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Autore: Stephanie86    21/02/2016    3 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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Storybrooke. Oggi.

 

Regina aprì la porta di casa, curandosi di nascondere l’acchiappasogni dietro la schiena. E curandosi anche di nascondere la profusione di emozioni che le stavano sconvolgendo i pensieri.

Era sera. Ed Emma era là, fasciata nei suoi abiti neri, una spalla appoggiata alla colonna, le labbra rosse che spiccavano contro il pallore del suo viso, l’aria più calma e strafottente del mondo, quasi la sua fosse una normale visita di cortesia, quasi come se fosse stata lei a fare un piacere a Regina, presentandosi a casa sua.

- Emma.

- Ciao. – rispose lei, senza battere ciglio.

- Che cosa diavolo succede? Cosa stai facendo? – domandò Regina.

- Sono qui per vedere Henry.

- Non è questo che intendo e lo sai. – Regina si sentiva troppo furiosa per controllarsi. Era troppo difficile controllarsi, quando bastava che Emma la fissasse in quel modo per farla esplodere. – Ci hai tolto i ricordi e ora Gold. Cosa stai cercando di fare?

Emma si era assicurata che Merida stesse facendo il suo dovere. Gold si era dimostrato restio, cosa che si aspettava da un uomo del genere, quindi aveva costretto Merida a cercare qualche incentivo. Sicuramente erano ancora nella foresta. Aveva imposto a quella regina celtica di spronarlo fino a quando non si fosse deciso a combattere. Non era disposta a tollerare fallimenti. Ne aveva abbastanza di fallimenti.

Non si scompose davanti alle domande di Regina.

- Emma... non c’è niente da cui tu non possa tornare indietro, se lo vuoi. Basta che tu dica la verità.

- Quello che sto facendo sono solo affari miei. E lo sto facendo perché è la cosa migliore. Fidati. – rispose, pacatamente.

- Stavo iniziando a farlo! – rispose, fuori di sé. La cosa più assurda era che si sentiva ad un passo dalle lacrime. Aveva un terribile nodo in gola. Una voglia assurda di afferrarla per la giacca e scuoterla con violenza. Di prenderle il viso tra le mani, con forza, per costringerla a guardarla sul serio. - E come Henry stavo vedendo del buono in te. Ma mi sbagliavo. Pensavo potessi essere diversa. Pensavo potessi sfuggire all’oscurità. Però poi... hai pensato di strappare il cuore ad una tredicenne. E hai usato Lily per ottenere quello di cui avevi bisogno.

- Che cosa? – disse Emma.

Finalmente aveva ottenuto la sua attenzione. Le mostrò l’acchiappasogni.

Emma si avvicinò di un passo. – Adesso commetti effrazioni?

- Oh, no! – Regina alzò un dito. – Non provare a farmi la morale. Non dopo quello che hai fatto. Henry ha visto cosa intendevi fare a Violet. Ha visto come hai usato Lily! Era sconvolto!

- Già. Cosa ho pensato di fare. Ma non l’ho fatto, Regina.

- Ah, certo! Hai fatto una cosa ben peggiore. Hai usato i ricordi di Lily contro di lei, contro la sua volontà... le hai spezzato il cuore di nuovo per poter avere quella lacrima! La tua unica amica...

- Non sapevo che ti importasse così tanto di Lily. Non sembravate andare d’accordo. – Emma non le staccava gli occhi di dosso.

- Non è questo il punto! Non cercare di raggirarmi. Non funziona con me, signorina Swan!

- Non mi chiamare ‘signorina Swan’! Ne abbiamo passate troppe.

- Parliamo di quello che hai fatto passare a Lily. Scommetto che tutta la faccenda della “cosa giusta” e del “fallimento” non è che un modo per coprire i tuoi, di fallimenti. – Regina stentava a padroneggiarsi, lottava immersa nella totale confusione. – Ho una certa esperienza con gli Oscuri, l’hai dimenticato? Non fate altro che manipolare.

Emma le diede le spalle per qualche momento. – Se fossi rimasta al tuo posto... tu e tutti gli altri... sarebbe andato tutto bene.

- Ma senti chi cerca di giustificare tutto. – rispose, con sarcasmo.

- Quello che ho fatto a Camelot, l’ho fatto a fin di bene.

Sto per urlare. Lo sento, pensò Regina. Ed era possibile; gli saliva come un ruggito, da dentro, un enorme obice di furia. Il mondo reale vacillava. Il mondo reale erano Emma e quei ricordi agghiaccianti. Era Emma e l’odore pungente, ma intenso che emanava. Era Emma con il suo sguardo duro come pietra.

- Questo è esattamente ciò che mi disse mia madre quando cercò di giustificare ciò che aveva fatto a Daniel. – disse Regina, imprimendo nelle sue parole tutta l’amarezza di cui era capace. Non abbassò mai lo sguardo. – Disse che l’aveva fatto per il mio bene.

- Oh! – esclamò Emma. Venne ancora più vicina. Abbastanza perché lei potesse sentire il suo respiro gelido. – Tua madre. Si vede che non hai capito nulla, Regina. Io non intendevo uccidere Violet. E poi... dato che mi paragoni a tua madre... chissà che tutto questo non ti piaccia, in fondo.

- Come?!

- Cora... – disse Emma. Scandendo bene le sillabe. – Il tuo primo vero amore, il più infelice di tutti. È per questo che ti sei lasciata ingannare.

- Non ti permettere nemmeno! – ringhiò Regina. – Mia madre mi ha ingannata perché era brava a farlo. E tua madre ne sa qualcosa.

- No, tua madre ti ha ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore. L’hai sempre amata. Persino dopo quello che è successo con Daniel. È stato il tuo più grave errore. Il tuo errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no.

Regina sollevò una mano. Era indecisa se colpirla o usare la magia contro di lei. Ma voleva farle male. Oh, parecchio.

- Coraggio, fallo. Come se potessi ferirmi... – rispose Emma. – Come se la tua magia mi spaventasse...

- Quello che conta qui, Emma... – le disse, sforzandosi di trattenere il proprio potere e pronunciando il suo nome lentamente. – È che non riuscirai mai a giustificare quello che hai fatto.

- Almeno grazie a quella lacrima abbiamo liberato Merlino! – gridò. Si rese subito conto di essersi esposta troppo. La fissò, con gli occhi leggermente sgranati.

- Allora è vero che siamo riusciti a liberarlo... – mormorò Regina, scrutandola. Tuttavia il senso di confusione aumentò. – Ma se è così... per quale motivo sei ancora l’Oscura?

- Per colpa tua. Vostra. – precisò Emma. – Adesso evitiamo di perdere altro tempo. Voglio vedere mio figlio.

- Io, invece, non credo che lui voglia vedere te. Anzi, ne sono convinta. – ribatté Regina, con la medesima durezza. – Arrivederci, signorina Swan.

Le sbatté la porta in faccia.

Emma rimase là, a guardare il numero 108. A guardare la porta bianca.

“Quello che conta qui, Emma. È che non riuscirai mai a giustificare quello che hai fatto”.

Tornò sui suoi passi, ma prima di andarsene si voltò, cercando con lo sguardo la finestra di Henry.

Lui era là. La osservava. Sul suo viso si mescolavano delusione e rabbia. E incredulità.

Fu solo un istante. Poi Henry chiuse le tende.

 

 

Era una vera fortuna che Robin fosse già tornato nel suo appartamento e che Henry fosse in camera sua. Perché non dovevano vederla così. Soprattutto Henry.

Dopo aver chiuso la porta in faccia all’Oscuro, Regina serrò le palpebre per il sollievo. Poi si mosse con la massima rapidità. Gettò via l’acchiappasogni con rabbia e si fiondò al primo piano, entrò in bagno e fece scorrere l’acqua, gettandosene un po’ in faccia. Il battito pesante del cuore le rintronava in testa. Poche volte nella sua vita si era sentita così fuori di sé. Non semplicemente furiosa, ma così incapace di gestire le emozioni.

“Tua madre ti ha ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore. L’hai sempre amata. Persino dopo quello che è successo con Daniel. È stato il tuo più grave errore. Il tuo errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no”.

Emma la sgomentava. La durezza e la cattiveria che impregnavano le sue parole la sgomentavano.

