10
Storybrooke. Oggi.
Regina
aprì la porta di casa, curandosi di nascondere
l’acchiappasogni dietro la
schiena. E curandosi anche di nascondere la profusione di emozioni che
le
stavano sconvolgendo i pensieri.
Era
sera. Ed Emma era là, fasciata nei suoi abiti neri, una
spalla appoggiata alla
colonna, le labbra rosse che spiccavano contro il pallore del suo viso,
l’aria
più calma e strafottente del mondo, quasi la sua fosse una
normale visita di
cortesia, quasi come se fosse stata lei a fare un piacere a Regina,
presentandosi a casa sua.
-
Emma.
-
Ciao. – rispose lei, senza battere ciglio.
-
Che cosa diavolo succede? Cosa stai facendo? –
domandò Regina.
-
Sono qui per vedere Henry.
-
Non è questo che intendo e lo sai. – Regina si
sentiva troppo furiosa per controllarsi.
Era troppo difficile controllarsi, quando bastava che Emma la fissasse
in quel
modo per farla esplodere. – Ci hai tolto i ricordi e ora
Gold. Cosa stai
cercando di fare?
Emma
si era assicurata che Merida stesse facendo il suo dovere. Gold si era
dimostrato restio, cosa che si aspettava da un uomo del genere, quindi
aveva
costretto Merida a cercare qualche incentivo. Sicuramente erano ancora
nella
foresta. Aveva imposto a quella regina celtica di spronarlo fino a
quando non
si fosse deciso a combattere. Non era disposta a tollerare fallimenti.
Ne aveva
abbastanza di fallimenti.
Non
si scompose davanti alle domande di Regina.
-
Emma... non c’è niente da cui tu non possa tornare
indietro, se lo vuoi. Basta
che tu dica la verità.
-
Quello che sto facendo sono solo affari miei. E lo sto facendo
perché è la cosa
migliore. Fidati. – rispose, pacatamente.
-
Stavo iniziando a farlo! – rispose, fuori di sé.
La cosa più assurda era che si
sentiva ad un passo dalle lacrime. Aveva un terribile nodo in gola. Una
voglia
assurda di afferrarla per la giacca e scuoterla con violenza. Di
prenderle il
viso tra le mani, con forza, per costringerla a guardarla sul serio. -
E come
Henry stavo vedendo del buono in te. Ma mi sbagliavo. Pensavo potessi
essere
diversa. Pensavo potessi sfuggire all’oscurità.
Però poi... hai pensato di
strappare il cuore ad una tredicenne. E hai usato Lily per ottenere
quello di
cui avevi bisogno.
-
Che cosa? – disse Emma.
Finalmente
aveva ottenuto la sua attenzione. Le mostrò
l’acchiappasogni.
Emma
si avvicinò di un passo. – Adesso commetti
effrazioni?
-
Oh, no! – Regina alzò un dito. – Non
provare a farmi la morale. Non dopo quello
che hai fatto. Henry ha visto cosa intendevi fare a Violet. Ha visto
come hai
usato Lily! Era sconvolto!
-
Già. Cosa ho pensato di
fare. Ma non
l’ho fatto, Regina.
-
Ah, certo! Hai fatto una cosa ben peggiore. Hai usato i ricordi di Lily
contro
di lei, contro la sua volontà... le hai spezzato il cuore di
nuovo per poter
avere quella lacrima! La tua unica amica...
-
Non sapevo che ti importasse così tanto di Lily. Non
sembravate andare
d’accordo. – Emma non le staccava gli occhi di
dosso.
-
Non è questo il punto! Non cercare di raggirarmi. Non
funziona con me,
signorina Swan!
-
Non mi chiamare ‘signorina Swan’! Ne abbiamo
passate troppe.
-
Parliamo di quello che hai fatto passare a Lily. Scommetto che tutta la
faccenda della “cosa giusta” e del
“fallimento” non è che un modo per
coprire i
tuoi, di fallimenti. – Regina stentava a padroneggiarsi,
lottava immersa nella
totale confusione. – Ho una certa esperienza con gli Oscuri,
l’hai dimenticato?
Non fate altro che manipolare.
Emma
le diede le spalle per qualche momento. – Se fossi rimasta al
tuo posto... tu e
tutti gli altri... sarebbe andato tutto bene.
-
Ma senti chi cerca di giustificare tutto. – rispose, con
sarcasmo.
-
Quello che ho fatto a Camelot, l’ho fatto a fin di bene.
Sto
per urlare. Lo
sento, pensò
Regina. Ed era possibile; gli saliva come un
ruggito, da dentro, un enorme obice di furia. Il mondo reale vacillava.
Il
mondo reale erano Emma e quei ricordi agghiaccianti. Era Emma e
l’odore
pungente, ma intenso che emanava. Era Emma con il suo sguardo duro come
pietra.
-
Questo è esattamente ciò che mi disse mia madre
quando cercò di giustificare
ciò che aveva fatto a Daniel. – disse Regina,
imprimendo nelle sue parole tutta
l’amarezza di cui era capace. Non abbassò mai lo
sguardo. – Disse che l’aveva
fatto per il mio bene.
-
Oh! – esclamò Emma. Venne ancora più
vicina. Abbastanza perché lei potesse
sentire il suo respiro gelido. – Tua madre. Si vede che non
hai capito nulla,
Regina. Io non intendevo uccidere Violet. E poi... dato che mi paragoni
a tua
madre... chissà che tutto questo non ti piaccia, in fondo.
-
Come?!
-
Cora... – disse Emma. Scandendo bene le sillabe. –
Il tuo primo vero amore, il
più infelice di tutti. È per questo che ti sei
lasciata ingannare.
-
Non ti permettere nemmeno! – ringhiò Regina.
– Mia madre mi ha ingannata perché
era brava a farlo. E tua madre ne
sa
qualcosa.
-
No, tua madre ti ha ingannata perché era lei a possedere il
tuo cuore. L’hai
sempre amata. Persino dopo quello che è successo con Daniel.
È stato il tuo più
grave errore. Il tuo errore. Non di
mia madre. Lei era una bambina. Tu... no.
Regina
sollevò una mano. Era indecisa se colpirla o usare la magia
contro di lei. Ma
voleva farle male. Oh, parecchio.
-
Coraggio, fallo. Come se potessi ferirmi... – rispose Emma.
– Come se la tua
magia mi spaventasse...
-
Quello che conta qui, Emma...
– le
disse, sforzandosi di trattenere il proprio potere e pronunciando il
suo nome
lentamente. – È che non riuscirai mai a
giustificare quello che hai fatto.
-
Almeno grazie a quella lacrima abbiamo liberato Merlino! –
gridò. Si rese
subito conto di essersi esposta troppo. La fissò, con gli
occhi leggermente
sgranati.
-
Allora è vero che siamo riusciti a liberarlo... –
mormorò Regina, scrutandola.
Tuttavia il senso di confusione aumentò. – Ma se
è così... per quale motivo sei
ancora l’Oscura?
-
Per colpa tua. Vostra. –
precisò
Emma. – Adesso evitiamo di perdere altro tempo. Voglio vedere
mio figlio.
-
Io, invece, non credo che lui voglia vedere te. Anzi, ne sono convinta.
–
ribatté Regina, con la medesima durezza. –
Arrivederci, signorina Swan.
Le
sbatté la porta in faccia.
Emma
rimase là, a guardare il numero 108. A guardare la porta
bianca.
“Quello
che conta qui,
Emma. È che non riuscirai mai a giustificare quello che hai
fatto”.
Tornò
sui suoi passi, ma prima di andarsene si voltò, cercando con
lo sguardo la
finestra di Henry.
Lui
era là. La osservava. Sul suo viso si mescolavano delusione
e rabbia. E
incredulità.
Fu
solo un istante. Poi Henry chiuse le tende.
Era
una vera fortuna che Robin fosse già tornato nel suo
appartamento e che Henry
fosse in camera sua. Perché non dovevano vederla
così. Soprattutto Henry.
Dopo
aver chiuso la porta in faccia all’Oscuro, Regina
serrò le palpebre per il
sollievo. Poi si mosse con la massima rapidità.
Gettò via l’acchiappasogni con
rabbia e si fiondò al primo piano, entrò in bagno
e fece scorrere l’acqua,
gettandosene un po’ in faccia. Il battito pesante del cuore
le rintronava in
testa. Poche volte nella sua vita si era sentita così fuori
di sé. Non
semplicemente furiosa, ma così incapace di gestire le
emozioni.
“Tua
madre ti ha
ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore.
L’hai sempre amata. Persino
dopo quello che è successo con Daniel. È stato il
tuo più grave errore. Il tuo
errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no”.
