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Autore: Ale_2608    20/02/2016    0 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"Scuola. Il posto peggiore che qualsiasi alunno possa mai immaginare.
Erano solo dei ragazzini, ragazzini che giocavano con i propri sentimenti.
Giocavano a fare gli innamorati, ai fidanzatini, ignorando i propri sentimenti e della propria metà.
Erano da sempre stati amici, dal primo anno. Si conoscevano come le loro tasche, ormai. Almeno credevano..."
Ehi! Sono tornata con un'altra long, anche se è un'po diversa dai temi che scelgo di solito (Un'po tanto)
Spero vi piaccia ugualmente e ci si vede dentro!
Ciao ciao!
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La sveglia suonò e il suono era spiacevole. Se la sveglia suonava significa che era ora di alzarsi. Se non si alzava sarebbe stata la madre a buttarlo giù dal letto, e neanche molto cautamente. Calciò via la coperte e si sedette sbadigliando. Si alzò e si vestì come ogni singolo giorno, infilandosi pure la maglietta al contrario dal troppo sonno. Aveva passato troppo tempo la sera precendente a giocare con i videogiochi, andando a letto solo alle tre meno venti di mattina. Da casa sua alla scuola la strada era abbastanza lunga, ma sotto sotto non gli dispiaceva più di tanto sgarnchirsi le gambe il lunedì mattina, prima di entrare in classe. Si mise la cartella in spalla ed uscì, metà: scuola. Era una giornata primaverile e il caldo stava arrivando, non era così strano vedere un quattordicenne passeggiare per la strada alle sette di mattina in maniche corte. La scuola gli era sempre sembrata una specia di gabbia di tortura per i ragazzi adolescenti, ma era proprio la che aveva conosciuto delle persone molto importanti, gli amici che lo avevano accompagnato per tre anni. Al solo pensiero che l'anno dopo non si sarebbero potuti rivedere lo faceva stare tremendamente male, per questo si era imposto di non pensare al futuro ma al presente. Arrivò a scuola e aspettò come ogni mattina gli amici, che effettivamente non tardarono ad arrivare. Come sempre, Alessia arrivava dopo di lui e si lamentava del fatto che arrivava sempre lui primo, ma la cosa lo faceva ridere solo per l'espressione che usava per tutto il monologo:

-La prossima volta ti batto, stanne certo!- diceva sempre così, anche se finiva con il perdere. Entrarono in classe e cominciò la noiosissima lezione di italiano. Il professore continuava e continuava a spiegare le liriche di Ungaretti, anche se quasi nessuno stava ad ascoltarlo, si facevano gli affari propri. C'erano poche cose che annoivano veramente Omar e una di questa erano proprio le liriche o la scuola in generale. Continuava ad assecondare l'idea di Alessia nel far saltare in aria l'edificio, ma la stava riconsiderando e la piccola non aveva tutti i torti, sarebbe stata adorata dalla maggior parte della scuola. Scosse la testa dimenticandosi di quel assurdo pensiero, ma nel sentir pronuciare la parole 'ANCORA' decise che forse era meglio assecondare quella pazza della sua amica.

La pausa era arrivata e stavano scendendo in cortile come tutti i giorni. Erano troppo ripetitivi e non era una cosa molto gradita dal nostro amico. Beh, non erano loro ripetitivi, era la scuola che li costringeva ad essere così. Si misero nel loro angolino e cominciarono a parlottolare tra loro.

OVVIAMENTE i 'Tistuproicapelli' non mancavano mai. Erano tre ragazzi di seconda che continuavano a toccargli i capelli e Dennis si era inventato il nome di quei quattro, ed era pure azzeccato. Dopo qualche minuto se ne andarono e si intravise Giorgia e Nicole strattonare Lubjana, un braccio a testa. L'espressione di quest'ultima era quasi supplichevole, Sara e Alessia provarono ad aiutarla, ma rischiarono di morire, così lasciarono perdere. Dennis proprio se ne fregò altamente, non che lui e Lubjana vadano molto d'accordo:

-Forbicio dammi una mano!- Dennis la guardò e poi rise, rigirandosi a parlare con Alessia. Omar si avvicinò alle tre e liberò Lubjana, rischiando di morire a sua volta però. La campanella suonò nuovamente e si diressero verso la loro classe. Ci furono le due ore di matematica, le quali Alessia, Giorgia e Dennis vennero rimproverati per essersi addormentati proprio durante la spiegazione delle equazioni. Infine ci fu l'ora di inglese, la materia più temuta dal nostro gruppetto di “avventurieri”. Fortunatamente finì anche quella abbastanza velocemente e corsero fuori dalla classe dopo aver sistemato le loro cose. Omar salutò gli amici e si diresse per la via di casa sua. Aveva sentito parlare Alessia di sfuggita sul fatto che Nicole e Lubjana erano molto più vicine del solito, certo, il perché era praticamente lampante per tutti nel gruppo. Tutti sapevano delle amiche e non se ne facevano un problema, erano loro quelle felici e non potevano mica descriminarle solo per amare una persona del proprio sesso. Entrò in casa e salutò i genitori, ma si rabbuiò scoprendo che era solo, di nuovo. Nel giro di sole due settimane si ricordava a stento l'ultima volta che li aveva visti. Erano quasi menefreghisti sul suo conto, non gli importava se prendeva un brutto voto, una nota, se si fosse addirittura rotto una caviglia a basket, il loro unico interesse era quello di avere un erede per la loro compagnia famosa a livello nazionale. Entrò nella stanza e si lasciò scivolare sulla porta, guardando la propria stanza.

Vuoto.

Quella parola gli era rimbombata così tante volte nella testa che ormai aveva perso il conto. Sorrise debolmente e sussurrò:

-Non so cosa farei senza i miei amici, forse adesso sarei proprio come i miei genitori...- alzò il braccio, quasi come afferrare qualcosa, ma lo ritrasse subito dopo:

-Poi sono io che dico ad Alessia che è ancora una bambina-

   
 
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