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Autore: Slytherin_Eve    26/02/2016    3 recensioni
PRE CIVIL WAR
Steve Rogers prende il comando dei nuovi Avengers. L'Hydra si sta ricomponendo sotto la guida di nuovi, misteriosi individui. Rumlow è tornato, e con lui anche James Barnes. Elle Selvig, figlia del famoso astrofisico, si ritrova implicata in una storia più grande di lei quando accetta un lavoro come consulente presso la nuova base Avengers, spinta anche dalla sua amicizia con Natasha Romanoff. Ma non è detto che i guai ti trovino sempre per primi.
"Non tutto andrà come deve andare, ma certe cose seguono esattamente il filo nefasto del destino."
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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ATTO VENTITUESIMO: GUERRA


"Fear and panic in the air
I want to be free
From desolation and despair
And I feel like everything I sow
Is being swept away
Well I refuse to let you go."

MUSE



Marzo 1944


Sbuffò appena quando il suo sguardo incontrò quello grigio dell'altro, dopo aver alzato gli occhi da quello scempio che stava a terra, gettato nel fango, quasi indistinguibile a causa della melma che li ricopriva interamente.

"Non dovresti trattare così gli stivali della divisa." Commentò, alzando le sopracciglia in un cenno di disappunto. James, sdraiato sulla sua branda, giocava con una pallina da baseball, lanciandola e riprendendola pigramente. Gli lanciò un'occhiata scocciata, senza interrompere il suo passatempo.

"Domattina si parte un'ora prima dell'alba. Datti una ripulita." Commentò solo Steve, voltandosi verso l'esterno della tenda, lo sguardo che vagava per il campo. James rimase un attimo fermo, la maglietta verde mezza sbottonata e la barba sfatta da giorni. Ghignò fra sé e sé, prima di lanciare con un guizzo la pallina bianca contro la nuca dell'amico, che si voltò con un gesto istintivo a prenderla fra le mani. Steve fece un'espressione esasperata.

"Che hai, Buck? E' settimane che sei scontroso come tua nonna durante la quaresima..." James alzò gli occhi al cielo, sorridendo appena.

"Inizio a chiedermi quando finirà questa maledetta guerra...." Si sistemò meglio contro la branda, le braccia aperte dietro al capo. "Voglio tornare a casa, al mio letto. Questi sono dei sassi ricoperti di stracci..."

"Sapevi di non partire per una vacanza. E comunque, puoi chiedere il congedo in qualsiasi momento." Commentò scocciato Steve, lanciandogli di nuovo la palla bianca. "Siamo qui per combattere contro quelli che ti hanno catturato e torturato."

James rimase in silenzio, guardando la palla di pelle chiara, evitando lo sguardo dell'amico. "Ora mi chiamerai codardo."

Steve scosse il capo, entrando nella tenda e sedendosi sulla branda vicina a quella dell'amico. Allungò una mano sotto alla sua branda, estraendo una scatola.

"Saresti stupido ad non avere paura." Replicò serenamente, allungandosi a prendere uno dei due stivali buttati sotto al letto dell'altro. "Tutti hanno paura."

James rimase un attimo in silenzio, prima di alzare di nuovo lo sguardo su Steve. "Anche tu, quando ti facevi picchiare nei vicoli, avevi paura?"

Il biondo ridacchiò appena, estraendo una spazzola scura. "Tra un pugno e l'altro? Si, certo..." Iniziò a strofinare energicamente sulla pelle morbida la spazzola, con gesti esperti. "Morivo letteralmente di paura."

James rimase a guardarlo. "Una volta dovevo correrti dietro per evitare che tu perdessi qualche dente." Steve annuì, divertito, mentre l'altro proseguiva, preso dal discorso. "Ora, invece, sembra che io non possa fare nulla senza averti alle spalle."

"Non è una gran sensazione." Convenne Steve. "Ma almeno posso restituirti il favore."

"Che favore!" Sputò fra i denti James, voltando il capo a guardarlo negli occhi. "Io lo facevo perché non volevo trovarti in qualche cassonetto."

"Io non voglio trovarti in qualche fossa." Commentò l'altro. "Voglio tornare a casa anche io, Buck. Ma non posso, non finché non avrò aiutato a sconfiggere il regime che sta distruggendo l'Europa. Semplicemente, non posso." Sospirò appena, ricominciando a spazzolare lo stivale. "Tu non ci sai proprio fare con la pelle di vitello, lasciatelo dire. E' tutta rovinata."

"Beh..." James fece un ghigno. "Avevamo convenuto che mi avresti lucidato le scarpe, se fossi venuto a vivere con me. Consideralo un anticipo. Mia madre chiede sempre di te, in ogni lettera. Ha visto tutti i film!"

"Geloso, Barnes?" Lo punzecchiò Steve, prima di scoppiare in una risata. "Aspettavo da anni di dirlo!"

"Ah Ah Ah." Barnes gli lanciò uno sguardo fintamente offeso. "Sto morendo dal ridere."

"Dai, Buck!" Commentò Steve, estraendo il lucido dalla scatola in latta. "Alla fine, mi sono fatto riempire di siero per poterti raggiungere sul fronte."

"Stavo più tranquillo sapendoti a casa..." Biascicò James.

"Saresti morto, se non fossi venuto a salvarti."

"Molto più tranquillo, ok?" James ritornò a guardare la palla da baseball, come se sopra potesse esserci incisa una verità universale. Rimasero in silenzio, solo lo strofinare della spazzola sul cuoio e il rumore della pioggia che delicatamente colpiva il tessuto della tenda. Un angolo leggermente bucato della tenda faceva cadere grosse gocce d'acqua gelida in un catino, disposto appositamente qualche ora prima. Steve era passato al secondo stivale, rispettando il suo silenzio, sapendo che l'amico aveva solo bisogno di sentire la sua presenza al suo fianco. James, infatti, fissava il vuoto, la testa reclinata su una spalla.

"Sono contento di averti qui, anche se sei un cretino." Esclamò, spezzando il silenzio. Steve fece un mezzo sorriso, alzando appena lo sguardo dal lavoro che stava facendo, il barattolo del lucido aperto appoggiato accanto a lui sulla branda. "E' il minimo, se tua madre avesse visto lo stato di questi stivali ti avrebbe buttato fuori casa, idiota. E poi, te lo avevo detto..."

Gli puntò contro la spazzola, le labbra che si distendevano in un sorriso. "...con te fino alla fine."


xxx


Aprì gli occhi sentendo per prima cosa il rumore fastidioso delle eliche dell'elicarrier, un sibilo ripetitivo che sembrava volergli entrare nel cervello a forza. La seconda cosa che percepì fu che era sdraiato su una serie di sedili, e che era in una posizione estremamente scomoda, le gambe abbandonate oltre l'ultima seduta e un braccio sopra al capo, a coprirgli gli occhi dalla luce del vetro oltre la cloche. Samuel stava chiacchierando appena con Elle, che aveva preso la guida appena era arrivata, vestita ancora come quella mattina e con l'aria decisamente sbattuta. Rhodes stava facendo gli ultimi controlli sul pannello touchscreen posto sul guscio della sua armatura, contando munizioni ed eventuali modifiche dell'ultimo minuto di Stark.

"Insomma, alla fine hanno ragione entrambi." Concluse Sam, voltando appena lo sguardo. Steve serrò gli occhi, fingendosi addormentato. Sentì l'amico sospirare. Elle premette qualche pulsante, per poi rilassarsi meglio contro la poltrona scura. "Steve e Tony sono due persone abituate a dividere il mondo in bianco e nero. Invece, il mondo è una scala di grigio. Nemmeno le persone dalla quale stiamo andando, sono del tutto cattive. E né Steve né Tony sono soggetti alla banalità del male. Sono tutto tranne che banali." Samuel annuì, mentre Steve riapriva gli occhi, voltandosi silenziosamente per vedere meglio i due.

"Sono entrambe delle buone persone, davvero. Ma non è una scelta sulla base delle persone coinvolte..."

"Tu hai già deciso." Commentò appena Sam. Elle sorrise appena, scostandosi i capelli dal viso, senza rispondere. "Sono contento per voi, Elle."

"Non sono nemmeno sicura che esista un noi, dopo oggi." Sussurrò lei, stringendosi nelle spalle. Rhodes si alzò in piedi, avvicinandosi appena ai due.

"Elle, si vede da lontano un miglio. Non fingere di essere obiettiva..." Commentò a bassa voce. "...Non qui, non serve."

La bionda alzò gli occhi al cielo. "Su una cosa siamo sicuri, basta fingere." Si alzò lentamente, lanciando un'ultima occhiata ai comandi. "Sono veramente esausta, ho bisogno di queste tre ore fino all'Alaska per dormire."

Rhodey le sorrise, sedendosi al suo posto. "Fai sogni sereni, Capitano."