Emma
la sgomentava. La durezza e la cattiveria che impregnavano le sue
parole la
sgomentavano.
“Ci
deve essere un
altro modo!”
“Non
c’è. Hai faticato
troppo per vedere la tua felicità distrutta”.
Voleva
strappare il cuore di una ragazzina. Aveva attinto dai ricordi della
sua unica
amica per avere la lacrima.
Perché
una lacrima?
Merlino è stato liberato da una lacrima. Com’era
stato imprigionato in
quell’albero? Chi è stato?
Ma
c’era dell’altro.
Emma
è ancora l’Oscura.
Doveva essere Merlino a salvarla. Perché non ci è
riuscito?
“Per
colpa tua. Vostra”.
Non
ne aveva avuto il tempo, forse. Era l’unica spiegazione.
“Avete
fallito”.
“Colpa
tua. Vostra”.
Regina
andò in cucina e si versò un bicchiere di
bourbon. Lo bevve in un unico sorso.
Le bruciò la gola, ma sentiva di averne davvero bisogno.
Dov’è
Merlino?
“Cora.
Il tuo primo
vero amore, il più infelice di tutti. È per
questo che ti sei lasciata
ingannare”.
Non
solo.
“Il
dolore di Regina
è... vero. È un dolore terribile. Ma potrebbe non
essere sufficiente. Non posso
correre questo rischio. Non ho più tempo, ormai”.
Aveva
condiviso i suoi ricordi con Emma, a Camelot. Emma aveva visto
cos’era successo
a Daniel, come Cora l’aveva ucciso. Ecco perché si
era permessa di dirle quelle
cose.
“Mi
dispiace tanto. So
di aver mentito sulla mia famiglia. Ma per il resto ti ho sempre detto
la
verità. Io odio la mia casa. Io lì mi sento
invisibile”.
“Quella
non è casa mia.
Lo avevi promesso. Amiche per sempre. Qualsiasi cosa accada”.
Era
stato come avvertire lo spezzarsi del cuore di quella ragazzina che era
Lily.
Oh, sì, era una bugiarda. Aveva mentito, ma il modo in cui
si rivolgeva ad Emma
era assolutamente... intenso. Era adorazione. Avrebbe fatto qualsiasi
cosa per
tenerla vicino a sé, ne era sicura. Il cuore spezzato di
Lily era abbastanza
forte. Il suo no. Non più.
...Ed
Emma diceva che Lily aveva fatto la cosa giusta. Aveva aiutato Emma
anche se
lei si era approfittata delle sue memorie?
“Perché
sei ancora
l’Oscura?”
“Per
colpa tua. Vostra”.
“Cora.
Il tuo primo
vero amore, il più infelice di tutti. È per
questo che ti sei lasciata
ingannare”.
“Avete
fallito”.
“Tua
madre ti ha
ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore.
L’hai sempre amata. Persino
dopo quello che è successo con Daniel. È stato il
tuo più grave errore. Il tuo
errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no”.
Regina
scagliò il bicchiere contro una parete. I pezzi di vetro si
sparsero sul
pavimento.
***
Camelot.
Quattro
settimane prima della maledizione.
-
Merlino? – disse Azzurro.
Il
mago gli rivolse un cenno di saluto, sorridendo.
-
Tu sei... Merlino?
-
Vi aspettavate qualcuno...
-
Più vecchio.
-
Già. Diciamo che c’è una spiegazione
per tutto. Ed essere un albero fa anche
bene alla pelle.
Merlino
aveva liberato gli Azzurri dall’incantesimo di
Artù. Ora si trovavano tutti al
Granny’s. Il re si era ritirato nel suo castello e non aveva
più dato segni di
vita, il che poteva significare che stava tramando qualcosa. Era il
pugnale ciò
che voleva ed erano sicuri che non si sarebbe mai arreso fino a quando
non
avrebbe avuto l’oggetto tra le mani.
-
Beh, adesso che il grande stregone è tra noi, forse
può risponderci. – disse
Uncino, avvicinandosi ad Emma e appoggiandole una mano sulla spalla.
– Puoi
liberare Emma dall’oscurità?
Merlino
si rivolse a lei. – Certamente.
Neve
e Azzurro si scambiarono un’occhiata sollevata.
-
Però... ho un avvertimento. – disse Merlino.
Avanzò di qualche passo, fissando
Emma negli occhi. –
L’oscurità funziona
così: si impossessa di una persona. Le scava dentro, nel
profondo, dove nessun
altro può arrivare. Quindi, per liberarti dalla sua morsa,
devo essere certo di
una cosa. Emma, il tuo cuore... è davvero pronto per questo?
Perché dipende da
te e non solo da me.
Emma
stava per rispondere di sì. Stava per dire che era pronta.
Che voleva
disfarsene. Che doveva disfarsene
per
il bene di tutti. Ma poi ripensò all’onda di
potere che aveva controllato
quando si era trattato di liberare Merlino. Ripensò alla
sensazione di
entusiasmo e di forza che aveva provato.
-
È a questo che devi pensare, mia cara. – disse
Tremotino. Sedeva comodamente su
uno dei tavoli del locale, ghignando, malefico. Erano giorni che non si
faceva
vivo e lei era convinta di essersene liberata. – La magia
è potere. Possedere
il potere significa essere in grado di fare grandi cose.
Perché rinunciare? Tu
sai quanto è gustosa l’oscurità.
-
Emma? – la chiamò Regina.
Emma
scoccò un’occhiata a Lily, seduta accanto a
Tremotino. Solo che non poteva
vederlo. Lei le riservò un’espressione furiosa.
Spostò lo sguardo su Henry e
vide che il ragazzino era in attesa di una sua risposta. Come tutti.
-
Hai dato il meglio di te con Lilith. Ma puoi fare ancora meglio. Puoi
essere
ancora più potente. – continuò
Tremotino.
Non
ho dato il meglio
di me. L’ho ferita. L’ho usata. E ho pensato di
ferire mio figlio. Volevo
prendere il cuore di quella ragazzina.
-
Basta, va via. – borbottò Emma, infastidita.
-
Swan... – iniziò Uncino.
-
Con chi parli, Emma? – domandò Neve.
-
Con i suoi demoni. – rispose Merlino. Lui non sembrava
particolarmente sorpreso
di vederla dialogare con il nulla.
-
Attenta, cara, è il mago più vecchio del reame.
Lui sa molte cose sugli Oscuri.
– disse Tremotino, indicando Merlino con il lungo indice
squamoso.
-
Posso farcela. – disse Emma. E non sapeva nemmeno lei a chi
stava rispondendo.
Poco
dopo, mentre Emma sedeva su una roccia davanti al Granny’s a
costruire un
acchiappasogni dopo l’altro, Lily si accostò a
Merlino.
Ancora
non si capacitava di ciò che era accaduto. Un attimo prima
stava parlando con
Emma di quanto fosse sbagliato ciò che pensava di fare a
quella ragazzina e un
attimo dopo era diventata la vittima dell’Oscuro. Un attimo
prima Emma era
convinta che l’unico modo per liberare Merlino fosse spezzare
il cuore di Henry
e prendersi la sua lacrima, un attimo dopo era stata lei a dare ad Emma
l’ingrediente mancante.
“L’oscurità
funziona
così: si impossessa di una persona. Le scava dentro, nel
profondo, dove nessun
altro può arrivare”.
“Le
scava dentro...”
L’Oscuro
aveva scavato dentro di lei, recuperando i ricordi più belli
e al tempo stesso
più brutti della sua vita.
“...
nel profondo, dove
nessun altro può arrivare”.
Non
aveva mai permesso a nessuno di arrivare a quei ricordi. Non aveva mai
incontrato nessuno che considerasse degno di quelle memorie.
“Le
scava dentro...”
-
Ciao, Lilith. – disse Merlino, senza nemmeno alzare la testa.
Sedeva presso il
bancone del locale. Le
sue mani giocherellavano
con un barattolo di ceramica che conteneva delle zollette di zucchero.
-
Quindi sai chi sono.
-
Sì, naturalmente. – Si rivolse a lei e le sorrise.
- So molte cose di te, grazie
al mio Apprendista.
-
E hai cercato di parlarmi, vero? Quel giorno, nel cortile...
-
Ci ho provato. Non è facile, quando sei un albero. Avevo la
possibilità di
parlare alle persone e anche di proiettarmi al di fuori della mia
prigione... –
Si rabbuiò un momento. – Ma non per molto tempo.
Lily
inarcò la fronte. Poi scosse il capo. – Ho sentito
quello che hai detto ad
Emma. Puoi liberarla dall’oscurità.
-
Lo spero.
-
Puoi fare lo stesso per me?
