Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Stephanie86    28/02/2016    4 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

11

 

 

 

 Henry entrò nella cripta di famiglia, pensoso e con l’aria molto provata. Al centro ribolliva il calderone nel quale andava gettata la Corona Cremisi, in modo tale da poter comunicare con Merlino. I suoi nonni e sua madre erano lì, con Uncino.

- Sei sicuro di volerlo fare? – domandò Regina.

- Sto bene, mamma. – rispose Henry, risoluto.

- Voglio dire, so che ne hai passate tante.

E non è l’unico, aggiunse fra sé.

“Si vede che non hai capito nulla, Regina. Io non intendevo uccidere Violet. E poi... visto che mi paragoni a tua madre... chissà che tutto questo non ti piaccia, in fondo”.

“Tua madre. Il tuo primo vero amore. Il più infelice di tutti”.

- La persona che voleva prendere il cuore di Violet... non è mia madre. – rispose Henry. – Ma Emma è ancora lì, da qualche parte. E farò di tutto per riportarla indietro.

Regina non poté fare a meno di essere fiera di suo figlio. Perché non perdeva mai la speranza e la trasmetteva anche a lei.

- Puoi farcela, ragazzo. – disse Uncino, dandogli la Corona Cremisi.

Henry prese il fungo e, senza esitazioni, lo gettò nel calderone.

Il fumo bianco che ne fuoriusciva ribollì e si accese di bagliori bluastri, per poi proiettare l’immagine trasparente di un uomo con la pelle scura e i capelli molto corti e neri. Il suo sguardo era fisso, non sembrava rivolto a nessuno in particolare, come se non li vedesse.

- Merlino? – chiese Henry. Si aspettava un uomo molto più vecchio. Invece il mago appariva giovane e robusto.

- Se state ascoltando questo messaggio, purtroppo significa che la situazione è precipitata. – disse il mago.

- Non è possibile. – commentò Regina, incredula. – Stiamo ascoltando la segreteria di Merlino?

- Il pugnale dell’Oscuro è la parte mancante di Excalibur. Un tempo erano un’unica arma e c’è solo un modo per riunirle. – continuò Merlino. – La fiamma di Prometeo.

David aggrottò la fronte. – Cos’è la fiamma di Prometeo?

- Riunendole, distruggerete l’oscurità, ma Nimue... – Non concluse la frase. Udirono un rumore, l’eco di un tonfo, come una porta che sbatte. Lo stesso che costrinse il mago a voltarsi di scatto. Quando tornò a rivolgersi ai destinatari del messaggio, il suo volto era assillato dalla preoccupazione. – Maledizione, l’Oscuro mi ha già trovato...

L’ologramma scomparve, risucchiato dai vapori del calderone. Tutti fecero un passo indietro, colti alla sprovvista.

- Che cosa diavolo gli ha fatto Emma? – domandò Uncino.

 

 
- Sai da dove nasce la magia, vero? – chiese Malefica.

- Dalle emozioni. Sì. – rispose Lily.

- Già. Devi alimentarla, la magia. Devi pensare ad un momento che... ti fa infuriare.  

Erano in un’altra zona della foresta. Malefica l’aveva portata lì quella mattina, pensando che fosse giusto che Lily imparasse a controllare il proprio potere.

- Beh, questo è facile. – disse sua figlia, con un guizzo divertito negli occhi.

E non poteva esserci davvero niente di più semplice. Aveva l’imbarazzo della scelta, in realtà, ma uno li superava tutti. Pensare a quei due idioti che la maledicevano e la bandivano, separandola da sua madre e costringendola a vivere una vita in un mondo che non era il suo, a vivere una vita della quale non aveva il minimo controllo.

Malefica sollevò lo sguardo osservando sua figlia, mutata in drago. La coda sradicò un albero e dalle fauci esplose una violenta fiammata che disegnò un sentiero incandescente.

Si affrettò ad intervenire. – Lily, ascoltami... adesso devi spegnere la tua rabbia. Devi contenerla, pensando ad un momento felice.

Al drago occorse qualche istante per raccapezzarsi. Nella sua forma più selvaggia Lily si sentiva totalmente libera, potente, inarrestabile. Desiderava solo levarsi in volo. Avvertire il vento contro le scaglie nere che la ricoprivano. Desiderava... distruggere. Voleva il fuoco. Voleva alimentare non solo la rabbia, ma la fornace che le bruciava nel ventre. Trovava anche molto difficile raccogliere i pensieri e metterli in ordine.

Spegnere la rabbia. Contenerla.

Malefica fece qualche passo indietro e attese. L’avrebbe fermata, se ce ne fosse stato bisogno, ma intendeva darle la possibilità di controllare la sua essenza.

Lily ripiegò le grandi ali e il collo, come se si stesse raggomitolando su se stessa. Infine una densa nube nera l’avvolse completamente, occultandola alla sua vista. Quando disparve, Lily era sdraiata tra le foglie e respirava a fatica per l’incredibile sforzo che le era costato recuperare la forma umana. Aveva lo stomaco in rivolta e i muscoli ancora tesi, rigidi.

Malefica si avvicinò e si chinò su di lei, appoggiandole una mano sulla schiena. – Va tutto bene, Lily. Sei stata brava.

Lei si girò lentamente e sollevò il braccio, forse per aggrapparsi a sua madre e rimettersi in piedi.

Invece accadde qualcos’altro.

Malefica spiccò il volo, ma non come drago. Sospinta all’indietro da un’onda magica estremamente potente, cadde in malo modo. Un gomito batté contro una pietra, mandandole una fitta dolorosissima su per il braccio. Si rotolò sull’erba, tenendosi il gomito, ma scoprendo che poteva ancora flettere l’arto.

Ma è stata lei?, pensò, stupidamente. È stata davvero lei?

Lily accorse, ma non le si accostò. Rimase a distanza. – Mamma... mi dispiace, non l’ho fatto apposta.

Malefica si tirò su, togliendosi qualche ciocca di capelli dal viso. La magia l’aveva colta alla sprovvista, ma avrebbe dovuto aspettarselo. Notò che Lily era indietreggiata di più e adesso stava con la schiena schiacciata contro un tronco.

“Mamma”.

Si rialzò in piedi, ignorando il dolore. – Non mi sono fatta niente, Lily.

- Forse... forse non dovresti insegnarmi... è troppo pericoloso. – Si sentiva più incontrollabile del solito. Non riusciva nemmeno a capire che cosa fosse giusto o sbagliato. Aveva ancora la mente confusa, intorpidita, come se la trasformazione l’avesse caricata troppo ed ora il potere stesse esplodendo in tutte le direzioni.

- Hai solo bisogno di essere guidata. – Malefica mosse qualche passo verso di lei, con cautela. – Ricordati che la magia nasce sempre dalle emozioni. Puoi controllarla. Dipende solo da te.

- Io non so controllarmi... non ci sono mai riuscita. Lo sai!

- Devi avere fiducia in te stessa, Lily. All’inizio è sempre difficile...

- No! Per me lo è sempre stato! Io faccio del male alle persone che mi si avvicinano... distruggo ogni cosa. È per questo che... – Trasse un profondo respiro. Si girò in là, perché non voleva guardare sua madre. – Emma ha ragione.

- Su cosa ha ragione? – Malefica era più vicina ora. Avrebbe potuto allungare una mano e toccarla, ma non voleva innervosirla ancora di più.

- Sapere di aver fatto qualcosa di buono a Camelot... mi rassicurava. Non ho mai fatto scelte giuste. Ho sempre preso le decisioni sbagliate e anche se non erano sbagliate... mi si rivoltavano contro. Per questo non ti ho detto niente...

Malefica assentì. – Lo capisco, Lily. So perché l’hai fatto.

Sembrava che Lily avesse altre cose da dire, ma non lo fece. Le parve più giovane e stranamente innocente mentre girava la testa di scatto. Malefica distese le braccia e l’afferrò, stringendola a sé. Sulle prime Lily s’irrigidì nel suo abbraccio, ma subito dopo i muscoli si rilassarono e lei serrò le palpebre, lasciando che sua madre la confortasse.

Rimasero così per un po’. Pian piano, Lily sentì che stava recuperando il controllo di sé. Poi si sciolse dall’abbraccio e sedette su un tronco caduto.

- Sai. – iniziò Malefica, sorridendo. – La prima volta che mi sono trasformata... ero più giovane di te e ho bruciato una parte della Foresta Incantata.

Lily emise un suono soffocato che sembrava una risata. – Giovane... faccio fatica ad immaginarti diversa da come sei adesso. Quando è successo? Mille anni fa?

- No... più o meno trecento, contando anche gli anni che ho passato sottoterra.

- Divertente. E... dopo aver bruciato un’intera foresta, cos’hai fatto?

- Non ho bruciato solo una foresta. Anche... delle persone.

Lily tacque per qualche momento e pensò a Murphy, al suo stivale che lo colpiva in faccia, a quello che aveva pensato... sì, ricordava anche ciò che aveva pensato in quel momento, mentre lo uccideva.

“Mia madre è un drago e se fosse qui ti avrebbe già dilaniato”.

- E se vuoi sapere cos’ho fatto... mi sono nascosta. Mi ci è voluto un giorno intero per recuperare le mie sembianze umane. – continuò Malefica.

Lily cercò di immaginarsi sua madre, un giovane drago fuori controllo, che cercava un modo per recuperare la forma umana senza fare del male a nessuno. Cercava di immaginarsela mentre sorvolava i cieli della Foresta Incantata, ammirando per la prima volta il mondo dall’alto. Mentre scopriva tutto il suo potere.