Elle si voltò per fargli una smorfia, mentre si avvicinava alla brandina dall'altra parte del jet, sotto ai sedili sul quale era sdraiato. Steve rimase fermo, guardandola di sottecchi mentre lanciava la camicia azzurra in un angolo e si accasciava sul telo di cotone, in canotta e jeans, il volto rivolto dall'altro capo ed i capelli legati in modo frettoloso dietro la nuca. La sentì sospirare, prima che il sonno prendesse il sopravvento ed i respiri rallentassero fino al sonno. Solo allora, delicatamente, si alzò e afferrò la sua felpa, fino al momento appallottolata a fargli da cuscino. La stese un attimo con le braccia, prima di abbassarsi sulle ginocchia e appoggiargliela delicatamente sopra, sfiorando con le dita la pelle candida della donna. Le scostò una ciocca di capelli chiari dal viso, prima di alzarsi e dirigersi verso la cloche. Samuel gli lanciò un sorriso malizioso, prima di voltarsi di nuovo a fissare il cielo scuro della notte.


xxx


Scrutò con attenzione la mappa olografica della montagna, i burroni ed i pendii scoscesi che conducevano all'anfratto dal quale si accedeva alla base.

Non sapevano quanti uomini ci sarebbero stati lì dentro. O meglio, chi ci sarebbe stato. Ma c'erano dei documenti da cercare, e delle prove da trovare, che forse avrebbero scagionato Bucky. Quella era la speranza che cercava di nascondere agli sguardi attenti che la scrutavano. Forse, avrebbero potuto catturare qualcuno con delle informazioni importanti.

Rhodey proiettava la mappa dal suo orologio da polso, sicuramente opera di Stark, restando fermo a guardarla con espressione corrucciata. Samuel ci girava intorno, scrutando con attenzione ogni cunicolo.

Steve si portò una mano al mento, cercando un passaggio, un sentiero qualsiasi che fosse scoperto dall'occhio dell'Hydra. La neve aveva coperto ogni cosa, ed il picco di Denali, il monte più alto d'America, era una terra coperta di neve e senza alberi che proteggessero il cammino.

"Se salissimo con il Jet, per poi scendere con l'attrezzatura?" Chiese, voltando il capo verso Elle. Rodhes scosse il capo, schioccando le labbra.

"Intendi paracadutarti contro una montagna innevata, con una pendenza dell'ottanta percento, approssimativamente?" Elle lo indicò con un cenno del capo, le braccia incrociate sul petto sopra alla pesante felpa blu scuro. "Ha ragione, è da folli. Causeremmo una valanga, e verremmo scoperti."

"Potremmo scendere io e Rodhes, volando." Commentò Samuel. "Voi scendete dal Jet e ci raggiungete a piedi."

Elle fece un'espressione scioccata. "Saremmo troppo lenti, senza contare che con il cielo limpido vi vedrebbero subito." Steve immaginò che il secondo, fondamentale motivo per il quale Elle avesse scartato l'ipotesi fosse l'idea di una passeggiata di tre ore nella neve fino alle ginocchia Scosse il capo, dandole mutamente ragione. Elle gli lanciò uno sguardo veloce, prima di tornare a guardare la mappa, lasciando le braccia lungo i fianchi.

"Potreste sempre usare lo scudo come slittino." Ridacchiò Sam. Steve nascose un ghigno, cercando di mantenere un contegno davanti agli agenti che li guardavano sbalorditi da dietro il vetro dello stanzino degli interrogatori, l'unica stanza disponibile in quell'ufficio di provincia.

"Supponiamo che ci siano delle spie anche fra questi agenti, essendo questa la stazione di polizia più vicina alla base Hydra." Elle riprese la parola, appoggiandosi con la schiena al muro, leggermente indietro rispetto a Rogers.

"Sicuramente, fra poche ore, sapano che siamo qui. Sicuramente lo sanno già, anzi." Samuel si voltò appena, lo sguardo che vagava sullo specchio monodirezionale. "Bisogna entrare dal basso, essere veloci, ed individuare il panello di apertura delle porte."

"Stark entrerebbe a cercarlo con l'armatura e-"

"Non c'è Stark, qui." Elle interruppe Rhodey, asciutta. "Qui ci sono io, e sono in comando solo fino a lunedì, se i dei mi assistono., Ed è solo Venerdì notte."

Cercò di non pensare che per lei, per tutti loro, era il secondo Venerdì notte in ventiquattr'ore. Maledetto fuso orario.

"Cosa hai in mente?" Steve si avvicinò appena, guardandosi intorno, evitando il suo sguardo.

"Rhodes, pensi di riuscire a farti mandare da Friday una scansione dal satellite della base Hydra?" L'uomo annuì appena ritirando la mappa ed alzando il braccio sulla quale portava l'orologio. Si voltò, mormorando qualcosa contro il quadrante. Sam si diresse verso la porta, accendendo la luce.

"Sam, tu pensi di riuscire a portare Rogers giù dal Jet con le tue ali?"

Wilson incrociò le braccia, guardando l'amico, divertito. "Se non ha fatto abbuffate di recente, dovrei riuscirci."

"Rogers..." Elle strizzò appena gli occhi, cercando di tenere un tono di voce imperscrutabile. "Pensi di riuscire a memorizzare la mappa che ti mostrerà Rhodey?"

L'uomo annuì appena, puntando lo sguardo verso di lei. "E tu, Selvig?"

"Ho un piano per entrare. Non ammetto discussioni." Si diresse verso l'uscita, fermandosi appena un secondo al suo fianco. "Non ti piacerà, il mio piano."

"Ci sono tante cose che non mi piacciono, Elle." L'uomo sospirò appena, mentre Rhodes e Samuel si voltavano nella direzione opposta, ignorandoli per quanto possibile. Dandogli un po' di privacy.

"Non vuol dire che siano le cose sbagliate."

Elle annuì appena, fra sé e sé. Abbassò la cerniera della grossa felpa che aveva rimediato sul quinjet, e che aveva un odore familiare, stringendosi nelle spalle. "Allora andiamo."

Uscì dalla porta seguita dai tre, scrutando con attenzione tutti quegli agenti che li fissavano, fingendo di non averli spiati fino a mezzo minuto prima, attraverso lo specchio monodirezionale.

"Sergente." Urlò la svedese, facendo vagare il suo sguardo più truce da un lato all'altro della stanza. Un ometto più basso di lei di almeno venti centimetri si fece avanti, avvolto in un pesante giaccone marrone, e con una stella appuntata al taschino. "Mi dica, Agente Eclipse."

Elle alzò gli occhi al cielo. Missione per gli Avengers, nomi da Avengers.

"Può procurarmi una tuta da sci bianca ed una tavola da snowboard?" Chiese lei, atona. Steve, mezzo metro più indietro, alzò un sopracciglio, confuso. Samuel nascose un ghigno, abbassando il capo. Aveva capito esattamente il piano di Elle, ed era geniale. Assolutamente imprevedibile. Si avvicinò appena a Selvig, mentre il Sergente assentiva convinto, allontanandosi in fretta verso quello che probabilmente era il deposito dell'attrezzatura.

"Steve odierà il tuo piano con ogni supercellula del suo supercorpo, lo sai?" Sussurrò Wilson, divertito. Elle fece una smorfia, annuendo.

"Se ti può consolare, penso sia uno dei migliori piani di sfondamento che io abbia mai visto architettare. Ci sai fare, biondina."

Elle alzò gli occhi al cielo, sorridendo. "Faccio questo lavoro da prima di te, pararescue. E comunque..." Si voltò, lanciandogli uno sguardo divertito. "Ora

sono il tuo capo, Falcon. Non osare chiamarmi biondina... Almeno fino a lunedì."


xxx


"E' un pessimo piano!" Urlò Steve, sovrastando il rumore delle turbine del Quinjet. "Non posso lasciarti andare da sola dentro una base Hydra, scivolando su una tavola lungo un pendio del genere! Non arriverai nemmeno vicino al portone!"

Elle alzò gli occhi al cielo, levandosi i jeans senza fare un fiato. Samuel stava seduto su uno dei sedili di pilotaggio, giocherellando con la cerniera della sua tuta da Falcon. Rhodes pilotava il jet verso la montagna, l'armatura che lo attendeva nel guscio fissato poco dietro al sedile.

Steve le dava le spalle, mentre Elle iniziava ad infilarsi la tuta di Eclipse. Con la coda dell'occhio, vide Rhodey voltare appena la testa all'indietro.

"Rhodes, se non giri subito quella testa...." Esclamò, arrabbiato. L'altro strinse le labbra in un ghigno, voltandosi di nuovo verso la cloche. Elle si alzò, stirando le spalle. "Puoi girarti, Rogers. Sono coperta, ora."

L'uomo arrossì appena, fronteggiando di nuovo la svedese. "Non ti lascerò andare da sola giù per una cresta rocciosa coperta forse da mezzo metro di neve, Elle."

L'altra alzò un sopracciglio. "Non puoi darmi ordini, Rogers-"

"Certo che posso!" Esclamò lui, in maglietta a maniche corte, la parte superiore della divisa in mano. "Sono un Capitan-"

Elle fece due passi avanti, il meno alzato e l'espressione strafottente. "No, Rogers." Schioccò le labbra, divertita. "Sono io il Capitano, oggi."

Steve rimase allibito, guardandola con la mascella rigida per il nervosismo. Elle si strinse nelle spalle.

"Aiutami con la cerniera..." Sussurrò poi, dopo un attimo di incertezza, dandogli le spalle. Steve appoggiò sulla panca l'involto che aveva in mano, avvicinandosi alla donna. Elle teneva le spalle rilassate, le ossa delle scapole che si intravedevano sotto la pelle candida, il volto leggermente voltato, come a non perderlo di vista. Prese un respiro profondo, spostandosi i capelli con un braccio su una spalla, lasciando il lembo di schiena sotto la cerniera completamente scoperto. Steve rimase un attimo fermo, a studiare il contrasto fra la pelle morbida e bianca della donna e il tessuto duro e scuro della divisa, prima di prendere il piccolo cursore nero fra le dita. Le sfiorò un secondo la pelle con i polpastrelli, in una timida carezza, prima di sollevare la lampo.

