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Autore: Amantea    11/02/2016    15 recensioni
"[...] ma egli ebbe quello che il suo cuore bramava, e tardò molto ad averlo, e forse non c'è felicità più grande". (Jorge Luis Borges, L'Aleph)
Il mio modo di celebrare l'amore eterno di Oscar e André, attraverso la voce di chi ne fu l'unico complice e testimone.
[...]L'uomo guarda la scacchiera d'ombre e luci che danza dinanzi ai suoi occhi, e la trova quasi bella.
Una brezza leggera risveglia le fronde, l'oceano non è lontano da lì. In certe giornate limpide e schiette si può quasi spingere lo sguardo fino all'orizzonte e credere di vederci il bianco spumeggiante delle onde. Vere però sono le vele che, lente, si stagliano in quel biancore, il punto in cui il mare svapora nel cielo.[...]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Madame Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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LA  FELICITA'  PIU'  GRANDE
"[...] ma egli ebbe quello che il suo cuore bramava, e tardò molto ad averlo, e forse non c'è felicità più grande".
(Jorge Luis Borges, L'Aleph)




-7-

«Di questo per me si tratta, di essere il resto di alcune persone, delle loro sottrazioni. Porto il vuoto che mi hanno lasciato».

(Erri De Luca, “Non ora, non qui”)




E' così, e basta.
C'è poco da riflettere, o da interrogarsi. E comunque non sarebbe nella sua natura.
Non è un uomo che si diletta a speculare sui propri sentimenti. Li sente, così come nascono o fioriscono, nel petto o nella pancia, e tanto basta.
E allora quella mano posata sulla sua spalla lui l'ha sentita dentro. Non era calda, trasmetteva appena un tocco lieve, via via un poco più fermo e presente.
Ma gli ha attraversato la camicia, e forse anche la pelle e i muscoli, ed è arrivata con dolcezza fin dentro l'anima. 
E' così. E basta.
 
Manda il cavallo lentamente lungo il sentiero.
Per la prima volta, in tutti quegli anni, il tempo gli è parso scivolare via troppo lentamente, e alla fine lo ha preso in mano, mutandolo a suo piacimento, imponendosi. Si è preparato con cura, un segno di rispetto, per quella madame che ancora continua a ben volerlo. E, seppure in anticipo sull'ora concordata, si è messo in viaggio ugualmente.
Osserva i campi rinnovati dalla pioggia, il cielo lavato di fresco, quasi fosse un telo steso ad asciugare al sole.
E nelle orecchie quell'invito a migrare in Inghilterra, che si ripercuote, e prende un poco forma.
Come certi pensieri, che hanno la consistenza eterea dei sogni, quando attraversano veloci la mente, tanto da non poterli nemmeno afferrare. Finché si riaffacciano, una, due, più volte, e allora par quasi di sentirli, fatti di creta e acqua, che si modellano a tua insaputa, fino a diventare veri.       

La notte a casa di Julien è trascorsa tranquilla. E la levatrice, giunta all'alba dopo un lungo e burrascoso viaggio, non ha potuto fare altro che constatare l'ottimo stato di salute di madre e figlio. Eugénie ha chiesto a madame consigli sul nome da dare alla propria creatura. Voleva assolutamente che fosse un nome a lei caro, o da dedicare a lei, alla donna che l'aveva assistita come una madre, e forse anche meglio di una madre. Un nome che fosse simbolo e monito, perché quella creatura aveva avuto una tenacia dirompente nel voler nascere in fretta, e lo aveva fatto quasi senza aspettarsi l'aiuto di nessuno. Un nome maschile, come maschio era quell'esserino attaccato con forza al seno della madre.
Perché in un certo senso il nome che portiamo ci segna per l'eternità. E' ciò che viene ricordato nel tempo, anche quando il corpo non esiste più. 
Madame aveva provato a sottrarsi. Aveva guardato il buon vecchio Julien, e il marito di Eugénie. Aveva guardato Camille, e l'aveva vista annuire, un fremito sottile tra le labbra, perché la nonna pronunciasse quel nome. E allora Marguerite lo aveva fatto.
- Avevo un figlio. Ha vissuto con coraggio, ed è morto lottando per i propri ideali. Il suo destino fu segnato dal nome che il padre gli assegnò. Che sia adesso un nome di augurio, perché nella vita questo bambino non tema mai di essere se stesso, né di dimostrare il proprio valore -. (1)

Oscar. Il comandante, l'erede, la donna, il soldato.
Lo starle accanto, quasi un privilegio.

