un drago, per la prima volta dopo molti anni, in volo a grandi altezze e si sentiva benissimo, si sentiva viva e piena di risorse, pronta a tener testa a qualsiasi cosa e, al tempo stesso, carica di meraviglia. Tutto era simile ad un sogno, eppure non lo era affatto. Quella splendida sensazione sembrava venire da ogni dove. Il calore emanato dal corpo di Malefica ne era parte. Il morso del vento, così tagliente da intorpidire ogni zona scoperta di pelle, ne era parte. La luce emanata dalla luna ne era parte.

Poi il drago planò, così all’improvviso che Regina percepì un senso di vuoto nello stomaco. Atterrò in una vasta radura circondata da abeti e le diede il tempo di smontare. Poi recuperò la sua forma umana.

- Dove siamo? – domandò Regina.

- Non riesci ad indovinarlo?

Le stelle mandavano un chiarore debole, ma ci vedeva abbastanza. L’erba della radura era alta e secca, si piegava sotto il vento che le soffiava liberamente intorno, sollevandole i capelli neri. Ma l’aria era pura, era più calda e aveva qualcosa di... di diverso. C’era della magia, lì. Magia che non aveva mai provato prima d’ora. A pochi metri dal punto in cui si trovavano c’era un lago. Le acque calme erano visibili solo per un tratto, poiché dopo tutto spariva in una coltre di nebbia che era perfettamente liscia, perfettamente bianca, densa e impenetrabile, quasi fosse il manto di neve più leggero del mondo. Regina guardò in basso e scoprì che alcuni sbuffi di quella nebbia giungevano fino a loro. Non vedeva più tanto bene i suoi piedi. L’effetto complessivo di quel luogo era di desolazione, ma di una desolazione che pareva vibrare.

- Questo è... – iniziò, colpita da un’illuminazione.

- Avalon. – concluse Malefica per lei, avanzando di qualche passo e scrutando l’enorme blocco candido che impediva di scorgere qualsiasi cosa. – O meglio, le porte di Avalon. Il lago di Inis Witrin e le nebbie magiche.

- Ho sentito molte storie a riguardo. Questa magia...

- È molto antica. – spiegò Malefica. – Protegge l’Isola delle Fate dai visitatori indesiderati. Nessuno, a parte le Sacerdotesse di Avalon, riesce ad aprirsi un varco in queste nebbie. Si esercitano per anni, fin da bambine, per poter domare questo incantesimo. Alcune di loro non ci riescono mai... altre sì, se sono abbastanza potenti. Ma possono aprire le nebbie solo per pochi istanti.

- E chi vi si inoltra senza una Sacerdotessa... non torna indietro.

- Né raggiunge l’altra riva. Ma nessuno con almeno un briciolo di buonsenso farebbe una cosa simile.

Quando Malefica pronunciò quelle parole, Regina venne attraversata da un brivido. Davanti al lago niente sembrava avere importanza. Contava di più il vento, tagliente e gelido. Eppure la sensazione di entusiasmo provata mentre cavalcava il drago persisteva.

- Questo luogo ha un potere. – continuò Malefica. – Qui, ma soprattutto sull’Isola che non possiamo vedere. Non credo sia sempre un potere di cui ci si possa fidare. È troppo antico. Potrebbe essere molto pericoloso. Ma è... attraente, non trovi?

Regina si mise ad osservarla. Portava sciolti i lunghi capelli color del grano. La sua pelle chiara aveva acquisito un certo pallore. Il morbido abito nero con i dettagli viola aveva un che di zingaresco, forse anche grazie alla collana che indossava, una collana fatta di grosse pietre nere, più un’unica, grande pietra azzurra a forma di lacrima.

- Perché mi hai portata quaggiù? – chiese Regina.

- Perché pensavo ti andasse di passare un po’ di tempo insieme, come ai vecchi tempi. – Anche Malefica la stava fissando, ovviamente si aspettava quella domanda. – E poi... questo luogo mi piace. Mi rilassa. Pensavo potesse piacere anche a te.

Regina sorrise. – Sì. Mi sento meglio di come mi sia mai sentita da... un bel po’ di tempo a questa parte. Lo so che sembra assurdo dire una cosa del genere vista la situazione in cui ci troviamo, ma è la verità.