Abbassò il braccio, percorrendo la linea della sua spalla con la mano, avvicinandosi fino ad avere il viso piegato vicino al suo orecchio fino a farle sentire il suo respiro. "Ti prego, stai attenta."

Elle rimase immobile un secondo, prima di abbassare appena il capo ed indietreggiare in modo impercettibile, appoggiando la schiena contro il suo petto, quasi al contrario d un abbraccio. "Anche tu."

"Elle..." Sam richiamò la loro attenzione, facendoli schizzare in direzioni opposte, il viso leggermente arrossato. Elle si diresse verso l'amico, mentre Steve infilava in fretta l'ultima parte della divisa. "Penso che siamo quasi arrivati. Sei sempre sicura che..."

"Si, Sam. Fidati di me, so quello che faccio. Non ho lavorato solo in Medio Oriente, negli ultimi cinque anni. Non è la prima volta che scendo da una montagna in Snow board..."

Rhodey la guardò un attimo, le sopracciglia aggrottate. "Fai in modo che non sia l'ultima. Quanto ci vorrà prima che tu riesca ad aprire le porte?"

Elle si voltò, prendendo i pesanti pantaloni da neve ed iniziando ad infilarli sopra alla divisa. Fece schioccare le bretelle, mentre fuori dal vetro sopra la cloche scorreva un paesaggio innevato, con creste di roccia scura a perdita d'occhio. "Se non vedi le porte aprirsi entro quindici minuti, vieni ad aiutarmi." Elle infilò il casco, gli occhiali incastrati sopra alla fronte coperta, e finì di legare le armi in sicura sotto alla pesante giacca. Con attenzione, Steve le passò lo zainetto contenente altre munizioni e un ricevitore d'emergenza, tenendoglielo sollevato mentre lei infilava le braccia negli spallacci. Era una cosa che lo tranquillizzava, aiutare le persone a cui teneva a prepararsi prima di una missione. Elle lo lasciò fare, vedendo che il compito riusciva nell'intento del sollevarlo da un po' di quell'angoscia che traspariva dal suo sguardo.

La svedese prese la tavola, passandosela sottobraccio, mentre Rhodes planava leggermente verso la cresta scura della montagna.

"Samuel, tu resti fuori dalla base."

Wilson si voltò, lo sguardo corrucciato, lanciando uno sguardo a Steve. "Io seguo lui, non resterò fuori ad aspettarvi con dell'Eggnog caldo e qualche coperta."

Elle alzò una mano, l'anello di Stark che scintillava nella penombra del Jet. "Tu resti qui perché ci servi come riferimento, e perché le tue ali nei condotti della base sotto la montagna sarebbero solo d'intralcio."

"Posso combattere anche senza!" Esclamò Samuel, cercando con lo sguardo quello di Steve. Captain America lo guardò un attimo, prima di annuire.

"Elle ha ragione, ti metteresti solo che in pericolo per nulla. Ci sei più utile qui, a coordinarci. La mappa di Friday?"

Rhodes sospirò, annuendo. "E' già in tutti i vostri satellitari."

Elle annuì appena, infilandosi i grossi guanti bianchi, come tutta la sua tuta. "Allora, signori, prendo congedo." Si diresse verso il portellone, chiudendo con la mano libera il giaccone ed abbassando gli occhiali. Steve la seguì, tenendosi contro una sbarra del velivolo. "Ci vediamo dentro."

"Steve..." Elle abbassò il capo, ed il tono di voce, mentre l'uomo si avvicinava, guardandola con evidente angoscia. "Se oggi dovesse andare male, c'è una cosa che devi sapere."

"Puoi ancora ripensarci-" Elle lo zittì, alzandosi sulle punte e sfiorando le labbra dell'uomo con le sue, con delicatezza, il fiato caldo che la faceva sentire immediatamente più tranquilla. Steve sospirò appena, quando lei fece un passo indietro.

"Mi dispiace per averti tenute segrete delle cose. Ma ricordati questo: per te, James è un tassello, una battaglia. Ma per lui..." Elle spinse con una manata il pulsante per aprire il portellone, sorridendo appena dietro alla sciarpa ed ai grossi occhiali. "...Per lui, tu sei l'intera guerra."

Elle si lanciò fuori dal portellone, in un turbine di neve, lasciandolo solo, inerme, davanti al baratro dei suoi pensieri.


xxx


Intorno solo il bianco candido della montagna, nessuna interruzione a quell'orizzonte pallido che faceva riverberare la luce del sole, un sole luminoso ma freddo come solo quello della montagna sapeva essere.

L'aria sferzante le colpiva il viso a ritmo irregolare, mentre inspirava a pieni polmoni attraverso la sciarpa che le copriva tutto il viso, guardando la cresta rocciosa che stava sotto di lei. Stava cercando il percorso migliore per scendere verso l'apertura della base, la tavola agganciata allo zaino. Prese degli ampi respiri, sistemando meglio il ricevitore all'orecchio e raddrizzando il casco. Sentiva ancora l'elicottero in lontananza, mentre girava in tondo per sorvegliarla, abbastanza in alto per non essere visibile dalla base, ma vicino abbastanza da poterlo vedere, una macchia nera nel cielo terso. Ascoltò un attimo i battiti del suo cuore, cercando di sincronizzarli con il respiro, prima di riaprire gli occhi. "Pronta."

"La prossima volta, ti mettiamo una GoPro e ti facciamo sponsorizzare dalla Red Bull." Commentò nell'interfono Samuel. "Buon fortuna, Elle."

Scivolò fino alla prima cresta di roccia, fermandosi sul ciglio di una discesa frastagliata coperta da una coltre bianca. Tre metri la separavano dall'attacco della pista, tre metri di vuoto da ammortizzare con la tavola.


Con una spinta, si lanciò nel vuoto, tenendo la tavola perpendicolare al terreno, pronta all'impatto, una mano guantata che teneva un'estremità. Iniziò a scivolare lungo il pendio scosceso, trattenendo il fiato, l'adrenalina che entrava in circolo. Fece una curva lenta, spostando il peso verso l'interno, liberando un piccolo torrente di neve lungo il pendio. L'ingresso del tunnel era tre chilometri più in basso. Tre chilometri di rocce e planate scoscese.


"Non volevo chiederlo mentre era qui, ma..." Rhodey voltò appena lo sguardo verso Samuel e Steve, il primo seduto accanto a lui ed il secondo che si teneva ad una sbarra, il busto leggermente piegato in mezzo ai due sedili.

"...Da quando Elle fa Snowboard Freestyle?" Commentò, guardando la scia bianca che si allontanava lungo la montagna. Samuel si strinse nelle spalle. "Alla fine, viene dal nord. Io mi sarei schiantato alla prima roccia. Immagino che la abbiano messa su un paio di sci prima ancora di imparare a camminare."

Steve deglutì. "Mancano ancora parecchie rocce al tunnel, Samuel..."


xxx


Non riuscendo ad aprire la porta del tunnel nemmeno con i pass, sottratti alle cinque guardie che l'avevano vista piombare dentro l'ingresso nella montagna in modo estremamente sgraziato, Elle si era fermata qualche secondo a riflettere, guardando dritta nelle telecamere di sorveglianza, grattandosi il mento.

Attorno a lei giacevano i corpi inanimati, due che avevano malamente ricevuto la tavola da snowboard fra i denti e le altre tre seccate rispettivamente con due proiettili e un'elegante testata contro la parete in calcestruzzo.

Afferrò la tavola e la infilò tra la fessura delle due porte in ferro, facendo leva con tutta la forza che aveva.

"Serve una mano?"

Rhodes calò con tutta calma dietro di lei, con un clangore metallico. Elle si voltò con un sorriso, abbassando la sciarpa, mentre lui faceva alzare la maschera dal viso. "Mai stata così contenta di vederti, Rhodey."

"Quanto mi dai se apro la porta al primo tentativo?"

Elle alzò con un gesto sbrigativo gli occhiali da neve sul cappello, il casco già agganciato allo spallaccio dello zaino. Rhodes contemplava la tavola incastrata nella porta con aria perplessa.

La svedese aprì la cerniera del giubbino, tenendosi con una mano le bretelle dei pantaloni tecnici. Con l'altra estrasse il portafoglio dalla tasca posteriore dello zaino e lo aprì con un gesto spiccio. "Se vuoi ho venti dollari, una tessera magnetica dell'ex S.H.I.E.L.D. per le spese e un paio di corone svedesi."

Rhodes sogghignò, lanciando uno sguardo da oltre la sua spalla. "E una foto di Natasha, vedo. E quello è un ritaglio..."

Lei lo fulminò con lo sguardo, riponendo il portafoglio nella tasca dello zaino. "...sicuramente non di un articolo su come farsi gli affari propri."

Rhodes si voltò con un sorriso sornione verso la porta, puntandole contro i guanti dell'armatura. Elle si passò la tracolla della mitraglietta AK-47 sulla spalla, puntandola contro la porta. "Comunque, se la sfondi entro trenta secondi, ti regalo tutto il portafoglio."