Pensò di parlarle del ragazzo che aveva abbandonato nell’area di servizio. Voleva farlo, ma non sapeva da dove cominciare.

- Malefica!

Lily vide Regina avvicinarsi a passo svelto. A giudicare dall’aria corrucciata doveva essere capitato qualcosa di serio. Malefica le andò incontro.

- Mi dispiace interrompervi. Ma dobbiamo parlare. – le disse Regina, lanciando un’occhiata a Lily. Abbassò leggermente la voce. - Si tratta di Emma. E anche di tua figlia.

 

 
Merida si protese verso la biforcazione e si issò, arrancando su per l’albero e facendo piovere fiumi di corteccia sull’erba. Puntò il ginocchio e, qualche momento dopo, aveva un piede piantato nella biforcazione dell’olmo. Quella maledetta pianta non stava ferma un secondo; dondolava nel vento. Le foglie frusciavano e stormivano. Tuttavia, Merida si spinse in avanti, lungo il ramo che sembrava in grado di reggere il suo peso. Il ramo si abbassava, ma non appariva in procinto di spezzarsi.

Attraverso uno spazio fra le fronde, la ragazza vide il punto in cui erano accampati Artù e i suoi uomini. C’erano tende un po’ ovunque, cavalieri indaffarati in varie attività, sentinelle ai margini dell’accampamento. La visuale era molto buona, nonostante la distanza. Non aveva potuto avvicinarsi più di così.

“Re Artù. È lui l’uomo che ha ucciso tuo padre, trafiggendolo alle spalle”.

Quella strega non aveva voluto dirle perché. Ma l’avrebbe scoperto da sola. Certamente lo sapeva già, solo che non ricordava. L’aveva scoperto ed era andata a cercarlo a Camelot, per questo, quando la maledizione era stata lanciata, anche lei si era fatta il viaggetto fino a Storybrooke.

Il re in questione uscì dalla propria tenda, accompagnato dalla moglie. Non era in armatura. Aveva una spada agganciata al cinturone, ma indossava solo una camicia sotto la giubba di cuoio.

Una delle sue frecce avrebbe potuto trapassarlo senza incontrare alcun ostacolo.

Il cuore le batteva con colpi lenti e pesanti.

“È il mio arco da guerra. L’ho usato quando ho combattuto la mia prima battaglia”, le aveva detto Fergus, dandole l’arco.

Merida aveva sorriso, saggiandone la corda e il legno.

“L’ho tenuto perché lo avessi tu. Perché lo usassi durante la tua prima battaglia”.

“Lo stai regalando a me?”

“Sì”.

“Grazie, papà”. Merida l’aveva preso, stringendolo con ammirazione e riverenza. Così come avrebbe potuto tenere un oggetto sacro. “Come mai? Stai cercando di indorarmi la pillola? Non puoi nascondermi niente”.

“Ah! Tua madre mi ha fatto promettere di tenerti al sicuro... così ho assunto un soldato perché ti addestrasse nell’arte della guerra”.

Merida, che stava provando la corda della sua nuova arma, immaginando di incoccare una freccia e prendere la mira, si era sentita presa in giro. Dietro di lei il soldato aspettava con indosso l’armatura e la spada già in pugno.“Credi che abbia bisogno di una balia che mi insegni a combattere? Ti faccio vedere io...”

Aveva davvero bisogno di una... balia, in effetti. Per questo Fergus aveva chiamato Mulan.

Poi rivide la battaglia. Vide gli invasori. Vide suo padre gettarsi nella mischia insieme ai suoi soldati e falciare un nemico dopo l’altro. Vide il cavaliere avvicinarsi furtivo a Fergus e sollevare la spada per colpirlo. Vide se stessa in cima alla collina mentre incoccava la freccia. Non aveva tempo di prendere la mira. Il cavaliere era già troppo vicino e si preparava a sferrare il colpo...

E la freccia l’aveva mancato, trapassandogli il mantello.

“Artù. È lui l’uomo che ha ucciso tuo padre, trafiggendolo alle spalle”.

Un furore incandescente montò dentro di lei. Pazzesco! Non poteva permettere a quell’uomo di passarla liscia!

Cercò a tentoni una delle frecce e, sfidando l’equilibrio precario che si era guadagnata, tese la corda del suo arco al massimo. Questa volta non poteva mancarlo. Questa volta...

“In combattimento non vince il più forte, ma il più furbo”, le aveva detto Mulan.

“La nostra futura regina ha fatto cadere la sua bambinaia. Peccato che non ci siano ragazze con cui battersi sul campo di battaglia”. Lord Macintosh, uno dei suoi pretendenti, era parso molto divertito dalla scena. Evidentemente non aveva mai visto due donne combattere con le spade.

“Perché tu non sarai là?”

“Merida, non ne vale la pena”.

“E perché no? Posso prenderlo a calci di fronte a tutti”.

Lord Macintosh era un pallone gonfiato. Molto più degli altri due pretendenti, MacGuffin e Dingwall. Era anche più alto di lei e decisamente più muscoloso, con una zazzera di capelli neri e l’aria spavalda. Fergus diceva che era uno dei guerrieri più forti e abili, ma Merida lo trovava insopportabile e pensava di poterlo battere, facendogli mangiare la polvere.

“Questo è essere forti, non furbi. Nessuno ti seguirà solo perché ha paura di te”, aveva detto Mulan, trascinandola via.

“Cosa posso fare per farmi seguire?”

“Questo è il tuo popolo, non il mio”.

Merida rilasciò la corda e, con le mani che tremavano, ripose la freccia nella faretra. Artù uscì dalla linea di tiro, andando incontro ad uno dei suoi uomini, che si inchinò rispettosamente e gli disse qualcosa. Il furore si era ritirato momentaneamente, permettendole di ragionare. Mai in vita sua si era sentita così sola e staccata da tutto.

Ma l’avrebbe affrontato. Avrebbe affrontato Artù in un vero combattimento. L’avrebbe sconfitto e gliel’avrebbe fatta pagare, vendicando suo padre.

O sarebbe morta provandoci.

 

 
- Quindi la spada è stata estratta. – disse Regina. Ancora non riusciva a capacitarsene.

- Sì. – confermò Belle, reggendosi al braccio di Gold. – Ma ce l’ha Emma.

- Abbiamo stipulato un accordo. – aggiunse Gold, appoggiando una mano sulla quella della moglie e sorridendo. – Io avrei estratto la spada e lei avrebbe restituito il cuore a Merida. L’ha rispettato. Del resto, è un Oscuro, ora. Non poteva resistere ad un accordo.  

Nell’ufficio del sindaco calò il silenzio. Un orologio ticchettava.

Regina faticava a vedere il suo ex maestro nei panni dell’eroe in grado di estrarre una spada che avrebbe ucciso chiunque di loro. Date le cose inspiegabili che erano accadute fino a quel momento, non avrebbe dovuto essere così sorpresa, forse, ma si trattava di Gold. Si trattava dell’uomo che era stata un Oscuro per trecento anni. Si trattava del suo insegnante. Di colui che l’aveva avviata su quella strada, la strada che l’aveva condotta alla prima maledizione.

- Nonostante tu non sia più l’Oscuro, non ti dispiace stipulare qualche accordo. – osservò Uncino, sollevando un sopracciglio.

- Ho fatto ciò che dovevo fare. Mi dispiace per la spada, ma non avevo molta scelta. Emma l’avrebbe presa comunque.

- E adesso la forgerà. Di nuovo. – disse Regina.

- Se ha ciò che le serve per forgiarla. Sì.

- La fiamma di Prometeo.

- Che cos’è la fiamma di Prometeo? – domandò Belle, perplessa.

- Emma non ne ha mai parlato? – chiese David.

- No. Almeno non davanti a me. Ma non mi sorprende. I piani degli Oscuri di solito sono nascosti. – commentò Gold.

Regina lo fissò, sbigottita.

- Che cos’hai, Regina? – domandò lui.

- Credo sia sorpresa di vederti nei panni dell’eroe. – rispose Belle. – Del resto... era disposta a lasciarti nelle mani dell’Oscuro.

- Io non ero disposta a... – cominciò Regina, alzando la voce. – Io dovevo...

“Si vede che non hai capito nulla, Regina”.

- Pensare ad Emma. – le venne in aiuto Gold. – Ne sono convinto. Occorreva darle una chance. Emma è la priorità in questo momento.

“Si vede che non hai capito nulla, Regina”.

Che qualcuno mi aiuti a capire, allora. Aiutatemi a capire o andrò a finire in manicomio, insieme a mia sorella.

E sarebbe stato d’aiuto anche trovare il modo di levarsi Emma dalla testa. Di levarsi tutto ciò che le aveva detto dalla testa.

- Sta per uscirmi di bocca qualcosa che non mi sarei mai aspettato di dire. – intervenne Uncino. – Il Coccodrillo ha appena detto la cosa giusta. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

- So che è più giusto dare una chance ad Emma. Lei era la Salvatrice. Inoltre... – Gold si rivolse a Regina. – La signorina Swan ha salvato la tua vita. Adesso lei merita di essere salvata.

“Non mi chiamare ‘signorina Swan’! Ne abbiamo passate troppe”.

- Ciò non significa che tu non lo meritassi. – osservò Belle.

- No, ma... io sono stato l’Oscuro per tanto tempo. Ho commesso molte azioni riprovevoli. Il fatto che non sia più quel genere d’uomo... non mi assolve, giusto?

“Ci deve essere un altro modo!”

“Non c’è. Hai faticato troppo per vedere la tua felicità distrutta”.