Ormai Arnaud lo ha accolto quasi come uno di famiglia. Il sorriso aperto sul volto agreste, le mani ad afferrare le redini del cavallo, indicando poi con il braccio l'ingresso della villa, perché Alain si accomodi senza indugi. La governante lo attende sull'uscio, per instradarlo oltre l'ingresso che ormai conosce, e si accomodi nel salottino dove Madame giungerà a breve.
E quando entra, e lo scorge in piedi a rimirare certi quadri, è leggera e calda la sua voce.
- Monsieur Alain, sono felice che abbiate accettato il nostro invito. Un avvenimento come quello di stanotte merita certamente di essere festeggiato. Ho dato disposizioni che per qualche tempo a Julien e la sua famiglia non manchino provviste e quant'altro, ma credo che si sarebbero sentiti a disagio se invitati qui alla villa -.
Alain le va incontro con un inchino, gli occhi che si sorridono di un piacere reciproco e sincero.
- Avete fatto molto più di quanto potessero immaginare, madame. Voi piuttosto sarete stanca, avremmo potuto rimandare questo invito ad altro giorno, o non invitarmi affatto, non c'era alcun bisogno che vi preoccupaste per me -.
- Siamo prossime alla partenza, monsieur Alain. Non ci sarebbe stata un'altra occasione -.

Ed ecco, di nuovo, che senza alcun preavviso qualcosa esplode nel petto. Come il calore di quella mano, così intenso e sottile da toccargli il cuore, adesso è quasi un rammarico, che lo lascia sospeso e muto. Certo, che sciocco. Forse semplicemente si era abituato a quella nuvola di zucchero, come d'estate non fai più caso alle fusa dei grilli, finché una sera il vento rinforza i mantelli contro le spalle, il giorno annotta d'improvviso, ed è già quasi autunno, e non ricordi più quando è successo che anche l'ultimo grillo abbia cessato il suo frinire.
Per pochi giorni, ogni giorno, Camille si era insinuata nella sua vita, inesorabile come una stagione nuova, portando con sé solo bellezza. Una bellezza che a lui mancava da tempo e che forse, in verità, non aveva conosciuto veramente mai.
- Partite dunque -, riesce a mormorare, il piglio che vorrebbe essere sicuro e alquanto scostante, e risulta invece soltanto rattristato.
- Oh, prima del tempo, in verità. Ma certe faccende ci richiamano in Inghilterra. So che mia nipote vi ha invitato... ne sono lieta. Spero che vogliate prendere in considerazione l'idea -.
Non gli dà il tempo di replicare, perché con un gesto ampio si muove verso la porta, ad accogliere Camille. Deve aver scelto l'abito con cura, così come l'acconciatura, perché è questo l'effetto che suscita l'impatto della sua apparizione. Una semplicità curata e studiata, nell'abito di una lieve tonalità di verde, stampato a minuscoli fiorellini, che si fanno veri tra i capelli, in margherite appuntate su un lato, seguendo la curva morbida delle ciocche riprese e annodate sulla nuca.
Ed è uomo che non sa adulare, se non in modo becero e popolano, e dunque tace, nell'imbarazzo lieve che le tinge le gote, e nel piglio fintamente sicuro che le esce in un saluto: - Siamo liete di avervi qui, Alain. Spero che siate riuscito a riposare un poco -.

Sanno benissimo di non aver chiuso occhio.
Che la notte sotto quella pergola si è fatta alba in fretta, origliando il loro parlarsi a tratti fitto, a tratti muto.
Che nel consegnare quel diario Alain ha consegnato il ricordo di André e di Oscar a l'unica persona che potesse custodirlo degnamente. E questo passaggio di memorie, simbolico eppure tangibile - odoroso di carta e muffa, e altro che non saprebbe dire (2) - gli ha in qualche modo alleggerito la coscienza.
Perché Alain porta il vuoto di coloro che non ci sono più. Perché è rimasto avvinto a quelle tombe come custode di una storia che nessuno conosceva, e che sarebbe andata persa se solo li avesse abbandonati. Perché è un sopravvissuto, e i sopravvissuti portano la colpa di essere ancora vivi, anche quando altri avrebbero avuto ben donde di vivere, molto più di lchi è rimasto. E la colpa è un male sottile, che scava dentro la sua fossa, e ti seppelisce a poco poco. Così che muori, anche se non lo sai.
Nell'illusione di essere ancora vivo, perché vivo potesse essere il loro ricordo, stava invece morendo, suo malgrado, anche lui, ogni anno un po' di più.
Finché non era arrivata lei.  