Rhodes sparò un colpo da uno dei cannoni sulle spalle, indietreggiando appena per il contraccolpo. Elle venne sbalzata all'indietro, cadendo mezzo metro più lontano.

"Non vedevo l'ora di provare i nuovi giocattoli di Stark."

"Dovevamo entrare inosservati." Commentò Steve, correndo verso di loro avvolto in una tuta termica uguale a quella di Elle. L'altra si alzò con colpo di reni, facendo schioccare la lingua. Si voltò, mimando un'espressione dispiaciuta. "Ho provato a suonare il campanello, ma non mi hanno voluto aprire. "

"Che scortesia." Rispose appena Rhodes. "Ma ora avremo da fare."

Elle fece due passi, affiancando l'altro e iniziando a sparare contro i soldati in nero che si dirigevano verso di loro. Steve si parò con lo scudo, mentre Rhodes si alzava da terra e li precedeva nel buio del condotto, illuminandolo con la luce dell'armatura.

"Dovremo dividerci, dalla mappa questo posto mi sembrava immenso."

"Per questo vi servo anche io."

Elle alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso l'esterno. Davanti alla luce che entrava dall'esterno, stagliando un'ombra nera sullo sfondo bianco, Samuel alzò una mano, il pollice all'insù.

"Dove hai lasciato il Quinjet?"

"Ho parcheggiato in doppia fila." Commentò l'uomo, estraendo un fucile e puntandolo oltre la spalla di Steve. "La multa la addebitiamo a Stark."

Elle lasciò cadere la mitraglietta contro il fianco, sistemandosi la coda di cavallo. "Ok, allora vieni con me."

Steve fece per obiettare, ma Elle gli prese lo scudo dalle mani, usandolo per colpire una granata che qualche mercenario aveva lanciato contro di loro. Si piegò sulle ginocchia, mentre Steve si piegava contro di lei e Samuel contro i due, attutendo a fatica il contraccolpo della detonazione. Steve aprì lo zainetto di Elle, mentre questa spiava Rhodes nascosto dietro la lamiera della porta, aspettando direttive. Gli fece un cenno con il capo. "Hai fatto, Rogers?"

Steve appoggiò a terra una pistola ed una torcia, richiudendo lo zainetto con una mano. "Grazie, Selvig."

"Sei il benvenuto." Commentò appena questa, mentre l'altro lanciava oltre le macerie un lacrimogeno. Un paio di soldati caddero a terra, storditi dal gas sedativo. Elle allungò una mano dietro le sue spalle, e Rogers le passò la torcia. "Tu e Rhodey andate dritti. Io e Wilson a destra. Teniamoci in contatto."

"State attenti." Commentò solo Steve, mentre si alzavano. Elle si voltò appena, annuendo. Fece per passargli lo scudo, ma lui lo spinse leggermente contro di lei. Elle lo guardò, con un sopracciglio alzato. "Prendi il tuo scudo."

"Tenetelo voi." Replicò Rogers. Sam e Rhodes si scambiarono uno sguardo perplesso.

"Non fare il cretino, ti serve lo scudo." Esclamò Elle. L'altro si strinse nelle spalle. "Posso usare Rhodey." Lo indicò con un cenno del capo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lei. "Grazie..." Commentò appena l'amico. Elle spinse di nuovo lo scudo contro di lui.

"Prendi questo scudo e vattene."

Steve rimase un secondo a fissarla, la mascella contratta e gli occhi stretti in un'espressione dura. "Ok."

Riprese lo scudo, mentre Elle accendeva la torcia e scavalcava un cumulo di macerie. "Rhodes, ricordati che ti devo venti dollari."

"No..." Commentò affiancandola l'uomo nell'armatura. "Mi devi tutto il tuo portafoglio, comprese la foto di Nat e il ritaglio con la foto di Rogers."

Elle roteò gli occhi verso di lui, con un'espressione omicida. Steve li guardò, stupito. "Lei-"

"Non è il momento, usignoli miei." Commentò Samuel, parandosi davanti a lui e sparando ad un uomo a cinque metri di distanza, che strisciava perfettamente mimetizzato nel buio. Gli altri tre rimasero a guardare, a bocca aperta.

"Voi lo avevate visto?" Sussurrò Rhodes, voltando appena il capo verso Elle, la maschera dell'armatura che si abbassava.

"Samuel viene con me." Ripetè piano Elle, mentre l'uomo gongolava.


xxx


"Posso farti solo una domanda?" Samuel la raggiunse, tenendo alto il fucile, mentre Elle teneva la torcia puntata davanti a sé, sopra alla sua pistola. "Dimmi, Sam."

"Perché sei scesa in Snowboard se poi siamo entrati tutti insieme?" Elle sorrise appena. "Era solo un modo per fare colpo su Rogers?"

Lei alzò gli occhi al cielo, sorridendo appena. "Vedrai...."

Un gruppo di soldati corse nella loro direzione, mentre Elle prendeva la rincorsa, abbassando la pistola ed estraendo il coltello dalla manica. Si voltò a tirare un poderoso calcio al primo mercenario che le capitò sotto tiro, colpendolo alla mascella. Girò su se stessa, piantando il coltello nella spalla di un altro, afferrandolo poi per il giubbotto antiproiettile e accompagnandolo a terra con uno sbuffo. Sentì Samuel imprecare, e si voltò giusto in tempo per vederlo mentre colpiva con il calcio del fucile il volto del malcapitato di turno.

"Vengono tutti da quella direzione...." Commentò Samuel, alzando lo sguardo dall'uomo a terra sull'amica. Elle alzò le sopracciglia, aprendo la bocca per parlare, ma non disse nulla. Scrollò le spalle e proseguì in quella direzione, rinfoderando la pistola e riprendendo il coltello dalle carni del poveretto steso con la schiena contro il muro, che mugugnò. Lo pulì sui pantaloni da neve, tenendo la torcia fra i denti bianchi.

"Ovvio, vengono tutti da lì, dobbiamo andarci!"Commentò funereo Samuel, seguendola con sospiro rassegnato. Scavalcò l'uomo che aveva atterrato, affrettando il passo per raggiungerla. Elle alzò un braccio, fermandolo. "Mi è venuta un'idea diversa."

"Prevede una morte gloriosa ma dolorosa?"

"Ovvio."

"Bene, allora andiamo." Concluse Sam, imbracciando il fucile, mentre la svedese gli sorrideva da oltre la spalla.


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"Bene, eccoci qui. Finalmente faccio la conoscenza di questi famosi Avengers."

"Perdonami se non ti stringo la mano."

Steve fece qualche passo avanti, gli occhi che saettavano da quell'uomo del tutto normale, avvolto da una stretta uniforme nera, le braccia abbandonate lungo i fianchi e le dita pallide delle mani intrecciate sopra al ventre, quasi fosse già pronto a lasciarsi deporre in una bara. Gli occhi castani, invece, brillavano di una scintilla sinistra, quasi rossastra nella pallida luce al neon. Rhodes, accanto a lui, ripiegò dalle spalle dell'armatura le armi, alzando la maschera per vedere con i suoi occhi l'uomo che gestiva l'ultima cellula Hydra sul pianeta.

"No, non sono interessato alla sua stretta di mano, Steve Rogers. Soprattutto ora che non è più il Capitano." L'uomo dal pesante accento tedesco si strinse nelle spalle, stringendo le labbra in una smorfia divertita. "E' bastata una donna a farla deporre. Deve essere stato uno spettacolo pietoso, nevvero."

Rhodes sospirò. "Ora deve venire con noi. Qualsiasi cosa dirà sarà registrata." Commentò atono, facendo due passi in avanti. L'uomo alzò appena le braccia, la mani aperte. "Non sono sicuro di voler tornare in America con voi, Maggiore Rhodes."

Si strinse nelle spalle, lo sguardo che vagava. "Anche se la mia curiosità riguardo alla vostra squadra è incontenibile. Avete già trovato i miei uomini nella vostra città, prima di venire a scomodare me in persona?"

Rhodes si fermò, alzando lo sguardo, attento. "Parla di Brock Rumlow?"

Le labbra dell'uomo si piegarono su un lato, gli occhi piccoli che vagavano tra i due uomini. Fece un gesto scocciato con la mano, muovendo le sopracciglia in modo quasi comico. "Non solo Rumlow. Ma, il vostro nuovo Capitano non ve lo ha detto?"

Si guardò attorno. "E chissà dove è ora. L'unica donna in questo continente a sapere dove è Barnes." Scoppiò in una risata acuta, alzando il capo, lo sguardo che si fermava in quello blu di Rogers. "Una conoscenza preziosa, di questi tempi, non trova, Rogers?"

"Non ascoltarlo, Steve, vuole solo farti arrabbiare." Commentò Rhodes, senza staccare gli occhi dalla figura sottile dell'uomo.

"Peggio..." Replicò questo, con un sorriso divertito. "...Stavo solo prendendo tempo."

Si voltò senza esitazioni, dando loro le spalle, mentre una cinquantina di uomini entravano nella stanza, accerchiando i due uomini. "E voi siete stati abbastanza sciocchi da permettermelo." Li guardò, annoiato, voltandosi verso uno dei suoi soldati.

"Cosa me ne faccio di un'armatura di Stark e di un altro uomo con il supersiero?"

Steve alzò le sopracciglia, mentre Rhodes arretrava al suo fianco, guardando i caschi dei soldati attorno a lui come a volerli contare. Erano un intero commando, in perfetta tenuta da guerra, armati fino ai denti e con il volto coperto.

