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Autore: Stella cadente    25/02/2016    6 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XXXV.
Pericolo


 
Nina
 
 
 
 
«Non tornerà.»
Sentii risuonare una voce dietro di me, fredda e familiare. Ero rimasta ad aspettare, lì dove avevo salutato Eymeric, che il mio amico tornasse, invano. Avevo come la sensazione che fosse passato un sacco di tempo da quando se ne era andato, e la cosa cominciava ad allarmarmi.
«Tornerò. Promesso.»
«Va bene.»
Mi voltai in un gesto rabbioso, e vidi torreggiare su di me la figura possente di Ruben. Il ragazzo mi trafiggeva con i suoi occhi nocciola, piccoli e penetranti.
«E come lo sai?» feci, ostile. Non mi piaceva quel suo atteggiamento presuntuoso, come se sapesse sempre tutto; non sapeva niente di Eymeric e non aveva diritto a parlarne così.
«Lo so e basta» disse solo.
«Che vuol dire?» sbottai, infastidita.
Ruben abbassò lo sguardo, poi riportò gli occhi su di me.
«Ascolta, Nina» iniziò. «Tu non sai praticamente niente di me, mentre io so molto di te, e so molto riguardo alle cose che succederanno.»
Cosa?
Il modo in cui parlava mi provocava un senso di smarrimento; conoscevo ormai tutti coloro che si trovavano alla Corte dei Miracoli, ma lui era sempre rimasto un punto interrogativo.
Decisi di porre fine a quella situazione una volta per tutte.
«Chi sei tu, Ruben?» chiesi, diretta.
Lui sembrò pensarci un attimo, perché assunse un’aria concentrata. Poi disse, serio:
«Sono un veggente. Le persone come me vengono chiamate maghi, o, in senso dispregiativo, stregoni. E so tutto sulle creature come te.»
Rimasi sorpresa. Allora aveva calcolato tutto sin dall’inizio?
Che cosa sa di me?
Tra noi passò qualche secondo di silenzio in cui mi costrinsi ad assorbire la notizia meglio che potevo. Poi mi decisi: dovevo sapere tutto. Ormai avevo partecipato ad una battaglia, e mi sentivo pronta per un’altra.
«Devi dirmi tutto quello che sai» dissi solo, determinata.
 
 
 
