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Autore: WibblyVale    21/02/2016    2 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Shiori, quel pomeriggio, aveva passato un paio d’ore ad allenarsi nel granaio. Attraversò il cortile, mentre una leggera pioggerellina aveva cominciato a scendere dal cielo. La gattina che l’aveva seguita, ora le si era arrampicata in braccio e soffiava contro le goccioline di pioggia infastidita. Arrivate davanti alla porta di casa, Shiori si tolse le scarpe e s’infilò al calduccio. La gatta saltò giù e arruffò il pelo, per poi dirigersi verso la sala, dove vi era il caminetto acceso.
La kunoichi, invece, si diresse verso la cucina. Shisui aveva posato una tazza di cioccolata calda con dei biscotti. Erano un paio di giorni, da quando erano rimasti soli per la precisione, che era molto pensieroso e preoccupato. La neomamma si affacciò sulla culla dove stava suo figlio che continuava a dormire beato, poi si sedette al tavolo.
Amaya li raggiunse poco dopo sedendosi accanto a lei e prendendo una lunga sorsata della sua cioccolata. “Com’è andato l’allenamento?” chiese curiosa.
“Bene, non ero più molto abituata a quel genere di sforzo fisico. Tu, invece, cos’hai fatto?” domandò alla piccola.
La bambina si perse nel raccontare le cose che aveva fatto, e i mondi che con la sua fantasia aveva visitato. Shiori l’ascoltava interessata, ma non perdeva di vista nemmeno per un secondo l’uomo di fronte a lei. Era turbato e voleva chiederle qualcosa, ma temeva la risposta. Negli ultimi tempi aveva notato come i suoi poteri si fossero affinati. I suoi occhi vedevano meglio il cambiamento nelle espressioni e nei movimenti delle persone, era come se non più solo i suoi poteri, ma anche i suoi cinque sensi percepissero meglio l’anima di ciò che la circondava. Di sicuro avrebbe dovuto allenare quella parte.
Si chiedeva come Orochimaru fosse riuscito a farla rimanere latente fino a quel momento, come quel suo marchio, nello sparire, avesse attivato questa nuova forza in lei. Queste, come molte altre domande, per ora dovevano rimanere senza risposta. Aveva deciso di fare la madre per ora, una madre un po’ particolare, può darsi, ma comunque voleva lasciare fuori i problemi più grandi per occuparsi di quelli della sua famiglia.
Non appena ebbe finito la cioccolata, Amaya saltò giù dalla sedia e corse verso la sala chiamando la gatta: “Nekotora*!” Finalmente Shiori aveva deciso di darle un nome, che rivelava la vera natura di quella cucciola, con il ciuffo simile al suo. All’apparenza era una gattina indifesa, ma i suoi artigli erano affilati e pericolosi come quelli di una tigre.
Il silenzio cadde tra i due shinobi rimasti soli. La mora non smetteva di osservare il suo compagno, che si sentiva attraversare dal suo sguardo. Shisui decise di raccogliere le tazze per provare a sfuggire a quello sguardo. Era da un po’ che le voleva chiedere una cosa, ma temeva la risposta.
“Senti, io non voglio forzarti a dirmi quello che ti passa per la testa, ma almeno cerca di non ignorarmi. Amo i miei bambini e forse persino quella bestiaccia fastidiosa, ma … avrei bisogno di parlare con un essere umano adulto ogni tanto.”
Shisui appoggiò le tazze nel lavello e sospirò. Shiori aveva ragione che senso aveva evitare il problema se rendeva i loro rapporti tesi. “È che mi sento sempre come quello che viene tenuto all’oscuro di tutto per essere protetto, non so da cosa.”
La donna cominciò a torturarsi il ciuffo, aspettando che lui finisse di parlare. Shisui tornò a sedersi di fronte a lei e incrociò le braccia al petto cercando di mantenere un apparente stato di calma. Doveva cercare di acquisire le informazioni che voleva andandoci piano, poco a poco. Shiori sentì in lui l’agitazione aumentare e la curiosità fare spazio alla pacatezza.
“Sta morendo?” chiese riferendosi a Itachi.
Lei chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore. Era arrivato il momento di raccontargli la verità.