L'uomo in divisa li guardò un attimo, lasciando trasparire il suo disappunto. "Noioso. Io volevo l'androide, o se proprio entrambe le mutanti. Invece ho voi." Si strinse nelle spalle. "Dovremo trovare un modo per farvi tornare utili."

Steve fece una mezza risata, lo scudo stretto in mano, guardandosi attorno. Non c'era traccia di Elle e Sam, ma almeno non erano stati presi. "Non farmi credere di non voler replicare il siero di Erskin?"

"Il tuo maggior difetto è sempre stato considerarti di un valore di mercato maggiore di quello che sei in realtà." Commentò con tono rassegnato l'altro, scuotendo il capo. "Ci sono centinaia di altri mutanti, abbiamo centinaia di altri adepti che portano avanti il lavoro di ingegneria genetica iniziato dal Teschio Rosso. Tu ormai sei una goccia nel mare. Ora..." Alzo appena lo sguardo sui due. "Ci serve qualcosa che non possiamo trovare su questa terra. Qualcosa che è arrivato da oltre. E che ci appartiene."

"Elle..."

"Io e sua madre eravamo amici di vecchia data. Avrebbe voluto vederla al sicuro, sotto la mia protezione, invece che a vivere in una catapecchia americana, con amicizie discutibili." L'uomo scosse il capo, sembrando sinceramente affranto. "Non approverebbe tutto questo pericolo, nella vita della figlia. E nemmeno un uomo che non ha nemmeno il coraggio di combattere per lei. Seriamente, ti piace mandare alla guerra le persone che ami?" Concluse, scuotendo il capo. Steve rimase senza parole, fissandolo con la mascella contratta e le labbra schiuse per la sorpresa.

"Tu conoscevi la madre di Elle?!"

L'altro ignorò la sua domanda, mentre Rhodes cercava di richiamare l'amico. "Ti sta prendendo in giro, Rogers!"

"Scegli con molta attenzione i tuoi amici, Steve Rogers. Te lo concedo." L'uomo fece per voltarsi, stringendosi nelle spalle. "Sembra che li selezioni a partire dalla nostra lista dei desideri."

Steve lanciò lo scudo contro l'uomo, pieno di rabbia. L'altro lo scartò senza troppa fatica, con un passo a lato, facendolo cadere diversi metri dietro di lui. Si avvicinò, appoggiandoci un piede sopra. "Peccato, Steve Rogers. Che belle conversazioni avremmo potuto fare, sui tempi che furono."

Steve rimase a fissarlo, respirando profondamente, gli uomini sul perimetro della stanza che lo guardavano dietro le loro maschere vuote. Rhodes si mise alle sue spalle, riabbassando la maschera.

"Ehi, signorina!"

Un colpo sfiorò di striscio il braccio dell'uomo in divisa, al centro della stanza, il proiettile che staccava un getto di sangue scuro. Steve e Rhodes abbassarono lo sguardo, mentre tutti gli uomini ai lati facevano un passo verso il loro comandante, piegato sul suo braccio con un sorriso malevolo sulle labbra sottili. Fermò i suoi uomini con un braccio, voltandosi verso Samuel, all'altro capo della stanza, che imbracciava il suo fucile, un sorriso divertito sulle labbra carnose.

"Sei per caso ferito?" Commentò sarcastico, alzando il mirino verso di lui.

"L'uomo con le ali..." Sussurrò con una smorfia, rialzandosi e raddrizzando la schiena. "Sai cosa è successo ad Icaro quando si è avvicinato troppo al sole?"

Samuel fece un ghigno ancora più divertito, indicando con il mento una corda che portava legata in vita, e che proseguiva verso le travi del soffitto.

"Anche se non sono un damerino come te, non sono del tutto ignorante. Ma..." Fece un cenno con il capo, schioccando le labbra. "Non sarò io a caderti addosso, oggi."


"In cosa mi sono cacciata..."

Ripiegata con le ginocchia al petto, Elle si lanciò contro il vetro della stanza sopraelevata dalla quale aveva osservato tutto lo scambio, planando con la grazia di Sokovia dopo l'intervento di Stark sopra all'uomo in divisa, afferrandolo per le braccia e lanciandolo contro il muro grazie alla forza di inerzia.

Questo finì in mezzo alle sue truppe, accasciandosi con un mugugno sofferente. Samuel, per il contraccolpo, volò contro la parete opposta, colpendo un paio di uomini. Elle dondolò, appesa alla corda, estraendo la mitraglietta e iniziando a sparare alla cieca, mentre Steve si lanciava a recuperare lo scudo. Si alzò in tempo per afferrare fra le braccia la svedese, che si era sganciata e lasciata cadere nel vuoto.

"Non avrei mai detto che nelle basi Hydra potessero piovere belle donne." Commentò, esultante. Elle arrossì appena. "Grazie, ma ci starebbero sparando addosso." Commentò lei, voltando il capo per guardare Rhodes che recuperava Samuel, pochi metri più indietro. Prese la pistola dal cinturone di Rogers, iniziando a sparare ai tubi dell'illuminazione al neon.

Si ritrovarono al centro della stanza, assordati dal rumore delle pallottole che vagavano, nel buio. Samuel alzò lo sguardo sulla ragazza, gli occhiali che emettevano una leggera luce rossa.

"Rhodes, ci vedi?" Chiese Elle, sentendo subito la risposta di assenso dell'amico. Samuel emise un verso di assenso, mentre Steve la stringeva contro il suo fianco, coprendola con lo scudo. "Anche io vedo un poco." Mugugnò, percorrendo continuamente il profilo del suo braccio, temendo di perderla nel buio. "Potevi chiedermelo prima di sparare all'unica fonte di luce."

"Cazzo!" Elle sentì qualcosa passarle a fianco, mentre una sagoma scura si appoggiava alla sua spalla. Passò un braccio sotto il braccio di Sam, sostenendo il suo peso con uno sbuffo. "SAM!"

Lasciò subito Rogers, percorrendo con le mani la figura dell'amico, sentendo qualcosa di umido e caldo macchiarle i vestiti e una mano. Si irrigidì subito, tirandogli un leggero schiaffo. "Sam, ascoltami, resta sveglio!"

La svedese lo sentì caderle di peso addosso. "Cazzo, cazzo, cazzo..." Commentò, mentre Steve afferrava un revolver che lei gli aveva sottratto e rispondeva al fuoco nemico.

"Rhodes, puoi trascinarci tutti fuori volando?" Chiese Elle, tendendo una mano verso l'alto. Una cupola azzurrognola coprì i quattro, mentre i colpi rimbalzavano contro la barriera invisibile, cadendo a terra. Rhodey annuì, mentre Elle, resa cieca dal buio, cercava con un braccio di sostenere l'amico, la mente impegnata a creare quella debole corazza.

"Posso farlo, se vi tenete tutti a me. Ma serve una vita d'uscita."

"Tieniti pronto." Commentò la svedese. Steve lasciò vagare lo sguardo lungo la stanza, vedendo i soldati che sparavano, alcuni che scappavano vedendo nell'ombra gli occhi traslucidi di Elle e la luce emessa da quella bolla indistruttibile. Intravide nell'ombra lo sguardo dell'uomo in divisa, circondato dai suoi uomini, ferito, ma con i denti bianchi che splendevano nella pallida luce del potere di Elle, gli occhi sgranati dall'estasi e pieni di desiderio. Steve deglutì, mentre la donna richiamava la sua attenzione urlando. Si avvicinò, prendendosi un secondo per percorre il profilo del viso della donna che amava, ignara di tutte quelle attenzioni, interessata soltanto a tenere cosciente il suo amico, accasciato con gli occhi socchiusi. Per un secondo, solo per un secondo, le parole di quell'uomo, del nemico, fecero breccia nella sua mente. Elle forse meritava davvero di meglio. Una vita al sicuro, lontano da tutta quella polvere e da quel sangue. Poi, l'ennesimo urlo della svedese, un urlo che conteneva il suo nome in mezzo a diversi insulti - insulti che in una situazione normale gli avrebbero fatto accapponare la pelle - lo fece ritornare alla cruda realtà, cruda quasi quanto i suoi pensieri. Prese Samuel da sotto le ascelle, stringendoselo addosso.

Elle borbottò qualcosa con Rhodey, estraendo un telecomando. Lo guardò per un secondo, come per soppesare le probabilità che avevano di uscirne vivi.

Alzò lo sguardo su Steve, che sorreggeva Samuel dall'altro lato.

"Rogers, tieni stretto Sam!" Commentò Elle, passando il giaccone sulle spalle dell'amico ferito. Steve annuì, aiutandola a infilare il braccio di Sam nella manica. "Se usciremo, ed usciremo, devi tenerlo al caldo. Non importa se ci perdiamo nel volo."

Steve scosse il capo. "Volo?!" Elle gli lanciò uno sguardo angosciato, stringendosi fra le braccia, avvolta nella tuta di pelle. "Tieni stretto Sam, ed al caldo."

Rimase un secondo a guardare gli occhi blu del capitano, mentre passava dall'altro lato di Rhodes. "Al tre premo."

L'uomo nell'armatura annuì. "Meglio tutti sotto la montagna, che loro fuori."

Elle annuì, premendo l'interruttore.