“Ci deve essere un altro modo!”

“Non c’è. Hai faticato troppo per vedere la tua felicità distrutta”.

Voleva strappare il cuore di una ragazzina. Aveva attinto dai ricordi della sua unica amica per avere la lacrima.

Perché una lacrima? Merlino è stato liberato da una lacrima. Com’era stato imprigionato in quell’albero? Chi è stato?

Ma c’era dell’altro.

Emma è ancora l’Oscura. Doveva essere Merlino a salvarla. Perché non ci è riuscito?

“Per colpa tua. Vostra”.

Non ne aveva avuto il tempo, forse. Era l’unica spiegazione.

“Avete fallito”.

“Colpa tua. Vostra”.

Regina andò in cucina e si versò un bicchiere di bourbon. Lo bevve in un unico sorso. Le bruciò la gola, ma sentiva di averne davvero bisogno.

Dov’è Merlino?

“Cora. Il tuo primo vero amore, il più infelice di tutti. È per questo che ti sei lasciata ingannare”.

Non solo.

“Il dolore di Regina è... vero. È un dolore terribile. Ma potrebbe non essere sufficiente. Non posso correre questo rischio. Non ho più tempo, ormai”.

Aveva condiviso i suoi ricordi con Emma, a Camelot. Emma aveva visto cos’era successo a Daniel, come Cora l’aveva ucciso. Ecco perché si era permessa di dirle quelle cose.

“Mi dispiace tanto. So di aver mentito sulla mia famiglia. Ma per il resto ti ho sempre detto la verità. Io odio la mia casa. Io lì mi sento invisibile”.

“Quella non è casa mia. Lo avevi promesso. Amiche per sempre. Qualsiasi cosa accada”.

Era stato come avvertire lo spezzarsi del cuore di quella ragazzina che era Lily. Oh, sì, era una bugiarda. Aveva mentito, ma il modo in cui si rivolgeva ad Emma era assolutamente... intenso. Era adorazione. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerla vicino a sé, ne era sicura. Il cuore spezzato di Lily era abbastanza forte. Il suo no. Non più.

...Ed Emma diceva che Lily aveva fatto la cosa giusta. Aveva aiutato Emma anche se lei si era approfittata delle sue memorie?

“Perché sei ancora l’Oscura?”

“Per colpa tua. Vostra”.

“Cora. Il tuo primo vero amore, il più infelice di tutti. È per questo che ti sei lasciata ingannare”.

“Avete fallito”.

“Tua madre ti ha ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore. L’hai sempre amata. Persino dopo quello che è successo con Daniel. È stato il tuo più grave errore. Il tuo errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no”.

Regina scagliò il bicchiere contro una parete. I pezzi di vetro si sparsero sul pavimento.

 

***

 

Camelot. Quattro settimane prima della maledizione.

 

- Merlino? – disse Azzurro.

Il mago gli rivolse un cenno di saluto, sorridendo.

- Tu sei... Merlino?

- Vi aspettavate qualcuno...

- Più vecchio.

- Già. Diciamo che c’è una spiegazione per tutto. Ed essere un albero fa anche bene alla pelle.

Merlino aveva liberato gli Azzurri dall’incantesimo di Artù. Ora si trovavano tutti al Granny’s. Il re si era ritirato nel suo castello e non aveva più dato segni di vita, il che poteva significare che stava tramando qualcosa. Era il pugnale ciò che voleva ed erano sicuri che non si sarebbe mai arreso fino a quando non avrebbe avuto l’oggetto tra le mani.

- Beh, adesso che il grande stregone è tra noi, forse può risponderci. – disse Uncino, avvicinandosi ad Emma e appoggiandole una mano sulla spalla. – Puoi liberare Emma dall’oscurità?

Merlino si rivolse a lei. – Certamente.

Neve e Azzurro si scambiarono un’occhiata sollevata.

- Però... ho un avvertimento. – disse Merlino. Avanzò di qualche passo, fissando Emma negli occhi.  – L’oscurità funziona così: si impossessa di una persona. Le scava dentro, nel profondo, dove nessun altro può arrivare. Quindi, per liberarti dalla sua morsa, devo essere certo di una cosa. Emma, il tuo cuore... è davvero pronto per questo? Perché dipende da te e non solo da me.

Emma stava per rispondere di sì. Stava per dire che era pronta. Che voleva disfarsene. Che doveva disfarsene per il bene di tutti. Ma poi ripensò all’onda di potere che aveva controllato quando si era trattato di liberare Merlino. Ripensò alla sensazione di entusiasmo e di forza che aveva provato.

- È a questo che devi pensare, mia cara. – disse Tremotino. Sedeva comodamente su uno dei tavoli del locale, ghignando, malefico. Erano giorni che non si faceva vivo e lei era convinta di essersene liberata. – La magia è potere. Possedere il potere significa essere in grado di fare grandi cose. Perché rinunciare? Tu sai quanto è gustosa l’oscurità.

- Emma? – la chiamò Regina.

Emma scoccò un’occhiata a Lily, seduta accanto a Tremotino. Solo che non poteva vederlo. Lei le riservò un’espressione furiosa. Spostò lo sguardo su Henry e vide che il ragazzino era in attesa di una sua risposta. Come tutti.

- Hai dato il meglio di te con Lilith. Ma puoi fare ancora meglio. Puoi essere ancora più potente. – continuò Tremotino.

Non ho dato il meglio di me. L’ho ferita. L’ho usata. E ho pensato di ferire mio figlio. Volevo prendere il cuore di quella ragazzina.

- Basta, va via. – borbottò Emma, infastidita.

- Swan... – iniziò Uncino.

- Con chi parli, Emma? – domandò Neve.

- Con i suoi demoni. – rispose Merlino. Lui non sembrava particolarmente sorpreso di vederla dialogare con il nulla.

- Attenta, cara, è il mago più vecchio del reame. Lui sa molte cose sugli Oscuri. – disse Tremotino, indicando Merlino con il lungo indice squamoso.

- Posso farcela. – disse Emma. E non sapeva nemmeno lei a chi stava rispondendo.

 

 

Poco dopo, mentre Emma sedeva su una roccia davanti al Granny’s a costruire un acchiappasogni dopo l’altro, Lily si accostò a Merlino.

Ancora non si capacitava di ciò che era accaduto. Un attimo prima stava parlando con Emma di quanto fosse sbagliato ciò che pensava di fare a quella ragazzina e un attimo dopo era diventata la vittima dell’Oscuro. Un attimo prima Emma era convinta che l’unico modo per liberare Merlino fosse spezzare il cuore di Henry e prendersi la sua lacrima, un attimo dopo era stata lei a dare ad Emma l’ingrediente mancante.

“L’oscurità funziona così: si impossessa di una persona. Le scava dentro, nel profondo, dove nessun altro può arrivare”.

“Le scava dentro...”

L’Oscuro aveva scavato dentro di lei, recuperando i ricordi più belli e al tempo stesso più brutti della sua vita.

“... nel profondo, dove nessun altro può arrivare”.

Non aveva mai permesso a nessuno di arrivare a quei ricordi. Non aveva mai incontrato nessuno che considerasse degno di quelle memorie.

“Le scava dentro...”

- Ciao, Lilith. – disse Merlino, senza nemmeno alzare la testa. Sedeva presso il bancone del locale.  Le sue mani giocherellavano con un barattolo di ceramica che conteneva delle zollette di zucchero.

- Quindi sai chi sono.

- Sì, naturalmente. – Si rivolse a lei e le sorrise. - So molte cose di te, grazie al mio Apprendista.

- E hai cercato di parlarmi, vero? Quel giorno, nel cortile...

- Ci ho provato. Non è facile, quando sei un albero. Avevo la possibilità di parlare alle persone e anche di proiettarmi al di fuori della mia prigione... – Si rabbuiò un momento. – Ma non per molto tempo.

Lily inarcò la fronte. Poi scosse il capo. – Ho sentito quello che hai detto ad Emma. Puoi liberarla dall’oscurità.

- Lo spero.

- Puoi fare lo stesso per me?

Il mago si aspettava quella domanda, così come si era aspettato la chiacchierata di Emma con il demone che assumeva le sembianze di Tremotino. Si alzò. – Il mio Apprendista mi ha fatto la stessa domanda, una volta.