Il
mago si aspettava quella domanda, così come si era aspettato
la chiacchierata
di Emma con il demone che assumeva le sembianze di Tremotino. Si
alzò. – Il mio
Apprendista mi ha fatto la stessa domanda, una volta.
-
E tu gli hai detto che non potevi sistemare le cose. Ma era la
verità?
-
Ciò che è fatto è fatto, Lilith.
– Il suo tono era benevolo e conciliante. E
ovviamente la rendeva ancora più furiosa. – Se
invertissimo l’incantesimo...
-
Perciò può essere invertito.
-
Può essere invertito. Non
annullato. Le
conseguenze sarebbero terribili. – Appoggiò le
dita della mano sul petto di
Lily. – Il potenziale oscuro era di Emma, ma è
dentro di te da sempre. E so che
cosa significa.
-
Non credo che tu lo sappia davvero! – rispose Lily,
scacciando la sua mano. Era
un’assurdità e lo sapeva bene. Un mago vecchio
come lui doveva aver affrontato
un sacco di demoni. Ma da un po’ di tempo le giornate erano
piene di assurdità.
-
Credimi, lo so. So anche che cosa significa lottare contro
l’oscurità. Ci ho
avuto a che fare, molto tempo fa. – Il suo sguardo
sembrò assente per qualche
istante. Tacque e parve interessato unicamente ad una parete del
Granny’s.
Infine tornò a fissarla, rinfrancato. –
L’oscurità ha distrutto una persona che
amavo.
Lily
non disse niente.
-
Quello che voglio dire... – ricominciò Merlino.
– Quello che voglio dire è che
quell’oscurità è radicata in te. Fa
parte della tua essenza. Se... se te la
strappassi, quell’oscurità tornerebbe dal suo
legittimo proprietario.
-
Tornerebbe da Emma. – mormorò Lily.
Merlino
assentì. – Emma sta già combattendo una
battaglia difficile. Una battaglia che
per molti sarebbe impossibile da vincere. Inoltre, se anche riuscissi a
sradicare quel potenziale oscuro, potrei farti del male. Sarebbe
estremamente
doloroso. Non credo che tu voglia questo. Soprattutto non credo che tu
voglia
dare a qualcuno come Emma l’oscurità che ti porti
dietro.
Lei
fece per dire qualcosa, ma vi rinunciò.
Che
se la prenda, la
dannata oscurità!, pensò,
incollerita. Che se la prenda e che se la
prendano pure quei maledetti dei suoi
genitori.
Poi
pensò a Murphy, ai suoi occhi argentei, alla sua faccia
maciullata dai calci.
Allo stivale sporco di sangue. A Percival che bruciava.
-
Ora che Emma è contaminata da
un’oscurità molto più grande, la tua...
è
diversa. Lo sai, vero? – chiese Merlino.
-
Lo è? A me sembra peggiore di prima.
-
Non è peggiore. È mutata. Così come
è mutata l’essenza di Emma. Sono sicuro
che, in parte, capisci ciò che sto dicendo. –
Merlino le appoggiò una mano
sulla spalla. – Capirai anche come usare il tuo dono.
-
Se ti riferisci al fatto che posso trasformarmi in un drago...
-
No. Non mi riferisco a questo. Ci sono delle cose di te che ancora non
conosci.
Non abbastanza. Tu non sei solo quel potenziale oscuro che è
stato trasferito
dentro di te, anni fa.
-
Ovvero non sono solo una bambina maledetta e un’Anti
Salvatrice?
Merlino
non si scompose davanti al suo sarcasmo. Gli occhi scuri si posarono
con più
durezza su di lei. Ora lo stregone dimostrava davvero centinaia di
anni. – Stai
contemplando una strada che non devi percorrere. E fai del male a te
stessa,
prima di farlo alle persone che ami. Puoi combattere
l’oscurità. Ma se continui
a credere di essere l’Anti Salvatrice, allora questo
sarà ciò che diventerai.
***
Storybrooke.
Oggi.
-
Perbacco, questo sì che è interessante!
– esclamò Knubbin, leccandosi le dita
dopo aver ingurgitato una patatina.
-
Avete scoperto qualcosa? – chiese Regina.
-
No, in realtà mi riferivo a questo... come l’avete
chiamato?
-
Hamburger. – precisò Granny, passando a
raccogliere i piatti e osservando il
mago di sottecchi.
-
Ecco, già! – Knubbin aveva un aspetto migliore. I
capelli erano sempre un po’
scompigliati, ma gli avevano dato degli abiti puliti e qualcosa da
mangiare.
Era già al secondo hamburger e alla seconda porzione di
patatine. Heathcliff se
ne stava appollaiato sul davanzale di una finestra. –
Hamburger. È magico?
-
No. – rispose Granny. – Ma lo
considererò un complimento alla mia cucina.
-
Potete contarci, mia cara signora. Io sono uno che conosce le buone
maniere...
e so anche riconoscere la buona cucina. Come va la cicatrice?
– chiese,
parlando rapidamente.
Granny
posò i piatti con un colpo secco. – È
sempre dove dovrebbe essere.
-
Non mi aspettavo che fosse andata in qualche posto. E
dov’è vostra nipote?
-
Nella Foresta Incantata.
-
Come fa a conoscere Ruby? – domandò Neve,
perplessa.
-
Oh, diciamo che l’ho aiutata molto tempo fa. In effetti, ho
fatto molto di più.
Il mantello è una delle mie migliori creazioni.
-
Non perdiamoci in chiacchiere! – esclamò Regina,
massaggiandosi la radice del
naso. – Gli aneddoti possono aspettare.
-
Per una volta sono d’accordo con Sua Maestà.
– ammise Uncino.
Regina
si girò a guardarlo.
-
Beh, prima o poi doveva capitare. – continuò il
pirata, sollevando un
sopracciglio. – Ma tornando a noi... abbiamo liberato Merlino
a Camelot. E se
l’abbiamo liberato mi chiedo come mai non abbia scacciato
l’oscurità di Emma.
Regina
si sforzava di concentrarsi. Le parole di Emma le riecheggiavano nella
testa. –
Non lo stai domandando alle persone giuste.
-
Beh, non possiamo domandarlo a lui. Magari questo mago sa dirci
qualcosa...
-
So dirvi che questo libro è molto interessante... gli
incantesimi sono molto
antichi... – osservò Knubbin. – Ne ho
trovati alcuni che...
-
Io invece ho questo. – disse Regina, mostrando a tutti la
Corona Scarlatta. –
Comunicare con Merlino sarà proprio quello che faremo.
-
La Corona Scarlatta. – si sorprese Azzurro. –
Quindi hai capito come far
funzionare l’incantesimo di comunicazione.
-
Scoprire ciò che Emma intendeva fare a quella ragazzina e
scoprire... cos’è
stata in grado di fare a Lily mi ha dato la motivazione necessaria.
“Tua
madre ti ha
ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore.
L’hai sempre amata. Persino
dopo quello che è successo con Daniel. È stato il
tuo più grave errore. Il tuo
errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no”.
-
Come possiamo usarla? – domandò Neve.
-
Non è difficile. – intervenne Knubbin, sollevando
di scatto la testa e
anticipando Regina. Si spostò alcuni ciuffi dalla fronte
rugosa. – Un mago come
Merlino appare solo ad una persona che lui stesso ha scelto.
-
Artù. – disse Azzurro, amaramente.
-
E noi non possiamo fidarci di lui. – concluse Regina.
-
Beh, abbiamo qualcuno che può aiutarci, anche se non si
tratta di Merlino. –
intervenne Belle.
-
E chi è? – chiese Neve.
-
Tremotino.
-
È una pessima idea. – rispose Regina. - Se non
fosse stato per lui, forse
adesso non ci troveremo in questa situazione. Senza contare che ora
è nelle
mani di Emma. Se cercassimo di aiutarlo, finiremmo tutti in una
trappola.
-
E se gli capitasse qualcosa?
-
Non possiamo pensare a tutto in questo momento, tesoro. Il Coccodrillo
ha già
avuto parecchie chance, in passato. – disse Uncino.
-
Oh, non lo metto in dubbio. Come te, del resto. – E poi si
rivolse a Regina. -
E come te.
-
Ora è inutile parlare di me. – ribatté
Regina. – Dobbiamo aiutare Emma e
l’unico modo per farlo è comunicare con Merlino.
-
Anche Tremo ha bisogno di aiuto, visto che è nelle mani
dell’Oscura. – Belle
alzò parecchio la voce. - Ma quando si tratta di lui non ne
vale la pena,
giusto? Quando si tratta di te o delle persone che tu ami... non
importa quale
mezzuccio è necessario utilizzare. Basta fare il possibile.
Come quando hai
strappato il cuore a me per salvare il tuo grande amore...