 
Qualche giorno prima di partire, come promesso, Itachi si fece visitare. Shiori lo fece sdraiare sul suo letto e passò l’ora successiva a prelevargli campioni di sangue, a sondare con il chakra il suo corpo, e a fare ecografie con l’apparecchio portatile che aveva rubato alla Kumori. Mentre Itachi si rivestiva, lei cominciò a studiare il suo sangue al microscopio.
“È una semplice tosse.” Ribadì per l’ennesima volta.
“Voglio solo dimostrarlo.”
“Tu ti preoccupi troppo.”
“Già e forse questo ti salverà la vita.”
Shiori sentì una sensazione di disprezzo che sapeva non essere rivolta a lei. Itachi non voleva che la sua vita fosse salvata, dopotutto.
“Sai è meglio se esci di qui o potrei decidere di prenderti a calci.” Commentò lei, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
Fu faticoso capirci qualcosa. Molto spesso veniva interrotta dai pianti di suo figlio o dalle necessità del resto della casa. La sera stessa della visita stava in camera sua, con una mano accarezzava i lunghi capelli viola di Amaya stesa sul suo letto, mentre con l’altra cullava suo figlio, che aveva appena smesso di piangere. Ogni tanto Shiori abbassava lo scudo tra lui e il mondo, principalmente quando dormiva, di modo che Hikaru si abituasse ad assimilare quella miriade di sensazioni con cui avrebbe dovuto convivere per tutta la sua vita. Quella sera però doveva aver sentito qualcosa di davvero fastidioso, perché per l’ora successiva non aveva smesso di piangere.
“Sai tesoro, spesso capiterà che le sensazioni degli altri ti daranno fastidio. Io, quando lavoravo in ospedale, avevo dei giorni in cui finivo per non riuscire più ad alzarmi dal letto …” Dovette bloccarsi, qualcosa riguardo il suo periodo in ospedale l’aveva colpita.
Essendo una ninja operativa delle forze speciali aveva passato poco tempo in ospedale se non nel suo periodo di formazione, e mentre era lì aveva letto qualcosa … Si alzò dal letto cercando di fare il minor rumore possibile e posò delicatamente suo figlio nella culla. Frugò tra i suoi libri di medicina e ritrovò quello che cercava.
 
Shiori era seduta sul prato a guardare le stelle, aveva inviato sensazioni di urgenza ad Itachi, che l’aveva raggiunta immediatamente, e le si era seduto accanto. La kunoichi aveva i capelli raccolti in una crocchia e alcune ciocche ribelli le cadevano sul viso. Il suo volto era nascosto dall’oscurità, ma da come si torturava il ciuffo di capelli, l’amico capiva che era agitata.
“Allora? Hai deciso di non dormire più? Dovresti farlo quando Hikaru dorme.”
Shiori ignorò il consiglio. “Ho scoperto cos’hai.”
“Niente di buono suppongo.”
La Nara fu contenta che l’amico non potesse vedere le lacrime che le scendevano lungo il viso.
“È una malattia polmonare degenerativa, di cui ancora nessuno ha trovato una cura. Attacca per prima cosa i bronchi, per poi passare ai polmoni e infine alla trachea. È un batterio che li infetta e distrugge la capacità delle cellule di rigenerarsi, ovviamente di solito non appena i polmoni vengono infettati la persona …” Si dovette mordere l’interno della guancia per mantenere il controllo sulla sua voce. “Ma è possibile che vada ad infettare altri sistemi dell’organismo nel tuo caso … Posso prescriverti delle medicine per rallentare la malattia e dei calmanti per la tosse, ma …” Shiori si portò le mani sugli occhi.
Itachi le pose una mano sulla spalla e la avvicinò a sé, lasciando che appoggiasse la testa sulla propria.
“Va tutto bene.”
“No, non è vero!” La donna tirò su con il naso. “Tu puoi dire e fare quello che vuoi, ma io ho perso troppe persone e tu … sei mio amico io mi documenterò, scriverò a Tsunade-sama se necessario, ma troverò una cura. E non dirmi che è inutile. Puoi anche aver deciso di morire tanto tempo fa, e su quello sembra che io non possa farci niente, ma non permetterò che tu muoia per una cosa che potrei fermare.”
Vide un leggero sorriso dipingersi sul volto di Itachi. “D’accordo.”
“E non dire che non … Cosa?” domandò sorpresa.
“Ho detto che va bene. Immagino che, in fondo, tutti abbiamo bisogno di un po’ di speranza.”
Shiori capì che non stava parlando di sé stesso, ma di lei e avrebbe voluto prenderlo a pugni per quella condiscendenza, ma vi rinunciò. Almeno aveva accettato di farsi curare e su quello sapeva che era sincero.
“Grazie per non aver detto questo di fronte a Shisui.”
“Non ha senso farlo preoccupare. Non ora comunque.” La mora si rilassò. “Mi dispiace che domani dobbiate partire.”
“Sai, un pochino anche a me.” Ammise Itachi, e lei sapeva che era sincero.
“Posso chiederti una cosa?”
“Si, certo.”
“Come hai fatto a fare incontrare Isobu e Kakashi?” La kunoichi aveva capito che solo Itachi poteva averli messi in contatto.
“E tu come lo sai?” domandò sorpreso l’Uchiha.
“Ho avuto una visione. Ho parlato con Kakashi.”
“È per questo che pronunciavi il suo nome.” Comprese il moro.
“Si. Nessuno di voi si fida abbastanza di me.”
“È solo una precauzione. Sei arrabbiata?”
“No, avete fatto ciò che ritenevate giusto. È per questo che vi voglio bene.” Rispose lei con un sorriso.
 