E' trascorso gradevole il pranzo tra chiacchiere amabili e portate deliziose.
Non è stato forse un caso che madame e Camille abbiano parlato a lungo dell'Inghilterra. Delle possibilità che può offrire, del clima a tratti spiacevole, ma ritemprato in una natura lussureggiante, quasi che Alain fosse uomo da paesaggi. Della comunità francese che vi abita, e che forse ad Alain interessa ancor meno del parco di magnolie lungo il fiume Avon, che durante la fioritura si spandono in un profumo dolce e triste sugli innamorati che passeggiano seguendo la riva.
Gli è persino sembrato che Camille cercasse i suoi occhi con malcelata insistenza. O forse è stata solo la disposizione al tavolo, che ha reso inevitabile quel loro incontro di sguardi. E' come se avesse urgenza di dirgli qualcosa. E l'entusiasmo si rende fanciullo sulle sue labbra, che si arricciano e si dispiegano senza posa, come le ali di un uccelletto impaziente, in primavera, sui rami ingemmati di fresco e di sole.

- Se gradite, madamigella, potete spostarvi nel salottino -.
La governante attende in piedi che Camille le dia un cenno di assenso. E quando lo fa, scompare silenziosa e lesta, così come è apparsa.
- Gradite un bicchiere di qualcosa, Alain? -.
Camille gli fa strada verso un piccolo salotto, un angolo luminoso in un'ala della casa che Alain non aveva ancora visitato. Madame si è congedata adducendo la necessità di riposare un poco, e certamente non hanno potuto che scusarla.
Alain ormai non si stupisce più dell'informale confidenza che si crea con Camille.
E' come se la notte appena trascorsa, e tutto ciò che in essa è avvenuto, avesse accorciato le distanze tra loro.
O forse è stato tutto quel narrare d'amore e morte che li ha resi complici, al pari di chi si trova a dover condividere un segreto.
Ha un'aria intima quella piccola stanza rettangolare. Sarà forse per le piante pensili e fiorite che ricoprono un intero angolo, quello esposto maggiormente alla luce del sole. O per gli arredi dalle tinte calde, e i tessuti pesanti e ricamati. O forse per la libreria che s'intarsia di dorsi cesellati a lettere d'oro, di atlanti e cinquecentine dalla costa in pergamena.
Camille resta in piedi vicino alla finestra, che ampia svolazza in una tenda leggera.
Su un tavolino la governante ha preparato dei bicchieri di liquore, e un vassoio di dolcetti secchi (3). Alain sceglie decisamente il cognac e resta in piedi. Se solo ha imparato a conoscere Camille, sa che non esiterà ancora molto a parlare.
- Ho letto -, irrompe infatti.
- Il diario? -.
- Sì -.
Lo estrae da una piega nascosta dei teli della gonna, lisciandolo con cura. Gli occhi vividi, quasi brillanti.
- Un amore eroico... non saprei definirlo altrimenti. Un amore eroico, quello di André -.
Diventa tondo il gusto del cognac nel palato. Tondo e caldo.
- Non volete sapere nulla? -, incalza ancora la ragazza.
- No -.
- Degli anni in cui l'ha amata in silenzio. Del suo sentirsi ombra, e reputare lei la sua luce... indissolubili. Luce e ombra si dissolvono insieme, al calar del sole... il momento in cui tu morirai, sarà il momento in cui io morirò... questo scriveva. Un amore che si fortificava nella sofferenza. Un amore che non chiedeva nulla se non quello di esserle accanto... -. (4)
- No -.
Resta spiazzata dal volto serio di Alain. Dall'espressione un poco dura che le rivolge.
- Se avessi voluto sapere queste cose avrei letto il diario dieci anni fa. Resto dell'idea che fossero fatti privati di André. Ma voi avete fatto bene a leggere. Se vi può essere di aiuto nel prendere le vostre decisioni in amore... ben venga l'amore eroico del mio amico André. Mi auguro che a differenza di vostra zia voi sappiate decidere in fretta e per il vostro meglio -.
- André non avrebbe mai lasciato Oscar da sola... non avrebbe mai potuto morire per primo, lasciandola sola -. Lo dice con uno strano fuoco negli occhi, quasi sapesse qualcosa che Alain non sa.
- La vita è un po' diversa dalle favole Camille. La gente muore, e spesso, e la morte infrange tutti i sogni, non importa se sei giovane o innamorato o l'amore l'hai appena conquistato dopo averlo inseguito per tutta la vita -.
- Lo so. Lo so, Alain... ma voi... ma tu non l'hai visti morire -.
Trema un poco la mano di Alain sotto al bicchiere. Perché non riesce a credere che Camille gli stia davvero dicendo quello che le sue orecchie hanno appena sentito.
- Tu sei una scrittrice, Camille... e senza dubbio di talento, visto che non ti difetta la fantasia -.
- Non è questione di fantasia... ma davvero non ti è mai venuto il dubbio che... non ti ha mai sfiorato il sospetto che possa essere stata una messinscena per avere salva la pelle? -.
Una messinscena?
E' amaro il sangue che ribolle adesso nelle tempie. Amaro e veloce, come da ragazzo.
Incredulo, osserva le labbra di Camille che tremano e che raccontano un'ipotesi che nella sua assurdità sembra quasi verosimile.
- Non li hai visti morire. André era ancora vivo quando Oscar è stata colpita, e non sai quanto fossero gravi le sue ferite, perché tu sei rimasto a combattere (5). Ma se fosse sopravvissuta, e lo fosse stato anche André... non avrebbero avuto vita facile a Parigi. Sarebbero stati ricercati, da disertori, e forse non solo questo... ma se fossero morti... se fossero stati creduti morti... avrebbero potuto rifarsi una vita da qualche parte, insieme. E chi meglio dell'amico Alain? Chi meglio del soldato Alain, l'unico che li conosceva, l'unico che avrebbe fatto di tutto per loro, avrebbe potuto portare a compimento il piano? Portare una bara, con dentro due morti qualunque di quel giorno, ad Arras, secondo le ultime volontà di Oscar e André. Vegliare le loro tombe per un po', il tempo necessario affinché chi di dovere venisse a sapere della loro morte, e se ne facesse una ragione. All'oscuro di tutto, perché non fosse ricattabile, e non rischiasse la vita, e fosse credibile... estremamente credibile -.
E continua, l'impeto della narrazione, avvicinandosi a lui.
- Se ci pensi, non è poi così assurdo... Ti chiedi forse perché non ti abbiano dato mai notizia... Perché ti abbiano lasciato qui, prigioniero di un senso di colpa che ti ha impedito di vivere una vita che fosse tua, e non il riflesso della loro gloria?... Forse ci hanno provato. Forse la lettera è andata perduta, come è successo con le notizie che non sono mai arrivate a palazzo Jarjayes. Forse non sono stati in grado di scrivere. Forse sono morti comunque, ma non subito, e nel frattempo sono stati insieme, felici. Forse non immaginavano che tu saresti rimasto qua tutto questo tempo. Ti conoscevano bene... sapevano che non ti saresti mai ridotto a fare il contadino -.