Regina
stava per rispondere, ma Neve la interruppe. – Possiamo
parlare di come
comunicare con Merlino? Forse così riusciremo ad aiutare
tutti.
-
Sì, voi fate pure. Io non me ne starò qui ad
aspettare che Emma faccia del male
a Tremotino. - Belle prese la sua giacca ed uscì dal
Granny’s, sbattendo la
porta con violenza.
Knubbin
soffocò un rutto.
Regina
gli riservò un’occhiataccia.
-
Scusatemi. Mi ha colto di sorpresa. Non è la prima cosa che
mi coglie di
sorpresa. – disse il mago, pulendosi la bocca con il
tovagliolo. Poi prese una
vecchia pergamena ingiallita che aveva messo da parte. - Anche questo
mi ha
colto di sorpresa.
Regina
prese il foglio e lo aprì. – Che
cos’è questa roba?
Neve
sbirciò da sopra la sua spalla e spalancò gli
occhi. Le strappò la pergamena di
mano.
-
Ehi, ma che fai?
-
Conosco questo incantesimo. – disse Neve, scorrendo in fretta
le parole
impresse sulla carta.
“Sì,
questo andrà
bene”, cominciò
la voce dell’Apprendista nella sua testa.
“Quindi
l’oscurità di
nostra figlia...”, disse Azzurro.
“Potrà
essere
trasferita”.
“Che
l’oscurità trovi
la sua via, dal grembo materno a un altro
dell’inferno...”
-
Lo credo. È un incantesimo estremamente antico. E
pericoloso, anche. Serve a
trasferire il potenziale oscuro di una persona verso un ospite...
– disse
Knubbin, grattandosi la barba. – Sì, una cosa
decisamente pericolosa. Mi chiedo
quale sia il folle che si permetterebbe di eseguire questo incantesimo.
Beh,
non che non mi aspetti che qualcuno l’abbia fatto... non
c’è mai niente di
nuovo sotto il sole. Quello che è stato tentato una volta,
era stato tentato in
precedenza e così via.
-
È l’incantesimo che l’Apprendista ha
usato su Lily, vero? – disse Azzurro.
-
Lo è. – rispose Neve.
“Il
bambino è perso per
sempre. Ma congratulazioni! Vostra figlia sarà pura di
intenti e di animo
eroico. Tuttavia toccherà a voi guidarla... e tenerla nella
luce”.
-
E le ultime frasi? – chiese Uncino, indicando col dito
quattro righe scritte
sotto l’incantesimo, seguite da altre tre. – Non
è niente di buono, giusto?
-
Decisamente no. – confermò Regina, ripensando alle
parole di Artù al suo
servitore, Grif. Aveva parlato di una profezia. Di una profezia che
indicava
Lily come possibile minaccia.
“Quel
che è fatto è
fatto.
I
loro destini sono
intrecciati
Com’è
sempre stato e
come sempre sarà
Così
ha detto il mio
Maestro”
-
Deve averlo scritto l’Apprendista. – disse Azzurro,
con la fronte aggrottata.
-
Ma cosa c’entra il resto? – chiese Uncino.
“Vedo
l’ombra infinita
approssimarsi a Camulodunum
L’infante
figlio del
drago porta con sé una stella
E
il suo destino
s’intreccia con l’altra metà di Caledfwlch”
-
Camulodunum. – sentenziò
Knubbin. – Camelot. Una volta quella terra si chiamava
così. C’è ancora gente
che la chiama così, ne sono sicuro.
-
E sapendo che il pugnale ed
Excalibur sono la stessa arma... Caledfwlch deve essere la spada di
Artù. –
disse Regina.
Regina
pensò... all’infante figlio
del drago. Pensò alla voglia a forma di stella che portava
sul polso. Pensò ad
Emma agganciata alla sua groppa. Era tutto collegato. Tutto
dannatamente
collegato. Tutte le volte che incrociavano qualcosa che li conduceva
più vicini
a scoprire cosa fosse accaduto a Camelot, quel qualcosa si ricollegava
non solo
ad Emma, ma anche a Lily.
Una
vera fortuna che Lily non
fosse presente, ma doveva parlarne con Malefica.
-
L’ho spinto oltre i suoi
limiti... è stremato. – disse Merida, conducendo
Emma verso la tenda che aveva
montato nella foresta.
L’Oscura
la seguiva, senza fretta.
E senza parlare. Un’ombra che non si lasciava nemmeno
sfiorare dai raggi del
sole primaverile.
Merida
era ansiosa di recuperare
il suo cuore e scoprire che cos’era successo ai suoi
fratelli, nonché sapere
chi aveva ucciso suo padre, per questo procedeva a grandi falcate,
stringendo
il suo arco. Non vedeva l’ora che quella maledetta storia
finisse. C’erano
troppe cose che non capiva, in quella terra. Voleva tornare a Dunbroch.
Dove
tutto le era familiare. Doveva tornare a casa e assicurarsi che la sua
famiglia
stesse bene. Non ricordare la spaventava orribilmente.
Tuttavia,
quando arrivò nel punto
in cui aveva lasciato Tremotino, trovò solo una tenda vuota,
le corde con cui
gli aveva legato i polsi tagliate e la tazzina che aveva recuperato nel
suo
negozio... in mille pezzi. L’aveva usata per liberarsi.
Cercò qualche traccia
intorno all’accampamento e individuò le impronte
di un paio di scarpe, ma
niente di più. Era sparito.
-
Dicevi? – disse Emma, annoiata.
Il cuore pulsante comparve nella sua mano.
-
Oh, avanti. Cosa aspetti? Fammi
del male! Se è la cosa che sai fare meglio... –
disse Merida, appoggiandosi al
tronco di un albero.
Emma
stritolò il suo cuore. – La
cosa che so fare meglio è capire quando una persona mente,
in realtà.
Merida
boccheggiò, in ginocchio
sul prato.
-
Il tuo lavoro non è ancora
finito. – Strinse di nuovo il cuore. Lo strinse e lo
rilasciò più volte, quasi
lo stesso usando come una pallina antistress.
-
Non... – iniziò Merida,
respirando a fatica, la faccia rossa in parte nascosta dalla fitta
massa di
riccioli. – Non posso allenarlo più. Non
è nemmeno qui... come pretendi che lo
faccia?
-
Hai confermato quello che volevo
sapere. È disposto a lottare per Belle. –
spiegò Emma, avvicinandosi a lei e
poi afferrando una manciata dei suoi capelli nel pugno. Tirò
forte perché
Merida si alzasse.
-
Sbaglio? – chiese Emma.
-
No, Oscuro. Ma non è diventato
un eroe... – mormorò Merida. Voleva staccare gli
occhi da quelli verdi della
sua carceriera, eppure non ne era capace.
-
Ma lo sarà. Lo diventerà presto.
– Emma scandì ogni parola perché la
comprendesse bene. – Deve. Se vuole fermare
te...
-
Fermare me? Perché dovrebbe
fermarmi? – chiese Merida.
Emma
serrò di nuovo il cuore
pulsante, lo serrò a lungo e così crudelmente da
farle pensare che stavolta
l’avrebbe frantumato. Macchie nere invasero il suo campo
visivo. Merida si
sentì venire meno, mentre l’altra mano
dell’Oscuro ancora le tormentava i
capelli.
-
Ucciderai Belle. – disse Emma,
allentando la presa sul mezzo che le permetteva di controllarla.
Appoggiò una
mano sul suo viso, convincendola a voltare la faccia in modo che fosse
completamente rivolta verso la sua. – Vai e piantale una
freccia nel cuore.
***
Camelot.
Quattro settimane prima della maledizione.
Nei
sotterranei del castello di
Artù regnava il silenzio. Le guardie si limitavano a fare il
loro dovere e non
parlavano mai tra di loro. Il prigioniero in una delle ultime celle in
fondo al
corridoio stava cantando. Era quel mago, Knubbin. Ovviamente era
stonato.
Peggio ancora, la sua voce sembrava quella di un ubriaco, sebbene non
avesse
bevuto niente, a parte la ciotola d’acqua che gli era stata
portata insieme
alla misera cena. Era acuta e stridente.
-
Non si può farlo smettere? –
sussurrò una guardia al compare, in piedi accanto a lui.
L’altro
stava per rispondere, ma
poi le torce che illuminavano i corridoi si spensero di colpo,
precipitandoli
nell’oscurità.
Vi
fu un istante di sbalordimento.
Infine le luci si riaccesero, esplodendo come lampi, e li accecarono.
Le
guardie lanciarono grida e imprecazioni.
