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Autore: The Three Mewsketeers    12/02/2016    1 recensioni
Una raccolta scritta da tre pazzoidi che amano scrivere, amano TMM e amano delirare. Tutto qui. Ogni capitolo un prompt diverso, cosa accadrà? A voi la sentenza...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Salve a tutti bella gente!

Già, non ci siamo fermate, siamo sempre qui per rompere le scatole :3 e questa volta il tema l'ha dato la sottoscritta.

L'immagine si commenta da sé…
http://imageshack.com/a/img923/9472/iZMTtQ.jpg

 

Io sono pronta per nuove flame.

La flame te la darei io -.-""… *indica fronte*

*si nasconde dietro HP*

Su su è una mutanda, niente di pericoloso! Sono certa che i maschietti apprezzeranno.

Esistono maschi nel fandom? Dove? DOVE?

Peccato che ultimamente a Danya sia partita la manfrina dell'angst -.-* la perdoniamo solo perché se no chi ci sopporta a noi due -.-"?

^^"
Bona gente, vi lasciamo all'aggiornamento! Ringraziamo ovviamente tutti coloro che ci seguono, chi legge e chi commenta (un bacione speciale a Fair_Ophelia e Freya Crystal ;)) e sappiate che se non rispondiamo ai commenti è perché di tre non ne esce una sana e con un po' di tempo ^^""... Ma vi ringraziamo    
Buona lettura :*!

 

 

 

 

 

“Ryo, ben arrivato! Prego, accomodati!”

Shirogane sorrise quando Sakura, tutta un sorriso, gli aprì la porta di casa quel pomeriggio di Sole.

“Vuoi qualcosa da mangiare o da bere? Ecco, caro, dammi la giacca! Ichigo è di sopra che aspetta, non sai quanto sono contenta che tu la possa aiutare…”

L'attenzione dell'americano si distolse un poco dal fiume di parole della donna – tale madre, tale figlia – mentre le porgeva la giacca di pelle ed il casco, e per l'ennesima volta si soffermò con lo sguardo sulle foto di una ridente e tonda Ichigo da bambina.

Passavano gli anni, e la rossa continuava a chiedergli aiuto con lo studio – e come poteva lui dir di no a quegli occhioni?

Sakura praticamente lo spinse al piano di sopra, urlando qualche cosa alla figlia, e Ryo scosse la testa, come sempre divertito dal carattere della donna.

“Mi raccomando, se avete bisogno di qualcosa, chiamate, Ryo non farti scrupoli come al solito! Ah, e ovviamente rimani per cena, è sempre bello avere compagnia giovane!”

Prima che lui potesse ribattere, Sakura aveva bussato due volte sulla porta bianca di Ichigo, spalancandola e poi voltandosi per ridiscendere le scale… fortunatamente, mancando la scenetta che di lì a poco si sarebbe consumata.

Ichigo, infatti, si era gelata in mezzo alla stanza non appena la porta si era aperta, in mano un vestitino leggero azzurro, addosso… solamente un completino di pizzo bianco che donava parecchio al suo corpo da universitaria.

Ryo sentì le guance andare in fiamme, insieme ad una strana sensazione di déjà-vu. Ah, il karma!

Poi ghignò: “Però, Momomiya, ci mettiamo in ghingheri per le ripetizioni, eh?”

La ragazza avvampò, afferrando il libro più vicino e lanciandoglielo contro: “Brutto schifoso maniaco, voltati subito!”

“Non è stata colpa mia!”

Obbedì comunque all'ordine, profondamente soddisfatto. Sapeva però che era meglio cavarsi quel sorrisino dal volto, perché Ichigo sapeva ancora tirare fuori le unghie come un gatto.

“Adesso siamo pari, quindi?” le domandò, mentre la sentiva sbuffare e borbottare rivestendosi. “Perché te lo assicuro, questo ha compensato tutte le infinite volte che tu sei piombata in camera mia mentre io ero in mutande.”

“Ringrazia che mio padre non sia in casa, o saresti già morto. Entra, sciagurato.”

Si era infilata quel delizioso vestitino azzurro e lo stava squadrando a braccia incrociate, ancora porpora in viso. “Avrei bisogno di aiuto con un paio di documenti assegnati da un professore, sono tutti in inglese…”

Ryo annuì, facendo un respiro profondo, prese il suo solito posto sulla sedia accanto a quella girevole della rossa alla scrivania. “D'accordo, fammi vedere.”

Era una brutta scelta di parole, forse, perché Ichigo arrossì di nuovo mentre gli si sedeva più lontana del solito e gli passava i fogli quasi con la punta delle dita.