Nessuno rispose.

- C’è un’altra cosa. – riprese Belle. – Artù.

- Lo sappiamo. – David si grattò la testa, amareggiato. – Non è quello che sembra. Non possiamo fidarci di lui. La Corona Scarlatta ci ha permesso di parlare con Merlino...

- Quindi Merlino è...

- Non sappiamo dove sia. – disse Regina. – Sappiamo però che la fiamma di Prometeo serve per ricongiungere le due lame. E che Artù ha cercato di bruciare la Corona. È stato tutto merito di Henry se abbiamo potuto avere il messaggio di Merlino.

Il ragazzino arrossì leggermente, ma non disse nulla. Sorrise a sua madre.

- Emma non ha mai nominato nemmeno una certa... Nimue? – chiese Mary Margaret. – Merlino stava per dirci qualcosa di importante su di lei, nel messaggio.

Gold rifletté. Poi scosse il capo. - No. Mai.

 

***

 

Camelot. Tre settimane prima della maledizione.

 

- Quindi potete farlo... – disse Azzurro. – Potete riunire il pugnale ad Excalibur e ricreare l’arma originale?

- Lo spero. – rispose Merlino.

- E potremo usarla per aiutare Emma. – concluse Neve.

- Forse. Ma mi servono gli ingredienti per riunirla. E questa sarà la mia missione... con Emma. Da parte vostra ho bisogno...

- Delle due lame. – concluse Regina, seduta ad uno dei tavoli del Granny’s, vicino a Robin.

- Siamo praticamente in guerra. Prendere la spada di Artù non sarà un’impresa facile. – osservò il ladro.

- Dato che vedete il futuro. – intervenne Uncino, seccato. – Avete qualche suggerimento da darci?

- Il futuro non è... chiaro. Non lo è mai. – rispose Merlino.

- Certo che non lo è! Ci state mandando oltre le linee nemiche, ma quando si tratta di entrare nello specifico... è tutto poco chiaro, vero? – gridò il pirata, furibondo.

- Tu hai un’idea migliore? – intervenne Lily, anticipando Azzurro. – Perché se ce l’hai, ti conviene condividerla, invece di restartene lì a guardare Emma dalla finestra.

- Lily... – prese a dire Malefica.

Emma era seduta su una roccia, davanti al Granny’s e fabbricava i suoi acchiappasogni. Da quando lei e Lily erano sparite nel nulla per andarsene chissà dove non aveva più detto una parola. Era  molto concentrata, nervosa e anche molto cupa. Le sue mani si muovevano rapidamente, mentre creavano la rete interna dell’oggetto magico.

- Non sono io lo stregone qui! – replicò Uncino. – Lui è quello che sa come distruggere l’oscurità. Ma non ci sta aiutando per niente. O per lo meno... io non vedo come possa esserci utile, se non ci dà nemmeno suggerimenti... lui che vede tutto!

- Almeno lui vede qualcosa. – continuò Lily. – Tu non sei capace di vedere ad un palmo dal tuo naso. A volte sembra che tu non sappia con chi hai a che fare.

- Con uno stregone che dice di sapere come aiutare Emma, ma non è sicuro nemmeno lui se funzionerà. Vuole portarla da qualche parte, a prendere un ingrediente segreto per riunire quelle maledette armi... ma non vuole dirci né dove stanno andando né cosa è necessario fare! Questo è davvero il mago più potente del reame? – Killian era realmente fuori di sé.

- Non parlo solo di lui. Parlo di Emma. – lo interruppe Lily. – Sei preoccupato per lei e sai una cosa? Tutti lo siamo! Questa non è la tua battaglia. Tu non hai nemmeno la più vaga idea di che cosa voglia dire.

- Credi davvero che non lo sappia? – Killian mosse qualche passo verso Lily, trafiggendola con i suoi occhi azzurri. Puntò l’uncino contro di lei. – Ho molti più anni di te, mutaforma. Ho viaggiato in lungo e in largo e ho passato secoli ad inseguire l’Oscuro, a cercare un modo per liberarmene!

- Io ho passato tutta la mia vita con il potenziale oscuro di Emma dentro di me, perché qualcuno aveva deciso di maledirmi. – esclamò Lily, lanciando un’occhiata a Neve e ad Azzurro. – Ci sono parecchie persone che potrebbero dirti quanto posso essere pericolosa.

- Oh! Certo. Non lo metto in dubbio. Nel mio caso... ce ne sono decine. Centinaia. Vedi questi anelli? Appartengono tutti a degli uomini che ho ucciso. Ecco, guarda. - Le mostrò un anello che portava all’anulare, un grosso anello con una pietra rossa. – Questo apparteneva ad un uomo di nome Barnaby. Mi ha chiamato Jones Mano Monca. L’ho ucciso davanti a sua moglie.

- Senti, Uncino... – prese a dire Azzurro.

- Ho una spada sulla mia nave. – continuò il pirata, sempre fissando Lily. – Una spada appartenuta ad un Bambino Sperduto dell’Isolachenonc’è, che rispondeva agli ordini di quel demonio di Pan. Il suo nome era Rufio. Abbiamo combattuto. E a lui è andata male. Ho preso la sua spada. Potrei raccontarti altre storie come questa o peggiori di questa. Storie oscure.

Lily non era per niente sorpresa. – Io ho ucciso un uomo in un area di servizio, un paio di anni fa. L’ho preso a calci, gli ho spaccato la testa, perché mi aveva detto di fottermi. E poi l’ho lasciato là. Solo poche ore prima avevamo rapinato un tizio che il mio complice aveva ammazzato, perché era scattato un allarme. A me non è mai importato niente di quelle persone. Ma mi importa di Emma. Proprio come importa a te.

Malefica guardò Lily, incapace di proferire una parola.

- Tu non hai visto davvero l’oscurità di Emma. Sai che esiste, vedi quanto è difficile per lei, ma non l’hai percepita sul serio.

- Tu sì, vero? Cos’è successo quando Merlino è stato liberato? Dove siete state tu ed Emma?

Zelena, che aveva passato tutto il tempo sdraiata sul bancone, incapace di dire la sua, seguiva ora il tutto con molto interesse.

Lily sorrise. – Ti piacerebbe saperlo. Evidentemente se Emma non ti ha detto nulla, non pensa che tu debba venirne a conoscenza. Non sono affari che ti riguardano.

Uncino sollevò un dito, pronto a ribattere, ma Regina ne aveva abbastanza, per quanto avesse apprezzato che il pirata ricevesse la sua dose di freddure.

- Io credo – cominciò Regina. – Che questo non sia il modo giusto di agire. Quindi ora basta. Merlino porterà Emma nel posto in cui troveranno l’ingrediente che manca per riunire Excalibur e noi ci occuperemo della spada di Artù. Stare qui a discutere serve a ben poco. Dobbiamo aiutare Emma.

- Per una volta la Regina Cattiva non ha tutti i torti. – rispose Lily. Ignorò totalmente il pirata.

- Già. So che cosa significa perdere qualcuno per colpa dell’Oscuro. – confessò Merlino, osservando Killian. – E so che l’amore può aiutare. Se lo trovate.

Nessuno rispose.

- Parlerò ad Emma della missione. E partiremo il prima possibile. – annunciò, poi, il mago.

- Bene. Intanto noi come entriamo nel castello? – chiese Lily.

Merlino uscì, lasciando che parlassero liberamente di strategie militari.

- Dal cancello principale. - propose Azzurro. Dispiegò una mappa che rappresentava il castello di Artù e la zona circostante. – Dobbiamo coglierli di sorpresa.

Lily aggrottò la fronte. Zelena colpì la propria, di fronte, con una manata. Si tirò su.

- Dopo quello che è successo, saranno sul chi va là. È l’unica idea che ti è venuta, principino? – chiese Malefica. – È ovvio che dobbiamo usare un’altra entrata. E che abbiamo bisogno di un diversivo.

- Che diversivo? – chiese Uncino, ancora piuttosto nervoso.

- Un drago. – disse Lily, semplicemente. – Un drago che si occupi degli uomini sparsi intorno alle mura e li tenga occupati. Il più a lungo possibile. Quel drago posso essere io.

- No... – cominciò Malefica.

- Sì, invece. – ribatté Regina, alzandosi in piedi.

Malefica la fissò, allibita.

- Anche noi abbiamo bisogno di un drago. Un’arma in più quando saremo dentro ci farà comodo. – spiegò. Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra. Attraverso le persiane vedeva Emma impegnata nel suo nuovo hobby. Distolse lo sguardo.

- È la seconda volta che siamo d’accordo. Inizio a preoccuparmi. – commentò Lily.

- Bene, signore, ma non abbiamo ancora capito come entrare. Il cancello principale non è una buona idea. Saremo troppo esposti. – disse Killian, agitando il suo uncino.

- Ho la magia. – disse Regina. – O te ne sei dimenticato? Mi aprirò un varco. E poi potrò comparire nelle stanze di Artù...

Zelena emise un verso di sdegno, attirando l’attenzione dei presenti.

- Cosa c’è? – chiese Regina.

La strega allargò le braccia.

- Va bene. Se proprio devi fare una scenata, tanto vale che parli. – Regina le restituì la voce con un gesto della mano.

Zelena si portò le mani alla gola, estasiata. – Oh! Oh, finalmente. Che bello sentire una voce ragionevole.

- Sputa il rospo. – la invitò Regina. – Cos’avevi in mente?