David
e Killian fecero irruzione,
buttando giù le porte e gettandosi sugli uomini del re. Nel
giro di un paio di
minuti li stesero. Merlino, avanzando con passo sicuro, si
occupò dell’ultima
guardia, liberandosene con un semplice gesto della mano. Belle rimase
all’esterno
delle prigioni a tenere d’occhio la situazione.
-
Non male per uno che ha passato
centinaia di anni in un albero. – commentò Uncino.
-
È come andare in bicicletta. –
osservò il mago, sorridendo.
Avanzarono
in quel dedalo di
corridoi. Merlino non sembrava avere particolari difficoltà
con l’orientamento.
-
Come fai a sapere cos’è una
bicicletta? -
domandò Azzurro, ad un
certo punto.
-
Credi che le mie profezie si
avverino perché sono fortunato? Da questa parte. –
Merlino girò a destra. Si
fermò prima della svolta successiva e invitò gli
altri ad appiattarsi contro i
muri.
Un
gruppo di guardie passò a pochi
passi da loro, senza notarli.
-
Per tutti i diavoli... riesci
davvero a vedere il futuro. – disse Uncino.
-
Pezzi di futuro. Sì. – Merlino aveva
un’aria molto compiaciuta. Divertita e rilassata, anche. Era
evidente che fosse
più che lieto di poter usare i suoi poteri senza
impedimenti.
Giunsero
davanti alla cella di
Lancillotto. David si sporse per guardare all’interno.
-
Azzurro? – Lancillotto lo
scrutò, diffidente.
-
Va tutto bene. Io e Neve non
siamo più controllati da Artù. – lo
rassicurò.
-
Come hai fatto ad infrangere
l’incantesimo?
-
Non l’hanno fatto, amico. –
disse Uncino.
-
Sono stato io. – Merlino si
palesò davanti alla cella.
-
Merlino...
-
La cella del mago è più avanti.
– disse Azzurro. – Emma ci ha chiesto di liberarlo
e per quanto non mi vada a
genio... dobbiamo farlo.
-
Sì, signori, sono qui! – esclamò
Knubbin, alzando un po’ troppo la voce. Mani bianche
afferrarono le sbarre, due
celle più a sinistra rispetto a quella del cavaliere.
– Sono lieto che quel
tesorino abbia mantenuto la promessa. Fate attenzione
all’incantesimo.
-
Quale incantesimo? – chiese
Uncino.
-
Quello che protegge queste
prigioni. Le cose sono un po’ cambiate da quando sono stato
imprigionato. –
Merlino stava valutando le celle con attenzione. – Le sbarre
sono protette. Un
incantesimo potente.
-
Puoi farcela? – chiese Azzurro.
-
Ehi! Ed io? – L’accento celtico
di quella voce stupì tutti quanti. Merida sporse la faccia
tra le sbarre. La
sua fitta massa di riccioli rossi era assai più ribelle
dell’ultima volta che
l’avevano vista, nel cerchio di pietre. Aveva gli occhi
segnati ed era
decisamente di pessimo umore. - Dovreste liberare anche me!
-
Merida? Che ci fai qui? –
domandò Azzurro.
-
Lunga storia! Ma dopo quello che
mi ha fatto vostra figlia... dovreste proprio tirarmi fuori.
-
Già. – disse Uncino. – Credo che
Emma vorrebbe che la liberassimo.
-
Certo. Perciò state indietro. –
Merlino allargò le braccia, puntando i palmi delle mani
verso le celle dei
prigionieri.
Merida
e Lancillotto arretrarono.
Il
mago chiuse i pugni di scatto e
le sbarre svanirono in una nuova, potente esplosione di luce. Poi
avanzò di
qualche passo e fece lo stesso con la cella di Knubbin, che
uscì incespicando.
Heathcliff gracchiò e si appollaiò sulla spalla
del padrone.
-
Meglio legarlo. Non vogliamo
problemi. – propose Uncino.
-
Sono d’accordo. – rispose
Merlino. Un istante dopo i polsi di Knubbin erano stretti
l’uno contro l’altro da
un paio di corde robuste e una benda nera gli copriva gli occhi.
-
Non ce n’era bisogno. A parte
che potevo farlo benissimo da solo... – commentò
Knubbin.
Da
qualche parte, vennero le voci
di altre guardie.
-
Usciamo da qui. – suggerì
Uncino, avviandosi lungo il corridoio.
-
No, aspettate! – gridò Merida. –
Artù ha il fuoco fatuo. Mi serve per liberare i miei
fratelli!
-
In questo momento quel fuoco
fatuo ti condurrebbe solo alla morte. – disse Merlino. Le
appoggiò una mano
sulla spalla. – Troveremo un altro modo per aiutare i tuoi
fratelli, vedrai.
-
Dov’è finita Belle? – domandò
Emma, mentre Killian si affrettava a legare Knubbin ad una sedia. Il
corvo
svolazzava per la tavola calda, gracchiando. Quando Killian strinse le
corde
dietro la schiena del mago, l’uccello piombò
giù in picchiata e cercò di
artigliargli i capelli, nonché di beccarlo in testa. Lui
agitò l’uncino per
scacciarlo.
-
Non lo so. – rispose Azzurro. –
Era in coda al gruppo con Merida. Ed ora...
-
Non c’è nemmeno quella regina
celtica. – osservò il pirata.
-
Non preoccupatevi. – intervenne
Merlino. – Merida non farà del male a Belle. Vuole
solo una mano per salvare i
suoi fratelli. E noi... non siamo stati collaborativi da questo punto
di vista.
-
Dove l’ha portata? – chiese
Uncino.
-
Nel suo regno. Belle tornerà,
vedrete.
-
Lo dici perché vedi il futuro?
Merlino
attese qualche istante
prima di rispondere. – Lo vedo a tratti, come già
sai. Ma sì, l’animo di Merida
è un animo giusto. Lei è una combattente. Il suo
regno ha bisogno di lei. Non
speravo che mi ascoltasse e lasciasse perdere.
-
Se tentasse di prendere il fuoco
fatuo... – cominciò Emma, ricordando lo spiritello
azzurrato che anche lei
aveva cercato di acciuffare.
-
No. Ha un altro piano. - Il tono
di Merlino sembrava rassicurante e fermo. - Per questo ha preso Belle.
Andrà
tutto bene.
-
E Lancillotto? – chiese Emma.
-
Ha raggiunto sua madre, la Dama
del Lago. Gli ho detto io di andare laggiù. Mi serviva un
messaggero.
-
Un messaggero ad Avalon? Perché?
-
Per quello che dobbiamo fare,
Emma. Vogliamo distruggere l’oscurità.
Dovrà essere tutto pronto per quel
momento.
Emma
fabbricava acchiappasogni. Le
sue dita erano sempre al lavoro. La sua mente si concentrava su
ciò che stava
facendo per evitare di ascoltare le voci. Il suo sguardo era fisso
sull’oggetto
che andava assumendo la propria forma.
Lily
non faceva che osservarla. O
più che osservarla... sembrava la tenesse
d’occhio. Era furiosa e naturalmente
non riusciva a nasconderlo.
-
Che cos’è successo fra Emma e
Lily? – domandò Regina, accostandosi a Malefica.
-
Vorrei tanto saperlo. – rispose
lei, guardando la figlia. Era contrita. – Gliel’ho
domandato, ma non ha voluto
parlarne.
-
E questo ti dispiace. – disse
Regina. In effetti, anche lei aveva bisogno di qualche spiegazione. Era
sicura
che Emma avesse liberato Merlino con una lacrima che si era procurata
prima di
tentare l’incantesimo con la sua. Forse aveva previsto che
non avrebbe
funzionato. E si era preparata di conseguenza. C’entrava
Lily? E se c’entrava
Lily, per quale motivo Emma non l’aveva messa al corrente?
Forse per non urtare
i suoi sentimenti, dicendole che il suo dolore non era abbastanza?
-
Faccio del mio meglio con mia
figlia. A volte credo che lei si fidi di me. –
continuò Malefica.
-
Ma a volte hai l’impressione che
ti sfugga.
-
Già.
-
Non stai sbagliando niente. Le
serve tempo. È cresciuta da sola per anni e credo... che non
sia abituata a
ricevere attenzioni da qualcuno.
Da
parte sua, Lily non aveva
potuto chiudere occhio, quella notte. Per un bel pezzo era rimasta
sveglia per
colpa dei pensieri che le mulinavano nella mente e la assillavano.
La
voce terribilmente sicura di Merlino, quella voce terribilmente certa,
proveniente da un’altra epoca:“Stai
contemplando una strada che non devi percorrere. E fai del male a te
stessa,
prima di farlo alle persone che ami. Puoi combattere
l’oscurità. Ma se continui
a credere di essere l’Anti Salvatrice, allora questo
sarà ciò che diventerai”.