Un boato scosse tutta la base, e la montagna sotto di essa. Per un secondo, solo poca polvere scese dal soffitto, mentre tutti si fermavano.

Poi, i mercenari iniziarono a fuggire dalla stanza, che andava via via crepandosi.

"Pronti?" Chiese Rhodey, tenendo con una mano il busto antiproiettile dell'armatura di Steve, sollevandosi da terra di pochi centimetri. Elle annuì, mentre afferrava il suo avambraccio.

"Andiamocene." Commentò, quando il primo crostone di soffitto e roccia cadde davanti a loro, e la neve che entrava mulinando. Rhodes le strinse meglio il polso, partendo come un razzo verso l'alto, Steve e Sam solo una sagoma indistinta dall'altro lato.


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Si rianimò tossendo, sentendo i polmoni pieni di polvere ed il fianco che doleva come se stesse bruciando sotto una fiamma.

"Ehi, ehi, ehi..." Qualcosa le diede una leggera pacca sul petto, mentre apriva gli occhi, infastiditi da una luce innaturale. "Respira, coraggio..."

"Non dirmelo..." Mise a fuoco il viso sporco di Steve, la mascella decisa, gli occhi blu che la fissavano angosciati. "...Abbiamo seguito i cattivi fin sotto alla montagna."

"Siamo usciti." Commentò appena lui. "Sei svenuta appena hai smesso di emettere quella bolla..." Era sdraiata sugli scomodi sedili del quinjet. Si voltò, sentendo la mano di lui che la reggeva per la vita, mentre sputava ancora polvere e calcinacci. Ebbe un fremito di freddo. "Cosa..."

Steve le diede qualche leggero colpetto alla schiena, accarezzandola poi con la mano. Per coprirle tutte le spalle e giù, fino al bacino, sarebbero bastate tre mani di Rogers. Si stupiva ogni volta di quanto fosse enorme rispetto a loro, persone normali.

"La pressione. Non sei abituata a volare, non a certe altezze, senza casco, né ossigeno..." Sorrise appena. "Abbiamo scoperto finalmente qualcosa che non puoi fare."

Elle fece per alzarsi di scatto, sentendo un giramento di testa improvviso sbalzarla in avanti. Si tenne la testa fra le mani, guardandosi attorno. "Come siamo arrivati sul Jet, io..."

"Sam lo aveva lasciato su una cresta. Lo abbiamo recuperato giusto in tempo, non è stato facile, portandovi a peso morto."

"Sam!" Elle si tenne ad una sbarra, mentre l'altro si alzava, passandole con naturalezza un braccio attorno alla vita. "Non dovresti andare tanto in giro, Elle. Sei stata svenuta per quasi mezz'ora."

"Sam." Esclamò solo la svedese, riconoscendo l'angoscia che cercava di nasconderle dietro un'espressione fintamente serena. "E' stabile."

"Rhodey?"

"Ben svegliata, Elle. Almeno questa volta non sei morta e risorta." La salutò l'uomo, senza distrarsi dai comandi. Elle sospirò. "Ti serve un copilota."

"Riposa." Commentò solo l'altro. "C'è Friday ad aiutarmi."

Elle lanciò uno sguardo all'adesivo vicino alla cloche, che recitava 'Jarvis is my co-pilot.'. Avrebbe decisamente voluto Visione, accanto. Aveva mille domande, e sentiva il cuore in gola. Steve aspettò che ritornasse al presente, guardandola scuotere il capo e tornare a fissarlo. "Sam."

Steve scavalcò l'armatura di Rhodes, abbandonata con il suo scudo e il casco a terra. "Vieni..." La aiutò a superare gli ostacoli, facendola sentire un po' ridicola. Normalmente, li avrebbe saltati senza nemmeno degnarli di attenzione. Ma tutto attorno sembrava ovattato, le orecchie le fischiavano e continuava a vedere gli interni del jet vorticarle attorno.

Raggiunsero la barella dove stava Samuel, immobile, avvolto in una coperta di alluminio isotermica, un tubo di fisiologica che usciva da sotto il piano e raggiungeva una flebo. Steve continuò a sostenerla, mentre si allungava con l'altra mano a controllare la sacca di liquido. Elle passò una mano sul viso leggermente verdognolo dell'amico, mordendosi un labbro. "Sam... Non ne valeva la pena..."

Steve la osservò un attimo, mentre lei sgusciava dalla sua presa e si appoggiava al tavolo con le braccia.

"Questa operazione è stata del tutto inutile." Commentò con aria tetra, passandosi una mano libera fra i capelli impregnati di pulviscolo. Si abbassò sul tavolo, appoggiando il capo sul petto dell'amico, sentendo il battito debole ma regolare.

"Invece è stata estremamente utile. Sappiamo il volto di chi comanda l'Hydra, da dietro quello che era Pierce... Sappiamo che controlla Rumlow, che sa che è a New York... Sappiamo cosa stanno cercando..."

"Me. E Wanda." Commentò Elle, sospirando, il capo ancora abbassato sulla barella. Steve annuì appena. "E sappiamo anche una cosa più delicata, ma fondamentale."

"Conosceva mia madre." Commentò lei, stringendo le dita pallide sul bordo della barella. Fece per alzarsi, sentendo le ginocchia che cedevano sotto il suo peso.

"Madre o no, devi mangiare qualcosa, oppure sarò costretto ad attaccare anche te ad una flebo."

"Non vorrei mai provare le tue doti da infermiere da cosciente, grazie." Commentò sarcastica lei, mentre lui si abbassava leggermente a passarle un braccio sotto le ginocchia. La sollevò senza sforzo, lanciando uno sguardo all'amico.

"Starà bene, vedrai. Il proiettile è uscito. Appena arriviamo la dottoressa Chang lo metterà in quel suo acquario..."

Elle lo guardò, sospirando. "Sono stata un capo agghiacciante. Per fortuna manca solo un giorno e potrò liberarmi di questo fardello. Non so come fai, ma capisco come mai eri acido come un novantenne quando sono arrivata...Ah, aspetta, tu sei un novantenne."

Steve sorrise appena, tenendola stretta al petto ed avanzando lungo il Jet. Raggiunse la panca, sedendosi con uno sbuffo di stanchezza.

"Invece sei stata un ottimo capitano..." Commentò, appoggiandosi allo schienale. Elle si puntellò sui palmi delle mani, restando sul suo grembo. Lo guardò, poco convinta. Lui annuì, stringendosi nelle spalle. "Hai preso delle decisioni che io non avrei mai avuto il coraggio di prendere."

Elle lasciò andare il capo all'indietro, infastidita dai capelli che si appiccicavano sulla tuta in pelle. "Tipo buttare giù mezza montagna?"

"Questo spiega perché andavi così a zig-zag..." Sussurrò divertito lui, lanciandole uno sguardo ammirato. "Non ci avrei mai pensato, alle cariche esplosive."

"Sempre avere una via di fuga. Se non puoi avere una vita di fuga..." Elle sollevò un angolo delle labbra pallide. "...Distruggi la via di fuga degli altri. Terza regola di Barton. Secondo te, il damerino si è salvato?"

"Difficile ma possibile." Steve rilassò le braccia, la divisa attillata rovinata in più punti. Se lei aveva i muscoli indolenziti, non osava immaginare lui.

"Steve..." L'uomo voltò il capo sporco di polvere verso di lei, un braccio che la tratteneva dal cadere da quella comoda pozione, le dita aperte sul suo fianco. Appoggiò il capo alla parete dietro di lui, sospirando. "Dimmi, Elle."

"Forse..." La ragazza tentennò un attimo. "Forse proprio perché non hai il coraggio di dare certi ordini, sei un buon capo." Alzò appena lo sguardo su di lui. "Se dovessi seguire una squadra... Vorrei averti come capo. Mi fido del tuo giudizio."

Si sorrisero, mentre volavano verso casa.


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Tutti coloro che avevano dovuto lavorare a compiti delicati con Elle sapevano che la svedese, da brava nordica, era abituata a somatizzare gli eventi negativi stando per ore chiusa nella doccia, senza emettere un fiato, solo lasciando scorrere su di sé il getto di acqua calda, i capelli che si appiccicavano sul viso ed il vapore che la avvolgeva come un manto.

Fissava inespressiva le mattonelle bianche, simili a quelle di un ospedale, asettiche nella loro anonimità. L'acqua ai suoi piedi era rossa, mentre il sangue colava fuori dall'ennesima lacerazione della sua pelle, sul costato, sotto il braccio destro.

Si fissava le mani, luride di sangue. Sangue non suo.

Una lacrima scappò dalle ciglia bianche, mischiandosi con l'acqua che le scorreva sul viso teso. Si mise le mani sul volto, sporcandolo di rosso. Rimase sotto il getto, in silezio, gli occhi serrati sotto le dita sottili, i muscoli delle gambe e delle braccia doloranti per lo sforzo.

Avevano caricato Samuel su una barella dell'infermeria appena arrivati alla base, estraendolo dalla coperta isotermica, Elle che faceva pressione con le mani sul grosso buco che lo trapassava da parte a parte. Steve, doveva ammetterlo, aveva fatto un lavoro egregio nel tamponare l'emorragia con un ottimo Drenaggio di Mikulicz. Insieme con il rubare le auto, era entrato nella top ten delle doti segrete di Captain America. Elle era rimasta fino all'ingresso nella sala operatoria, i vestiti imbrattati di sangue dell'amico e il cuore a pezzi.