- E tu gli hai detto che non potevi sistemare le cose. Ma era la verità?

- Ciò che è fatto è fatto, Lilith. – Il suo tono era benevolo e conciliante. E ovviamente la rendeva ancora più furiosa. – Se invertissimo l’incantesimo...

- Perciò può essere invertito.

- Può essere invertito. Non annullato. Le conseguenze sarebbero terribili. – Appoggiò le dita della mano sul petto di Lily. – Il potenziale oscuro era di Emma, ma è dentro di te da sempre. E so che cosa significa.

- Non credo che tu lo sappia davvero! – rispose Lily, scacciando la sua mano. Era un’assurdità e lo sapeva bene. Un mago vecchio come lui doveva aver affrontato un sacco di demoni. Ma da un po’ di tempo le giornate erano piene di assurdità.

- Credimi, lo so. So anche che cosa significa lottare contro l’oscurità. Ci ho avuto a che fare, molto tempo fa. – Il suo sguardo sembrò assente per qualche istante. Tacque e parve interessato unicamente ad una parete del Granny’s. Infine tornò a fissarla, rinfrancato. – L’oscurità ha distrutto una persona che amavo.

Lily non disse niente.

- Quello che voglio dire... – ricominciò Merlino. – Quello che voglio dire è che quell’oscurità è radicata in te. Fa parte della tua essenza. Se... se te la strappassi, quell’oscurità tornerebbe dal suo legittimo proprietario.

- Tornerebbe da Emma. – mormorò Lily.

Merlino assentì. – Emma sta già combattendo una battaglia difficile. Una battaglia che per molti sarebbe impossibile da vincere. Inoltre, se anche riuscissi a sradicare quel potenziale oscuro, potrei farti del male. Sarebbe estremamente doloroso. Non credo che tu voglia questo. Soprattutto non credo che tu voglia dare a qualcuno come Emma l’oscurità che ti porti dietro.

Lei fece per dire qualcosa, ma vi rinunciò.

Che se la prenda, la dannata oscurità!, pensò, incollerita. Che se la prenda e che se la prendano pure quei maledetti dei suoi genitori.

Poi pensò a Murphy, ai suoi occhi argentei, alla sua faccia maciullata dai calci. Allo stivale sporco di sangue. A Percival che bruciava.

- Ora che Emma è contaminata da un’oscurità molto più grande, la tua... è diversa. Lo sai, vero? – chiese Merlino.

- Lo è? A me sembra peggiore di prima.

- Non è peggiore. È mutata. Così come è mutata l’essenza di Emma. Sono sicuro che, in parte, capisci ciò che sto dicendo. – Merlino le appoggiò una mano sulla spalla. – Capirai anche come usare il tuo dono.

- Se ti riferisci al fatto che posso trasformarmi in un drago...

- No. Non mi riferisco a questo. Ci sono delle cose di te che ancora non conosci. Non abbastanza. Tu non sei solo quel potenziale oscuro che è stato trasferito dentro di te, anni fa.

- Ovvero non sono solo una bambina maledetta e un’Anti Salvatrice?

Merlino non si scompose davanti al suo sarcasmo. Gli occhi scuri si posarono con più durezza su di lei. Ora lo stregone dimostrava davvero centinaia di anni. – Stai contemplando una strada che non devi percorrere. E fai del male a te stessa, prima di farlo alle persone che ami. Puoi combattere l’oscurità. Ma se continui a credere di essere l’Anti Salvatrice, allora questo sarà ciò che diventerai.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

- Perbacco, questo sì che è interessante! – esclamò Knubbin, leccandosi le dita dopo aver ingurgitato una patatina.

- Avete scoperto qualcosa? – chiese Regina.

- No, in realtà mi riferivo a questo... come l’avete chiamato?

- Hamburger. – precisò Granny, passando a raccogliere i piatti e osservando il mago di sottecchi.

- Ecco, già! – Knubbin aveva un aspetto migliore. I capelli erano sempre un po’ scompigliati, ma gli avevano dato degli abiti puliti e qualcosa da mangiare. Era già al secondo hamburger e alla seconda porzione di patatine. Heathcliff se ne stava appollaiato sul davanzale di una finestra. – Hamburger. È magico?

- No. – rispose Granny. – Ma lo considererò un complimento alla mia cucina.

- Potete contarci, mia cara signora. Io sono uno che conosce le buone maniere... e so anche riconoscere la buona cucina. Come va la cicatrice? – chiese, parlando rapidamente.

Granny posò i piatti con un colpo secco. – È sempre dove dovrebbe essere.

- Non mi aspettavo che fosse andata in qualche posto. E dov’è vostra nipote?

- Nella Foresta Incantata.

- Come fa a conoscere Ruby? – domandò Neve, perplessa.

- Oh, diciamo che l’ho aiutata molto tempo fa. In effetti, ho fatto molto di più. Il mantello è una delle mie migliori creazioni.

- Non perdiamoci in chiacchiere! – esclamò Regina, massaggiandosi la radice del naso. – Gli aneddoti possono aspettare.

- Per una volta sono d’accordo con Sua Maestà. – ammise Uncino.

Regina si girò a guardarlo.

- Beh, prima o poi doveva capitare. – continuò il pirata, sollevando un sopracciglio. – Ma tornando a noi... abbiamo liberato Merlino a Camelot. E se l’abbiamo liberato mi chiedo come mai non abbia scacciato l’oscurità di Emma.

Regina si sforzava di concentrarsi. Le parole di Emma le riecheggiavano nella testa. – Non lo stai domandando alle persone giuste.

- Beh, non possiamo domandarlo a lui. Magari questo mago sa dirci qualcosa...

- So dirvi che questo libro è molto interessante... gli incantesimi sono molto antichi... – osservò Knubbin. – Ne ho trovati alcuni che...

- Io invece ho questo. – disse Regina, mostrando a tutti la Corona Scarlatta. – Comunicare con Merlino sarà proprio quello che faremo.

- La Corona Scarlatta. – si sorprese Azzurro. – Quindi hai capito come far funzionare l’incantesimo di comunicazione.

- Scoprire ciò che Emma intendeva fare a quella ragazzina e scoprire... cos’è stata in grado di fare a Lily mi ha dato la motivazione necessaria.

“Tua madre ti ha ingannata perché era lei a possedere il tuo cuore. L’hai sempre amata. Persino dopo quello che è successo con Daniel. È stato il tuo più grave errore. Il tuo errore. Non di mia madre. Lei era una bambina. Tu... no”.

- Come possiamo usarla? – domandò Neve.

- Non è difficile. – intervenne Knubbin, sollevando di scatto la testa e anticipando Regina. Si spostò alcuni ciuffi dalla fronte rugosa. – Un mago come Merlino appare solo ad una persona che lui stesso ha scelto.

- Artù. – disse Azzurro, amaramente.

- E noi non possiamo fidarci di lui. – concluse Regina.

- Beh, abbiamo qualcuno che può aiutarci, anche se non si tratta di Merlino. – intervenne Belle.

- E chi è? – chiese Neve.

- Tremotino.

- È una pessima idea. – rispose Regina. - Se non fosse stato per lui, forse adesso non ci troveremo in questa situazione. Senza contare che ora è nelle mani di Emma. Se cercassimo di aiutarlo, finiremmo tutti in una trappola.

- E se gli capitasse qualcosa?

- Non possiamo pensare a tutto in questo momento, tesoro. Il Coccodrillo ha già avuto parecchie chance, in passato. – disse Uncino.

- Oh, non lo metto in dubbio. Come te, del resto. – E poi si rivolse a Regina. - E come te.

- Ora è inutile parlare di me. – ribatté Regina. – Dobbiamo aiutare Emma e l’unico modo per farlo è comunicare con Merlino.

- Anche Tremo ha bisogno di aiuto, visto che è nelle mani dell’Oscura. – Belle alzò parecchio la voce. - Ma quando si tratta di lui non ne vale la pena, giusto? Quando si tratta di te o delle persone che tu ami... non importa quale mezzuccio è necessario utilizzare. Basta fare il possibile. Come quando hai strappato il cuore a me per salvare il tuo grande amore...