Ripensò ai giorni in cui fingeva di essere una Regina delle Tenebre, ovvero quando lavorava sotto copertura per scoprire il piano di Malefica e delle sue due tirapiedi. Anche allora aveva avvertito quell’entusiasmo, quella vitalità. Per quanto fosse anche enormemente preoccupata, dovendo fare attenzione a tutto ciò che faceva e diceva per evitare di essere scoperta e, al tempo steso, dovendo impegnarsi per scoprire che cosa stessero tramando, aveva provato una sensazione di potere molto intensa. Energia. Forza. Soprattutto accanto a Malefica.

Regina stava per aggiungere qualcos’altro, quando qualcosa la costrinse a drizzare le orecchie.

Non erano sole. Una vaga presenza di mosse nell’atmosfera, la urtò, sospingendola in avanti. Lei allungò le mani, trovando quelle di Malefica a sostenerla. Sentì delle dita invisibili che toccavano il braccio e le spostavano i capelli, sfiorandole la nuca.

- Che cosa diavolo succede? – domandò Regina.

- Sono gli spiriti del lago. – rispose Malefica. Il suo tono era assolutamente calmo. – Sono parte della magia che protegge l’Isola.

Vorticarono intorno a loro per qualche momento, poi si dileguarono, in fretta com’erano apparsi.

- Avvertono il nostro potere. – disse Malefica, continuando a trattenerla. – Ma non temere. Ti condurrebbero alla follia solo se ti inoltrassi nelle nebbie senza il consenso di una Sacerdotessa di Avalon.

- Grazie per avermi avvisata!

Malefica sorrise, divertita. Poi le scostò una ciocca di capelli, che le era maldestramente ricaduta sul viso.

 

 
Dopo essersi assicurata insieme a suo marito che Lancillotto avesse ricevuto ciò che meritava, ovvero un posto nelle prigioni di Camelot, e dopo aver aggiustato gli Azzurri, Ginevra si sentiva molto più tranquilla. Avevano fatto la cosa giusta. Non c’era nient’altro che lei e Artù potessero fare per proteggere il regno. Era loro dovere occuparsene, del resto.

Si rigirò tra le dita la rosa che aveva trovato lungo il cammino e se la portò al viso, annusandola, apprezzandone il profumo delicato.

“Ginevra, possiamo rompere questo incantesimo”.

Scacciò la fastidiosa voce di quel traditore, dandosi della stupida per essersi lasciata abbindolare dai suoi modi anni prima. L’unico uomo che amava era Artù. Non c’era nessun incantesimo. Lancillotto non l’avrebbe più ingannata.

Stava per rientrare nel castello, quando un’ombra enorme oscurò il suo cammino, costringendola a fermarsi. Udì uno sbattere d’ali e, sollevando lo sguardo al cielo punteggiato di stelle, vide un drago, che planava lentamente a poca distanza dalla dimora di Artù. Aveva qualcuno in groppa, ma dalla sua posizione Ginevra non riuscì a capire chi fosse.

Il cuore le balzò in gola.

“Vedo l’ombra infinita approssimarsi a Camulodunum.

L’infante figlio del drago porta con sé una stella.

E il suo destino s’intreccia con l’altra metà di Caledfwlch”

Provò un senso di gelido orrore, come se non stesse ricordando solo le parole dell’Apprendista, vergate sulla carta ingiallita, ma come se qualcuno le avesse appena domandato che effetto facesse ingoiare una manciata di insetti vivi.

Affrettò il passo.

 

____________________

 

 

Angolo autrice:

 
Salve lettori. ;)

Come al solito, qualche piccola precisazione.

 
Nel romanzo di Wendy Toliver, in cui compare Knubbin, non viene specificato se il corvo abbia qualche potere e un legame di qualche tipo con il padrone. Quindi questa connessione tra il mago e il corvo l’ho inventata io di sana pianta.

 
Il fiore che Ginevra ha raccolto nell’ultimo paragrafo è quello che nella serie viene chiamato “middlemist camelia” e che, in realtà, se cercate delle immagini, non è affatto una “middlemist camelia”. Sono rose rosa. E basta.


   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Stephanie86