- Penso che l’idea di usare un drago come diversivo non sia affatto male, ma quella di entrare nel castello dall’entrata principale sia una mossa suicida. Bisogna entrare nel castello senza farsi notare. Beh, il drago lo noteranno, ma penseranno sia un attacco deliberato per spaventarli. Tuttavia, capiranno presto che si tratta solo di un diversivo.

- Oh, e come evitiamo di farci notare? Usiamo un deltaplano? – domandò Azzurro, sarcastico. – O una fionda gigante?

- Se Sir Sarcasmo mi lasciasse finire, ve lo direi. Dovete sapere che, mentre recitavo la parte dell’ancella muta di mia sorella, stavo preparando la mia fuga. – annunciò, come se fosse la faccenda più normale del mondo.

- Lo sapevo. – rispose Regina.

- E ho trovato una via d’uscita. – precisò Zelena. – Dato che so come uscire, so anche come entrare.

- E tu ci aiuterai? – chiese Regina, aspettandosi una trappola. Era inevitabile che ci fosse il tranello.

- Ma certo. Perché tu aiuterai me. – Mostrò il bracciale nero. – Rivoglio la mia magia.

 

 
- Finora non ho fatto altro che vedere Tremotino. Una voce nella mia testa. – disse Emma. – Ed ora vuoi che... incontri un altro Oscuro?

- Sì. – disse Merlino, seduto sulla roccia accanto a lei. Tra di loro, un mucchio di acchiappasogni. – E non uno qualsiasi. Il primo Oscuro. L’originale. Quello che ha dato il via a tutto il male che è venuto dopo.

Il piano era quello. Trovare la fiamma di Prometeo. Il suo calore aveva forgiato Excalibur un tempo ed ora quel calore poteva ricongiungere la spada spezzata alla sua parte mancante. Il pugnale. Ma Merlino era angosciato. Molto. Il primo Oscuro era lo stesso che l’aveva mutato in un albero, strappandogli anche la donna che amava. E se lo stregone più potente del reame era angosciato, allora la questione era molto seria.

- Vinceremo? – chiese Emma.

Merlino rifletté. – Vedo due strade davanti a noi, Emma. In una, resisti al richiamo dell’oscurità e quindi avremo successo. Nell’altra, tu soccombi all’oscurità ed io non faccio ritorno. Morirò.

- Morirai? Ma come...?

- L’immortalità ha le sue eccezioni. Un Oscuro può uccidermi.

- Ma non sarà lì. Non per davvero.

Si accorse quasi subito di aver appena detto uno sciocchezza. Certo che ci sarebbe stato un Oscuro. Se lei non resisteva all’oscurità, se il primo Signore Oscuro la convinceva a sottomettersi al male, Merlino non avrebbe avuto chance.

- Lo farò io. Se tu muori... morirai perché io ti ucciderò.

- Se accadrà, vorrà dire che hai perso la tua battaglia. Tutte le persone che ami saranno alla mercé dell’Oscuro più potente che sia mai esistito. Tu.

Emma iniziava a capire quale fosse il prezzo da pagare. Incontrare il primo Oscuro, colui che era stato tutti gli Oscuri, compreso Tremotino, colui che era anche dentro di lei adesso, sarebbe stata dura. Sarebbe stato un lavoro folle. Un lavoro quasi impossibile. Il desiderio di cedere all’oscurità sarebbe stato enorme, avrebbe avuto un fascino senza precedenti.

- Non voglio pressarti. – aggiunse Merlino, come se ce ne fosse stato bisogno.

 

 
“Tutte le persone che ami saranno alla mercé dell’Oscuro più potente che sia mai esistito. Tu”.

- Tornerai presto? – domandò Lily, avvicinandosi al pozzo, dove Emma sostava, pronta per andarsene con Merlino.

- Al tramonto, se tutto va bene.

- Andrà bene.

Emma sorrise. Lily notò che aveva qualcosa di nuovo, una collana alla quale era agganciato un anello. Di certo era un regalo di Uncino. Si infilò una mano in tasca, cercando il giglio che le aveva donato solo il giorno prima.

- Piuttosto, fai attenzione. So che vuoi essere il... diversivo. – le disse Emma. – E so anche che non vedi l’ora di esserlo.

- Pensa a ciò che ti fa arrabbiare di più per usare il potere... poi pensa a qualcosa che ti rende felice per controllarlo. – declamò Lily. – Mia madre non fa che ripetermelo.

- Tieni stretti i tuoi pensieri felici, allora. Così continuerai a volare. – osservò Emma.

- Non ne ho molti. Ma quei pochi non mi sfuggiranno di certo.

Istintivamente Emma l’abbracciò. Lily ricambiò dopo un momento, leggermente impacciata.

Regina spostò gli occhi su di loro. Robin le stava dicendo qualcosa, ma lei faticava a seguire il discorso. Non avrebbe dovuto guardare, si sentiva come un’intrusa, eppure non poté fare a meno di osservarle.

Quando si separarono, Emma si girò verso di lei e i loro sguardi si incrociarono per qualche istante. Regina lesse la paura negli occhi verdazzurri della nuova Oscura, ma anche la determinazione che era parte integrante del carattere della Salvatrice. La determinazione, la voglia di farcela, la tensione e il desiderio di porre fine a tutta quella storia. Ma sapeva che la lotta sarebbe stata all’ultimo sangue. Merlino non era stato molto chiaro sulla missione, ma Regina immaginava che Emma sarebbe potuta tornare cambiata. E a quel punto? Se Emma, al suo ritorno, si fosse rivelata solo un involucro contenente un altro essere, cosa avrebbe fatto lei?

“Io ti ho salvata. Ora tu salva me. E se non potrai salvarmi, allora fa quello che nessun altro sarà capace di fare. Sei l’unica in grado di mettere da parte le emozioni e fare ciò che è necessario. Distruggermi”.

Doveva ucciderla, sì. Sperava con tutta se stessa di non essere costretta ad arrivare a quel punto, perché era sicura che affondare il pugnale nel corpo di Emma le avrebbe fatto saltare qualcosa nella mente. Se fosse stata costretta, se Emma si fosse dimostrata troppo pericolosa, Regina non si sarebbe fatta ammorbidire né da suppliche né da minacce, ma eseguendo ciò che Emma le aveva chiesto, si sarebbe trasformata a sua volta in un Oscuro. Non conosceva una via alternativa. L’oscurità l’avrebbe ripresa e qualcun altro avrebbe dovuto prendere il pugnale e fermarla. Così si sarebbe creato un girotondo da incubo.

Ed Henry? Chi avrebbe pensato ad Henry?

Emma staccò gli occhi dai suoi e raggiunse Merlino.

 

 
Lei e il mago camminarono per un lungo tratto nella foresta. A mano a mano che proseguivano subentrava un senso di spazio. Il sentiero che stavano percorrendo si allargava, gli alberi diventavano più alti e vecchi.

- Vuoi riposarti? – le chiese Merlino, ad un certo punto.

- No. – rispose Emma. – Sto bene. Manca molto?

- Non tanto. Tu vieni dietro a me; io la strada la conosco. Bisogna procedere in modo rapido e sicuro.

Emma batté le palpebre. Più si inoltravano nella foresta e si avvicinavano al luogo in cui avrebbero dovuto incontrare il primo Oscuro, più l’espressione di Merlino si faceva rigida, ansiosa, scura. I suoi occhi saettavano qui e là. Non rallentò mai il passo e la sua voce non suonò mai tremante o nervosa, ma Emma lo sentiva. Sentiva il suo stato d’animo. Sentiva che tutti i suoi pensieri erano rivolti alla donna che aveva amato.

- Sai, quando Tremotino è apparso per la prima volta, mi ha detto che avrei continuato a vederlo fino al momento in cui non avessi abbracciato i miei poteri. – disse Emma, non volendo andare avanti immersa nel silenzio.

- L’hai fatto? – chiese il mago.

Emma si fermò, riflettendo.

“Vedi, Lily, mi dispiace molto. Avrei dovuto pensarci prima. Il dolore di Regina è... vero. È un dolore terribile. Ma potrebbe non essere sufficiente. Non posso correre questo rischio. Non ho più tempo, ormai”

“Il tuo dolore, invece... è ancora molto reale”.

- Ho fatto alcune cose malvagie, di recente.

Merlino attese il resto.

- Ho ferito una persona a cui tengo. Lily. La lacrima che ti ha liberato... era sua. Ed io l’ho presa con la forza, sfruttando i miei poteri. – gli spiegò. – E se ci penso bene... mi è piaciuto farlo. Per questo mi sento in colpa: mi è anche piaciuto usare il mio potere. Questo vuol dire che l’oscurità sta vincendo.

Merlino non la smentì. Si limitò a tacere.

- Ma c’è ancora speranza, no? – continuò Emma. – Se mi stai portando a cercare questa scintilla... significa che credi ci sia ancora speranza...

- La speranza c’è sempre. – rispose Merlino, sorridendo comprensivo. – Ed è lassù.

Erano arrivati ai piedi di un pendio molto ripido, cosparso di pietre e alberi.

E c’era una forza là intorno, sì. Ora Emma la percepiva.

- È molto in alto. – commentò.

- Possiamo farcela. – disse Merlino. – La domanda è: scenderò?

Senza aspettare la sua risposta, il mago si spostò un po’ sulla sinistra e iniziò la scalata. Non si inerpicava. Non si arrampicava come chi procede lungo un versante roccioso, ma saliva semplicemente, quasi i suoi piedi stessero affrontando una serie di gradini. Procedeva come chi sa quale sarà il suo prossimo passo. Non guardava indietro e non cercava punti di appoggio.