Regina stava per rispondere, ma Neve la interruppe. – Possiamo parlare di come comunicare con Merlino? Forse così riusciremo ad aiutare tutti.

- Sì, voi fate pure. Io non me ne starò qui ad aspettare che Emma faccia del male a Tremotino. - Belle prese la sua giacca ed uscì dal Granny’s, sbattendo la porta con violenza.

Knubbin soffocò un rutto.

Regina gli riservò un’occhiataccia.

- Scusatemi. Mi ha colto di sorpresa. Non è la prima cosa che mi coglie di sorpresa. – disse il mago, pulendosi la bocca con il tovagliolo. Poi prese una vecchia pergamena ingiallita che aveva messo da parte. - Anche questo mi ha colto di sorpresa.

Regina prese il foglio e lo aprì. – Che cos’è questa roba?

Neve sbirciò da sopra la sua spalla e spalancò gli occhi. Le strappò la pergamena di mano.

- Ehi, ma che fai?

- Conosco questo incantesimo. – disse Neve, scorrendo in fretta le parole impresse sulla carta.

“Sì, questo andrà bene”, cominciò la voce dell’Apprendista nella sua testa.

“Quindi l’oscurità di nostra figlia...”, disse Azzurro.

“Potrà essere trasferita”.

“Che l’oscurità trovi la sua via, dal grembo materno a un altro dell’inferno...”

- Lo credo. È un incantesimo estremamente antico. E pericoloso, anche. Serve a trasferire il potenziale oscuro di una persona verso un ospite... – disse Knubbin, grattandosi la barba. – Sì, una cosa decisamente pericolosa. Mi chiedo quale sia il folle che si permetterebbe di eseguire questo incantesimo. Beh, non che non mi aspetti che qualcuno l’abbia fatto... non c’è mai niente di nuovo sotto il sole. Quello che è stato tentato una volta, era stato tentato in precedenza e così via.

- È l’incantesimo che l’Apprendista ha usato su Lily, vero? – disse Azzurro.

- Lo è. – rispose Neve.

“Il bambino è perso per sempre. Ma congratulazioni! Vostra figlia sarà pura di intenti e di animo eroico. Tuttavia toccherà a voi guidarla... e tenerla nella luce”.

- E le ultime frasi? – chiese Uncino, indicando col dito quattro righe scritte sotto l’incantesimo, seguite da altre tre. – Non è niente di buono, giusto?

- Decisamente no. – confermò Regina, ripensando alle parole di Artù al suo servitore, Grif. Aveva parlato di una profezia. Di una profezia che indicava Lily come possibile minaccia.

“Quel che è fatto è fatto.

I loro destini sono intrecciati

Com’è sempre stato e come sempre sarà

Così ha detto il mio Maestro”

- Deve averlo scritto l’Apprendista. – disse Azzurro, con la fronte aggrottata.

- Ma cosa c’entra il resto? – chiese Uncino.

“Vedo l’ombra infinita approssimarsi a Camulodunum

L’infante figlio del drago porta con sé una stella

E il suo destino s’intreccia con l’altra metà di Caledfwlch”

- Camulodunum. – sentenziò Knubbin. – Camelot. Una volta quella terra si chiamava così. C’è ancora gente che la chiama così, ne sono sicuro.

- E sapendo che il pugnale ed Excalibur sono la stessa arma... Caledfwlch deve essere la spada di Artù. – disse Regina.

Regina pensò... all’infante figlio del drago. Pensò alla voglia a forma di stella che portava sul polso. Pensò ad Emma agganciata alla sua groppa. Era tutto collegato. Tutto dannatamente collegato. Tutte le volte che incrociavano qualcosa che li conduceva più vicini a scoprire cosa fosse accaduto a Camelot, quel qualcosa si ricollegava non solo ad Emma, ma anche a Lily.

Una vera fortuna che Lily non fosse presente, ma doveva parlarne con Malefica.

 

 

- L’ho spinto oltre i suoi limiti... è stremato. – disse Merida, conducendo Emma verso la tenda che aveva montato nella foresta.

L’Oscura la seguiva, senza fretta. E senza parlare. Un’ombra che non si lasciava nemmeno sfiorare dai raggi del sole primaverile.

Merida era ansiosa di recuperare il suo cuore e scoprire che cos’era successo ai suoi fratelli, nonché sapere chi aveva ucciso suo padre, per questo procedeva a grandi falcate, stringendo il suo arco. Non vedeva l’ora che quella maledetta storia finisse. C’erano troppe cose che non capiva, in quella terra. Voleva tornare a Dunbroch. Dove tutto le era familiare. Doveva tornare a casa e assicurarsi che la sua famiglia stesse bene. Non ricordare la spaventava orribilmente.

Tuttavia, quando arrivò nel punto in cui aveva lasciato Tremotino, trovò solo una tenda vuota, le corde con cui gli aveva legato i polsi tagliate e la tazzina che aveva recuperato nel suo negozio... in mille pezzi. L’aveva usata per liberarsi. Cercò qualche traccia intorno all’accampamento e individuò le impronte di un paio di scarpe, ma niente di più. Era sparito.

- Dicevi? – disse Emma, annoiata. Il cuore pulsante comparve nella sua mano.

- Oh, avanti. Cosa aspetti? Fammi del male! Se è la cosa che sai fare meglio... – disse Merida, appoggiandosi al tronco di un albero.

Emma stritolò il suo cuore. – La cosa che so fare meglio è capire quando una persona mente, in realtà.

Merida boccheggiò, in ginocchio sul prato.

- Il tuo lavoro non è ancora finito. – Strinse di nuovo il cuore. Lo strinse e lo rilasciò più volte, quasi lo stesso usando come una pallina antistress.

- Non... – iniziò Merida, respirando a fatica, la faccia rossa in parte nascosta dalla fitta massa di riccioli. – Non posso allenarlo più. Non è nemmeno qui... come pretendi che lo faccia?

- Hai confermato quello che volevo sapere. È disposto a lottare per Belle. – spiegò Emma, avvicinandosi a lei e poi afferrando una manciata dei suoi capelli nel pugno. Tirò forte perché Merida si alzasse.

- Sbaglio? – chiese Emma.

- No, Oscuro. Ma non è diventato un eroe... – mormorò Merida. Voleva staccare gli occhi da quelli verdi della sua carceriera, eppure non ne era capace.

- Ma lo sarà. Lo diventerà presto. – Emma scandì ogni parola perché la comprendesse bene. – Deve. Se vuole fermare te...

- Fermare me? Perché dovrebbe fermarmi? – chiese Merida.

Emma serrò di nuovo il cuore pulsante, lo serrò a lungo e così crudelmente da farle pensare che stavolta l’avrebbe frantumato. Macchie nere invasero il suo campo visivo. Merida si sentì venire meno, mentre l’altra mano dell’Oscuro ancora le tormentava i capelli.

- Ucciderai Belle. – disse Emma, allentando la presa sul mezzo che le permetteva di controllarla. Appoggiò una mano sul suo viso, convincendola a voltare la faccia in modo che fosse completamente rivolta verso la sua. – Vai e piantale una freccia nel cuore.

 

***

 

Camelot. Quattro settimane prima della maledizione.

 

Nei sotterranei del castello di Artù regnava il silenzio. Le guardie si limitavano a fare il loro dovere e non parlavano mai tra di loro. Il prigioniero in una delle ultime celle in fondo al corridoio stava cantando. Era quel mago, Knubbin. Ovviamente era stonato. Peggio ancora, la sua voce sembrava quella di un ubriaco, sebbene non avesse bevuto niente, a parte la ciotola d’acqua che gli era stata portata insieme alla misera cena. Era acuta e stridente.

- Non si può farlo smettere? – sussurrò una guardia al compare, in piedi accanto a lui.

L’altro stava per rispondere, ma poi le torce che illuminavano i corridoi si spensero di colpo, precipitandoli nell’oscurità.

Vi fu un istante di sbalordimento. Infine le luci si riaccesero, esplodendo come lampi, e li accecarono. Le guardie lanciarono grida e imprecazioni.

David e Killian fecero irruzione, buttando giù le porte e gettandosi sugli uomini del re. Nel giro di un paio di minuti li stesero. Merlino, avanzando con passo sicuro, si occupò dell’ultima guardia, liberandosene con un semplice gesto della mano. Belle rimase all’esterno delle prigioni a tenere d’occhio la situazione.

