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Autore: ilcircozen    24/02/2016    2 recensioni
Sofia e Serena sono un'accoppiata un po' improbabile: la prima, razionale ed estremamente pratica, la seconda, perennemente allegra e con la testa tra le nuvole, di certo non sono le amiche più comuni al mondo. La loro decisione di trasferirsi a Bologna per frequentare l'università porterà loro un sacco di novità: una nuova città, nuovi studi, nuove abitudini, ma soprattutto due nuovi coinquilini, Lorenzo ed Amedeo, che fin da subito daranno alle due amiche non pochi grattacapi. Con una serie di avventure improbabili, Sofia e Serena si ritroveranno sballottate nella loro nuova vita, tra amori, delusioni, paure, ma soprattutto un sacco di guai. Leggete per scoprire se se la caveranno!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3
SWING IN TOWN
Ovvero come anche le accoppiate di gemelli più incontenibilmente possono nascondere dei segreti
 
(Sofia)
Massimo era il genere di persona in grado di migliorare qualsiasi giornata storta. Era un ragazzo decisamente divertente, dall’aspetto particolare. Aveva gli stessi lineamenti delicati e fanciulleschi di Serena: il naso piccolo e all’insù, le lentiggini, il viso ovale, gli occhi grandi. Mentre alla sorella conferivano un incredibile aspetto di cucciolo smarrito da proteggere a costo della vita (anche se bastava rivolgerle la parola per accorgersi che l’unica cosa da cui proteggersi in realtà era proprio lei), su di lui erano buffi, quasi ridicoli. Il fatto che avesse stuoli di ragazze ai suoi piedi era dovuto al fatto che compensava con dei modi di fare straordinariamente coinvolgenti tutto quel che non aveva in bellezza. Massimo era in grado di conquistare chiunque, indipendentemente da sesso, età ed orientamento sessuale. Era arrivato a casa nostra da meno di un’ora ed aveva ottenuto effetti sorprendenti: il mio malumore era ormai nient’altro che un lontano ricordo, Serena era al settimo cielo, Amedeo sembrava aver trovato il suo nuovo idolo e persino Lorenzo aveva tutta l’aria di esserne conquistato, per quanto si sforzasse di non farsi vedere così ammaliato da qualcosa che avesse a che fare con la sua acerrima nemica Serena.
Massimo era arrivato il sabato prima dell’inizio dell’anno universitario, completamente incurante della mole immensa di lavoro che ci aspettava e con tutta l’intenzione di fermarsi per un weekend di grande festa. Si era portato appresso nient’altro che un sacco a pelo («ho condiviso la camera con mia sorella per diciott’anni, dormire sul suo divano per una notte non sarà certo un problema!») ed una bottiglia di vino rosso, che aveva stappato nell’allegria generale all’arrivo a casa della sorella. Ecco un’altra caratteristica di Massimo: era un grande amante del vino, di cui fingeva spudoratamente di essere un intenditore quando in realtà, in mancanza d’altro, era capace di bere anche un Tavernello dimenticato in frigo da due settimane. Non che sua sorella fosse da meno, in realtà. Per questo la prospettiva di trascorrere un sabato sera con entrambi i fratelli Leopardi mi spaventava non poco: se già presi singolarmente erano inarrestabili, in due diventavano un vero e proprio cataclisma umano.
«E allora, Serena, ho conosciuto i tuoi coinquilini», esclamò, mentre riempiva generosamente il bicchiere della sua felicissima gemella. Eravamo seduti tutti e cinque, io, la coppia esplosiva, Lorenzo ed Amedeo, al tavolo della nostra nuova cucina e l’atmosfera, ingentilita dal vino e da un posacenere già mezzo pieno al centro del tavolo (tutte le obiezioni di Lorenzo sul fumare in casa erano state fermamente respinte) , era decisamente piacevole.
«Oh, sono stata fortunata vero?», commentò Serena bevendo una lunga sorsata di vino e rivolgendo ad Amedeo e Lorenzo il più luccicante dei suoi bianchi sorrisi da pubblicità della Mentadent. I due ricambiarono, il primo sincero ed incantato, il secondo vagamente perplesso.
«Altrochè! Questi due non sono niente male, e poi hai sempre la meravigliosa Sofia dalla tua parte.»
Mi sorrise ed io arrossii. Sapevo che Massimo mi voleva bene quasi quanto a sua sorella, e lui non aveva mai mancato di dimostrarmelo.