La mattina dopo Shiori stava cambiando il pannolino ad Hikaru, quando Kenta la raggiunse nella stanza. L’uomo era preoccupato per ciò che lui e i ragazzi dovevano affrontare. Si sedette sul letto e la osservò portare a termine l’operazione.
“Sai non te la cavi male.” Affermò sorridendo.
“Ho cambiato spesso i pannolini a mio nipote e poi ad Amaya, ormai sono un’esperta.” Si vantò lei.
Gli sedette accanto con il bambino tra le braccia. “Vorrei essere davvero una buona madre per lui.”
“E lo sarai.”
“Non lo so, Ken. Insomma, i miei genitori sembra che non abbiano fatto altro che mentirmi, pensando di sapere cosa fosse meglio per me. Io, ora, sto agendo, pensando di sapere cosa sia meglio per lui, ma … se mi sbagliassi?”
Kenta sospirò. “Tu non sai esattamente perché i tuoi genitori hanno fatto quello che hanno fatto.”
“Non importa! Quella donna è morta per dare a me i suoi poteri, come hanno potuto accettare una cosa del genere!” era furiosa, ma tentava di mantenere un tono di voce basso per non spaventare il figlio.
“I genitori fanno cose incomprensibili per amore dei figli. A questo proposito, onestamente non credo che tu stia sbagliando. Orochimaru vuole questo potere e tuo figlio potrebbe essere in pericolo. Nascondervi, al momento è la soluzione migliore.”
Shiori sorrise all’amico. “Non so più se posso fidarmi dei miei genitori, ma almeno ho te. Grazie Kenta. Insomma, potevi essere un mio compagno, ma non eri tenuto ad occuparti di me, invece …”
“Non dirlo nemmeno. Ti devo questo ed altro …” Il suo sguardo si fece più scuro, il suo animo cupo, probabilmente pensando al figlio, che aveva abbandonato.
“A qualunque peccato tu abbia voluto rimediare aiutandomi, beh … credo che tu ormai ti sia redento. Non sono una persona facile.”
Kenta scoppiò a ridere. “Si, su questo siamo d’accordo.”
 
I cinque shinobi se ne andarono quel pomeriggio, lasciando indietro amici preoccupati, ma speranzosi. Si salutarono tutti calorosamente, augurandosi di potersi rincontrare presto. Shiori fu felice di vedere che anche Shisui e Itachi erano riusciti a dirsi addio. Vedendo l’Uchiha andare via la sua unica speranza era quella di poterlo guarire.