Emma cercò di seguirlo con la stesse tranquillità, sebbene le ultime parole di Merlino l’avessero terrorizzata. Il primo Oscuro la aspettava in cima a quella salita. Il primo. L’originario. Era là apposta per trascinarla nelle tenebre. E costringerla a porre fine alla vita millenaria di Merlino.

“Se mi stai portando a cercare questa scintilla... significa che credi ci sia ancora speranza...”

Pensò a suo figlio Henry. Pensò a Lily, destinata a fare da diversivo mentre gli altri penetravano nella dimora di Artù. Pensò a Regina, a quando le aveva consegnato spontaneamente il pugnale perché la salvasse o la distruggesse, se fosse stato necessario. E se lei avesse ucciso Merlino, diventando il Signore Oscuro più potente mai esistito... Regina sarebbe riuscita a fermarla prima che spazzasse via tutto?

Deve. Regina deve fermarmi.

Quando giunse in cima, Merlino tese il braccio e la aiutò a raggiungere la meta.

- Come va, Emma? – chiese il mago.

- Benissimo. – rispose lei, forse con un po’ troppo enfasi.

- Guarda, ci siamo.

Le nebbie si aggiravano tra i vecchi alberi spogli che li circondavano e lì il sole non arrivava. Erano su una sorta di piattaforma, disseminata di ciottoli e grosse pietre, in mezzo alla quale faceva bella mostra di sé un’antica struttura in mattoni semidistrutta, sulla quale si era arrampicata la vegetazione. Appariva come un posto desolato, abbandonato da tantissimo tempo. Un posto adatto agli spettri e che ospitava brutti ricordi.

In quello che doveva essere stato il suo centro c’era un altare.

- Questa struttura segna il luogo del furto di Prometeo. – spiegò Merlino, approssimandosi ad essa. – La fiamma rubata bruciò per molto tempo, abbastanza a lungo perché Excalibur potesse essere forgiata e spezzata qui.

Vi fu una breve pausa, mentre Emma osservava l’edificio crollato.

- Qui è anche dove il primo Oscuro uccise Nimue. La donna che amavo.

Emma sapeva di aver sentito quel nome da qualche altra parte, forse in qualche versione della storia di Camelot diffusa nel suo mondo. Ma non ci si soffermò troppo. – Cos’è successo alla fiamma?

- Il primo Oscuro l’ha presa. È ancora in suo possesso, sotto forma di un pezzo di carbone con la fiamma che arde in esso.

- Quindi lo devo prendere. Bene. Cominciamo. – Non voleva perdere altro tempo, quindi aspettò che Merlino le dicesse cosa fare.

Lui, invece, le diede il pugnale.

Emma lo afferrò subito. – Te l’ha dato la mia famiglia?

- Non ho chiesto il permesso. – mormorò Merlino. – Ma ti serve quel potere per chiamare il primo Oscuro, per tornare indietro, all’origine della magia oscura.

Il pugnale le spedì una scossa lungo il braccio. La scossa mutò, diventando un formicolio intenso e costante.

- Formicola. – commentò Emma, con voce rauca. Il cuore aveva preso a battere forte. Il potere la stava invitando. Lo avvertiva intorno a sé. Era vivente. Immenso. – Sento come... tante formiche sul braccio. È sicuro?

- Certo che no. – rispose Merlino. – Ti ho appena consegnato il pugnale. Il tuo potere non ha più freni e potresti uccidermi anche ora. Richiama gli Oscuri, Emma.

Nell’aria greve di umidità tutto taceva. Sembrava che il luogo la stesse aspettando. Che aspettasse una sua mossa per ridestarsi.

- Ferma l’oscurità, prima che ti consumi. – sussurrò a se stessa, mentre sollevava il pugnale. Si rese a malapena conto di averlo detto, di aver pronunciato una frase che Regina aveva detto a lei.

Richiama gli Oscuri, pensò. Richiamali.

Tremotino. Zoso. Gorgon.

Tremotino.

Il nome sulla lama del pugnale mutò. Il suo sparì, risucchiato verso l’alto per lasciare posto a quello del precedente Oscuro, ancora in coma a Storybrooke. La sua mente, a margine, pensò alla slot machine di un casinò. Nello stesso momento sentì vibrare sotto di sé il terreno antico. Ebbe l’impressione di udire il rumore di rami calpestati e di vegetazione schiacciata da inimmaginabili piedi, ma forse era tutto nella sua testa.

Zoso.

Una fugace immagine le passò davanti agli occhi. Quella di un uomo alto, dai lineamenti sgradevoli, indelicati, gli occhi accesi e la pelle verdognola com’era stata quella di Tremotino.

Gorgon.

Rivide l’enorme cinghiale sputa fuoco e le sue orecchie sentirono il possente ruggito della belva.

Il pugnale sussurrava. I nomi correvano veloci, le lettere si confondevano e il pugnale sussurrava. Mille voci si assieparono nel suo cervello, farfugliavano parole incomprensibili, ma intriganti. Lei non staccava gli occhi dalla lama.

Rothbart.

Il nuovo nome brillò sul pugnale per qualche momento. Lei scorse la faccia ghignante di un uomo munito di folti baffi rossi, con il capo in parte celato dal cappucce nero della tunica. Riuscì a vedere una parte del suo viso... le vene gonfie e verdastre che lo solcavano.

Cornelius.

Richiama gli Oscuri. Chiama il primo Oscuro.

Emma si morse un labbro quasi a sangue mentre osservava l’ennesimo nome. Cornelius era un uomo immenso. Nella visione indossava un’armatura, ad eccezione delle braccia, che erano muscolose e nude. Il volto era nascosto dietro una maschera a forma di teschio con corna di cervo.

Indietro, ancora più indietro. Molto di più.

Tremotino. Zoso. Gorgon.

La magia ha sempre un prezzo.

Rothbart. Cornelius.

Tremotino. Zoso. Gorgon. Rothbart. Cornelius.

Emma Swan.

- È solo nella mia testa. – mormorò, chiedendosi anche da dove venisse il fiato per parlare. Il suo corpo era una massa formicolante. La sua testa era una scatola piena di sussurri, di sibili. L’oscurità le danzava dentro e si librava ovunque, senza darle tregua. – È solo nella mia testa.

Nella mia testa. Solo nella mia testa.

Sussultò quando scorse il primo Oscuro in piedi davanti a lei, una figura avvolta nella tunica nera, che era simile a quella che aveva addosso lei quando era giunta nella Foresta Incantata, dopo la trasformazione. Non lo vide in faccia, poiché portava la maschera dorata che aveva già visto il giorno in cui aveva frugato nei ricordi di Merlino con l’acchiappasogni.

- Ce l’hai fatta. – disse Merlino.

- Lo vedi anche tu? – domandò Emma, senza distogliere lo sguardo.

- Sì. Il potere ha i suoi vantaggi. – Nella voce di Merlino c’era qualcosa di indefinibile. C’era angoscia. Moltissima. Sembrava che stesse tremando. – E non è un lui.

Emma si girò di scatto verso il mago. Poi abbassò gli occhi sul pugnale e vide il nome impresso sulla lama. Il primo Oscuro.

Nimue.

Vi fu un suono, una risata acuta che terminava in un singhiozzo. Seguì un breve silenzio, poi la risata si ripeté, simile ad uno stridulo gridolino maniacale che raggelava il sangue.

“Qui è anche dove il primo Oscuro uccise Nimue. La donna che amavo”.

“Tu l’hai distrutta. Ed ora io distruggerò te”.

Emma ebbe un’altra, fugace visione. Una giovane donna con una folta chioma di capelli scuri, il viso cosparso di efelidi, gli occhi molto chiari che risaltavano per via della carnagione olivastra. Era bella e il suo volto era dolce e luminoso.

La donna davanti a lei si tolse la maschera. Sotto il cappuccio della tunica Emma vide il viso di colei che Merlino aveva amato, colei che l’aveva intrappolato per centinaia di anni. Si abbassò il cappuccio, gettandoselo sulle spalle. La sua pelle era verde e viscida come quella di un rettile e i capelli erano raccolti in una crocchia.

- Nimue. – disse Emma.

- Sì. – rispose il primo Oscuro, osservandola. Gli occhi erano altrettanto verdi, ma era una sfumatura diversa rispetto al colore della pelle. Erano grandi, le iridi occupavano quasi tutta la sclera. – Io sono Nimue. E tu sei Emma. Che bello. Il primo Oscuro e l’ultimo... qui, insieme, come sorelle.

- Ha senso. – si rese conto Emma. – Tu hai ucciso la donna che amava, perché ha ucciso la donna che eri. Perché non me l’hai detto?

Merlino trovava difficile dominarsi. Evitava di guardare in faccia Nimue, ma era prostrato. Quando parlò, la voce era intrisa di sofferenza, le ricordò la voce nelle memorie rievocate con l’acchiappasogni. – Te l’ho detto. Questa creatura è il primo Oscuro, non la donna che amavo.

- Da quanto tempo, Merlino... – disse Nimue, insinuante. – Più di settecento anni. Sapevi che prima o poi sarebbe successo. Che ci saremmo rivisti. Cosa fai, non mi guardi nemmeno?

I suoi occhi avevano un potere, Emma lo percepiva chiaramente.

Merlino sollevò i suoi. – Ho pensato a te... ogni giorno.

- E nel tuo ultimo giorno, io sarò il tuo ultimo pensiero. Poetico! – Nimue si scagliò in avanti per colpire il mago ed Emma intervenne istintivamente, spingendolo via con la magia.

- Perché stai facendo questo? Tu lo amavi! – gridò.