«Tu, invece, come te la passi?», gli chiese Amedeo, incuriosito.
«Oh, anche a me è andata bene, non c’è che dire. Abito un po’ fuori città assieme a quattro ragazze a dir poco… deliziose.»
Ridacchiammo tutti quanti. Massimo non faceva certo segreto della sua predilezione per le storie poco serie e per il sesso femminile in generale. Se si fosse trattato di un qualunque altro ragazzo probabilmente lo avrei disprezzato e definito un superficiale, ma essendo Massimo l’imputato in questione, qualsiasi peccato era perdonabile.
«Anche le nostre ragazze sono deliziose. Chi più, chi meno», non potè trattenersi dal commentare Lorenzo, che non si lasciava mai sfuggire l’occasione di lanciare frecciatine a Serena e, mi sembrava con mia immensa gioia, lusinghe a me. Arrossii, mentre Serena continuava a sorridere, impossibile da turbare ora che la sua metà umana era arrivata.
«A proposito, Serena!», esclamò Amedeo, battendosi una mano sulla fronte. «Quando sei entrata non avevi detto di avere una grande notizia?»
Serena si illuminò e saltò in piedi, rischiando quasi di rovesciare il bicchiere di Lorenzo con il ginocchio.
«Ma vuoi stare attenta? Certo che tu sei veramente un impiastro!»
«Oh, smettila di cercare di demolire il mio buonumore, Lorenzo caro, oggi non ce la faresti neanche con tutto l’impegno del mondo», trillò lei, accarezzandogli i capelli nella parodia di un gesto affettuoso. Lorenzo si scostò, leggermente schifato.
«Comunque, è vero, ho una notizia straordinaria! Ho trovato un lavoro come critica letteraria ad un giornale locale, il Fronoxidis! Non lo trovate eccitante?!»
La stanza si suddivise in due reazione diametralmente opposte. Da un lato, Massimo ed Amedeo, che saltarono in piedi urlando, sollevarono Serena sulle spalle ed iniziarono a cantare a squarciagola la canzone della Champions League (molto male, per chiunque dovesse essere interessato), portandola in trionfo in giro per la stanza. Dall’altro, io e Lorenzo, che guardammo allibiti prima Serena, poi i due festaioli, poi l’uno con l’altro.
«Serena, ma sei impazzita?», cercai di farla ragionare. «Non riuscirai mai a gestire un lavoro e la vita da matricola contemporaneamente! Ma se neanche due ore fa ti sei dimenticata persino tuo fratello! Impazzirai!»
Ero io che parlavo o la gelosia? A me non era proprio venuto in mente di cercarmi un lavoro, per lo meno, non subito. E Serena, invece, a neanche una settimana dal nostro trasferimento era felice, sicura delle sue scelte e forte del lavoro dei suoi sogni che era riuscita a trovarsi. Perché non riuscivo semplicemente a condividere la sua felicità?
«Ma hai idea di che orari allucinanti farai?», rincarò la dose Lorenzo.
«We are the champions, my friends!»
«E di quanto siano sottopagati e sfruttati i giornalisti tirocinanti?»
«And we’ll keep on fighting ‘till the end!»
«E di quanto ci sia da studiare per le matricole universitarie?!»
«We are the champions, WE ARE THE CHAMPIONS!»
«Ma mi state almeno ascoltando, voi tre?»
«NO TIME FOR LOSERS, ‘CAUSE WE ARE THE CHAMPIONS!»
«Oh, io ci rinuncio», sbottò infine, scoccandomi uno sguardo di biasimo e ributtandosi a sedere, non prima di aver finito di scolarsi il suo vino fino all’ultima goccia.
«Ragazzi, qui urge festeggiare!», gridò Massimo, brandendo la bottiglia ormai vuota come la fiaccola della Statua della Libertà.
«Evvai!», esultarono Serena ed Amedeo, la prima sulle spalle del secondo che già barcollava, un po’ per il vino, un po’ per il dolce peso della neogiornalista.
«Per festeggiare io ci sono sempre», commentai, sapendo già che avrei finito per pentirmene. Come già detto, la prospettiva di una serata con Serena e Massimo insieme non lasciava mai presagire nulla di buono.
«Andiamo, Lorenzo, non puoi non venire!»