 
Shisui sbatté i pugni sul tavolo. Quell’idiota chiaramente lo voleva tenere all’oscuro di tutto.
“Ci riuscirai?” chiese ad un tratto.
“Spero di si.” Rispose lei, speranzosa.
“Se hai bisogno di un aiuto …”
“Sarai il primo a cui chiederò.”
Lo shinobi si mosse nervoso sulla sedia. La donna percepì la sua grande preoccupazione.
“E ora che c’è?”
“Si tratta di Zenko …” titubò un poco.
Shiori si mise sull’attenti. Sentiva che la donna era più agitata del solito, e che la sua rabbia era grande, ma era sicura di poterla gestire.
“Forse avremmo dovuto davvero lasciarla andare con Itachi e gli altri”, commentò l’Uchiha.
“E cosa ne avrebbero fatto. Qui la posso aiutare a stare meglio in qualche modo.”
“Nella stessa casa della donna che ha ucciso suo figlio?” La Nara abbassò lo sguardo sentendosi in colpa. “Scusa, non volevo farti stare male. È solo che … Shiori tu avevi tutte le buone ragioni per fare quello che hai fatto, ma … ciò non cambia che lei stia soffrendo.”
“Lo so.” Si alzò dalla sedia e girò intorno alla tavola per poi poggiare le sue mani sulle spalle di Shisui. “Se sarà necessario userò i miei poteri per indurla in uno stato di pace. Lei una volta mi ha salvato la vita … le devo questo.”
La kunoichi prese in braccio il figlio e lo portò al piano superiore.
Quella notte rimase alzata per studiare alcune carte che si era fatta lasciare dai gemelli: trattavano del sigillo del potere di vita e di morte. Voleva sapere perché Kakashi fosse il veicolo adatto, perché proprio lui avrebbe dovuto fermarla. Si chiedeva anche chi fosse quella seconda persona che lo shinobi aveva nominato, di certo dovevano avere qualcosa in comune.
Frugò per quelle carte ingiallite tutta la notte, cercando di capirci qualcosa. Hagoromo non aveva lasciato molti documenti sull’evento del sigillo. Ad un tratto trovò una pagina di diario, tradotta dai gemelli. La carta era bianca e la scrittura era quella frettolosa di Hisoka.
 
… Insieme abbiamo affrontato diversi perigli e io speravo di dissuadere il mio amato fratello dal protrarre siffatte atrocità, e alla rinuncia di cotale potere. Egli tuttavia pareva mancare della forza di volontà necessaria per superare codesta prova.
Avrei voluto rammentargli i tempi in cui avevamo combattuto per la salvezza di tutti i regni, ma egli rimase della sua posizione, e ferì gravemente, me medesimo e i miei protetti. Pertanto dovetti prendere l’ardua decisione di eliminarlo, la qual cosa non sarebbe stata affatto facile. Egli possedeva enormi poteri e non poteva essere fermato facilmente.
Scoprì che soltanto l’amore puro e incondizionato poteva fermar l’aberrazione che mio fratello era diventato. Fu allora che capì che soltanto io sarei stato capace di portare a termine questo infausto compito. Avrei dovuto uccidere chi di più caro avevo al mondo ...”
 