- Non male per uno che ha passato centinaia di anni in un albero. – commentò Uncino.

- È come andare in bicicletta. – osservò il mago, sorridendo.

Avanzarono in quel dedalo di corridoi. Merlino non sembrava avere particolari difficoltà con l’orientamento.

- Come fai a sapere cos’è una bicicletta?  - domandò Azzurro, ad un certo punto.

- Credi che le mie profezie si avverino perché sono fortunato? Da questa parte. – Merlino girò a destra. Si fermò prima della svolta successiva e invitò gli altri ad appiattarsi contro i muri.

Un gruppo di guardie passò a pochi passi da loro, senza notarli.

- Per tutti i diavoli... riesci davvero a vedere il futuro. – disse Uncino.

- Pezzi di futuro. Sì. – Merlino aveva un’aria molto compiaciuta. Divertita e rilassata, anche. Era evidente che fosse più che lieto di poter usare i suoi poteri senza impedimenti.

Giunsero davanti alla cella di Lancillotto. David si sporse per guardare all’interno.

- Azzurro? – Lancillotto lo scrutò, diffidente.

- Va tutto bene. Io e Neve non siamo più controllati da Artù. – lo rassicurò.

- Come hai fatto ad infrangere l’incantesimo?

- Non l’hanno fatto, amico. – disse Uncino.

- Sono stato io. – Merlino si palesò davanti alla cella.

- Merlino...

- La cella del mago è più avanti. – disse Azzurro. – Emma ci ha chiesto di liberarlo e per quanto non mi vada a genio... dobbiamo farlo.

- Sì, signori, sono qui! – esclamò Knubbin, alzando un po’ troppo la voce. Mani bianche afferrarono le sbarre, due celle più a sinistra rispetto a quella del cavaliere. – Sono lieto che quel tesorino abbia mantenuto la promessa. Fate attenzione all’incantesimo.

- Quale incantesimo? – chiese Uncino.

- Quello che protegge queste prigioni. Le cose sono un po’ cambiate da quando sono stato imprigionato. – Merlino stava valutando le celle con attenzione. – Le sbarre sono protette. Un incantesimo potente.

- Puoi farcela? – chiese Azzurro.

- Ehi! Ed io? – L’accento celtico di quella voce stupì tutti quanti. Merida sporse la faccia tra le sbarre. La sua fitta massa di riccioli rossi era assai più ribelle dell’ultima volta che l’avevano vista, nel cerchio di pietre. Aveva gli occhi segnati ed era decisamente di pessimo umore. - Dovreste liberare anche me!

- Merida? Che ci fai qui? – domandò Azzurro.

- Lunga storia! Ma dopo quello che mi ha fatto vostra figlia... dovreste proprio tirarmi fuori.

- Già. – disse Uncino. – Credo che Emma vorrebbe che la liberassimo.

- Certo. Perciò state indietro. – Merlino allargò le braccia, puntando i palmi delle mani verso le celle dei prigionieri.

Merida e Lancillotto arretrarono.

Il mago chiuse i pugni di scatto e le sbarre svanirono in una nuova, potente esplosione di luce. Poi avanzò di qualche passo e fece lo stesso con la cella di Knubbin, che uscì incespicando. Heathcliff gracchiò e si appollaiò sulla spalla del padrone.

- Meglio legarlo. Non vogliamo problemi. – propose Uncino.

- Sono d’accordo. – rispose Merlino. Un istante dopo i polsi di Knubbin erano stretti l’uno contro l’altro da un paio di corde robuste e una benda nera gli copriva gli occhi.

- Non ce n’era bisogno. A parte che potevo farlo benissimo da solo... – commentò Knubbin.

Da qualche parte, vennero le voci di altre guardie.

- Usciamo da qui. – suggerì Uncino, avviandosi lungo il corridoio.

- No, aspettate! – gridò Merida. – Artù ha il fuoco fatuo. Mi serve per liberare i miei fratelli!

- In questo momento quel fuoco fatuo ti condurrebbe solo alla morte. – disse Merlino. Le appoggiò una mano sulla spalla. – Troveremo un altro modo per aiutare i tuoi fratelli, vedrai.

 

 

- Dov’è finita Belle? – domandò Emma, mentre Killian si affrettava a legare Knubbin ad una sedia. Il corvo svolazzava per la tavola calda, gracchiando. Quando Killian strinse le corde dietro la schiena del mago, l’uccello piombò giù in picchiata e cercò di artigliargli i capelli, nonché di beccarlo in testa. Lui agitò l’uncino per scacciarlo.

- Non lo so. – rispose Azzurro. – Era in coda al gruppo con Merida. Ed ora...

- Non c’è nemmeno quella regina celtica. – osservò il pirata.

- Non preoccupatevi. – intervenne Merlino. – Merida non farà del male a Belle. Vuole solo una mano per salvare i suoi fratelli. E noi... non siamo stati collaborativi da questo punto di vista.

- Dove l’ha portata? – chiese Uncino.

- Nel suo regno. Belle tornerà, vedrete.

- Lo dici perché vedi il futuro?

Merlino attese qualche istante prima di rispondere. – Lo vedo a tratti, come già sai. Ma sì, l’animo di Merida è un animo giusto. Lei è una combattente. Il suo regno ha bisogno di lei. Non speravo che mi ascoltasse e lasciasse perdere.

- Se tentasse di prendere il fuoco fatuo... – cominciò Emma, ricordando lo spiritello azzurrato che anche lei aveva cercato di acciuffare.

- No. Ha un altro piano. - Il tono di Merlino sembrava rassicurante e fermo. - Per questo ha preso Belle. Andrà tutto bene.

- E Lancillotto? – chiese Emma.

- Ha raggiunto sua madre, la Dama del Lago. Gli ho detto io di andare laggiù. Mi serviva un messaggero.

- Un messaggero ad Avalon? Perché?

- Per quello che dobbiamo fare, Emma. Vogliamo distruggere l’oscurità. Dovrà essere tutto pronto per quel momento.

 

 

Emma fabbricava acchiappasogni. Le sue dita erano sempre al lavoro. La sua mente si concentrava su ciò che stava facendo per evitare di ascoltare le voci. Il suo sguardo era fisso sull’oggetto che andava assumendo la propria forma.

Lily non faceva che osservarla. O più che osservarla... sembrava la tenesse d’occhio. Era furiosa e naturalmente non riusciva a nasconderlo.

- Che cos’è successo fra Emma e Lily? – domandò Regina, accostandosi a Malefica.

- Vorrei tanto saperlo. – rispose lei, guardando la figlia. Era contrita. – Gliel’ho domandato, ma non ha voluto parlarne.

- E questo ti dispiace. – disse Regina. In effetti, anche lei aveva bisogno di qualche spiegazione. Era sicura che Emma avesse liberato Merlino con una lacrima che si era procurata prima di tentare l’incantesimo con la sua. Forse aveva previsto che non avrebbe funzionato. E si era preparata di conseguenza. C’entrava Lily? E se c’entrava Lily, per quale motivo Emma non l’aveva messa al corrente? Forse per non urtare i suoi sentimenti, dicendole che il suo dolore non era abbastanza?

- Faccio del mio meglio con mia figlia. A volte credo che lei si fidi di me. – continuò Malefica.

- Ma a volte hai l’impressione che ti sfugga.

- Già.

- Non stai sbagliando niente. Le serve tempo. È cresciuta da sola per anni e credo... che non sia abituata a ricevere attenzioni da qualcuno.

Da parte sua, Lily non aveva potuto chiudere occhio, quella notte. Per un bel pezzo era rimasta sveglia per colpa dei pensieri che le mulinavano nella mente e la assillavano.

La voce terribilmente sicura di Merlino, quella voce terribilmente certa, proveniente da un’altra epoca:“Stai contemplando una strada che non devi percorrere. E fai del male a te stessa, prima di farlo alle persone che ami. Puoi combattere l’oscurità. Ma se continui a credere di essere l’Anti Salvatrice, allora questo sarà ciò che diventerai”.

“Ora che Emma è contaminata da un’oscurità molto più grande, la tua... è diversa. Lo sai, vero?”

