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Autore: Vulpix    11/02/2016    1 recensioni
TIME LINE:
I fatti “narrati” vanno a collocarsi nella terza stagione, prima della Season Finale, in un’immaginaria serie di eventi che partono dopo la 3x23 e in cui gli avvenimenti della 3x24 non sono mai accaduti.
*****
PREFAZIONE:
Sono trascorsi 3 anni da quando tutto ebbe inizio…
Tre anni dall’inizio della fine.
Tre anni in cui molte cose sono accadute e forse troppe cose erano cambiate…
(dal testo)
"Il 3 è il numero perfetto per eccellenza...
Sant' Agostino diceva che il 6 era il numero perfetto perchè il Signore ha creato il mondo in 6 giorni...
Per Dante il numero perfetto è il 9... numero primo, divisibile solo per se stesso e multiplo del numero perfetto. Il 9 è il 3 al cubo, l’elevazione a potenza del numero perfetto a se stesso...
Tra le tre, io preferisco la terza versione...
Il 9 è la perfezione in assoluto... per questo tu sarai la mia nona vittima!"
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Roy Montgomery
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione, Nel futuro
Capitoli:
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  «E mantenente cominciai a pensare,
e trovai che l'ora ne la quale m'era questa visione apparita,
era la quarta de la notte stata;
sì che appare manifestamente ch'ella fue la prima ora de le nove ultime ore de la notte»
( da Vita Nova, III, 8 1-4)