Sorpreso di vedersi così caldamente invitato dalla stessa Serena, Lorenzo rimase spaesato.
«Beh, io suppongo che… ma si, perché no?»
«NO TIME FOR LOSERS, ‘CAUSE WE ARE THE CHAMPIONS!»
Quando finalmente tutti si furono ricomposti, fu Massimo a prendere la parola.
«Questa sera all’Estragon fanno una serata swing anni ’20. Che ve ne pare?»
«SI!», esclamò subito Serena, battendo le mani.
«Ma io non so ballare lo swing!», protestò Lorenzo.
«Nemmeno io, ma che importanza ha?»
«Non abbiamo i vestiti adatti!»
«Hai ragione!»
Serena si incupì, ma durò solo per un istante.
«Ottima ragione per andare a fare shopping!»
«Io adoro lo shopping!», cinguettò Massimo con la voce da perfetto gay che sapeva tirar fuori all’occorrenza. Ancheggiando vistosamente, afferrò un divertito Amedeo ed un alquanto perplesso Lorenzo per le braccia e sfarfallò un po’ le ciglia in direzione della sorella.
«Io mi occupo di loro, tu prendi Sofia. Ci vediamo davanti al locale alle dieci e sciagura a noi se non saremo tre perfetti Gatsby con le rispettive Daisy!»
Serena, quasi commossa, gli scoccò un bacio sulla guancia.
«Sei il fratello migliore che ci sia!»
 
Allo scoccare delle dieci io e Serena eravamo, ovviamente, ancora in alto mare. Guardandomi con fare imbronciato nello specchio del camerino (dovevo ancora abituarmi ai centri commerciali aperti fino a tardi delle grandi città), emisi uno sbuffo di pura insoddisfazione.
«Che c’è, Sofia?», gridò Serena dalla sua postazione fuori dal camerino. Lei, neanche a dirlo, aveva trovato al primo colpo un meraviglioso tubino nero con le frange che la faceva sembrare davvero direttamente sbucata dal film del Grande Gatsby. Io, invece, ovviamente, sembravo un gigantesco palloncino a frange. Mi sembrava che il vestito bianco che avevo scelto mi facesse difetto da tutte le parti.
«Non uscirò mai e poi mai di qui! Lasciami qui a morire sola e soffocata dal mio stesso grasso corporeo in eccesso!», strepitai, provando una malsana invidia per quelle ragazze dai corpicini minuscoli a cui ogni vestito calza senza una grinza.
Ovviamente, la mia lamentela fu del tutto vanificata da Serena, che, senza farsi il minimo scrupolo, spalancò la porta del camerino ed entrò assieme a me, costringendomi a stringermi come un’acciuga ed ignorando completamente la mia espressione di palese sbigottimento.
«Stai invadendo la mia privacy!», sbottai.
«Se Maometto non può andare dalla montagna, sarà la montagna ad andare da Maometto», replicò lei, prima di cominciare ad analizzarmi attentamente da capo a piedi, incurante del mio evidente imbarazzo.
«Ma cosa accidenti ti lamenti? Stai benissimo, Sofia! Il bianco s’intona perfettamente con la tua carnagione e lo spacco laterale ti fa sembrare ancora più slanciata!»
Le lanciai un’occhiata a metà tra il diffidente e tra il colpito dalle sue neo acquisite doti da fashion blogger.
«Ma mi sento così a disagio, e grassa, e brutta, e deforme…»
Ma prima che potessi terminare il mio monologo, Serena aveva già tirato fuori da chissà dove il telefono e mi aveva scattato una foto a tradimento, accecandomi con un flash potentissimo ed assolutamente non necessario.
«Ma che stai facendo?!»
«Se non ti fidi di me, vediamo se l’opinione di Lorenzo ti farà sentire meglio!»
«Fermati subito! Non osare inviargli quella schifezza!», provai a replicare, cercando disperatamente di strapparle di mano il cellulare. Ma era troppo tardi: lei si era già scansata e, con stampato in faccia un ghigno demoniaco, mi mostrò con fare trionfante il messaggio ormai già inviato.
«Serena, sei una maledetta piccola serpe!»
«Piccola serpe? I tuoi insulti si fanno sempre più creativi ultimamente…»
«Chiudi quella boccaccia! Anzi no, prima dimmi che cosa risponde, ma da lì in poi per me sei morta, Serena Leopardi! Hai capito?! Morta!»