“Capirai anche come usare il tuo dono”.

Di quale dono stava parlando? La magia?

E quella voce si mescolava a quella di sua madre, che le diceva che un po’ di oscurità non la preoccupava. Ma soprattutto si mescolava alla voce di Emma.

“Il tuo dolore, invece... è ancora molto reale. Per quanto tu sia andata avanti, non sei mai guarita. Perché nessuno ti ha aiutata a guarire. Ma adesso... aiuterai me. Libererai Merlino. E mi salverai”.

“Il tuo dolore, invece... è ancora molto reale”.

Emma terminò un altro acchiappasogni. In disparte, Uncino la scrutava, leggermente a disagio. Persino Granny, ferma sulla porta del suo locale, la fissava.

Lily la raggiunse, piazzandosi davanti a lei.

- Finalmente. – disse Emma, senza nemmeno alzare lo sguardo. Posò l’acchiappasogni. – Pensavo avessi deciso di non rivolgermi più la parola.

- E sei così sorpresa? Dopo quello che hai fatto...

- Quello che ho fatto è una cosa terribile, ma l’ho fatto per liberare Merlino.

- Beh, avresti potuto chiedere, prima. Invece hai preferito giocare con i miei ricordi. Ottimo lavoro... Oscuro. – Mise molta enfasi nella parola Oscuro.

Emma si alzò in piedi. Gli occhi di Lily, fissi nei suoi, rimasero scuri e lampeggianti. – Se hai voglia di discutere perché non andiamo da un’altra parte? Questa è una faccenda tra me e te.

Prima che Lily potesse chiederle di cosa stesse parlando, Emma la prese per un polso e poi una nuvola di magia le avvolse, oscurando il mondo intorno a loro. Quando si dissolse, non erano più davanti al Granny’s.

Erano nel bel mezzo della Foresta Incantata, in un punto in cui la vegetazione sembrava molto fitta e gli alberi i più alti e antichi che Lily avesse mai visto. Tuttavia, dove si trovavano, la natura si era aperta, formando una piccola radura. Al centro di essa c’era una piattaforma circolare ricoperta di simboli strani e indecifrabili.

- Dove siamo? – domandò Lily.

- Dove tutto per me è cominciato. - disse Emma, indicando la piattaforma. Gettò la testa all’indietro e contemplò gli sprazzi di cielo tra le fronde. – È qui che mi sono ritrovata, dopo essermi trasformata in Oscuro.

- E perché diavolo siamo qui, adesso? - chiese Lily.

- Qui ho cominciato a vederlo. – continuò Emma. – Tremotino. O meglio... il potere dentro di me che aveva assunto la sua forma.

- Oh e cosa vorresti fare? Commuovermi? Parlarmi di quanto sia terribile sentire le voci e lottare contro l’oscurità? Di quanto sia difficile resistere? – la interruppe, in tono sprezzante. – Sono tutte cose che so.

- Credo che tu non sappia nemmeno la metà delle cose che dici di sapere. – rispose Emma, ora decisamente alterata.

- Questo è esattamente ciò che avrei detto io. Brava, mia cara! – esclamò Tremotino, in piedi sulla piattaforma.

Emma lanciò un’occhiata all’Oscuro.

Lily sganciò un cazzotto che la colpì in pieno viso, spedendola a terra. Prima che potesse rialzarsi, l’altra le fu addosso, a cavalcioni, bloccandola in mezzo a sterpi, foglie ed erba. Emma usò la magia per togliersela di dosso. Lily venne scaraventata sul prato, qualche metro più in lei. Cadde vicino alla piattaforma. Sopra le loro teste si assieparono nuvole nere e solcate dai lampi. Proprio come quel giorno, dopo l’inseguimento in auto. Solo che stavolta erano più pesanti. Più minacciose.

Lily si rialzò; ciocche di capelli le pendevano sulla faccia e stringeva i denti in un ringhio animalesco. Emma vide i suoi occhi accendersi, diventare gialli, ma prima che potesse completare la trasformazione lei sollevò una mano, come se stesse stringendo l’aria e Lily si artigliò la gola, avvertendo la morsa che non le permetteva di respirare. Si sentì trascinata verso l’Oscuro, che le serrò il collo ancora per qualche istante e poi allentò la presa per affondarle una mano nel petto. Le dita abbracciarono il suo cuore pulsante e strinsero. Strinsero parecchio. Lily gridò, sconvolta dalla fitta di dolore. Era un dolore terribile, che le esplose in testa e sembrò divampare come un incendio, propagandosi ovunque.

Emma fissò i suoi occhi in quelli di Lily, scorgendone ogni singola sfumatura. Lily vide la sua immagine riflessa in quelli di Emma, verdi e carichi come non mai.

La foresta perse la propria consistenza. Il mondo diventò grigio nebbia. In quel grigio Lily vide una serie di cose: lo sguardo argenteo di Murphy, il suo corpo abbandonato sull’asfalto dell’area di servizio, vicino ai distributori di benzina, vide se stessa colpirlo ripetutamente, vide il foro della canna della pistola del ragazzo un attimo prima che facesse fuoco e uccidesse l’uomo che avevano rapinato. Il nastro dei ricordi si stava riavvolgendo. E si riavvolgeva sempre più velocemente. Vide se stessa alla fermata dell’autobus, con Emma. Due ragazzine senza un posto dove andare.

“È come se tutta la mia vita fosse oscura e quando ci sei tu... diventa più luminosa”.

“Emma, ti prego, non lasciarmi sola. Ti sto supplicando. Ti prego, aiutami”.

“Non mi va più di aiutarti, Lily”.

Ancora. Un po’ più indietro.

“Quando la situazione si calma, vieni a cercarmi. Scapperemo insieme”.

“Mi hai presa in giro”,

“Mi dispiace tanto. So di aver mentito sulla mia famiglia. Ma per il resto ti ho sempre detto la verità. Io odio la mia casa. Io lì mi sento invisibile. Sono proprio come te. Davvero! Ero un’orfana finché questa famiglia mi ha adottata. Quella non è casa mia. Lo avevi promesso. Amiche per sempre. Qualsiasi cosa accada”.

La presa sul suo cuore sembrò diventare meno dolorosa. Poi la mano di Emma strinse di nuovo, più forte. Infine la liberò.

Caddero tutte e due. Ansimavano, il respiro usciva sibilante dalle loro bocche.

Lily si sdraiò sul prato, rivolgendo lo sguardo ai rami degli alberi che si protendevano sopra di lei.

 

 

Qualche momento dopo sedevano tutte e due su un muretto di sassi, sul quale la vegetazione aveva già iniziato ad arrampicarsi.

Stavano in silenzio. Lily aveva scavato una buca nel terreno con il tacco dello stivale, distrattamente. Emma guardò la propria mano, quella che aveva quasi disintegrato il cuore di Lily. Era scossa da un violento tremore. Il tremito la prese con una violenza tale da farla sentire impotente e terrorizzata. Le ricordava il tremito che aveva scosso Regina dopo l’immersione nel passato per ottenere la lacrima. Aveva l’impressione che dentro la sua testa si attorcigliasse un lungo, lunghissimo filo invisibile. Alla fine di quel filo c’era un baratro. Lei stava seguendo il filo, adesso, lo seguiva in fretta, un passo dopo l’altro. Era suo, lo aveva voluto nel preciso istante in cui aveva deciso di salvare Regina. Lo aveva accettato ed ora il filo le imponeva di arrivare alla fine. Di arrivare al baratro nero.

- Emma. – la chiamò Lily. La prese anche per le spalle e la scosse. Prese la mano tremante, stringendola fra le sue.

- Sto... bene. – si sforzò di rispondere. – Sì, sto bene.

Eppure si lasciò andare contro Lily. Ricambiò la stretta e si lasciò andare contro di lei. Serrò le palpebre perché non voleva guardarsi intorno e vedere ancora Tremotino.

- Mi dispiace... non volevo farlo. – disse, confusamente.

Lily teneva il viso fra i suoi capelli. – Non l’hai fatto.

- Quando... quando sono arrivata qui, Tremotino mi ha detto che questa è la strada che percorrono tutti gli Oscuri. Mi ha detto che tutti cercano di resistere all’oscurità, ma nessuno ci riesce mai.