“Ora
che Emma è
contaminata da un’oscurità molto più
grande, la tua... è diversa. Lo sai, vero?”
“Capirai
anche come
usare il tuo dono”.
Di
quale dono stava parlando? La magia?
E
quella voce si mescolava a quella di sua madre, che le diceva che un
po’ di
oscurità non la preoccupava. Ma soprattutto si mescolava
alla voce di Emma.
“Il
tuo dolore,
invece... è ancora molto reale. Per quanto tu sia andata
avanti, non sei mai
guarita. Perché nessuno ti ha aiutata a guarire. Ma
adesso... aiuterai me.
Libererai Merlino. E mi salverai”.
“Il
tuo dolore,
invece... è ancora molto reale”.
Emma
terminò un altro acchiappasogni. In disparte, Uncino la
scrutava, leggermente a
disagio. Persino Granny, ferma sulla porta del suo locale, la fissava.
Lily
la raggiunse, piazzandosi davanti a lei.
-
Finalmente. – disse Emma, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Posò
l’acchiappasogni. – Pensavo avessi deciso di non
rivolgermi più la parola.
-
E sei così sorpresa? Dopo quello che hai fatto...
-
Quello che ho fatto è una cosa terribile, ma l’ho
fatto per liberare Merlino.
-
Beh, avresti potuto chiedere, prima. Invece hai preferito giocare con i
miei
ricordi. Ottimo lavoro... Oscuro. – Mise molta enfasi nella
parola Oscuro.
Emma
si alzò in piedi. Gli occhi di Lily, fissi nei suoi,
rimasero scuri e
lampeggianti. – Se hai voglia di discutere perché
non andiamo da un’altra
parte? Questa è una faccenda tra me e te.
Prima
che Lily potesse chiederle di cosa stesse parlando, Emma la prese per
un polso
e poi una nuvola di magia le avvolse, oscurando il mondo intorno a
loro. Quando
si dissolse, non erano più davanti al Granny’s.
Erano
nel bel mezzo della Foresta Incantata, in un punto in cui la
vegetazione
sembrava molto fitta e gli alberi i più alti e antichi che
Lily avesse mai
visto. Tuttavia, dove si trovavano, la natura si era aperta, formando
una
piccola radura. Al centro di essa c’era una piattaforma
circolare ricoperta di
simboli strani e indecifrabili.
-
Dove siamo? – domandò Lily.
-
Dove tutto per me è cominciato. - disse Emma, indicando la
piattaforma. Gettò
la testa all’indietro e contemplò gli sprazzi di
cielo tra le fronde. – È qui
che mi sono ritrovata, dopo essermi trasformata in Oscuro.
-
E perché diavolo siamo qui, adesso? - chiese Lily.
-
Qui ho cominciato a vederlo. – continuò Emma.
– Tremotino. O meglio... il
potere dentro di me che aveva assunto la sua forma.
-
Oh e cosa vorresti fare? Commuovermi? Parlarmi di quanto sia terribile
sentire
le voci e lottare contro l’oscurità? Di quanto sia
difficile resistere? – la
interruppe, in tono sprezzante. – Sono tutte cose che so.
-
Credo che tu non sappia nemmeno la metà delle cose che dici
di sapere. –
rispose Emma, ora decisamente alterata.
-
Questo è esattamente ciò che avrei detto io.
Brava, mia cara! – esclamò
Tremotino, in piedi sulla piattaforma.
Emma
lanciò un’occhiata all’Oscuro.
Lily
sganciò un cazzotto che la colpì in pieno viso,
spedendola a terra. Prima che
potesse rialzarsi, l’altra le fu addosso, a cavalcioni,
bloccandola in mezzo a
sterpi, foglie ed erba. Emma usò la magia per togliersela di
dosso. Lily venne
scaraventata sul prato, qualche metro più in lei. Cadde
vicino alla piattaforma.
Sopra le loro teste si assieparono nuvole nere e solcate dai lampi.
Proprio
come quel giorno, dopo l’inseguimento in auto. Solo che
stavolta erano più
pesanti. Più minacciose.
Lily
si rialzò; ciocche di capelli le pendevano sulla faccia e
stringeva i denti in
un ringhio animalesco. Emma vide i suoi occhi accendersi, diventare
gialli, ma
prima che potesse completare la trasformazione lei sollevò
una mano, come se
stesse stringendo l’aria e Lily si artigliò la
gola, avvertendo la morsa che
non le permetteva di respirare. Si sentì trascinata verso
l’Oscuro, che le
serrò il collo ancora per qualche istante e poi
allentò la presa per affondarle
una mano nel petto. Le dita abbracciarono il suo cuore pulsante e
strinsero.
Strinsero parecchio. Lily gridò, sconvolta dalla fitta di
dolore. Era un dolore
terribile, che le esplose in testa e sembrò divampare come
un incendio,
propagandosi ovunque.
Emma
fissò i suoi occhi in quelli di Lily, scorgendone ogni
singola sfumatura. Lily
vide la sua immagine riflessa in quelli di Emma, verdi e carichi come
non mai.
La
foresta perse la propria consistenza. Il mondo diventò
grigio nebbia. In quel
grigio Lily vide una serie di cose: lo sguardo argenteo di Murphy, il
suo corpo
abbandonato sull’asfalto dell’area di servizio,
vicino ai distributori di
benzina, vide se stessa colpirlo ripetutamente, vide il foro della
canna della
pistola del ragazzo un attimo prima che facesse fuoco e uccidesse
l’uomo che
avevano rapinato. Il nastro dei ricordi si stava riavvolgendo. E si
riavvolgeva
sempre più velocemente. Vide se stessa alla fermata
dell’autobus, con Emma. Due
ragazzine senza un posto dove andare.
“È
come se tutta la mia
vita fosse oscura e quando ci sei tu... diventa più
luminosa”.
“Emma,
ti prego, non
lasciarmi sola. Ti sto supplicando. Ti prego, aiutami”.
“Non
mi va più di
aiutarti, Lily”.
Ancora.
Un po’ più indietro.
“Quando
la situazione
si calma, vieni a cercarmi. Scapperemo insieme”.
“Mi
hai presa in giro”,
“Mi
dispiace tanto. So
di aver mentito sulla mia famiglia. Ma per il resto ti ho sempre detto
la
verità. Io odio la mia casa. Io lì mi sento
invisibile. Sono proprio come te.
Davvero! Ero un’orfana finché questa famiglia mi
ha adottata. Quella non è casa
mia. Lo avevi promesso. Amiche per sempre. Qualsiasi cosa
accada”.
La
presa sul suo cuore sembrò diventare meno dolorosa. Poi la
mano di Emma strinse
di nuovo, più forte. Infine la liberò.
Caddero
tutte e due. Ansimavano, il respiro usciva sibilante dalle loro bocche.
Lily
si sdraiò sul prato, rivolgendo lo sguardo ai rami degli
alberi che si
protendevano sopra di lei.
Qualche
momento dopo sedevano tutte e due su un muretto di sassi, sul quale la
vegetazione aveva già iniziato ad arrampicarsi.
Stavano
in silenzio. Lily aveva scavato una buca nel terreno con il tacco dello
stivale, distrattamente. Emma guardò la propria mano, quella
che aveva quasi
disintegrato il cuore di Lily. Era scossa da un violento tremore. Il
tremito la
prese con una violenza tale da farla sentire impotente e terrorizzata.
Le ricordava
il tremito che aveva scosso Regina dopo l’immersione nel
passato per ottenere
la lacrima. Aveva l’impressione che dentro la sua testa si
attorcigliasse un
lungo, lunghissimo filo invisibile. Alla fine di quel filo
c’era un baratro.
Lei stava seguendo il filo, adesso, lo seguiva in fretta, un passo dopo
l’altro. Era suo, lo aveva voluto nel preciso istante in cui
aveva deciso di
salvare Regina. Lo aveva accettato ed ora il filo le imponeva di
arrivare alla
fine. Di arrivare al baratro nero.
-
Emma. – la chiamò Lily. La prese anche per le
spalle e la scosse. Prese la mano
tremante, stringendola fra le sue.
-
Sto... bene. – si sforzò di rispondere.
– Sì, sto bene.
Eppure
si lasciò andare contro Lily. Ricambiò la stretta
e si lasciò andare contro di
lei. Serrò le palpebre perché non voleva
guardarsi intorno e vedere ancora
Tremotino.
-
Mi dispiace... non volevo farlo. – disse, confusamente.
Lily
teneva il viso fra i suoi capelli. – Non l’hai
fatto.
-
Quando... quando sono arrivata qui, Tremotino mi ha detto che questa
è la
strada che percorrono tutti gli Oscuri. Mi ha detto che tutti cercano
di
resistere all’oscurità, ma nessuno ci riesce mai.
