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Autore: Raykha    08/02/2016    2 recensioni
Sherlock, dopo aver fatto nuovamente imbestialire John, tenta di elaborare i suoi sentimenti per il buon dottore (e il fatto di avere sentimenti in generale) con un piccolo aiuto. L'ho scritta dopo aver visto il mini episodio "Many happy returns" ed è la mia prima storia in assoluto, siate clementi ;)
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Aspetta, aspetta!" Il detective si ritrovò a urlare al vuoto. Era sul suo divano, a Baker Street, ed era mezzanotte passata. John non era rientrato a casa, non c'erano chiamate né messaggi. Sherlock aveva forse passato tutto il giorno nel suo palazzo mentale? Poi quello strano sogno. Il consulente investigativo prese in mano il violino e intonò una musica triste, ripensando alle volte in cui John appoggiava il libro o il giornale che stava leggendo e lo guardava suonare, con un sorriso dolce e un'espressione serena dipinta sul volto. A Sherlock piaceva molto suonare per John, anche se non aveva mai detto al dottore che spesso lo faceva solo per lui, e aveva imparato a capire quali fossero i suoi pezzi preferiti. John. Pensare a lui provocò in Sherlock quella sensazione di disagio a cui ancora non aveva fatto l'abitudine; smise di suonare e fissò la poltrona di John, ora vuota. In quel momento l'orologio segnò l'una. A Baker Street regnava il silenzio.

D'un tratto, il violino levitò e prese a suonare da solo, animato da chissà cosa. Sherlock lo fissò stranito, ma poi vide materializzarsi la figura che suonava il violino: sua madre. Sherlock la guardò teneramente: era stata lei a insegnargli a suonare il violino, e gli aveva trasmesso la sua passione per la musica e per il ballo.

"Mamma..." mormorò il detective. Il violino smise di suonare, e l'apparizione si girò verso di lui, guardandolo con la tenerezza che solo una madre possiede.

"Sherlock, tesoro. Io sono lo Spirito del tuo Passato, e ho preso le sembianze di tua madre perché è stata la prima ad averti amato. Ora alzati, prendi la mia mano e vieni con me."

"Spirito, sto ancora sognando – ancora una volta, non era una domanda – significa che posso fare qualsiasi cosa, o vedere qualsiasi cosa, senza un ordine logico, per cui..."

"William Sherlock Scott Holmes, per una volta nella vita... sta zitto e fa come ti viene detto". Era stata dolce, ma autoritaria. Sherlock sorrise, era proprio uguale a sua madre. Prese allora la mano che lo spirito gli porgeva, e fu circondato da un alone di luce, alzandosi un poco da terra. Lo spirito si alzò in aria, e uscendo dalla finestra condusse il detective in volo sui cieli di Londra.

Quando atterrarono, Sherlock riconobbe immediatamente la scuola che aveva frequentato da bambino. "Davvero?! Dovrò rivivere il mio passato? Noioso." Sentenziò il detective.

"Sherlock. Lascia che si compia la volontà di chi mi ha mandato. Come spesso accade, hai ragione, queste sono le ombre delle cose che sono state, e io ho il compito di mostrartele. Seguimi."

Entrarono in una classe di bambini vivaci, ma nessuno si accorse di loro. "Queste sono ombre, non possono vederci." Sherlock stava per ribattere "Non è necessario sottolineare l'ovvio, Spirito" ma si trattenne. Si voltò allora verso la classe e vive il suo alter ego bambino che osservava affascinato l'insegnante di scienze. Aveva sempre ammirato il suo insegnante di scienze, era davvero un uomo brillante. La lezione finì, e Sherlock rimase a fissare il microscopio che l'insegnante aveva usato come se fosse fatto d'oro zecchino. "Sherlock – disse l'insegnante – caro ragazzo, la tua passione è ammirevole. Ma ricorda di ascoltare anche il tuo cuore, è il solo che può guidarti verso la felicità. Gli amici e la famiglia sono più importanti di un esperimento o di una teoria".

Di fronte a quella scena, Sherlock provò una strana sensazione, mista di affetto, nostalgia, e tristezza. Un altro bambino fece capolino all'interno dell'aula, e corse incontro a Sherlock. "Myc!" esclamò contento Sherlock-bambino, abbracciando suo fratello. L'insegnante li guardò uscire sorridendo.