A Lily parve che le parole di Emma stessero riecheggiando nelle sue orecchie con un fragore sinistro.

- Io ho... gli ho detto che non avrei mai fatto del male alle persone che amo. Alle persone che mi amano. – Emma si scostò, sollevando lo sguardo sgomento su di lei. – Ma l’unico modo per fermare tutto questo... è fermare me.

- Merlino è libero, Emma. – le ricordò Lily. – Lui ti aiuterà.

- Può sul serio? Perché lui è convinto che dipenda da lui, tanto quanto da me. Ed io... non ne sono così sicura.

- Non sei sicura di volertene liberare. – Non era una domanda.

- È il potere. Ogni volta che uso la magia perdo una parte di me. Ogni volte è sempre peggio, eppure non riesco a fare a meno di usarla. È diventato difficile non farlo. È... – Emma si interruppe. Levò la faccia paonazza verso l’alto, come chi segue la traiettoria di un razzo. – La cosa... la cosa dentro di me è forte.

Lily sapeva che cosa significava. Aveva ancora il cuore in subbuglio, ma il furore era sfumato. Vedere Emma così prostrata non le aveva permesso di continuare ad essere in collera con lei. Avrebbe voluto dirle che non doveva preoccuparsi, perché anche lei era forte. Avrebbe voluto dirle che lei era la Salvatrice e che si sarebbe sbarazzata di quell’oscurità, sarebbe tornata ad essere quella di prima. Ma non lo disse perché non sarebbe mai stata abbastanza convincente.

- Mi ripeto sempre che non cederò all’oscurità. Però ho già ceduto. Ho già ferito te e volevo ferire mio figlio.

- E avresti potuto uccidermi poco fa. Sarebbe stato facile. Eppure hai deciso di risparmiarmi. Come hai fatto... quando mi hai trovata. – Lily riuscì a sorridere. – Questo vuol dire che puoi vincere la tua oscurità.

Fu Emma a non rispondere, stavolta.

“Se oltrepassi questo confine, tornare sui tuoi passi non sarà facile. Credimi, io lo so bene. Questo è quello che Gold si aspetta da te. Quindi non farlo”.

- Mi sono fermata perché qualcuno mi ha fermata... – disse, ricordando le parole di Regina.

- Ti saresti fermata comunque.

- Non credo.

- Regina ti ha dato una mano, va bene? Però la decisione spettava a te. Se io fossi stata al tuo posto avrei sparato. E un attimo fa ti avrei uccisa. Ma tu sei migliore di così.

“Emma, sei migliore di così”.

“Le decisioni sbagliate sono il mio destino. Coraggio, metti fine alle mie sofferenze. Tu sai quanto me che la mia vita non merita di essere salvata”.

- So che a te piace pensare che non l’avrei fatto. – riprese Lily. – Ma questa è la mia vita. Avrei sparato.

- Non ti conosci abbastanza. – replicò Emma.

- Ah, no? Ho ucciso un uomo, un paio di anni fa. Un tizio che era stato il mio complice in una rapina.

- L’ho visto.

- L’hai visto?

- Nei tuoi ricordi. Prima. Sì.

Lily continuò. - L’ho ucciso perché non aveva rispettato i piani. E sai una cosa? Non mi stava minacciando, quando l’ho preso a calci. L’ho ucciso perché ero furiosa con lui e non ho fatto niente per controllarmi. L’ho lasciato là, in quell’area di servizio... e non me ne importa niente.

- Anch’io ho ucciso qualcuno... prima di diventare l’Oscuro.

- Hai ucciso Crudelia, che era una pazza e voleva fare del male a tuo figlio. Non è la stessa cosa, Emma.

“Le decisioni sbagliate sono il mio destino”.

“Tu sai quanto me che la mia vita non merita di essere salvata”.

- Volevi che ti sparassi? – domandò Emma.

Lily rimase a lungo a fissarla.

- Volevi essere fermata? È questo il punto?

- Non avevo paura. Se mi avessi fermata, forse sarebbe stato meglio. Non ho mai preso una decisione giusta in vita mia. Mai. Ho sempre distrutto qualsiasi cosa.

- Puoi ancora essere diversa da ciò che sei. Ora hai tua madre. Lei può aiutarti a controllare... l’oscurità. Ti aiuterà a controllare i tuoi poteri. – Emma appariva un po’ più rinfrancata, ora. Era ancora pallida e con le ombre scure che le segnavano gli occhi, ma la sua voce aveva riacquistato una certa sicurezza.

- Se non distruggerò anche lei... – disse Lily, guardandosi le mani.

- Non le farai del male. – Serrò di più la sua mano.

- Oh, davvero? Ne sei convinta perché vedi il futuro, come Merlino?

- No. Se sono capace di vedere il futuro, non ho ancora capito come si fa. – Emma sorrise. – Lo so perché ho fiducia in te. Un tempo non ne ho avuta abbastanza e ti ho respinta... me ne sono pentita. Però dopo... era troppo tardi. Adesso devi sapere che... che puoi farcela.

- Allora devi crederci anche tu, Emma. Devi credere che Merlino possa aiutarti.

Emma le sfiorò gentilmente la spalla e assentì. Poi il suo sguardo venne catturato da qualcosa vicino agli stivali di Lily. – Guarda.

- Che cosa?

Emma colse il fiore bianco e glielo diede. – È un giglio.

Perplessa, Lily prese il fiore e lo tenne nel palmo della mano. Osservò i petali candidi, che assumevano una sfumatura gialla verso l’interno.

Il profumo era dolce e intenso.

 

 

Artù era ancora occupato ad elaborare un piano per sconfiggere la finta Salvatrice e ottenere il pugnale del mostro che aveva cercato per tutta la sua vita, quando Sir Morgan e una delle sue guardie entrarono nella sala della Tavola Rotonda trascinando con loro Zelena. La donna si dibatteva per sgusciare via dalla morsa dei due uomini, ma senza risultati.

- L’abbiamo trovata che scorrazzava nei dintorni del castello, Maestà. – disse Sir Morgan.

Zelena aprì la bocca per dire qualcosa, ma naturalmente non uscì alcun suono.

- È la serva della Regina Cattiva. – disse Artù, con disprezzo. – Non può parlare. Grif, portatele qualcosa in modo che possa scrivere.

Grif si affrettò ad eseguire l’ordine del re e tornò pochi istanti dopo, armato di piuma, boccetta di inchiostro e pergamena. Artù ordinò agli uomini di lasciarli soli e, non appena se ne furono andati, Artù le passò la pergamena. Zelena prese a scrivere con una certa frenesia.

Tanto per cominciare non sono una serva. E non sono muta. È un incantesimo di Regina, mia sorella. Temeva che smascherassi l’Oscuro. Il mio nome è Zelena e sono la Strega dell’Ovest.

- L’ovest? La Città di Smeraldo? – chiese Artù, una mano che stringeva l’elsa di Excalibur. – Ho sentito delle storie a riguardo...

Zelena assentì, compiaciuta.

- Se siete quella strega, perché non avete usato i vostri poteri per liberarvi? – domandò Artù, scettico e sospettoso. – Dicono che siete molto potente, una delle streghe più potenti che siano mai esistite.

Zelena roteò gli occhi. Mostrò il bracciale nero. Poi prese la pergamena e ricominciò a scrivere.

Questo dannato aggeggio non mi permette di usare i miei poteri. Altrimenti Regina l’avrei già sistemata io. Mi tiene prigioniera. Se mi aiuterete, io aiuterò voi. So che cosa volete. Il pugnale. Volete ricomporre Excalibur. Ciò che voglio io è tornare a Oz con mio figlio. Regina intende portarmelo via e non posso permetterglielo. Si è sempre presa tutto, non può avere anche mio figlio.

Le dita di Artù tamburellarono sul legno. Aveva sempre notato il risentimento sul volto di Zelena. Non aveva dato molta importanza alla cosa, proprio perché gli era sembrata innocua. Ma ora...

- Dite che potete aiutarmi. Come?  E perché dovrei fidarmi di voi?

Zelena scarabocchiò sulla pergamena.