A
Lily parve che le parole di Emma stessero riecheggiando nelle sue
orecchie con
un fragore sinistro.
-
Io ho... gli ho detto che non avrei mai fatto del male alle persone che
amo.
Alle persone che mi amano. – Emma si scostò,
sollevando lo sguardo sgomento su
di lei. – Ma l’unico modo per fermare tutto
questo... è fermare me.
-
Merlino è libero, Emma. – le ricordò
Lily. – Lui ti aiuterà.
-
Può sul serio? Perché lui è convinto
che dipenda da lui, tanto quanto da me. Ed
io... non ne sono così sicura.
-
Non sei sicura di volertene liberare. – Non era una domanda.
-
È il potere. Ogni volta che uso la magia perdo una parte di
me. Ogni volte è
sempre peggio, eppure non riesco a fare a meno di usarla. È
diventato difficile
non farlo. È... – Emma si interruppe.
Levò la faccia paonazza verso l’alto,
come chi segue la traiettoria di un razzo. – La cosa... la
cosa dentro di me è
forte.
Lily
sapeva che cosa significava. Aveva ancora il cuore in subbuglio, ma il
furore
era sfumato. Vedere Emma così prostrata non le aveva
permesso di continuare ad
essere in collera con lei. Avrebbe voluto dirle che non doveva
preoccuparsi,
perché anche lei era forte. Avrebbe voluto dirle che lei era
la Salvatrice e
che si sarebbe sbarazzata di quell’oscurità,
sarebbe tornata ad essere quella
di prima. Ma non lo disse perché non sarebbe mai stata
abbastanza convincente.
-
Mi ripeto sempre che non cederò
all’oscurità. Però ho già
ceduto. Ho già ferito
te e volevo ferire mio figlio.
-
E avresti potuto uccidermi poco fa. Sarebbe stato facile. Eppure hai
deciso di
risparmiarmi. Come hai fatto... quando mi hai trovata. – Lily
riuscì a
sorridere. – Questo vuol dire che puoi vincere la tua
oscurità.
Fu
Emma a non rispondere, stavolta.
“Se
oltrepassi questo
confine, tornare sui tuoi passi non sarà facile. Credimi, io
lo so bene. Questo
è quello che Gold si aspetta da te. Quindi non
farlo”.
-
Mi sono fermata perché qualcuno mi ha fermata... –
disse, ricordando le parole di
Regina.
-
Ti saresti fermata comunque.
-
Non credo.
-
Regina ti ha dato una mano, va bene? Però la decisione
spettava a te. Se io
fossi stata al tuo posto avrei sparato. E un attimo fa ti avrei uccisa.
Ma tu
sei migliore di così.
“Emma,
sei migliore di
così”.
“Le
decisioni sbagliate
sono il mio destino. Coraggio, metti fine alle mie sofferenze. Tu sai
quanto me
che la mia vita non merita di essere salvata”.
-
So che a te piace pensare che non l’avrei fatto. –
riprese Lily. – Ma questa è
la mia vita. Avrei sparato.
-
Non ti conosci abbastanza. – replicò Emma.
-
Ah, no? Ho ucciso un uomo, un paio di anni fa. Un tizio che era stato
il mio
complice in una rapina.
-
L’ho visto.
-
L’hai visto?
-
Nei tuoi ricordi. Prima. Sì.
Lily
continuò. - L’ho ucciso perché non
aveva rispettato i piani. E sai una cosa?
Non mi stava minacciando, quando l’ho preso a calci.
L’ho ucciso perché ero
furiosa con lui e non ho fatto niente per controllarmi. L’ho
lasciato là, in
quell’area di servizio... e non me ne importa niente.
-
Anch’io ho ucciso qualcuno... prima di diventare
l’Oscuro.
-
Hai ucciso Crudelia, che era una pazza e voleva fare del male a tuo
figlio. Non
è la stessa cosa, Emma.
“Le
decisioni sbagliate
sono il mio destino”.
“Tu
sai quanto me che
la mia vita non merita di essere salvata”.
-
Volevi che ti sparassi? – domandò Emma.
Lily
rimase a lungo a fissarla.
-
Volevi essere fermata? È questo il punto?
-
Non avevo paura. Se mi avessi fermata, forse sarebbe stato meglio. Non
ho mai
preso una decisione giusta in vita mia. Mai. Ho sempre distrutto
qualsiasi
cosa.
-
Puoi ancora essere diversa da ciò che sei. Ora hai tua
madre. Lei può aiutarti
a controllare... l’oscurità. Ti aiuterà
a controllare i tuoi poteri. – Emma
appariva un po’ più rinfrancata, ora. Era ancora
pallida e con le ombre scure
che le segnavano gli occhi, ma la sua voce aveva riacquistato una certa
sicurezza.
-
Se non distruggerò anche lei... – disse Lily,
guardandosi le mani.
-
Non le farai del male. – Serrò di più
la sua mano.
-
Oh, davvero? Ne sei convinta perché vedi il futuro, come
Merlino?
-
No. Se sono capace di vedere il futuro, non ho ancora capito come si
fa. – Emma
sorrise. – Lo so perché ho fiducia in te. Un tempo
non ne ho avuta abbastanza e
ti ho respinta... me ne sono pentita. Però dopo... era
troppo tardi. Adesso
devi sapere che... che puoi farcela.
-
Allora devi crederci anche tu, Emma. Devi credere che Merlino possa
aiutarti.
Emma
le sfiorò gentilmente la spalla e assentì. Poi il
suo sguardo venne catturato
da qualcosa vicino agli stivali di Lily. – Guarda.
-
Che cosa?
Emma
colse il fiore bianco e glielo diede. – È un
giglio.
Perplessa,
Lily prese il fiore e lo tenne nel palmo della mano. Osservò
i petali candidi,
che assumevano una sfumatura gialla verso l’interno.
Il
profumo era dolce e intenso.
Artù
era ancora occupato ad elaborare un piano per sconfiggere la finta
Salvatrice e
ottenere il pugnale del mostro che aveva cercato per tutta la sua vita,
quando
Sir Morgan e una delle sue guardie entrarono nella sala della Tavola
Rotonda
trascinando con loro Zelena. La donna si dibatteva per sgusciare via
dalla
morsa dei due uomini, ma senza risultati.
-
L’abbiamo trovata che scorrazzava nei dintorni del castello,
Maestà. – disse
Sir Morgan.
Zelena
aprì la bocca per dire qualcosa, ma naturalmente non
uscì alcun suono.
-
È la serva della Regina Cattiva. – disse
Artù, con disprezzo. – Non può
parlare. Grif, portatele qualcosa in modo che possa scrivere.
Grif
si affrettò ad eseguire l’ordine del re e
tornò pochi istanti dopo, armato di
piuma, boccetta di inchiostro e pergamena. Artù
ordinò agli uomini di lasciarli
soli e, non appena se ne furono andati, Artù le
passò la pergamena. Zelena
prese a scrivere con una certa frenesia.
Tanto
per cominciare
non sono una serva. E non sono muta. È un incantesimo di
Regina, mia sorella.
Temeva che smascherassi l’Oscuro. Il mio nome è
Zelena e sono la Strega
dell’Ovest.
-
L’ovest? La Città di Smeraldo? – chiese
Artù, una mano che stringeva l’elsa di
Excalibur. – Ho sentito delle storie a riguardo...
Zelena
assentì, compiaciuta.
-
Se siete quella strega, perché non avete usato i vostri
poteri per liberarvi? –
domandò Artù, scettico e sospettoso. –
Dicono che siete molto potente, una
delle streghe più potenti che siano mai esistite.
Zelena
roteò gli occhi. Mostrò il bracciale nero. Poi
prese la pergamena e ricominciò
a scrivere.
Questo
dannato aggeggio
non mi permette di usare i miei poteri. Altrimenti Regina
l’avrei già sistemata
io. Mi tiene prigioniera. Se mi aiuterete, io aiuterò voi.
So che cosa volete.
Il pugnale. Volete ricomporre Excalibur. Ciò che voglio io
è tornare a Oz con
mio figlio. Regina intende portarmelo via e non posso permetterglielo.
Si è
sempre presa tutto, non può avere anche mio figlio.
Le
dita di Artù tamburellarono sul legno. Aveva sempre notato
il risentimento sul
volto di Zelena. Non aveva dato molta importanza alla cosa, proprio
perché gli
era sembrata innocua. Ma ora...
-
Dite che potete aiutarmi. Come? E
perché
dovrei fidarmi di voi?
Zelena
scarabocchiò sulla pergamena.
Abbiamo
un nemico
comune. Regina. E l’Oscuro. Diciamo tutta la banda di mia
sorella. Inoltre, se
volete ricomporre Excalibur, avrete certamente bisogno di una strega.