- Anche quando ami qualcuno, devi essere capace di dire ‘no! Questo è mio. Non potete portarmelo via!’ – Nimue si rivolse a lei. Lo sguardo, ora, bruciava di rabbia. Era dilatato e la fissava con implacabile concentrazione. – E se non ti ascoltano, se cercano di impedirti di essere te stessa... allora non hai scelta. Li devi uccidere.

“Ferma l’oscurità, prima che ti consumi”.

“...se non ti ascoltano, se cercano di impedirti di essere te stessa...”

La voce di sua madre, che poi sollevava il pugnale per controllarla, per impedirle di uccidere Merida: “Non possiamo permettere che lo faccia”.

Regina:“Io sono la Salvatrice. Sono colei che libererà Merlino”.

“Questo è mio. Non potete portarmelo via”.

- E tu lo stai facendo. – aggiunse Nimue, ormai vicinissima a lei. Era come Tremotino. Come le voci nella sua testa. Solo molto più forte. Più persuasiva. Penetrava più in fondo. Possedeva quella spaventosa attrattiva, quel sinistro scintillio. Quel fascino. – Uccidi Merlino e ricomponi Excalibur. Ma non per distruggere l’oscurità. Ricomponila e uccidilo per prendere ciò che ti appartiene di diritto. Il potere. Diventa ciò che desideri. Non permettere a nessuno di controllarti.

- Non voglio essere questo... non voglio fargli del male. – balbettò confusamente Emma. – Non è... non è giusto. L’oscurità... non la desidero.

- Invece sì. Tutti gli Oscuri la desiderano. Noi siamo questo. – Nimue allargò le braccia. – Le persone che ami sono solo un impedimento. Un tempo... un tempo Merlino voleva fermarmi. Voleva impedirmi di... prendermi ciò che meritavo. Ovvero la vendetta.

Emma venne trascinata in un gorgo allucinante di immagini. Vide l’uomo che aveva portato la maschera dorata prima di lei. Un signore barbaro di nome Vortigan. Il nome lo conobbe all’istante, perché Nimue le stava trasmettendo tutte le sue memorie. Vortigan aveva un volto terribile, una faccia spigolosa e brutale, costellata di cicatrici.

- Oh, sì. Vortigan. Lui uccise la mia gente e distrusse il mio villaggio. Li uccise senza pietà. – Nimue scoprì i denti in una smorfia animalesca. Ora sembrava stesse ringhiando. Merlino era ancora bloccato a terra. - Quando ho avuto il suo cuore nelle mie mani... Merlino ha cercato di fermarmi. Voleva che lo risparmiassi! Voleva che risparmiasse l’uomo che aveva rovinato la mia vita! Non poteva farlo. Tu lo capisci, vero Emma? Rispondi. L’avresti risparmiato? Avresti risparmiato l’uomo che si era preso la tua casa e la tua famiglia? Che ti aveva lasciato con un maledetto pugno di semi?

- No... – mormorò Emma. No, certo che no. Se qualcuno avesse fatto del male ad Henry o alla sua famiglia... non sarebbe mai sopravvissuto. L’avrebbe preso e fatto a pezzi. Perché lei era l’Oscuro.

- Ho disintegrato il cuore di Vortigan e tu farai lo stesso con quello di Merlino. Uccidilo. Adesso! Fallo!

Prima che potesse rendersene conto, Emma si mosse in avanti e fu addosso a Merlino. Lo bloccò al suolo, afferrandolo per il collo. E iniziando a stringere.

 

 
- Bene. – disse Azzurro, sbirciando attraverso la cancellata che bloccava l’accesso segreto alla dimora di Artù. La galleria, secondo Zelena, avrebbe dovuto condurli proprio nel cortile interno. Non c’erano guardie nei dintorni e non c’erano perché l’ingresso era protetto da un incantesimo. – Dovrebbe andare nella direzione giusta. Forse il tuo suggerimento è utile. Per ora.

- Grazie. – rispose Zelena.

- E se ci conducesse da un’altra parte? – intervenne Lily, approssimandosi all’entrata. – Per esempio, dalle guardie di Artù... oppure il tunnel potrebbe finire dritto in un pozzo senza fondo.

Regina osservava le sbarre che li separavano dalla galleria. Poteva anche essere una trappola, Lily aveva ragione. Ed era già la terza volta che era d’accordo con quella ragazza. Ma Regina pensava anche a Merlino e a dove diavolo avesse portato Emma. Si chiedeva che cosa sarebbe accaduto una volta terminata quella parte della missione. Ma soprattutto pensava... agli occhi di Emma un attimo prima di seguire il mago. Pensava al modo in cui l’aveva guardata dopo aver abbracciato Lily. Regina sapeva che quella sarebbe potuta essere l’ultima volta che vedeva Emma... integra. Ancora in sé. Quello sarebbe potuto essere l’ultimo sguardo. L’ultimo sguardo di Emma così come l’aveva conosciuta. Non voleva soffermarsi su una simile idea.

- Hai intenzione di restare lì a sognare ancora per molto, sorellina, oppure vuoi togliermi questo dannato affare? – Zelena le mise sotto il naso il bracciale nero, costringendola a riscuotersi.

- Stavo riflettendo sul piano. – rispose, senza esitazioni. – Sai, è vero. Potrebbe essere una trappola. Conoscendoti, sarebbe strano se non lo fosse. Se riusciremo ad uscire sani e salvi con la spada, allora ne riparleremo.

Zelena le rivolse un’occhiata furibonda.

- Mary Margaret... ti dispiace tenerla d’occhio? – domandò Regina.

- Oh, con piacere. – rispose Neve. – Potremmo chiacchierare e scambiarci consigli  sulla gravidanza.

- Santo cielo! – esclamò Zelena, roteando gli occhi. – Questo è molto peggio che essere rinchiuse in una cella!

- Lily. – intervenne Malefica. – Tocca a te.

Lei annuì. Si allontanò dalla cancellata e guardo in su, guardò il cielo coperto.

- Ricorda quello che ti ho detto. – disse sua madre, appoggiandole una mano sul viso. – Puoi controllarlo. Dipende dalle tue emozioni.

- Certo.

- Se posso permettermi un consiglio, limitati a spaventarli e a tenerli occupati. Non uccidere nessuno. – disse Regina. - E non avvicinarti troppo alle mura, Artù potrebbe avere qualche arma segreta che non conosciamo.

- Non ho bisogno di questi consigli. Non sei mica mia madre. – ribatté Lily, seccamente. Era tesa e più scontrosa del solito.

Beh, grazie al cielo, pensò Regina, evitando di replicare.

- Che peccato. – commentò, invece, Zelena, enormemente divertita, nonostante fosse appena stata tagliata fuori. - A me non dispiacerebbe avere una nipote così.

Regina si sforzò di non usare la magia contro di lei e roteò gli occhi. Malefica non diede retta alla strega e assentì, rivolta alla figlia.

Lily inspirò a fondo.

Posso controllarlo.

“Pensa a ciò che ti fa arrabbiare di più per usare il potere... poi pensa a qualcosa che ti rende felice per controllarlo”.

“Tieni stretti i tuoi pensieri felici, allora. E continuerai a volare”.

Lily si trasformò in drago. Spalancò le ali non appena la nuvola viola che l’aveva avvolta disparve e puntò gli occhi accesi nella loro direzione. Malefica sorrise.

- Andiamo a prenderci la spada. – annunciò Regina, voltandosi di nuovo verso l’ingresso, mentre l’amica di Emma si sollevava in volo, pronta a dare del filo da torcere agli uomini di Artù. Con un gesto della mano, fece sparire la cancellata e lasciò che Azzurro e Uncino sguainassero le spade e aprissero la strada agli altri.

 

 
Il drago fece un giro largo intorno al castello, prima di piombare su di esso. Attirò l’attenzione delle guardie di Artù disposte sui camminamenti e creò una considerevole confusione.

- Al riparo! – urlò una delle guardie, quando Lily aprì le fauci.

La prima fiammata costrinse tutti a ritirarsi dietro le murature e a sollevare gli scudi per proteggersi dal calore. Uno stendardo sul quale era tessuto il simbolo del re su sfondo rosso prese fuoco e la finestra di una torretta esplose verso l’esterno. Quando il drago si allontanò, gli arcieri incoccarono le frecce e presero la mira. Lily si precipitò di nuovo contro di loro e i cavalieri scoccarono. Una pioggia di punte acuminate si diresse verso il drago, che virò per evitarle. Una di esse si conficcò in una zampa, ma non ci fece caso. Nemmeno se ne accorse.

Sir Morgan, il padre di Violet, estrasse la sua spada. – Mantenete le posizioni!

Nella sala della Tavola Rotonda, Artù udì il possente ruggito della belva e vide la luce arancione delle fiamme illuminare una delle finestre. Nella sua mente riecheggiò la profezia nefasta di quel maledetto stregone.

“Vedo l’ombra infinita approssimarsi a Camulodunum

L’infante figlio del drago porta con sé una stella...”

Grif aprì le porte e si precipitò dentro, paonazzo e terrorizzato. – Sire...

- Che cosa sta succedendo?!

- Il drago. È qui... è là fuori! Il drago... – Grif era senza fiato. Non ce la faceva a parlare. Aveva una ferita aperta sulla fronte e stava sanguinando.

- Dì ai miei uomini di andare sui camminamenti! Tutti gli uomini che riesci a trovare devono andare lassù e tenere a bada quella creatura! – gridò Artù, mentre sfogliava rapidamente le pagine di un libro di magia, posato sulla Tavola Rotonda. – Io me la caverò da solo!