Restò seduto su quel gradino per qualche minuto, pensando a cosa avrebbe dovuto fare.
Quando finalmente si decise a salire, la cercò per l’appartamento, finché non la vide.
Aveva tolto la giacca, gettandola sul divano e ora era sul terrazzo, con le mani poggiate sulla ringhiera mentre guardava il panorama persa tra i suoi pensieri.
Le si avvicinò e la vide ispirare.
- Sta arrivando l'inverno?- le disse stringendosi nel cappotto. 
- Già- rispose lapidaria, voltandosi e cercando di entrare in casa.
- Aspetta- le disse, afferrandola per un polso.
- Lasciami- disse cercando di liberarsi dalla presa.
Rick la tirò verso di sé, stringendo anche l’altro braccio.
- Non lo dovevi fare!- tuonò in un misto tra rabbia e pianto.
- Scusami io non so cosa mi sia preso.- Le disse inclinando il viso e cercando i suoi occhi.
- Joe tu non la devi mettere in mezzo! Capito?- continuò lei - Te la devi scordare! Io non voglio che tu la veda!-
- Perchè?-
- Perchè?- 
Era rabbiosa, gli occhi chiusi a fessure  - Perchè Joe non c'entra niente con me e te... non c'entra niente con tutta questa brutta roba con cui noi abbiamo a che fare! Perché io MIA figlia l'ho sempre protetta, capito?- urlò a pochi centimetri dal suo viso.  - Non sa neanche davvero che lavoro faccio!-
Abbassò lo sguardo, sfuggendo a quello di lui.
- L’ho protetta da ogni dolore...- continuò in un sussurro -…e se tu adesso ti metti in mezzo tra me e lei, io ti ammazzo!- 
- Va bene, non mi metto in mezzo!- disse lo scrittore, muovendo le mani sulle sue braccia come per scaldarla e calmarla.
Alzò di nuovo lo sguardo, fino a perdersi nei suoi occhi.
- Perché forse tu non le vedi, ma io sono piena di ferite che sono tutte lacrime che ho versato... anche per te!- strinse le labbra mordendosele - Ma l'avevo scelto io! Erano lacrime mie! Ero grande! Ma lei NO... capito?-
Si mosse repentinamente, cercando di liberarsi dalla sua presa.
- Tu lei non la puoi neanche sfiorare!- finì, prima di voltarsi.
Castle si sporse in avanti, afferrandola per le spalle.
- Aspetta...- le disse, facendola voltare.
- Lasciami.- ripeté, opponendo resistenza.
- Aspetta... vieni non te ne andare...- continuò, attirandola dolcemente ma fermamente verso di sé.
- Lasciami.- tornò a dire, ma senza opporre resistenza.
- Aspetta!- ripeté in un sussurro.
- Domani me ne vado!- disse con fermezza.
- Si, si domani, ma adesso stai qui!-
L’attirò a sé, facendola appoggiare sul suo torso, avvolgendola in un abbraccio.
- Castle...- fu l’unica parola che riuscì a dire.
- Come sei magra...-constatò, approfondendo di più quell’unione.
- Io non voglio più stare male...- disse appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Hai visto il cane che ha trovato Francis?- la strine a sé - È un cucciolo...  perché non lo prendi e lo regali a Joe?-
Kate si scostò dal suo appiglio per guardarlo in faccia.
- Io piango e tu mi parli di un cane?-
- E perché piangi?-
- Piango si... e mi succede soltanto con te, brutto stronzo che non sei altro!- disse iniziando a dargli dei pugni sul petto.
La afferrò per i polsi, fermandola.
- Ce l'hai la pistola?-
- Si- rispose seria, fermandosi, credendo che lui avesse avvertito qualche rumore.
- Allora guarda che dovrai usarla- iniziò a dire, mentre lasciava i suoi pugni e la stringeva di nuovo a sé - perché io adesso...- continuò avvicinandosi sempre più.
- Non ci provare…- gli disse incontrando il suo sguardo.
Non si era mossa di un millimetro e questo gli diede il coraggio di azzardare. Inclinò il viso e fece sfiorare i loro nasi.
Lei lo lasciò fare e lui dopo averle accarezzato il volto, l’attirò a sé, facendo incontrare le loro bocche. Le sue labbra si mossero avide contro quelle di lei, quasi come se avesse il terrore che si smaterializzasse da un secondo all’altro. Solo quando il suo cervello percepì che Kate non si stava tirando indietro ma ricambiava, rallentò il ritmo e la foga, trasformandolo in un bacio lento e dolce. Sfiorò le sue labbra piano, per poi allontanarsi di poco come a lasciarle un bacio a schiocco.
Fu lei a seguire il suo viso, azzerando di nuovo la distanza tra loro.
Sorrisero labbra contro labbra, mentre dalla stretta di prima passarono ad un abbraccio.
Lui le cinse la vita, adagiando le braccia alla sua schiena, mentre lei lasciò la presa ai bicipiti per posare le mani sulle sue larghe spalle e aggrapparsi a lui.
Si persero in un nuovo bacio, carico di tutta la passione che avevano, come per recuperare quei tre anni che avevano sprecato, l’uno lontano dall’altra.
Risalì la sua schiena, sfiorandola dolcemente, fino a infilare una mano tra i suoi capelli ora corti.
Un sospiro infastidito uscì dalle sue labbra, provocando un sorriso nella detective.
Lei invece, facendo leva sulle spalle dell’uomo, mentre gli cingeva il collo con le braccia, si era impossessata delle sue labbra e ora giocava con quello inferiore, stuzzicandolo.
Rick non si fece distrarre e ricambiò il ‘favore’ con quello superiore di lei.
Si separarono per respirare e guardandosi negli occhi, iniziarono a ridere.
Poggiò la fronte a quella di lei, mantenendo il contatto visivo. I loro occhi scintillavano di una luce che entrambi avevano già visto nell’altro, una notte di tre anni prima. Kate si morse il labbro inferiore tornando con la mente a quella notte, che aveva rivissuto nei suoi pensieri talmente tante volte che ne conosceva attimo, dopo attimo.
Rick sorrise, passandole il pollice sulla sua guancia accarezzandole il viso. Scese lungo il collo e la spalla, mentre i loro sguardi restavano incatenati. Si sfiorarono con le mani e intrecciarono le loro dita.
Sorrisero di nuovo e stavolta fu lei a voltare il viso verso l’interno dell’appartamento e condurli verso la camera da letto.
 

 

۝§۝§۝

Era da più di mezzora che si trovava in quella via. Aveva passato la maggior parte del tempo a scrutare la finestra illuminata dalla fioca luce che proveniva dalla lampada poggiata sul tavolino. Nonostante le veneziane fossero abbassate e gli spiragli visibili erano pochi, era riuscito a intravedere la sua figura che pigramente si lasciava cadere sul divano, poi, non gli era stato difficile immaginare che avesse accavallato le gambe l’una sull’altra e stese lungo la penisola a elle che il divano formava.
Il vento freddo, che gli solleticava la faccia, lo fece stringere nella sua sciarpa. Indossava quella che lei gli aveva regalato lo scorso Natale e d’allora non se ne era mai più separato. Ricordava ben impresso nella sua mente il momento in cui si erano scambiati i regali e lei gli aveva chiesto di aprirlo una volta che ognuno fosse andato per la sua strada, verso la propria casa. Una richiesta che gli era sembrata strana, ma poi aveva capito che la Detective non si sarebbe mai mostrata a lui in una veste tanto ‘intima’ e aveva accettato il fatto di doversi accontentare del solo scambio di regali.
Decise che aveva passato fin troppo tempo lì sotto ad aspettare, titubante su cosa fare, su quale fosse la scelta più giusta. Salire e farle capire che qualunque cosa fosse, su lui poteva contare, anche solo come supporto morale. Decise che aveva lasciato passare fin troppo tempo, limitandosi ad essere solo il suo partner, solo il suo braccio destro divertente. Sapeva che c’era qualcosa che la turbava e l’aveva vista cambiare umore e atteggiamenti così tante volte in quegli ultimi due giorni, da farlo convincere che così le cose non avrebbero potuto continuare.
Era conscio che quasi sicuramente, appena avesse intuito il motivo per cui lui si fosse presentato a casa sua a quell’ora tarda, l’avrebbe sbattuto fuori di casa con la prima scusa, probabilmente gli avrebbe detto che non erano affari suoi, e avrebbe avuto ragione. Ma a lui non importava! Era preoccupato per lei, e non avrebbe mollato la presa finché non avesse scoperto cosa fosse successo di tanto grave, da trasformarla così nell’arco di una nottata.
Fissò ancora una volta la finestra illuminata, prese un profondo respiro e si avviò lungo le strisce pedonali che l’avrebbero portato sotto al suo palazzo.
 