«E quindi l’opinione di Lorenzo ti interessa, eh?», commentò maliziosamente, senza levarsi dalla faccia per un solo istante quel sorrisetto maligno che la faceva sembrare un misto tra Lucifero ed una totale psicopatica.
«Comunque, se ti può interessare, dice che stai benissimo. Si è anche imbestialito perché io ho il suo numero di telefono, ma se non altro tu gli piaci un sacco!»
Cercai di fulminarla con lo sguardo, ma mi uscì soltanto un sorrisetto gongolante. Serena sembrò ancor più soddisfatta.
«E quindi, lo compri?»
«E va bene, va bene, se è il prezzo da pagare per renderti meno maligna! Ma devo toglierlo, rimetterlo sulla gruccia e…»
«Non dire sciocchezze!», mi interruppe, con un gesto sbrigativo della mano. «Nelle grandi città funziona come in Sex and the City: si esce dai negozi già vestite di tutto punto per saltare dritte tra le braccia del divertimento! Vieni con me!», e mi trascinò fuori dal camerino con il vestito ancora addosso, completo di boa di struzzo e collana di perle in plastica da annodare attorno al collo.
Ovviamente Serena si sbagliava sul funzionamento dello shopping nelle grandi città, ma quando cercò di spiegare alla commessa il parallelismo tra le nostre vite ed una sitcom americana, quella rimase talmente esterrefatta che accettò di farci pagare i vestiti senza farceli togliere. Uscimmo in pieno centro agghindate come due perfette idiote capitate per caso nell’epoca sbagliata, io letteralmente bordeaux dalla vergogna, Serena del tutto spensierata e con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
«Prossima tappa, Estragon!»
 
Arrivammo a destinazione in abissale ritardo, come d’altronde c’era da aspettarsi. L’Estragon era un locale gigantesco ed in coda c’era un sacco di gente, tutta rigorosamente vestita anni ’20. Sospirai di sollievo ed iniziai a sentirmi decisamente più sicura di me. Amedeo, Lorenzo e Massimo ci stavano aspettando, abbigliati come tre perfetti dandy, con tanto di bombette in testa e bastoni da passeggio.
«Ma siete meravigliose!», gridò Massimo correndoci incontro e brandendo una bottiglia di vino recuperata chissà dove. Amedeo annuì concitato, mentre Lorenzo si limitò a guardarmi e sorridere. Mi sentii il cuore balzare in gola. Mi aveva notata! Proprio me! Cercai di dissimulare l’imbarazzo agguantando la bottiglia e bevendone circa metà in un sol sorso.
«Ti vedo, carica, Sofia», commentò Massimo, assai compiaciuto.
«Siete pronti, ragazzi? Si va in scena!»
 
Alle tre e un quarto del mattino ero letteralmente collassata su uno dei divanetti del locale. Massimo e Serena ballavano senza sosta un improbabile swing, imitati non senza fatica da un esausto Amedeo, che stava duramente mettendo alla prova sé stesso per reggere gli impossibili ritmi dei gemelli Leopardi. Erano uno spettacolo incredibile: si erano dati alla follia ed all’ignoranza più totale per l’intera serata. Massimo aveva collezionato i numeri di una dozzina di ragazze, era salito sul palco a ballare la macarena assieme alla band, aveva fatto surf sulla folla e rubato persino un paio di maracas, da cui non si era mai più separato. Per quanto riguardava Serena, era stata abbordata da un paio di ragazzi che l’avevano convinta ad iscriversi al partito comunista ed ero piuttosto certa che ad un certo punto avesse anche adottato a distanza un pinguino di una specie in via d’estinzione. Eppure erano ancora lì, gli immortali della festa, scatenati in mezzo alla pista senza dare nessun segno di cedimento. Semplicemente folli. E fantastici.
Per quanto riguardava me, nel frattempo avevo fatto in tempo ad ubriacarmi, smaltire la sbornia ed ubriacarmi una seconda volta. Giacevo sul divanetto praticamente in fin di vita, augurandomi che quei due si stancassero presto per poter finalmente andare a casa a dormire. Ad un certo punto qualcuno si lasciò cadere accanto a me con grazia elefantiaca, rischiando pericolosamente di schiacciarmi la testa. Alzai lo sguardo e mi accorsi che si trattava di Lorenzo, anche lui considerevolmente ubriaco e considerevolmente stanco.