Shirogane tentò di concentrarvici sopra, ma quel vestito le arrivava a malapena a metà coscia, e l'immagine di lei cinque minuti prima era come bruciata nelle sue cornee, e lei stava mordendo sovrappensiero la punta della penna mentre guardava i fogli con quell'espressione aggrottata e le gote rosse…

OKAY, well, no, I can't.Ryo si alzò in piedi, passandosi una mano tra i capelli.

“Cosa c'è?”

Ichigo non poteva essere seria con quell'espressione innocente.

“Scusa. Ahem. È che… oh, andiamo, non puoi pensare che io riesca a concentrarmi quando so cos'hai lì sotto!”

Ichigo incrociò le braccia al petto. “Non dovevi vederlo.”

“Potevi prepararti un po' prima, sapevi benissimo a che ora sarei arrivato.”

“Ero in ritardo!”

“Sai che novità.”

“Shirogane, smettila di fare l'uomo e riporta il tuo sedere su questa sedia!”

“Evitiamo di parlare del mio sedere, grazie.”

“Disse quello che non si fa scrupoli a parlare della mia biancheria.”

“Non mi sembrava la biancheria più adatta ad un pomeriggio di studio!”

“Ma potrò scegliere io cosa mettermi o meno?! Magari così la smetterai anche di guardarmi solo come se fossi una bambina stupida con i codini!”

“……cosa?”

“……cosa?”

 

 

Al piano di sotto, Sakura sospirò contenta mentre pelava le patate, sorridendo dell'improvviso silenzio sopra la sua testa, e cominciò a fischiettare.

 

§§§§§§§§§§§§§

 

*Note Danya: questa è una os degenerata nel tempo.*

 

Gli accarezzava con frenesia il corpo marmoreo, scolpito e delineato da anni di duro addestramento che lo avevano reso quello che era: spietato, forte, invincibile.

Le strappò via uno degli scomodi indumenti che utilizzavano, lasciandola solo con quella bianca lingerie che dalla sua gente non si usava. Era sexy, erotica. Da paura.

Passò le labbra sul ventre piatto, stringendo i seni con forza tra le mani sentendola trattenere gemiti con quella bella voce roca.

I capelli violacei sparsi sul cuscino, il volto contratto nella smorfia dell’eccitazione, le labbra che si univano, le lingue che si toccavano in quella loro danza frenetica.

Ogni spinta che le dava non era d’amore perché non era quello che cercavano l’uno nelle braccia dell’altro: era pura fisicità, passione che li divorava e che poi li lasciava come prima, forse un po’ più vuoti, più meschini.

I versi gutturali che uscivano dalla bocca di Pai si univano a quelli di Zakuro ad ogni spinta, ad ogni movimento e la giovane donna sussultava al suo tocco e lui gemeva al suo.

Eppure non riusciva a guardarla in viso perché Zakuro non era Retasu. Non era la mew focena dallo sguardo timido ma sincero, con la voce delicata e il corpo più formoso e delicato.

Quelle labbra che baciava non erano le sue. Non erano sue quelle mani, quel corpo.

Come sarebbe stato entrare in quel corpo? Di certo avrebbe tremato sotto il suo tocco, sarebbe stata più timida ma sincera nel ricambiare.

Se avesse mai ricambiato.

Con Zakuro era tutto più facile. Non c’erano complicazioni sentimentali: amanti solo a letto.

Da quando erano tornati, Pai ci aveva provato. Aveva provato ad essere gentile con la ex mew focena, meno astioso ma qualunque cosa facesse, pareva infastidirla o darle dispiacere. Anche stare sotto lo stesso tetto, molte ore del giorno… non era facile.

Retasu sembrava non volerlo neanche incrociare, sgusciava via la mattina e tornava la sera.

Aveva provato a baciarla, in realtà, spinto da una voglia irresistibile e istintiva, ma la verde aveva voltato la testa di lato, rossa e contrita per poi andare via sussurrando delle scuse che Pai non aveva neanche ascoltato.

Un rifiuto? Possibile.

 

Come sarebbe stato far l’amore con Retasu?

 

Nel momento clou si ritrovò a pensare a lei e, ne era sicuro, le labbra avevano formato il suo nome.

 

Zakuro, dal canto suo, adorava andare a letto con Pai, ma non sentiva quel sentimento che poteva essere amore. Pura chimica. Pura estasi. E si sentiva in colpa pensando all’amica che, lo sapeva, era attratta dal bel alieno in modo così candido e dolce da farle stringere il cuore.