Battè una volta le nocche contro il legno antico della porta e attese. Provò una seconda volta ma non successe nulla. Solo quando stava per tentare la terza e provare a chiamarla, sentì una voce stanca provenire dall’interno.
Lei aveva annunciato il suo arrivo e prima che potesse fare altro, sentì lo scatto del pomello e vide la porta schiudersi.
Riportò la mano ancora chiusa nella tasca e si preparò a farle il più innocente dei sorrisi.
- Castle!?!-
- Hey-
- Che ci fai qui, è successo qualcosa?-
- Non lo so, Beckett, dimmelo tu!-
L’espressione confusa della detective, si contrapponeva a quella risoluta e tenace dello scrittore.
- Cosa?- chiese.
- Posso entrare?-
- Si certo, accomodati.- gli disse scostandosi dall’ingresso e aprendo la porta.
Entrò indiziando a slegare la sciarpa e quando iniziò a slacciare i bottoni del cappotto, girandosi, vide lo sguardo interrogativo di Beckett.
- Perché sei qui?- chiese di nuovo la detective, ma lui ignorò la domanda.
- Hai già cenato?- disse mentre lasciava cadere l’indumento sullo sgabello della cucina.
Quando Kate rispose “no”, le sorrise e si avviò verso il frigo, aggirando il tavolo - come supponevo…-
Mentre raccoglieva gli alimenti dal frigorifero disse - adesso ci penso io!-. Iniziò ad armeggiare con coltelli e altri utensili che raccolse dalla cucina e cominciò a preparare la cena, sotto lo sguardo attento e divertito della detective che si era accomodata sullo sgabello libero e, dopo aver poggiato un gomito sul ripiano e il mento al pugno chiuso, lo fissava muoversi tra le sue cose, con un sorriso dolce e dopo tanto tempo un espressione serena in viso.
- Che c’è?- le chiese ad un tratto.
 - Nulla…- sorrise - non credo che tu sia venuto fin qui a quest’ora, solo per prepararmi la cena-
- Innanzi tutto non sto preparando la cena a te, ma a noi…-
A quella parola calò un momento di silenzio, trattennero entrambi il respiro fissandosi negli occhi.
Il momento durò poco, poiché entrambi distolsero i loro sguardi incatenati, rivolgendo altrove il loro ‘interesse’.
- Ok... E quindi?- chiese ancora una volta.
- Quindi...- ripeté lui - adesso preparo la cena, ti rilassi, mangiamo e mi dici perché sei stata cosi strana tutto oggi e sei nervosa... Cosa è successo, Kate?-
Prima che lei potesse fare nulla, alzò la mano per zittirla e le disse:
- Mentre io preparo, tu ti fai un bel bagno caldo e ti rilassi, dopo cena ne parliamo!-
Beckett stava per protestare, ma lo sguardo dello scrittore che non ammetteva repliche la fece sbuffare sonoramente.
La vide alzarsi e dirigersi verso il bagno.
Prima che sparisse dietro la porta, le disse:
- Non chiudere la porta a chiave... Dovessi avere bisogno, chiama pure. Sono qua...-
La vide voltarsi e con sguardo truce, rispondergli:
- Certo, Castle...certo! Tu prova solo a varcare la soglia e ti ritroverai una pallottola in testa!-
Lui rise e Kate lo guardò ancora più male, ma la sua faccia fu davvero divertente quando le rispose: -credevo che andassi a dormire con la pistola, te la porti anche in bagno? Stai attenta che se ti cade in acqua come il mio cellulare, poi non funziona più!-
- Stai tranquillo Castle, ho sempre quella di riserva- disse prima di sparire nel bagno, non prima di aver dato due mandate alla serratura.
Rimase a fissare la porta chiusa, con un sorriso in faccia, per qualche secondo, prima di tornare ad affettare i funghi, mentre nella sua testa iniziavano a formarsi immagini poco caste della detective e pensava: "come vorrei essere quella pistola!"
 