- Sire...

- Muoviti, imbecille!

Grif si affrettò a fare ciò che il re gli aveva chiesto.

“Che l’oscurità trovi la sua via...”

Fissò l’incantesimo di cui aveva bisogno, impresso sulla carta ingiallita.

“... dal grembo materno a un altro dell’inferno...”

Artù udì un altro suono, che non era più un ruggito, ma uno strillo acuto, un grido stridulo che gli raggelò il sangue nelle vene. Guardando fuori vide il drago nero passare davanti alla finestra.

“Vedo l’ombra infinita approssimarsi a Camulodunum...”

- Non ci riuscirete. – disse Artù. – Di questo potete starne certi. Morirete. Di voi rimarranno solo le ossa.

 

 
“Non pensare nemmeno di togliere la magia a qualcuno... o l’immortalità”.

Emma emerse da una visione in cui Nimue era appena diventata il primo Signore Oscuro dopo aver distrutto il cuore di Vortigan. L’ultima immagine le mostrò la donna amata da Merlino che spezzava la spada, scaraventandola contro l’altare.

Continuava a stringere il collo del mago, che boccheggiava sotto di lei, gli occhi fuori dalle orbite, il terrore ancora impresso sul viso. Lo teneva inchiodato a terra e la forza che scaturiva dal suo corpo la faceva sentire incredibilmente viva e potente.

- Siamo una cosa sola, adesso. – disse Nimue. – Dobbiamo distruggere quello che ci minaccia. Distruggiamo Merlino!

- Emma... ti prego. – la supplicò Merlino, con voce strozzata.

Nimue la raggiunse. – Finisci il lavoro. Non abbiamo più tempo. Non la senti, Emma?

- Questa... non sono io! – disse, eppure non poteva lasciarlo andare. Serrò di più la presa. Avvertì chiaramente i battiti accelerati del cuore dell’uomo.

- Sì che sei tu! Siamo noi! – esclamò Nimue. Si accucciò accanto a lei. – Siamo noi, Emma.

“Siamo noi”.

Io sono Nimue.

- Non ascoltarla... – disse ancora Merlino.

- Vuole ricomporre una spada che mi distruggerà. Che ci distruggerà!

- Puoi controllarlo, Emma. – riprese Merlino, agitando le mani, annaspando.

- No, Emma. Lui non capisce. Non capisce cosa significa avere il potere! – Nimue ora era alla sua sinistra. – Lo puoi sentire, Emma! Puoi sentire il potere e anche l’ombra. L’ombra che si avvicina a Camelot! Io la vedo! E tu? Tu la vedi?

L’ombra?

Emma non capì di quale ombra stesse parlando. Le uniche ombre erano quelle che percepiva intorno a lei. Dentro di lei. Le uniche ombre erano quelle che l’avrebbero corrotta se non avesse lasciato subito andare Merlino.

“Uccidi Merlino e riunisci Excalibur. Ma non per distruggere l’oscurità. Riuniscila e uccidilo per prendere ciò che ti appartiene di diritto. Il potere. Diventa ciò che desideri. Non permettere a nessuno di controllarti”.

- Se non lo uccidi adesso, perderai i tuoi poteri! – continuò Nimue, la voce simile ad un tuono. – Perderai tutto!

“Uccidi Merlino...”

“Non permettere a nessuno di controllarti”.

- Uccidere... ti porta sulla strada oscura. – gorgogliò Merlino. Stava per perdere conoscenza. Non poteva più respirare, ormai.

“Lo puoi sentire, Emma! Puoi sentire il potere e anche l’ombra!”

Quale ombra? Quale?

- No, Emma, vuol dire avere il potere! Il potere che ti serve per proteggere te stessa e le persone che ami! – replicò Nimue.

- Lascia vincere... la luce. – riuscì a dire Merlino.

“Ferma l’oscurità, prima che ti consumi”.

- Uccidilo! – urlò Nimue, furibonda. – Uccidilo! Non tornare ad essere il niente che eri prima!

Per Emma l’ultima tessera del mosaico andò a posto. Clic. In maniera perfetta.

“Ferma l’oscurità, prima che ti consumi”.

“Sei qui perché è il tuo destino. Restituirai a tutti il lieto fine”.

“La smetti con queste stupidaggini?”.

“Ma tu sei la Salvatrice, no? Tu sei superiore a tutto questo”.

“Tutta la mia vita è stata oscura e tu lo sai bene. Non sarà mai come la cosa che si è impossessata di te... ma mi ha fatto fare delle cose. Non mi permetteva... di controllarmi. L’Oscuro sta facendo lo stesso con te. Se lo ascolti, perderai il controllo”.

- Io non sono nessuno! – gridò Emma. Quasi non riconobbe il suono alterato e quasi agghiacciante della sua stessa voce. – Non puoi dirmi che sono nessuno, perché non è vero! Il potere di cui parli... non mi serve!

Nimue indietreggiò quando Emma lasciò Merlino e puntò il pugnale contro di lei. Il nome del primo Oscuro cedette il posto al suo. Di nuovo.

Emma Swan

- Ora io mi prenderò quella fiamma. E tu mi lascerai fare. – disse. Allungò una mano e il pezzo di carbone incandescente abbandonò il corpo di Nimue come un piccolo cuore pulsante. Emma lo osservò, sul palmo della sua mano.

- La scintilla di cui hai bisogno è lì dentro. – ammise Nimue, senza tuttavia staccare gli occhi dai suoi. Anche se era stata sconfitta, continuava ad avere un potere enorme. A fatica poteva sostenerlo ed ignorarlo. – Ma quella spada può fare più di una sola cosa... e l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra è già sopra di noi. Io... non sono ancora morta, fanciulla.

“Ferma l’oscurità, prima che ti consumi”.

- Di quale ombra parli? Non c’è nessun ombra! Non ci sarà mai! – disse Emma, stringendo i denti e tenendo alto il pugnale.

- Oh, sì, invece! – rispose Nimue. – Ed io ci sarò quando avrai bisogno di me. Io sarò... esattamente qui!

Emma non distolse gli occhi, mentre Nimue toccava la sua fronte con la punta dell’indice. Era fredda. Glaciale, persino. Viscida.

Poi Nimue scomparve, lasciandola sola con la fiamma di Prometeo.

“Ed io ci sarò quando avrai bisogno di me. Io sarò... esattamente qui”.

Merlino si rialzò e la raggiunse, guardando la scintilla. Sorrise. – Ce l’hai fatta.

- Sì. L’ho fatto.

- Come ci si sente? – le domandò. – Come ci si sente ad aver scelto il giusto cammino?

“Quella spada può fare più di una sola cosa... e l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra è già sopra di noi. Io... non sono ancora morta, fanciulla”.

Spossata. Ecco come si sentiva. Spossata. Con le ginocchia deboli e il cuore in tumulto. Si sentiva sollevata, certo. Piena di speranza, perché ora capiva che Merlino aveva ragione. Che Lily aveva ragione. Anche Regina aveva ragione. Poteva fermare l’oscurità.

“Io... non sono ancora morta, fanciulla”.

- Onestamente, Merlino... – rispose Emma. – Mi sento... molto bene.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

L’infermiera sollevò il coperchio e le mostrò il suo pranzo, un orribile piatto di broccoli verdi e altri vegetali non meglio identificati. Naturalmente. Poteva aspettarsi qualcosa di meglio?

- Porti via questa roba! – esclamò Zelena, inorridita. – E dica a mia sorella che di questo passo mio figlio nascerà con la pelle verde. Non credo che le farebbe piacere!

La donna non disse più niente. Non le veniva più così vicino dopo quello che era successo il giorno della fuga. E le conveniva. Se ne andò senza dire una parola.

Zelena sospirò, contrariata.

- Credimi. Se c’è qualcuno che sa che cosa vuol dire essere incinta... quella sono io. – Emma Swan era apparsa nella sua cella come se fosse stata una normale visitatrice. Sorrideva, inguaiata nei suoi abiti in pelle nera.

- L’Oscuro! Quale onore... a cosa devo questa visita? – chiese Zelena, divertita.

- Sono qui per una bella chiacchierata.

Accordo. Sento odore di accordo, pensò la strega dell’Ovest.

- Non sono dell’umore giusto. – rispose.

Emma sparì in una nuvola grigiastra, portandosela dietro.

Una volta a casa sua, Zelena la osservò armeggiare con un paio di sacchetti dai quali usciva un odorino niente male. Emma li aprì ed estrasse gli anelli di cipolla avvolti nella carta stagnola, proprio quello che desiderava. Il suo stomaco gorgogliò.

- Oh, beh... diciamo che ora potrei avere voglia di ascoltare. – Prese il sacchetto, si accomodò su una delle seggiole e addentò subito uno degli anelli. – Allora... in quali guai hai intenzione di cacciarti?

- Prima riempiti la pancia. Si parla e si riflette meglio con lo stomaco pieno. – rispose l’Oscuro. – Sai, si prendono le decisioni migliori.

- E prendere le persone per la gola è la nuova arma segreta dell’Oscuro?

- Lascia che sia io a decidere.

Gli occhi azzurri di Zelena la scrutarono. Non fece altre domande e si limitò a mangiarsi i suoi anelli, uno dietro l’altro, senza interruzione. Era da un bel pezzo che non mangiava così bene ed era sicura che suo figlio approvasse tanto quanto lei.

Acchiappò l’ultimo anello e quasi le dispiacque che non ce ne fossero altri.

- Mangiati pure tutto. – disse Emma, che non si era mossa di un millimetro. – Gli Oscuri non giudicano.