«Quei due… sono… infaticabili», ansimò, evidentemente reduce da una sessione di ballo sfrenato assieme ai gemelli. Mi issai a sedere,compiendo uno sforzo ai limiti dell’umano. Cercai di ignorare il fatto che invece di un solo Lorenzo ne vedevo ben tre, i quali continuavano a girare vorticosamente in maniera piuttosto nauseante.
«Sono così da quando li conosco. Una coppia che scoppia», commentai, cercando disperatamente di assemblare le parole in modo che sembrassero sensate. Non che Lorenzo fosse esattamente nelle condizioni di farci caso: aveva chiuso gli occhi e sembrava anche lui prossimo al collasso.
«Davvero. Mi domando che razza d’infanzia abbiano avuto per diventare così. Devono essere cresciuti nel bel mezzo di una tribù Pellerossa o roba simile. E poi, sono una specie di incesto ambulante. Mai visti prima d’ora due fratelli così simbiotici!»
Per quanto potessi essere sbronza, quelle frasi mi fecero rabbrividire. Mi sentii improvvisamente più lucida. Pensai che c’erano delle cose che, indipendentemente da quanta antipatia potesse provare per Serena, Lorenzo doveva sapere. Dal momento che dubitavo che lei avesse intenzione di parlargliene, supposi che il compito spettasse a me.
«Lorenzo… c’è una cosa importante che devo dirti.»
Aprì gli occhi e mi sembrò di leggere nel suo sguardo una sorta di aspettativa. Peccato che di lì a poco lo avrei tremendamente deluso.
«La mamma di Serena e Massimo è morta quando loro avevano dodici anni.»
Rimase in silenzio, ma sgranò gli occhi e si irrigidì sullo schienale. Anche nel suo caso, gli effetti dell’alcool sembravano essere svaniti in un batter d’occhio. Decisi di proseguire.
«Loro ne parlano raramente, ma è stato un duro colpo per la loro famiglia. Erano molto legati. Loro padre è una brava persona, ma ha dovuto lavorare molto per riuscire a mantenere due figli adolescenti da solo e di conseguenza hanno dovuto imparare ad arrangiarsi fin da piccolissimi. Si sono praticamente cresciuti a vicenda, ed il risultato, beh… è questo.»
Lorenzo rimase in silenzio per una durata di tempo che mi parve interminabile. Poi alzò lo sguardo su Serena, che in quel momento stava volteggiando a braccia spalancate sulle spalle del fratello, cantando a squarciagola una canzone che probabilmente non aveva mai sentito prima di quel momento. Sembrava il ritratto della spensieratezza, il dipinto dell’allegria. Sembrava la solita Serena di sempre.
«Non lo si direbbe mai», commentò Lorenzo, con un filo di voce. Anche lui sembrava aver smaltito la sbronza nel giro di un istante.
«Serena si è costruita un equilibrio fragilissimo, un equilibrio che ha Massimo come punto focale. Per questo, per quanto ti possa sembrare un tipo strano e leggermente fuori di testa, ti prego, cerca di accettarlo. Che tu lo voglia o no, Serena ora fa parte della tua vita, e di conseguenza ne fa parte anche Massimo. Fallo per lei. E, beh… per me.»
Lorenzo mi guardò e fece un sorriso un po’ triste. Posò una mano sulla mia.
«Sarai una bravissima psicologa, Sofia. Serena ha trovato l’amica migliore che potesse desiderare.»
Restammo in quella posizione per un tempo che parve interminabile.
 
 
 
NdA:
…..buonasera a tutti. Avete presente il “meglio tardi che mai”? E il “dulcis in fundo”? Ecco, mi appello a questi detti per farmi perdonare del fatto che sono in ritardo di circa (ehm) due mesi con l’aggiornamento. A mia discolpa posso dire soltanto che la scuola mi uccide, che i miei amici mi tormentano rifiutandosi di lasciarmi alla mia abituale misantropia e che la mia vita è un incredibile disastro straripante di imprevisti. Scuse accettate?
Grazie infinite ai recensori per i meravigliosi commenti che mi hanno lasciato, e scusatemi se i sono fatta attendere tanto. Spero abbiate sempre e comunque voglia di leggermi e che la storia continui a piacervi. A presto (giuro!) per le prossime avventure di Sofia, Serena e tutta la crew! Un’infinità di abbracci,
Il Circo Zen
   
 
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