Quando entrò nel bagno dello spogliatoio, dopo averla aspettata seduto nell'area comune per mezz'ora, Steve rimase un attimo immobile a guardarla.

In qualsiasi altro momento e con chinque altro si sarebbe sentito imbarazzato e sarebbe uscito dilungandosi in mille scuse. Ma non con Elle, la persona con il quale sentiva di essersi esposto di più dal risveglio nel ventunesimo secolo. L'unica che sapeva come si chiamasse sua madre, o che amava il disegno, e senza averlo letto su un file secretato.

Anche se non la aveva mai vista così, nuda e inerme, gli sembrava di aver sempre conosciuto la forma del suo corpo. Come se l'avesse sempre disegnata, nella sua mente. L'assenza dell'ombelico, le linee del costato, l'ombra leggera della grande cicatrice sul fianco e i mille piccoli sfregi, quasi invisibili dopo il Wakanda, che raccontavano la sua storia. Anche se erano pressochè invisibili, lui li sentiva e vedeva come se fossero stati dipinti in colori sgargianti. Alle vecchie cicatrici che solo i suoi occhi avevano imparato a riconoscere, si erano aggiunti i nuovi segni dell'ultima missione. Si era chiesto come Elle avesse superato tutti i soldati posti sulla strada per quel punto di comando dalla quale si era lanciata, infrangendo una parete di vetro.

Un grosso livido viola occupava metà della coscia destra. Un altro, più piccolo ma tendente al rosso, marchiava il ginocchio sinistro.

Elle si passò le mani sul viso, scostandosi i capelli appiccicati alla pelle diafana, mostrando entrambi i gomiti offesi. La mano destra era gonfia e leggermente livida.

Si voltò di scatto, senza sembrare del tutto sorpresa. Rimase semlicemente a fissarlo, gli enormi occhi azzurri che lo guardavano vacui, le labbra secche e spaccate al centro. Stranamente, il naso era integro, e anche gli occhi non erano stati colpiti. Rimasero a fissarsi per diversi minuti, lei completamente inerme sotto il getto della doccia, immobile con le mani dietro il collo sottile, senza sentire il bisogno di coprirsi dal suo sguardo. Lui stava al centro dello spogliatoio, le braccia lungo i fianchi e l'espressione stanca. Si voltò lentamente verso il suo armadietto, prendendo un grosso accappatoio bianco.
"Dovresti uscire. Devi farti medicare." Sussurrò, avvicinandosi alla tenda ancora raccolta della cabina. Portava ancora l'uniforme, lacerata in più punti. Sentiva i muscoli indolenziti dallo sforzo, l'acido lattico entrato in circolo, le dita di mani e piedi che formicolavano per il freddo patito fuori. Elle rimase a fissare il vuoto, nel punto in cui era lui pochi momenti prima. "Elle?" La richiamò l'uomo.

La donna voltò il viso, abbandonando le braccia lungo i fianchi sottili, sfiorandosi la linea formata dalle ossa del bacino sopra le pelvi. Alzò lentamente lo sguardo su di lui, che la aspettava con l'accappatoio aperto fra le mani.

Gli occhi erano rossi e lividi. Vide una lacrima uscire dall'angolo del suo occhio, scivolando fra le altre gocce. Elle si appoggiò con la schiena alla parete fredda, con un singhiozzo, e scivolò lentamente a terra, tremante.

Steve affisse l'accapatoio ad un gancio, accanto alla tendina. Fece un passo indietro, sospirando. Capiva come si sentiva Elle: in colpa. Lei era il capo, ed il capo ha il dovere di riportare tutti gli uomini a casa, ed in salute. Il dovere morale, anche quando non era realistico pensarlo.

Elle alzò lo sguardo su di lui, i capelli ancora incollati al viso, gli occhi arrossati.

Restò un attimo a guardarla, seduta sul pavimento della doccia, avvolta dal vapore, scossa da singhiozzi che cercava senza successo di trattenere. I capelli le coprivano il seno, seguendo tutta la sua figura fino al bacino. Aveva abbandonato la testa contro la parete, guardandolo. Sembrava lo sguardo di qualcuno mentre sta annegando.

E lui cedette, perchè lei era Elle e, per la prima volta da quando si conoscevano, per la prima volta da quando poteva avere il privilegio di starle accanto, e il dovere di sostenerla, era lei ad aver realmente bisogno della sua presenza.

Si tolse con una smorfia di dolore la maglia della sua uniforme, una costola leggermente incrinata. Scalciò via gli stivali, e tolse con attenzione i pantaloni, cercando di non farli sfregare sul suo nuovo taglio, che segnava la coscia per una decina di centimetri.

Entrò in silenzio nella cabina della doccia, nonostante i boxer ed i capelli sporchi di polvere. Si inginocchiò davanti alla donna, facendo da schermo per il getto bollente che si infrangeva ora sulla sua schiena dolorante. Le alzò il viso con le dita, perdendosi sempre in quegli occhi azzurri come il cielo estivo. L'unica cosa che comunicavano era dolore.

Elle si sporse lentamente verso di lui, aggrappandosi alle sue spalle con tutta la forza che aveva, le braccia sottili che sembravano ancora più incosistenti rispetto ai muscoli guizzanti della sua schiena. I sussulti finirono, mentre si aggrappava, con la stessa urgenza di qualcuno che sta precipitando. Lui la strinse con un braccio, affondando il viso nella sua clavicola, respirando a pieni polmoni. Voltò leggermente il capo, le labbra che le sfioravano il collo.

"Ho avuto paura." Sussurrò lui contro la sua pelle. Lei si strinse ancora di più a lui, il petto stretto al suo in una morsa, i muscoli delle braccia rigidi per lo sforzo di tenersi aggrappata. "Ho avuto paura di averti perso. Ho avuto paura di avervi perso." Le passò una mano sotto la schiena, aiutandola ad alzarsi in piedi. Lei si teneva con le braccia lanciate contro al suo collo.

"Lui starà bene. Staremo tutti bene." Sussurrò lui contro le sue labbra. Elle emise un debole lamento, chiudendo gli occhi. Lui se la strinse al petto.

"Non potevi fare di più. Non potevamo fare di più."

Elle sospirò. "Non è stato abbastanza." Aveva la voce bassa, impastata, leggermente rauca. Steve si allontanò leggermente, mentre Elle lo guardava angosciata, gli occhi di nuovo spalancati. Di nuovo sofferenti.

Lui si abbassò sui talloni, passandosi una mano fra i capelli. Allungò il capo verso il suo ginocchio, tenedolo con una mano, costringendola ad alzarlo leggermente.

"Questo per me è già abbastanza." Sussurrò guardandola. Si chinò a baciare il livido rossastro.

Elle lo guardò scioccata, le labbra dischiuse. Lui sorrise leggermente alla sua sorpresa, alzando di poco il capo.

"Questo per me è abbastanza." Ripetè, posando le labbra sulla sua coscia segnata. Elle sospirò debolmente, le mani appoggiate sulle sue spalle, guardandolo senza dire nulla. Si alzò di poco, sfiorando con la bocca la cicatrice ancora sanguinante sul costato, macchiandosi le labbra di scarlatto. "Questo per me è abbastanza."

Le prese i polsi con le mani, stupendosi per l'ennesima volta di quanto fossero sottili e minuscoli, accarezzandoli con le dita. Allungò la mano a sfiorare i gomiti sfregiati. Elle ebbe un sussulto, nascondendo caparbiamente una smorfia di dolore. Lui alzò lo sguardo nei suoi occhi, portandosi la mano destra alla bocca, baciandola con dolcezza. "Hai fatto tutto quello che potevi. Ed abbiamo salvato Samuel."

Lei lo guardava, le labbra strette, le mani ancora abbandonate fra le sue.

Era strano vedere Elle così, inerme, completamente abbandonata alla situazione. Nonostante Steve non potesse negare di averci pensato piuttosto spesso, vederla davanti a lui, in una nuvola di acqua e vapore, i lunghissimi capelli appiccicati al corpo allenato, gli occhi che brillavano come due fari azzurri, le labbra dischiuse...

Elle era straordinaria, lo era davvero. Combatteva con eleganza, era più intelligente di lui – cosa che non mancava mai di fargli notare – ed era premurosa. Era una perona complicata, la sua stessa vita era un caso irrisolto. Ma era anche una persona meravigliosamente bella, ai suoi occhi. Spigliata e irriverente. Sarcastica quasi quanto Stark, ma allo stesso tempo dolce. Soprattutto con lui.

Le sfiorò le braccia con dita tremanti, maledicendosi per aver accettato, quel mattino di diversi mesi prima, di farla entrare nella sua squadra. Le mani di entrambi erano ruvide, il corpo spinto allo stremo delle loro forze e cosparso di ferite. L'uomo nella divisa aveva ragione. Questo non era quello che avrebbe voluto per lei.

Con un sospiro, si abbassò lentamente a sfiorare le sue labbra con le proprie. Si sentì l'uomo più fortunato del mondo, nonostante tutti lo volessero morto e il suo amico fosse in una barella, quattro corridoi più in là, nonostante le labbra che sentiva sotto le proprie fossero fredde e screpolate dal vento. Perchè quando aprì gli occhi, un secondo dopo quel casto bacio, Elle era appoggiata contro il suo petto, sotto il getto di acqua bollente, con gli occhi ancora chiusi ed un leggero sorriso sulle labbra.