Shiori si tolse gli occhiali e si sfregò gli occhi stanchi. Era così quindi: Kakashi si era assunto il compito di fermare colei che più amava al mondo, di perdere qualcuno di caro per l’ennesima volta, per proteggere tutti. Avrebbe voluto essergli accanto per scusarsi della sua stupidità, avrebbe voluto essere in grado di distruggere veramente quel potere. Lo scrigno con gli intarsi verdi che conteneva il potere se ne stava al sicuro dietro ad un pannello segreto del suo armadio.
Sbatté un pugno sul tavolo con un ringhio di frustrazione. Perché era così debole da non riuscire a fare ciò che andava fatto? Hikaru si rigirò nella culla, le prime avvisaglie del pianto si facevano sentire.
La madre si avvicinò alla culla e cominciò a dondolarla. “Scusa, amore mio. Shhhhh. Non è niente.” Portò una mano al dolce visino paffutello e l’accarezzò. Vedeva una forte somiglianza con il padre. Dalle foto che aveva visto di Kakashi da piccolo si ricordava che anche il viso del Copia-ninja era rotondetto.
Fortunatamente il bambino si calmò. Decise quindi di andarsi a fare una tazza di tè caldo per calmarsi. Scese le scale e cominciò a prepararlo. Si ricordava che Kakashi aveva parlato di un’altra persona che poteva usare quel potere, ma chi? C’era suo fratello, ma c’era anche suo nipote. L’ultima volta che aveva visto il ragazzo le era sembrato che avesse un leggero senso di colpa, ma non poteva esserne sicura, visto che allora i suoi poteri andavano e venivano. Sapeva che il Copia-ninja non avrebbe mai permesso che suo nipote facesse una cosa del genere o, almeno, lo sperava.
Ad un tratto sentì una sensazione strana pervaderla: rabbia e timore sembravano confondersi. Era sete di vendetta quella che sentiva e la cosa la spaventò enormemente. La cosa che la preoccupò anche di più fu il fatto che riconosceva quel chakra, e da ciò non poteva scaturire nulla di buono.
Salì di corsa le scale, saltando i gradini a due a due e sperando di arrivare in tempo. Spalancò la porta della propria stanza e trattene il fiato. Grazie alla luce soffusa proveniente dalla sua lampada da tavolo era possibile vedere una figura scura piegata sulla culla di suo figlio. Non vedeva la lama tra le sue mani, ma riusciva a percepirla. Forse era l’istinto materno o solo la sua esperienza di ninja che glielo faceva percepire, questo non lo sapeva. L’unica cosa di cui era sicura era che la doveva fermare.
Inviò verso quella minacciosa figura una sensazione di paura così forte da farla gridare. L’ombra indietreggiò e la fronteggiò, rivelando il proprio volto, contorto dalla paura e dalla rabbia. Zenko teneva ora ben visibile tra le sue mani un coltello da cucina.
“Allontanati da mio figlio.”
La donna tremò. “Io … non posso nulla contro di te, ma lui …”
Shiori di nuovo l’attaccò con una sfilza di sensazioni dolorose che la fecero indietreggiare e accasciare contro il muro. Era furiosa, voleva fare del male a quella donna che aveva tentato di portarle via il suo bambino. Hikaru, nel frattempo, si era svegliato, mettendosi a piangere. Le sue grida la riportarono alla realtà, per essere una buona madre non poteva diventare un’assassina a sangue freddo. Quella piccola tregua diede tempo a Zenko di rialzarsi in piedi.
“Voglio solo che tu possa provare quello che ho provato io! Mi hai portato via mio figlio e io farò lo stesso con il tuo!” Si lanciò contro la culla, incurante di ciò che le sarebbe potuto accadere.
La kunoichi si mosse più velocemente, frapponendosi tra lei e il bambino. Le bloccò il polso in aria con una delle sue mani e strinse forte, sempre più forte. Sentì le ossa sotto la sua presa scricchiolare e la mano della donna più anziana aprirsi con uno scatto. Il coltello cadde a terra con un suono acuto.
Si voltò verso il corridoio, dal quale proveniva un rumore di passi concitati. Shisui si affacciò alla porta.
“Che succede?”
“Zenko voleva mettere in chiaro un punto.” Cercò di spiegare il più calma possibile, ma le parole uscirono dalle sue labbra come un ruggito.
Vide le membra dello shinobi tendersi, pronto ad affrontare qualsiasi pericolo.
“Non fare entrare Amaya. Qui me ne occupo io.” Ordinò, sentendo anche la bambina uscire dalla sua stanza.
A quel punto voltò lo sguardo verso suo figlio, che continuava a piangere, ma pareva non essere ferito.
“Va tutto bene, Hikaru. La mamma ora è qui.” Tornò a rivolgersi a Zenko che la guardava con ancora più ira e risentimento. “Quando ci siamo conosciute, credevo fossi una brava persona che aveva dovuto affrontare cose brutte, ed aveva agito di conseguenza, ora … Non so, sicuramente è anche colpa mia ma … Mi dispiace Zenko. Credo che a questo punto sia meglio farti vivere nell’incoscienza e in uno stato di pace.”
“Vuoi usare i tuoi poteri su di me?”
“Esatto.” Affermò fredda.
La rabbia, però, era ancora tanta dentro di lei, così scaglio l’altra donna a terra. La sentì gemere di dolore, e non poteva dire di non essere felice di ciò. Aveva minacciato suo figlio, si sarebbe meritata di peggio. Invece, ora le avrebbe donato la pace. Certo una pace fittizia, ma forse così per ciò che le rimaneva da vivere avrebbe potuto essere felice.
“Tu non puoi togliermi il mio odio!” sputò con rabbia, la donna più anziana.
“In realtà, si. Io posso fare ciò che voglio con la tua mente.”
Cominciò a raccogliere in sé tutte le sensazioni positive che conosceva. L’avrebbe mandata in un sogno, ma in un sogno irreale, un sogno dove …
Si era concentrata talmente tanto sul suo obiettivo che non aveva visto la donna muoversi. Zenko si era lanciata sul coltello e l’aveva afferrato. Shiori si posizionò tra lei e suo figlio, non l’avrebbe toccato questo era sicuro.
Zenko, però, fece qualcosa di inaspettato. La donna puntò il coltello verso di sé e si pugnalò, come il figlio aveva già fatto mesi prima.
“Preferisco morire ricordandomi dell’odio che provo per te che non ricordarmene affatto.” Gemette, per poi accasciarsi a terra.
Shiori gridò, ma era troppo tardi. Si inginocchiò accanto a lei. “Non hai avuto ciò che volevi.” Sussurrò, affaticata. “E ora … hai un’altra … vita … sulla coscienza.”
Zenko chiuse gli occhi per non riaprirli mai più.
 