Quelle parole gli hanno scavato un buco dentro, che non riesce a riempirsi di nulla, che non sia rabbia.
E quasi non si accorge di Camille talmente vicina da sfiorargli un braccio, gli occhi che le si sono fatti morbidi e liquidi al contempo.
Rifugge da quella dolcezza, dall'istinto che avrebbe di affogarci dentro. Perché adesso ha un solo pensiero nella testa, che annebbia tutto il resto.
 
D'un balzo, è fuori dalla villa. Gli occhi che bruciano, le mani che cercano con foga le redini, e la voce di Camille, che si spegne nel vento, dietro di lui.





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(1) Secondo la più diffusa letteratura, il nome Oscar significa "lancia di Dio".
(2) cit. capitolo 6.
(3) Ero quasi tentata di scrivere macarons. Pamina71 e Queenjane docent ha ha :)
(4) invito a leggere il testo bellissimo della sigla finale originale dell'anime, "Ai no hikari to kage " da cui traggo chiaramente spunto, e che qui riporto secondo una traduzione reperita nel web: Se l’amore è dolore / Soffriamo insieme /Finchè il dolore / Non raggiunga anche il tuo cuore / Tu sei la luce ed io l’ombra / Il nostro legame non potrà essere spezzato / Più è tormentato e più / Il nostro amore è profondo / Quando questo petto s’infiamma / Il nostro amore, il nostro amore è profondo / Il momento in cui tu morirai/ Sarà il momento in cui io morirò / Ho offerto il mio amore / Alla persona che penso sempre / Rincorri e risveglia i ricordi / Sono l’unico uomo che possa avere il tuo cuore / Più mi sento triste e più
Il nostro amore è profondo / Guarda quelle stelle che brillano lassù / Quando questo petto s’infiamma / Il nostro amore, il nostro amore è profondo.

(5) Parlo ovviamente di questa mia versione della Storia, come al cap. precedente.


Siamo arrivati all'epilogo, con il prossimo cap.
Spero che questa storia non vi abbia deluso, e che sia stata una lettura che vi ha trasmesso qualcosa.
Un abbraccio a chi ha lasciato la sua traccia, a chi ha letto in silenzio, a chi ha preferito ricordato o seguito, e ancora lo farà.
Vi aspetto alla prossima conclusione e, per chi lo vorrà, anche nelle altre mie storie.
Un bacio,
Amantea
   
 
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