Lei voltò leggermente il capo, appoggiando le labbra sul suo petto, lasciando una serie di baci distratti, lo sguardo di quando era persa in un ragionamento complesso. "Maledizione..." Borbottò leggermente, senza alzare lo sguardo. Lui si irrigidì un secondo, un braccio che la sosteneva per la vita. "Cosa?"

"Potrei, forse, essere innamorata di te." Ammise lei, alzando timidamente lo sguardo, quasi trattenendo il fiato. L'uomo sgranò gli occhi, completamente spiazzato. "Dici?"

Elle si alzò leggermente sulle punte, gettandogli le braccia al collo. Si abbattè sulle sue labbra, facendogli mancare il fiato. Istintivamente, sapendo che erano entrambi doloranti e probabilmente stanchi – quest'ultimo fatto del quale non era più particolarmente sicuro – alzò il braccio dietro la sua schiena, sostenendola, mentre la sua bocca rispondeva con trasporto. La spinse leggermente indietro, contro la parete della doccia, con un mugugno. La mano che non era impegnata a sostenerla, aperta alla base della schiena liscia, le sfiorò delicatamente il fianco, inizialmente incerta. Quando lei lo strinse ancora più forte, prese un po' di sicurezza in più e si concentrò ancora di più sulle sue labbra, godendosi la sensazione della sua lingua contro la propria, e del seno della donna contro il suo petto.

Elle lasciò con un respiro le sue labbra, tornando ad appoggiare i piedi a terra, le mani che scendavano di nuovo ad appoggiarsi sul suo petto. Ridacchiò, appoggiando la nuca al muro ricorperto di piastrelle.

"Non mi hai detto nulla..." Commentò, gli occhi che lo scrutavano come a voler leggere nella sua mente. Steve riprese fiato, senza allontanare le mani dal suo corpo.

"Leggimi nel pensiero." Esclamò, una smorfia divertita sulle labbra. Lei lo guardò incredula. "Ora?"

Lui annuì. "Voglio che tu capisca, cosa mi sta succedendo. Cosa mi stai facendo."

Elle si morse il labbro, pensierosa. Scosse la testa.

"Sarebbe troppo facile. Dimostralo."

Senza aggiungere altro, Steve abbassò velocemente il capo, cercando di nuovo la sua bocca. Elle rispose con un ringhio, inizialmente mordendogli il labbro, poi schiudendo le labbra e lasciandosi condurre senza opporre resistenza. Completa resa.

Lui le prese le gambe, sollevandola senza apparente sforzo mentre lei si teneva con le braccia alle sue spalle, senza lasciare la sua bocca, la schiena premuta contro la parete.

Nessuno dei due si chiedeva cosa stava succedendo. Erano quasi morti, poche ore prima, e la consapevolezza che avevano rischiato di tornare a casa l'uno senza l'altra o viceversa non permetteva loro di pensare a separarsi nemmeno per un respiro.

Istintivamente lui premette il bacino contro quello di lei, sospirando. Elle appoggiò le labbra sulla sua clavicola. Lui si fermò un attimo, guardandola, godendosi il momento.

"Sei stanco?" Chiese lei, il viso arrossato, accarezzandogli un braccio. Si scostò un ciuffo di capelli dal volto, che teneva leggermente basso. Lui sorrise nel vederla così imbarazzata. Avrebbe dovuto essere lui, quello imbarazzato. Invece si sentiva a suo agio come non capitava da diversi decenni.

"Potrei tenerti in braccio per una vita intera, Elle." Commentò lui, appoggiando il mento sula sua fronte. "Sei una piuma, per me." Lei si strinse a lui, sorridendo contro la sua pelle.

"Sei talmente sottile e fragile che probabilmente sarei riuscito a sollevarti anche prima del siero." Elle ridacchiò. "Esagerato..."

Lui sorrise ancora, quasi cullandola, tenendola ancora stretta a lui con le braccia, le gambe di lei appoggiate sulla linea del suo bacino.

"Non penso ci saranno mai battaglie che mi impediranno di stare così, con te." La strinse leggermente contro di se, pelle contro pelle. "Ma..."

Elle alzò un sopracciglio, alzando divertita gli occhi al cielo. "Ma?"

"Ma non voglio che succeda così."

"Per questo sei entrato nella doccia con i boxer?" Ridacchiò Elle, guardando in basso. Lui arrossì, seguendo il suo sguardo. "Non mi sembrava appopriato entrare completamente nudo mentre tu eri in quelle condizioni, Elle. Non pensavo certo che saremmo finiti a...."

Si interruppe, sorridendo maliziosamente, muovendo le sopracciglia in modo comico. Elle scoppiò definitivamente a ridere.

Alzò appena il capo, stampandogli un bacio sulle labbra.

"Non attenterò alla tua virtù, Capitano..." Fece un sorriso malizioso. "Non fino a quando non sarai tu a chiedermi di farlo." Steve arrossì ancora di più, mentre Elle si stringeva contro di lui con le gambe, stiracchiandosi placidamente.

"Non sono fatto di marmo, Elle. Non mettere alla prova il mio auto controllo."

La donna ridacchiò. "Non sono sicura della tua prima affermazione." Commentò lei, alzando lo sguardo lungo il bagno, imbarazzata . Lui diventò di una insolita tonalità di rosso. "Elle!"

Lei si trattenne dal ridergli in faccia. "Dai, mettimi giù e spogliati." L'uomo rimase interdetto, facendo un passo indietro, mentre lei si scastrava da quella posizione compromettente. "Cosa?!"
"Sei sporco lurido. Di polvere. E sangue. E..." Gli passò una mano fra i capelli, con una smorfia. "Non voglio sapere che altro. Non esiste che dormiamo insieme con te in questo stato."

"Non mi sembrava dispiacerti fino a poco fa..." Commentò lui. Lei si strinse nelle spalle con un sorriso enigmatico, mentre lui la appoggiava con delicatezza a terra, tenendola per le natiche.

Elle si stiracchiò appena, allungandosi verso l'armadietto sul muro, appeso appena fuori dalla doccia, accanto alla tenda raccolta che non aveva tirato a tempo debito. Prese un flacone e tornò sotto il getto, mentre il compagno si spogliava, imbarazzato. Elle sorrise nel vederlo così intimidito dalla situazione, ma allo stesso tempo lo capiva piuttosto bene. La sessualità è un argomento difficile in un mondo estraneo.

Si alzò sulle punte, spremendogli dello shampoo sulla nuca. Steve emise un verso indispettito, mentre lei gli massaggiava la testa, in bilico sulle punte dei piedi.

"Sei stato molto dolce. E' un peccato che non vi abbiano congelati in più di due, dagli anni cinquanta." Steve la guardò con disappunto, cercando di trattenersi dal ridere.

"Devo dire che questo ventunesimo secolo non è male." Elle si strinse nelle spalle. "Saremmo stati bene in ogni epoca, immagino." Steve la guardò dolcemente, frizionandosi i capelli sotto il getto d'acqua. "Non avrei mai pensato che ci saremmo stati in due, in questa doccia." Commentò, guardandosi attorno. Elle ridacchiò, passandogli una spugna sul petto.

Con delicatezza, le accarezzò il viso. Elle sembrava decisamente più serena. Sapere che era stato merito suo, delle sue attenzioni, lo faceva sentire importante. Felice.

Le passò le dita fra i lunghissimi capelli, con attenzione, districando i nodi di sporco che si erano formati durante il crollo. Elle sorrise, sfioradogli il naso con la spugna.

"Hai ragione, Elle. Saremmo stati bene in ogni epoca." Commentò lui, senza distrarsi dal suo compito, proseguendo con la ciocca successiva.

"Se c'è bisogno di una guerra, per farci incontrare, allora ne è valsa la pena."


xxx


Salve a tutti! Come sempre si pubblica ad orari decenti ed umani, nevvero.

Beh, spero vi siate goduti il capitolo... Si inizia a vedere un po' di azione, in tutti i sensi!

Il trailer procede bene, soprattutto grazie all'aiuto di Giulietta Beccaccina che mi sta sopportando in maniera egregia - anzi, ha creato delle GIF e delle immagini veramente notevoli sui nostri adorati Stellecky!

Per questa volta, poco Jimmy, ma presto recupereremo. Iniziate a prepararvi al minestrone: tra poco torneranno tutti. E dico TUTTI.
Grazie alla dolcissima HORANge_carrot per la recensione! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto come i precedenti! E ovviamente grazie per la recensione anche a Giulia e grazie a Delta per il supporto morale giornaliero - e per il gossip spietato ;). Adottate tutti una Delta come consigliera di vita!

Craggio gente, fatevi avanti, non mangio nessuno, anzi! Sto cercando di migliorare ad ogni capitolo - ovviamente, ripetizioni a parte, che ormai temo facciano parte del mio stile di scrittura nevrotico. Ricordatevi, soprattutto ora che siamo tra gli ultimi dieci capitoli: Una recensione salva un autore! Soprattutto una povera ragazza come me che ci tiene tantissimo non solo alla storia, ma a migliorarsi e migliorare il suo modo di raccontare il mondo. Attendo i vostri pareri con ansia! E le vostre domande!
Sono la regina delle rivelazioni sussurrate, delle cose non dette e soprattutto, della pulce nell'orecchio. ;)

Al prossimo capitolo!
Eve

   
 
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