 
****
 
 
«Non avevo mai incontrato una sirena prima, sono sincero, ma non appena ti ho vista mi è stato subito chiaro che non eri come gli altri. Avevi un aspetto troppo bello e ultraterreno, così poco... umano per esserlo.»
Se lo avesse detto con un altro tono, probabilmente mi sarei ritrovata ad arrossire; invece attesi che proseguisse.
Ruben mi aveva portata nella sua tenda – luogo che mi era sempre stato precluso – e stava trafficando con delle strane boccette messe l’una accanto all’altra su delle mensole. Tirò fuori uno strano amuleto a forma di goccia d’acqua e me lo mostrò.
«È stato questo ad avvertirmi della tua natura. Brucia sulla pelle quando ci sono delle sirene vicine.»
«Come sapevi dell’esistenza delle sirene?»
Se fino a quel momento Ruben mi aveva suscitato timore, adesso ero solo curiosa riguardo a quello che sapeva di me e di tutto il resto.
«Le ho sempre cercate. Sono sempre stato appassionato delle numerose leggende. E mi ricordo che una notte vidi questo amuleto al collo di un neonato. Ero solo un ragazzino... Ci fu una lotta. L’amuleto cadde poi a terra, e quando la lotta fu finita andai a riprenderlo. Da quel momento, mi ripromisi di trovare a tutti i costi il proprietario di quel ciondolo. E scoprii che era un amuleto magico, un amuleto che appartiene alle sirene.»
Mi sentii tremare il cuore, per una ragione che non seppi spiegare.
«Posso... posso prenderlo?» chiesi.
Ruben me lo allungò senza dire niente.
Esitai prima di afferrarlo; era davvero bellissimo. La goccia lanciava bagliori argentati come una perla; sembrava una pietra preziosa proveniente da luoghi sconosciuti e lontani.
Quando il ciondolo fu tra le mie mani, sentii una vampata di calore. Un calore che però non mi dava fastidio – anzi, era piacevole, tiepido. Aprii la mano, e una luce bianca si sprigionò dall’amuleto per un secondo; poi tornò al suo aspetto normale, come se nulla fosse.
Alzai gli occhi verso Ruben.
«Che cosa significa?» gli chiesi, confusa. Notai che persino lui era perplesso: aveva aggrottato le sopracciglia, e sembrava non aver neanche sentito la mia domanda.
«Nina» disse poi, senza neanche guardarmi. «Sei tu la proprietaria di quel ciondolo.»
«Cosa?»
«Ma certo... sei sempre stata tu!» esclamò all’improvviso. «Come ho fatto a non capirlo prima?»
Ero confusa.
«Potresti spiegarti, per favore?» chiesi, un po’ infastidita dal fatto che non mi avesse risposto.
«Le persone che erano coinvolte nella lotta... erano Claudie Frollo e una donna gitana» rivelò, diretto.
Sentendo quella frase mi ammutolii.
«La donna teneva tra le braccia un neonato, che portava al collo quel ciondolo. Ha lottato, per tenerlo con sé, ma Frollo le ha strappato il fagottino dalle braccia, lei è caduta, ha battuto la testa e... non si è più rialzata.»
Improvvisamente mi sentii come se qualcuno mi avesse conficcato mille lame gelide in tutto il corpo. Non avevo neanche la forza di replicare.
Ha sempre avuto in antipatia gli zingari, ma credo che tu questo lo sappia molto bene. Impazzì letteralmente non appena divenne Giudice – all’epoca non ero ancora arrivato ai cinquant’anni – e avviò una missione contro di loro; contro una di loro in particolare, in realtà. Non ne capii il perché. Nessuno lo capì mai, in realtà. Comunque sia, da quel momento ha sempre perseguitato con ferocia ogni singolo membro del popolo dei gitani. Non si fermava nemmeno di fronte ai bambini.
Le parole dell’arcidiacono mi risuonarono d’un tratto nella testa come un eco. Sentivo, in qualche modo, di essere sempre più vicina alla verità su Frollo, ma al tempo stesso ancora lontana anni luce da ciò che era realmente successo.
«L’ha uccisa» sussurrai, debolmente. «Ha ucciso mia madre.»
Avviò una missione contro di loro; contro una di loro in particolare, in realtà. Non ne capii il perché. Nessuno lo capì mai, in realtà.
E probabilmente era proprio lei la zingara per cui aveva indetto la persecuzione. Ma perché?
Ruben mi guardava con aria grave.
«Sì» assentì. «A questo punto, penso che quella zingara fosse proprio tua madre.»
Rimasi in silenzio, incapace di reagire.
«Ascoltami Nina» continuò. «Eymeric è in grave pericolo, e adesso solo tu puoi aiutarlo.»
Alzai gli occhi su di lui, sentendomeli pieni di lacrime. Ma non era quello il momento di piangere. Eymeric non lo avrebbe voluto. Lui avrebbe voluto che io fossi forte.
«Come lo sai?» chiesi a malapena.
«Te l’ho detto: sono una specie di veggente, conosco le arti magiche. So che non tornerà; è rimasto bloccato, ma non riesco a capire per quale motivo.»
Silenzio.
Da quel momento ha sempre perseguitato con ferocia ogni singolo membro del popolo dei gitani. Non si fermava nemmeno di fronte ai bambini.
«Rifletti: quante volte hai aiutato i tuoi amici, finora? Sempre. Senza di te saremmo tutti perduti. Che senso ha stare qui ad aspettare?»
«Eymeric mi ha chiesto di fare così» replicai io.
«Nina» proseguì Ruben. «So che c’entra Frollo, in tutto questo. È la tua occasione, l’occasione per vendicare tua madre.»
A quelle parole, qualcosa scattò dentro di me, ma poi riflettei.
«Non voglio fare del male a nessuno» mi ostinai, incrociando le braccia.
«Non sarai obbligata a farlo, te lo prometto. Ma voglio che tu impari ad usare i tuoi poteri in battaglia. Solo questo.»
Pausa.
«Perché?»
Ruben mi guardò come a volermi trafiggere.
«Perché presto dovrai imparare a difenderti. Sento che sta per avvenire qualcosa per cui tutti dobbiamo essere preparati, e tu per prima.»
Sentivo qualcosa di diverso, dentro di me, mentre ascoltavo quelle parole. Sentivo di non essere più la ragazzina che ero fino a poco prima: la libertà che mi aveva concesso Frollo mi aveva cambiata – la Corte dei Miracoli mi aveva cambiata. Ora che avevo scoperto le mie vere origini ero improvvisamente disposta a mettermi in gioco e a lottare per quella che, adesso, era diventata la mia famiglia.
«Cosa devo fare?» gli chiesi.
Sul volto del gitano comparve un ghigno soddisfatto.
«Per prima cosa» cominciò «devi imparare come utilizzare più spesso i tuoi poteri curativi.»
 
«Ti avverto, comunque: non è in buone condizioni. La ferita è molto profonda.»
I suoi occhi scuri mi trapassarono l’anima.
«Cosa stai…»
«Vai» si limitò a dire. «E fa’ in fretta.»
 
«Aspetta un attimo. Tu lo sapevi?» chiesi. «Sapevi che le mie lacrime avrebbero curato Olympe?»
Ruben annuì.
«Conosco molto bene le sirene, te l’ho detto» rispose, con la sua solita aria seria e misteriosa.
In quel momento mi chiesi perché non avessimo mai parlato prima.
«Andiamo adesso» fece poi. «Hai saputo usare i tuoi talenti con abilità, finora... ma devi perfezionarti.»
Uscì dalla tenda, ed io mi limitai a seguirlo.
Non sapevo che aveva ragione.
Eymeric non sarebbe tornato, quella notte, e presto sarei stata costretta ad uscire dalla Corte dei Miracoli ancora una volta.

 
 
Capitolo un po’ “di passaggio”, ma fondamentale per capire le origini di Nina e la storia di Frollo. Pian piano, tutti i pezzi si stanno ricomponendo...
in questo capitolo abbiamo anche la certezza che Nina è cresciuta e maturata: adesso ha trovato la sua famiglia e si sente pronta a combattere con le unghie e con i denti per tenersela. Come andrà a finire?
Vi dirò, a me questo personaggio piace sempre di più, amo la sua dolcezza e la sua sensibilità.  Spero che anche voi riusciate ad apprezzare quanto me la sua crescita psicologica.
Ed ora, fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima,
Stella cadente






“Non appena ti ho vista mi è stato subito chiaro che non eri come gli altri. Avevi un aspetto troppo bello e ultraterreno, così poco... umano per esserlo.”
 
  
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