"Allora c'è stato un tempo in cui hai voluto bene a tuo fratello" disse lo spirito.

"Sì, prima che diventasse... Insomma... Io... Io gli voglio ancora bene. Ma a volte lo detesto."

Lo spirito rise di gusto "Sherlock, tra fratelli è così. Ora andiamo, abbiamo tante cose da vedere, prima che il mio tempo insieme a te finisca."

Così lo Spirito condusse entrambi alla casa di infanzia dei giovani Holmes, mostrandogli tutte le cose che lui e Mycroft facevano insieme da piccoli, e quanto si divertivano. Sherlock rise di gusto quando vide un piccolo Mycroft che tentava di insegnare a Barbarossa semplici comandi.

"Anche adesso quando è irritato fa la stessa espressione" disse, più a sé stesso che allo spirito.

Le scene successive mostravano la famiglia Holmes in una tranquilla domenica pomeriggio, Sherlock che imparava a suonare il violino, Mycroft e Sherlock che imparavano a disegnare eseguendo l'uno il ritratto dell'altro, le cene di Natale, un'infanzia felice insomma.

"Già, ma non è stato sempre così il mio passato" disse tristemente Sherlock.

Lo spirito allora riprese a volare e lo condusse alla sua vecchia scuola, dove rivide gli anni di prese in giro, i bulli, Mycroft che provava a difenderlo ma senza riuscirci, tutta quella gente che non lo capiva e finiva per avere paura di quel ragazzo con gli occhi grigi che era solo troppo curioso e troppo impertinente. In quel periodo Sherlock pensava davvero di essere, in qualche modo, sbagliato. Pensava davvero che fosse il suo cervello a renderlo sbagliato.

Ci fu un giorno in cui Mycroft era stato picchiato dai bulletti della scuola solo perché aveva parlato con una ragazza. Mycroft allora si era avvicinato a Sherlock e gli aveva detto che in fondo non avevano bisogno di nessuno, che i sentimenti non servivano a persone intelligenti come loro, erano inutili, un difetto che impedisce alla mente di funzionare al meglio. Quel giorno qualcosa si ruppe nel cuore di Mycroft, che con gli anni allontanò anche l'unico che gli era ancora vicino, suo fratello. Sherlock, dal canto suo, aveva reagito all'abbandono esattamente come Mycroft, chiudendosi in sé stesso. "Basta, Spirito, non voglio più vedere queste cose, portami via da qui" Sherlock stava per piangere. "Te l'ho detto, queste sono solo le ombre delle cose che sono state, non posso cambiarle, non devi incolpare me. Ma c'è ancora un altro passato che voglio mostrarti, sbrighiamoci, il mio tempo sta per finire."

Lo spirito mostrò a Sherlock alcuni momenti del passato di John: l'infanzia, fatta di momenti tristi e felici, con sua sorella Harry e i suoi genitori, gli mostrò gli anni dei faticosi studi, in cui il giovane John dovette lavorare per potersi permettere la retta dell'università, date le condizioni economiche della famiglia. Sherlock vide poi i litigi con Harry, sempre più numerosi, la decisione di arruolarsi, tra le lacrime di sua madre e la sua voglia di essere di aiuto dove c'era più bisogno. "Sempre il solito John" pensò Sherlock. Lo vide partire per l'Afghanistan e sapendo quanto avrebbe sofferto in quel posto, a Sherlock venne da piangere. "Oh, John... Mi dispiace così tanto" disse sottovoce. Troppo dolore, troppa sofferenza, meglio chiudere tutto, tristezza e gioia, in un angolo remoto del Palazzo Mentale, non ne valeva la pena.

Sherlock si voltò verso lo Spirito, incapace di assistere al momento in cui spararono a John, ma sentì comunque le sue strazianti grida. Si accorse che la luce che emanava dallo Spirito diventava sempre meno luminosa, e capì che il suo tempo nel Passato era concluso. Mentre volavano nuovamente verso Baker Street, Sherlock continuava a pensare a John e a tutto quello che aveva imparato su di lui, maledicendosi di non aver mai parlato con lui di argomenti così personali prima di allora, nonostante convivessero già da quasi due anni. Aveva dedotto tutto ciò che c'era da sapere su di lui la prima volta che l'aveva visto, ma ora si rese conto che era come se non lo conoscesse affatto.

   
 
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