Retasu si era confrontata con loro. Aveva ammesso che non solo fosse attratta da Pai, ma che addirittura lui aveva provato a baciarla. Si era fatta prendere dal panico ed era sgattaiolata via e da quel giorno, l’alieno non le rivolgeva la parola. Ichigo e le altre le avevano detto di confrontarsi con lui, di spiegargli i suoi sentimenti. Di farsi avanti lei. Zakuro era rimasta in silenzio, avvertendo una strana fitta al petto.

Era così… meschina?

-Zakuro-san, tu cosa… mi consigli?

Sapeva perché Pai ne era attratto: gli occhi di Retasu erano sinceri, grandi e lei era fin troppo onesta e gentile.

Sorrise, suo malgrado e scosse leggermente il capo: - Hanno detto tutto loro.

“Fingi! Fingi!”

 

Quando finirono e il corpo era soddisfatto e Pai rotolò sul letto della mew wolf.  Non ricordava bene come c’era finito, in quel letto, ma sapeva che Zakuro era una bella donna, una focosa amante capace di soddisfare il suo bisogno fisico e Zakuro si sentiva attratta da Pai e ogni volta che lo incontrata di nascosto, sentiva il brivido del proibito.

Rimasero nel buio della camera a sentire i loro respiri fondersi e riprendere il ritmo giusto.

-Dovremmo smetterla. - disse Zakuro, rompendo il silenzio.

Non ne fu sicura, ma vide Pai annuire nel buio.

-Mi spiace. - disse l’alieno. Perché si sentiva uno schifo, dentro. Quello che faceva non era giusto nei confronti di Retasu né tanto meno di Zakuro. Di lui non gli importava niente, ma non …

 -Non è giusto. - disse piano.

-Lo so. Dispiace anche a me.

Rimasero ancora in silenzio, avvertendo uno strana elettricità passare tra i loro corpi quando si sfiorarono le braccia.

-Hai provato a baciare Retasu. – non era un’accusa, il tono era tranquillo e Pai si sorprese un po’, sentendosi come un ragazzino colto in flagrante.

-Sì.

-Non le dirò niente, di questo.

Pai annuì e si rivestì in silenzio: - Non credo abbia più importanza, ormai.

Zakuro si mise di lato, scrutando la grande schiena mentre si piegava a raccogliere i pantaloni: - Credo che lascerò stare.

-Perché?

Parlare con Zakuro era abbastanza semplice perché si assomigliavano. Erano schietti, diretti e non avevano mezze parole. Forse anche per questo le piaceva: -Perché prima o poi me ne andrò dalla Terra.

-Ti seguirebbe.

-No, non lo farebbe. E io non rimarrei qui.

Per la prima volta, dopo settimane, Zakuro avvertì un tono amaro nella voce di Pai: - Questa è codardia. –gli fece notare tranquillamente.

Si voltò appena a scoccarle un’occhiata ostile: - Chiamala come vuoi.

-Credi che sarà lei a farsi avanti, con te.

Pai aggrottò la fronte, mettendosi i copri avambracci: -Ah sì? - rispose con tono neutro.

-Sì.

-Mi spiace per lei, allora.

Pai uscì da casa di Zakuro, camminando nella fresca notte giapponese, lasciando la giovane donna da sola.

 

Qualche settimana dopo…

Zakuro era attenta, ai dettagli. Lo era sempre stata, anche se non poteva definirsi una impicciona.

Non le era sfuggita la faccia cupa di Retasu di quelle settimane, né il malumore di Pai eppure…

Eppure mentre la verde si era fermata in cucina a prendere delle ordinazioni, Pai le aveva semplicemente sfiorato la mano e le aveva… sorriso. Incrociarono un attimo gli sguardi e lei lo distolse quasi subito.

Non era mai stato niente.

Niente.

 

A fine turno si tolse la cuffietta, massaggiandosi il capo dolorante. Erano andati tutti via, ad eccezion fatta di lei che aveva fatto le cose con molta calma.

Si stupì leggermente di vedere Pai appoggiato al muro vicino allo spogliatoio. Si guardarono un attimo, non dicendo niente e le fece solo un cenno del capo.

Zakuro avvertì come sempre le pelle d’oca e quella strana carica che passava fra i due corpi.

-Va tutto bene?

Non si aspettava di certo quella domanda da Pai. Assunse un cipiglio neutro, scostante e camminò verso l’uscita: - Bene, grazie.

Si fermò giusto un attimo, guardandolo diritto in faccia però: - Se Retasu piangerà a causa tua, te la vedrai con me.

Lui non la prese come una battuta o uno scherzo. Annuì semplicemente e la guardò uscire con quel passo sicuro che la distingueva e udì i suoi passi echeggiare nel locale vuoto quando non la vide più.

 

   
 
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