Finì di sciacquare anche l’ultimo piatto e dopo averlo riposto sul piano per asciugare, raccolse lo strofinaccio passandolo bene per le mani e lo ripose sul bordo del lavabo, come l’aveva trovato.
Si voltò verso il salone, cercando con lo sguardo il divano dove lei era comodamente seduta.
Dopo che era uscita dal bagno, rigenerata dal tepore dell’acqua, si erano seduti a tavola e avevano chiacchierato del più e del meno. Poi le aveva detto di sdraiarsi comoda sul divano, cosa che lei sembrava aver preso in parola, e dopo un piccolo battibecco era riuscito a convincerla che avrebbe fatto lui i piatti e rassettato la cucina, mentre lei dava ancora una volta uno sguardo a quelle carte, rileggeva ad alta voce le varie dichiarazioni ed esponeva la sua teoria.
Si diresse verso il divano, strofinando su e giù, un paio di volte, le mani sui suoi jeans per eliminare quelle ultime gocce d’acqua che le inumidivano. Solo quando le fu dinanzi, Kate si accorse di lui e si tirò su, per concedergli di sedersi accanto a lei.
Lui però le prese dalle mani il dossier e lo sistemò sui cuscini al suo fianco, per poi girarsi di nuovo verso di lei e incrociare il suo sguardo interrogativo.
- Di quelli ce ne occupiamo dopo.- le disse - Prima devi dirmi cosa c’è che non va?-
- Per prima cosa, non ti devo niente, Castle!- rispose alzandosi e sistemandosi meglio, incrociando le gambe sopra i cuscini. - Poi… non c’è nulla che non vada, sono solo stanca…-
- Ah, e ti sei stancata dalla sera alla mattina? Avanti Beckett non prendermi in giro! Ti conosco troppo bene, so che c’è qualcosa che ti preoccupa…-
- Beckett... wow devi esserne davvero convinto e anche arrabbiato!- cercò di dirgli sorridente, ma poi notò il suo sguardo serio e la sua espressione tesa, mentre gli poggiava una mano sul ginocchio le sentì dire:
- Castle, stai tranquillo, non è successo nulla ieri…- spostò lo sguardo oltre lui e ispirò prima di proseguire -sono solo tesa... per delle questioni... private.-
- Kate…- le disse prendendole la mano e stringendola tra le sue.
- Rick- rispose incrociando il suo sguardo e stringendo la mano.
D’istinto portò l’altra al suo viso e le scostò una ciocca di capelli, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Passarono una quindicina di secondi durante i quali rimasero a fissarsi intensamente negli occhi, poi Kate fece una cosa che non si sarebbe mai aspettato.
Si avvicinò a lui, piegandosi sulle ginocchia e con la mano ancora stretta nella sua gli cinse la vita, attirandolo verso di sé mentre con un leggero sussurro gli chiese:
- Ti prego Rick, abbracciami.-
Lui, dopo un primo momento di stupore, rispose alla stretta, facendole poggiare il viso nell’incavo del suo collo, mentre con la mano che ancora aveva sul suo viso, l’accarezzava.
- Kate…- le disse aspettando che lei alzasse lo sguardo verso di lui - adesso non dirmi che non è successo nulla…-
- No… avevo solo bisogno si questo! Sto bene…- disse allentando la presa al suo busto e tentando di sciogliere l’abbraccio - è stato solo un momento! Non doveva succedere!-
Era quasi riuscita a svincolarsi, quando lui l’afferrò saldamente. Erano quasi nella stessa posizione in cui si erano trovati qualche tempo addietro, sotto copertura. Questa volta però le loro mani destre erano poggiate dietro la sua schiena e incrociate l’una sull’atra.
Nel momento in cui riuscì a farle alzare lo sguardo, entrambi tornarono a quella notte… Si fissarono per un decimo di secondo negli occhi, e questa volta fu lei ad avvicinarsi a lui e a far toccare le loro labbra. Il contatto durò qualche secondo, si allontanò da lui, come era già successo, mantenendo il contatto visivo.
I suoi occhi, l’intensità del suo sguardo e la luce che intravedeva, gli diedero il coraggio di rischiare. L’attirò di nuovo a sé, spingendole il viso contro il suo e lasciando che le loro labbra si sfiorassero, dapprima, che si cercassero, poi, per fondersi in un bacio che levò il fiato ad entrambi.


   
 
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