Avete già
un piano?
-
Ce l’ho. – ammise Artù. – So
cosa serve per ricomporla. La fiamma di Prometeo.
E Merlino sa dove trovarla. Ne sono sicuro.
Prendiamoci
questa
fiamma, dunque. Vi conviene collaborare con me. Potrei perfezionare il
vostro
piano.
-
Quello che voglio è difendere il mio regno. E tenere sotto
controllo Merlino. –
Artù si avvicinò a Zelena, scrutandola
attentamente. – So che in uno dei suoi
libri c’è un incantesimo che mi aiuterà
in questo senso. Se lo lego ad
Excalibur, farà esattamente ciò che gli
ordinerò.
Ecco
perché è
importante avere una strega a disposizione. Mi piace questo piano.
Portatemi il
libro con l’incantesimo e lo farò io. È
semplice.
-
E poi? Come mi aiuterete, poi?
Zelena
scrisse ancora, esponendogli il suo, di piano. Aveva avuto modo di
riflettere a
lungo, mentre recitava la parte della serva muta della finta
Salvatrice. Aveva
osservato. Aveva progettato diversi piani, aspettando
l’occasione migliore.
Alcuni di quei piani si erano rivelati troppo rischiosi, quindi li
aveva
scartati. Quello che aveva in mente aveva ben più
possibilità di successo.
-
Non si fideranno. – disse Artù.
Certo
che no. Ma non
avranno altra scelta. Regina farà quello che può
per impedirmi di pugnalarli
alle spalle. Ma lei mi sottovaluta sempre.
-
Sono curioso di sentire questa storia. La vostra e di vostra sorella,
intendo. Sento
che potrebbe interessarmi.
***
Storybrooke.
Oggi.
-
Mi ha battuta lealmente. – disse Merida, raggiungendo Emma
nei sotterranei.
Aveva le mani legate dietro la schiena. Belle e Gold erano con lei.
-
Iniziavo a preoccuparmi. – disse l’Oscuro, dando
loro le spalle. – Pensavo di
doverti trascinare qui con le mie mani.
-
No. Un eroe non scappa mai dai suoi problemi. – disse Gold,
appoggiandosi al
suo bastone. Parlava con più sicurezza, ora. Emma aveva
seguito il
combattimento fra lui e Merida con molto interesse. Da quando lui e la
sua
domestica si erano rifugiati nel negozio per sfuggire
all’arciera di DunBroch,
a quando Gold aveva avuto la brillante idea di uscire da Storybrooke e
scappare
dai problemi. Da quando Merida si era trasformata in orso mannaro
bevendo la
pozione che aveva preparato per lei a quando Gold l’aveva
affrontata per
salvare il suo grande amore. Aveva dimostrato di non essere un codardo
e di
voler combattere per l’unica donna che amava.
-
Ora, in qualità di ex Oscuro... so bene che non smetterai di
creare scompiglio
fino a quando non avrò estratto quella spada dalla roccia.
-
Bene. Vedo che finalmente ci capiamo.
-
E so anche che non resisterai ad un accordo. – aggiunse Gold.
Emma
notò con piacere che Gold poteva anche definirsi ex Oscuro,
ma permaneva
qualcosa del vecchio Tremotino, in lui.
-
Quindi... che ne dici se io estraggo Excalibur in cambio del cuore di
Merida? –
concluse Gold.
-
E i miei fratelli! Voglio sapere che ne è stato di loro.
– aggiunse la
burattina, impaziente. – E l’assassino di mio
padre...
-
Pensi davvero di essere nella posizione per stringere accordi?
– domandò
l’Oscuro, seguendolo con lo sguardo, mentre si approssimava
alla roccia.
-
È proprio ciò che penso, sì.
Emma
estrasse il cuore di Merida. Lo strinse nella mano destra, come aveva
fatto
molte altre volte. Lo serrò forte e dolorosamente.
-
Basta, la ucciderai! – esclamò Belle, venendo
avanti.
Attirò
Merida più vicina sé, la prese per il collo e
infine spinse il cuore nel suo
petto. Con poca delicatezza. – Non mi serviva più,
in ogni caso.
La
ragazza boccheggiò, senza fiato. Belle sciolse le corde che
le univano i polsi.
-
E i suoi fratelli? – chiese Gold.
-
Stanno bene. Sono sani e salvi, al fianco della loro adorata madre.
Adesso
sbrigati con quella spada! – gridò
l’Oscuro. – Il resto dell’accordo... dopo
che l’avrai estratta.
-
Un momento! – intervenne Belle. – Che succede se
non riesce ad estrarla?
-
Raccoglierai i suoi resti dal pavimento. Eri la sua domestica, una
volta, no? –
disse Emma, senza esitazioni. – Magari te li farò
anche mangiare, quei resti. Dipende
da quanto sarò arrabbiata.
Gold
non commentò e allungò una mano verso
l’elsa di Excalibur. Poi la ritrasse. –
Belle...
Emma
era stufa. Ne aveva abbastanza di contrattempi.
-
Nel caso in cui non funzioni... voglio che tu sappia che mi dispiace.
Per
tutto. Se potessi tornare indietro... farei in modo di essere
l’uomo che
meriti... fin dall’inizio.
Belle
non disse niente.
-
Cambierei tutto per te.
-
Certo, come se il suo vero amore fossi davvero tu. – disse
l’Oscuro, con un
sorrisetto. – Se ti fosse rimasto un po’ di sale in
zucca, lo sapresti.
-
Non è mai troppo tardi. – rispose Belle,
ignorandola.
Gold
assentì. Infine si rivolse alla spada nella roccia.
Allungò di nuovo la mano e
strinse l’elsa. La gemma rossa incastonata nel pomolo
lanciò un barbaglio
rosso, quasi una sorta di avvertimento. E Belle immaginò le
cose peggiori.
Immaginò le cose più tremende che, per un attimo,
divennero certezze: se Tremo
avesse cercato di estrarre Excalibur, il suo corpo sarebbe andato in
frantumi.
Lei si sarebbe gettata a terra e sarebbe rimasta così, con
le sue ceneri sotto
le ginocchia e tra le dita. Avrebbe davvero raccolto i suoi resti.
Urlando. Poi
sarebbero stati costretti a rinchiuderla in manicomio. O Emma
l’avrebbe uccisa
prima che qualcuno potesse trovarla.
Ma
quando Tremo tirò, l’arma uscì
facilmente dalla pietra, mostrando i disegni
neri sulla lama. Gold vide che non era completa e capì da
solo che cosa
mancava. Il pugnale. La osservò per qualche momento, colpito
dalla bellezza di
quella spada. Belle sorrise, decisamente sollevata.
-
Beh, un accordo è un accordo. – ammise Gold. La
gettò ai piedi di Emma, quasi
fosse un oggetto di scarso valore. – Dille
dell’uomo che ha assassinato suo
padre...
Emma
raccolse la spada da terra. – Artù.
-
Cosa? – rispose Merida.
-
Re Artù. È lui l’uomo che ha ucciso tuo
padre, trafiggendolo alle spalle. – Non
la guardava, mentre diceva questo. Guardava la spada. Rimirava la lunga
lama
ondulata e già immaginava il momento in cui
l’avrebbe riunita al pugnale.
-
Artù... – mormorò Merida. Non sapeva
dire se fosse più sconvolta o confusa. –
Perché? Perché avrebbe dovuto farlo?
-
L’accordo era che ti dicessi il nome dell’uomo che
l’ha ucciso, non il perché.
– rispose Emma. – Quello lo devi
capire da sola. Come ha detto l’ex Oscuro... un accordo
è un accordo.
-
Se non contiene una menzogna... – aggiunse Gold, mentre Belle
gli passava di
nuovo il bastone.
-
E perché mai dovrei mentire? Merida non mi serve
più. Può avere questo nome e
farne ciò che vuole, per quanto mi riguarda. – Le
sue dita sfiorarono gli
intarsi neri di Excalibur. – Ho ottenuto quello che volevo.
Se mi permetti un
consiglio, Merida... mi vendicherei. Camelot ha bisogno di un vero re.
Non di
un imbecille.
Regnò
il silenzio. Merida aveva gli occhi che sporgevano dalle orbite e il
cuore che
le martellava nel petto.
-
Avrai pure Excalibur... ma hai commesso un errore, un errore terribile.
– disse
Gold, accostandosi a lei.
-
Oh, e quale? – chiese Emma.
-
Mi hai trasformato in un eroe.
-
Ci sono eroi ovunque, in questa città. E nessuno di loro
è riuscito a fermarmi.
– gli fece notare.
-
Perché nessuno di loro... è me.