Shisui percepì i passi di Shiori che scendeva le scale. Era seduto sul divano e teneva Amaya fra le braccia. Sapeva che Zenko non era una minaccia per Shiori, almeno fisicamente. Psicologicamente, però, sarebbe stato difficile per la Nara affrontare quella donna.
Amaya quando vide la mora entrare nella stanza con Hikaru tra le braccia le corse incontro piangendo.
“Va tutto bene. Stiamo tutti bene.” La consolò la donna accarezzandole i capelli.
“Cos’è successo?” chiese Shisui.
“Zenko … non sopportava più di vivere senza suo figlio.” Spiegò. “L’ha raggiunto.”
La kunoichi si sedette accanto allo shinobi stringendo i suoi bambini fra le braccia.
 
Più tardi, quando i bambini si furono addormentati, Shiori ebbe un sussulto.
“Dovremmo occuparci del corpo.” Lacrime cominciarono a scenderle dagli occhi. “Lei … ha minacciato mio figlio … perché l’ha fatto?”
“Shiori, sei stata tu?”
“Cosa? No! Si è suicidata. Non ho capito che voleva farlo … Io sono stata troppo lenta. Io ho causato tutto questo. Ho scatenato gli eventi che hanno portato a questo.”
Shisui le accarezzò dolcemente un braccio. Era un po’ arrugginito con queste cose, ma capiva che l’amica aveva bisogno di conforto.
“Non è colpa tua. Hai fatto ciò che era necessario. Zenko poteva decidere di odiarti in silenzio, invece … Ha minacciato Hiakaru. Se non si fosse suicidata, avrei potuto decidere di eliminarla io.”
“Shisui …”
“No, è vero. Voi ora siete la cosa più vicina ad una famiglia per me e … Non permetterò a nessuno di fare del male a questi bambini.”
Shiori appoggiò la testa sulla spalla dell’amico e lui le accarezzò i capelli.
“Li proteggerai anche da me se sarà necessario?” chiese lei.
Lui si congelò, poi riprese quel gesto ritmico che la stava calmando. “Se sarà necessario, farò tutto ciò che è in mio potere per proteggerli da te.”
“Grazie, Shisui.”
I due amici rimasero lì nei loro pensieri per un po’. Presto si sarebbero dovuti alzare, presto avrebbero dovuto occuparsi del cadavere al piano di sopra, ma per qualche minuto potevano dimenticarsene, godendosi i respiri tranquilli dei due bambini che dormivano tranquilli, protetti dal loro abbraccio.
 
 
 
 
*Nekotora = gatto-tigre 
  
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