Zelena si rigirò tra le dita l’anello e poi lo gettò sulla carta stagnola. – Nonostante le grasse leccornie, so che questa non è una normale chiacchierata. Che cosa vuoi?

- Diretta. Mi piace. Dà un’occhiata. – Emma sollevò una mano e in essa comparve la bacchetta magica che aveva usato per aprire il portale qualche settimana prima.

- La bacchetta dell’Apprendista. Allora?

- Tu e Lily siete le uniche in questa città ad essere state in grado di usarla e ad essere sopravvissute per raccontarlo. – osservò l’Oscuro, sedendosi a sua volta e accavallando le gambe.

- Oh, sì, in effetti. Grazie per l’apprezzamento. 

- Ho un piano. Ma ho bisogno di un piccolo aiuto.

Zelena rise, deliziata. – Ma davvero? Non vedo l’ora di sentire cos’hai da offrirmi in cambio!

- La tua libertà. – Emma lo disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. – E la mia protezione contro Regina o chiunque abbia intenzione di farti del male.

- Protezione contro Regina. – ripeté Zelena. – Che bella offerta. Deve averti propria fatta arrabbiare, a Camelot. Credevo che foste... amiche.

Emma non rispose.

-Tipico degli Oscuri. Accordi su accordi. Poco originale. Ma la cosa più divertente è sapere che volevi strappare il cuore di una ragazzina per spezzare quello di tuo figlio! Grandioso! Oscurità di livello superiore!

Emma sorrise. – Credi di poter giudicare gli altri dopo tutto quello che hai fatto?

- No. – ammise Zelena, con una smorfia. – Ma avendo subìto il tradimento di una madre, so bene che quel risentimento non se ne andrà mai. Anche se tu alla fine non l’hai fatto... avevi comunque un piano diabolico in mente... quello che non sono riuscita a capire è come hai fatto a liberare Merlino. Le voci mi sono arrivate fino ad un certo punto, sai...

- Non sono affari che ti riguardano.

- Tuo figlio non ti perdonerà in ogni caso. Nemmeno per aver pensato di sfruttare la sua sofferenza. Certe cose... non si dimenticano mai. E non possono essere perdonate.

- Io non credo.

Zelena si sporse in avanti. – Sono responsabile della morte di Neal. Che ne dici di darci un bacio e fare pace?

- Abbiamo un accordo o no? – Emma scandì le parole come se si stesse rivolgendo a qualcuno che non era in grado di capire la sua lingua.

- Ho già abbastanza problemi. Non ho bisogno dei tuoi. Sto cercando di voltare pagina. – Si portò una mano al ventre. – E con il piccolo in arrivo... non vorrei ritrovarmi tra i piedi qualcuno che potrebbe avere una pessima influenza. Ma grazie per lo spuntino... se è tutto... vorrei tornare nella mia cella.

Emma non si scompose più di tanto. In realtà sentiva una risata folle montarle dentro. Riuscì a soffocarla. – Hai bisogno di un’alleata in questa città. Forse non ora, ma presto sì. E tornerai da me a firmare l’accordo. So che ti piacciono gli Oscuri. Hai avuto qualche bel momento con uno di loro in passato...

- Non sei il mio tipo. – rispose Zelena. – E poi... c’è una differenza tra me e te. A me non importa restare da sola.

 

 
“Tuo figlio non ti perdonerà in ogni caso. Nemmeno per aver pensato di sfruttare la sua sofferenza. Certe cose... non si dimenticano mai. E non possono essere perdonate”.

- L’incontro con Zelena è andato meglio di quanto sperassi. – osservò Tremotino. – Starà pensando di avere la situazione in pugno e si sentirà fiera di non aver bisogno di un accordo con te... ma se avesse gustato meglio quegli anelli...

Emma non gli diede retta e posò Excalibur sulla roccia, proprio accanto al pugnale.

- Fallo. – disse Tremotino. – È giunta l’ora.

- Perché non mi lasci stare?

- E come potremmo farlo? Stiamo per assistere ad un momento... storico.

Già, come possono farlo? Loro sono sempre qui. Io sono loro. Loro sono me. Io sono Nimue. Tutti noi lo siamo.

Nimue apparve davanti alla cella alle cui sbarre lei aveva legato Gold. Era senza maschera e con il cappuccio nero sul capo. Il viso verdastro era in ombra, ma gli occhi scintillavano come strane gemme. Il cancello alle sue spalle era aperto, una specie di bocca pronta ad accogliere chiunque avesse voluto partecipare. – Di solito gli occhi di Tremotino bastano, ma volevo assolutamente vederlo con i miei.

- Hai cercato di fermarmi a Camelot. – disse Emma.

- Allora c’era la seria possibilità che usassi Excalibur per distruggere l’oscurità. Ma adesso... puoi soffocare la luce. Siamo fieri di te. Tutti noi lo siamo.

Sussurri ed echi risuonarono nei sotterranei. Le voci ripetevano le parole di Nimue come una nenia. Gli Oscuri incappucciati, con occhi di brace e i lineamenti indistinguibili si fecero avanti.

Tutti noi. Tutti noi. Tutti noi.

“Adesso puoi soffocare la luce”.

Tutti noi. Tutti noi. Tutti noi.

Emma andò a prendere il cofanetto che conteneva la fiamma di Prometeo, lo aprì e da esso scaturì una piccola scintilla arancione, che l’Oscuro guidò perché si posasse sulla roccia.

Tutti noi. Tutti noi. Tutti noi.

La fiamma esplose verso l’alto ed Emma la controllò, trasformandola in una sfera di fuoco, che racchiuse nelle sue stesse mani e poi liberò. La fiamma divenne un cerchio di luce sospeso in aria.

“Quella spada può fare più di una sola cosa... e l’ombra si avvicina”.

Infine Emma prese Excalibur e il pugnale e congiunse la metà spezzata della spada con la lama ondulata dell’arma che portava il suo nome.

 

 
Excalibur fu di nuovo ciò che era stata un tempo. Una spada. Una vera spada. La lunga lama risplendette come se fosse appena stata forgiata. La gemma incastonata nel pomolo brillò, sanguigna.

Era meravigliosa. Invitante. Il desiderio di toccarla era potente.

Emma allungò una mano verso l’elsa, ma si fermò. – Merlino.

Un ricordo si fece strada nella sua mente. Veniva da lontano. Era il ricordo di una bambina che si era infilata di nascosto in un cinema in cui trasmettevano “La spada nella roccia”. Allora non era niente di più di quello. Un cartone animato. Merlino era un mago simpatico con il cappello blu e la barba bianca. Artù era un ragazzino biondo chiamato Semola. Era una storia. Non c’era niente di vero. La realtà era che lei era una bambina abbandonata dai genitori, che viveva in casa famiglia e ogni tanto veniva affidata a delle persone.

Poi era arrivata la maschera.

“Non farlo. Lascia stare la spada, Emma”.

Non aveva capito, naturalmente. Quella stranezza era andata perduta e lei non ci aveva più pensato, fino a quando non aveva rivisto Merlino a Camelot.

Nimue la fissò, chiedendosi perché stesse esitando.

- Quando ero piccola mi ha detto di non farlo. – disse l’Oscuro.

- E adesso sei una donna. – rispose Nimue.

- Prendi il potere. – disse Tremotino.

La nenia riprese. Le voci ricominciarono a parlare tutte insieme.

“Prendi il potere. Prendi il potere”.

“Non permettere a nessuno di controllarti”.

Emma prese Excalibur.

 

Lily riemerse dall’incubo con gli occhi fuori dalle orbite e la lingua inconsapevolmente serrata tra i denti. Il cuore le balzò in petto come un pupazzo a sorpresa impazzito.

- Lily? – Malefica la prese per le spalle e la scosse.

- La spada... – mormorò lei.

“Prendi il potere”.

“Adesso... puoi soffocare la luce. Siamo fieri di te. Tutti noi lo siamo”.

Malefica le scostò i capelli che le era ricaduti davanti alla faccia. – Che cosa è successo? Non facevo altro che chiamarti e non rispondevi...

- Emma... lei... è la spada. Excalibur. – Cercava di formulare una frase logica, ma la sua testa era ancora piena di sussurri, di bisbigli, del volto di Nimue ombreggiato dal cappuccio, di Tremotino che diceva ad Emma di prendere il potere, di tutti quegli occhi che la guardavano. Che guardavano Emma.

- Excalibur? Di che cosa parli?

- Ha forgiato la spada. – riuscì a dire. – Il pugnale ed Excalibur sono stati riuniti.

 

____________________

 

 

Angolo autrice:

 

Hello (from the other side).

Allora, scusate per il capitolo lunghissimo. Qualche precisazione:

Nimue dice che sono passati settecento anni dall’ultima volta che ha visto Merlino (e non cinquecento come specificato nella serie). Non è un errore. Ho aumentato la distanza temporale apposta, perché ritengo che cinquecento anni tra l’epoca di Nimue e quella di Artù siano veramente troppo pochi, considerando che Tremotino è stato l’Oscuro per centinaia di anni.

Mi sono inventati i nomi di alcuni Oscuri:

Rothbart è il malvagio stregone che minaccia il trono di re Guglielmo (il padre di Odette) nel film d’animazione L’Incantesimo del Lago.

Cornelius è un personaggio del film Disney Taron e la pentola magica. Cornelius è il sovrano dei morti, un re-stregone che vive oltre la morte fisica grazie al suo potere. Mi sembrava adatto per ricoprire il ruolo di Oscuro.


   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Stephanie86