Abbiamo un nemico comune. Regina. E l’Oscuro. Diciamo tutta la banda di mia sorella. Inoltre, se volete ricomporre Excalibur, avrete certamente bisogno di una strega. Avete già un piano?

- Ce l’ho. – ammise Artù. – So cosa serve per ricomporla. La fiamma di Prometeo. E Merlino sa dove trovarla. Ne sono sicuro.

Prendiamoci questa fiamma, dunque. Vi conviene collaborare con me. Potrei perfezionare il vostro piano.

- Quello che voglio è difendere il mio regno. E tenere sotto controllo Merlino. – Artù si avvicinò a Zelena, scrutandola attentamente. – So che in uno dei suoi libri c’è un incantesimo che mi aiuterà in questo senso. Se lo lego ad Excalibur, farà esattamente ciò che gli ordinerò.

Ecco perché è importante avere una strega a disposizione. Mi piace questo piano. Portatemi il libro con l’incantesimo e lo farò io. È semplice.

- E poi? Come mi aiuterete, poi?

Zelena scrisse ancora, esponendogli il suo, di piano. Aveva avuto modo di riflettere a lungo, mentre recitava la parte della serva muta della finta Salvatrice. Aveva osservato. Aveva progettato diversi piani, aspettando l’occasione migliore. Alcuni di quei piani si erano rivelati troppo rischiosi, quindi li aveva scartati. Quello che aveva in mente aveva ben più possibilità di successo.

- Non si fideranno. – disse Artù.

Certo che no. Ma non avranno altra scelta. Regina farà quello che può per impedirmi di pugnalarli alle spalle. Ma lei mi sottovaluta sempre.

- Sono curioso di sentire questa storia. La vostra e di vostra sorella, intendo. Sento che potrebbe interessarmi.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

- Mi ha battuta lealmente. – disse Merida, raggiungendo Emma nei sotterranei. Aveva le mani legate dietro la schiena. Belle e Gold erano con lei.

- Iniziavo a preoccuparmi. – disse l’Oscuro, dando loro le spalle. – Pensavo di doverti trascinare qui con le mie mani.

- No. Un eroe non scappa mai dai suoi problemi. – disse Gold, appoggiandosi al suo bastone. Parlava con più sicurezza, ora. Emma aveva seguito il combattimento fra lui e Merida con molto interesse. Da quando lui e la sua domestica si erano rifugiati nel negozio per sfuggire all’arciera di DunBroch, a quando Gold aveva avuto la brillante idea di uscire da Storybrooke e scappare dai problemi. Da quando Merida si era trasformata in orso mannaro bevendo la pozione che aveva preparato per lei a quando Gold l’aveva affrontata per salvare il suo grande amore. Aveva dimostrato di non essere un codardo e di voler combattere per l’unica donna che amava.

- Ora, in qualità di ex Oscuro... so bene che non smetterai di creare scompiglio fino a quando non avrò estratto quella spada dalla roccia.

- Bene. Vedo che finalmente ci capiamo.

- E so anche che non resisterai ad un accordo. – aggiunse Gold.

Emma notò con piacere che Gold poteva anche definirsi ex Oscuro, ma permaneva qualcosa del vecchio Tremotino, in lui.

- Quindi... che ne dici se io estraggo Excalibur in cambio del cuore di Merida? – concluse Gold.

- E i miei fratelli! Voglio sapere che ne è stato di loro. – aggiunse la burattina, impaziente. – E l’assassino di mio padre...

- Pensi davvero di essere nella posizione per stringere accordi? – domandò l’Oscuro, seguendolo con lo sguardo, mentre si approssimava alla roccia.

- È proprio ciò che penso, sì.

Emma estrasse il cuore di Merida. Lo strinse nella mano destra, come aveva fatto molte altre volte. Lo serrò forte e dolorosamente.

- Basta, la ucciderai! – esclamò Belle, venendo avanti.

Attirò Merida più vicina sé, la prese per il collo e infine spinse il cuore nel suo petto. Con poca delicatezza. – Non mi serviva più, in ogni caso.

La ragazza boccheggiò, senza fiato. Belle sciolse le corde che le univano i polsi.

- E i suoi fratelli? – chiese Gold.

- Stanno bene. Sono sani e salvi, al fianco della loro adorata madre. Adesso sbrigati con quella spada! – gridò l’Oscuro. – Il resto dell’accordo... dopo che l’avrai estratta.

- Un momento! – intervenne Belle. – Che succede se non riesce ad estrarla?

- Raccoglierai i suoi resti dal pavimento. Eri la sua domestica, una volta, no? – disse Emma, senza esitazioni. – Magari te li farò anche mangiare, quei resti. Dipende da quanto sarò arrabbiata.

Gold non commentò e allungò una mano verso l’elsa di Excalibur. Poi la ritrasse. – Belle...

Emma era stufa. Ne aveva abbastanza di contrattempi.

- Nel caso in cui non funzioni... voglio che tu sappia che mi dispiace. Per tutto. Se potessi tornare indietro... farei in modo di essere l’uomo che meriti... fin dall’inizio.

Belle non disse niente.

- Cambierei tutto per te.

- Certo, come se il suo vero amore fossi davvero tu. – disse l’Oscuro, con un sorrisetto. – Se ti fosse rimasto un po’ di sale in zucca, lo sapresti.

- Non è mai troppo tardi. – rispose Belle, ignorandola.

Gold assentì. Infine si rivolse alla spada nella roccia. Allungò di nuovo la mano e strinse l’elsa. La gemma rossa incastonata nel pomolo lanciò un barbaglio rosso, quasi una sorta di avvertimento. E Belle immaginò le cose peggiori. Immaginò le cose più tremende che, per un attimo, divennero certezze: se Tremo avesse cercato di estrarre Excalibur, il suo corpo sarebbe andato in frantumi. Lei si sarebbe gettata a terra e sarebbe rimasta così, con le sue ceneri sotto le ginocchia e tra le dita. Avrebbe davvero raccolto i suoi resti. Urlando. Poi sarebbero stati costretti a rinchiuderla in manicomio. O Emma l’avrebbe uccisa prima che qualcuno potesse trovarla.

Ma quando Tremo tirò, l’arma uscì facilmente dalla pietra, mostrando i disegni neri sulla lama. Gold vide che non era completa e capì da solo che cosa mancava. Il pugnale. La osservò per qualche momento, colpito dalla bellezza di quella spada. Belle sorrise, decisamente sollevata.

- Beh, un accordo è un accordo. – ammise Gold. La gettò ai piedi di Emma, quasi fosse un oggetto di scarso valore. – Dille dell’uomo che ha assassinato suo padre...

Emma raccolse la spada da terra. – Artù.

- Cosa? – rispose Merida.

- Re Artù. È lui l’uomo che ha ucciso tuo padre, trafiggendolo alle spalle. – Non la guardava, mentre diceva questo. Guardava la spada. Rimirava la lunga lama ondulata e già immaginava il momento in cui l’avrebbe riunita al pugnale.

- Artù... – mormorò Merida. Non sapeva dire se fosse più sconvolta o confusa. – Perché? Perché avrebbe dovuto farlo?

- L’accordo era che ti dicessi il nome dell’uomo che l’ha ucciso, non il perché. – rispose Emma. – Quello lo devi capire da sola. Come ha detto l’ex Oscuro... un accordo è un accordo.

- Se non contiene una menzogna... – aggiunse Gold, mentre Belle gli passava di nuovo il bastone.

- E perché mai dovrei mentire? Merida non mi serve più. Può avere questo nome e farne ciò che vuole, per quanto mi riguarda. – Le sue dita sfiorarono gli intarsi neri di Excalibur. – Ho ottenuto quello che volevo. Se mi permetti un consiglio, Merida... mi vendicherei. Camelot ha bisogno di un vero re. Non di un imbecille.

Regnò il silenzio. Merida aveva gli occhi che sporgevano dalle orbite e il cuore che le martellava nel petto.

- Avrai pure Excalibur... ma hai commesso un errore, un errore terribile. – disse Gold, accostandosi a lei.

- Oh, e quale? – chiese Emma.

- Mi hai trasformato in un eroe.

- Ci sono eroi ovunque, in questa città. E nessuno di loro è riuscito a fermarmi. – gli fece notare.

- Perché nessuno di loro... è me.


   
 
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