11
-
Sei sicuro di volerlo fare? – domandò Regina.
-
Sto bene, mamma. – rispose Henry, risoluto.
-
Voglio dire, so che ne hai passate tante.
E
non è l’unico, aggiunse
fra sé.
“Si
vede che non hai capito nulla,
Regina. Io non intendevo uccidere Violet. E poi... visto che mi
paragoni a tua
madre... chissà che tutto questo non ti piaccia, in
fondo”.
“Tua
madre. Il tuo primo vero
amore. Il più infelice di tutti”.
-
La persona che voleva prendere il cuore di Violet... non è
mia madre. – rispose
Henry. – Ma Emma è ancora lì, da
qualche parte. E farò di tutto per riportarla
indietro.
Regina
non poté fare a meno di essere fiera di suo figlio.
Perché non perdeva mai la
speranza e la trasmetteva anche a lei.
-
Puoi farcela, ragazzo. – disse Uncino, dandogli la Corona
Cremisi.
Henry
prese il fungo e, senza esitazioni, lo gettò nel calderone.
Il
fumo bianco che ne fuoriusciva ribollì e si accese di
bagliori bluastri, per
poi proiettare l’immagine trasparente di un uomo con la pelle
scura e i capelli
molto corti e neri. Il suo sguardo era fisso, non sembrava rivolto a
nessuno in
particolare, come se non li vedesse.
-
Merlino? – chiese Henry. Si aspettava un uomo molto
più vecchio. Invece il mago
appariva giovane e robusto.
-
Se state ascoltando questo messaggio, purtroppo significa che la
situazione è
precipitata. – disse il mago.
-
Non è possibile. – commentò Regina,
incredula. – Stiamo ascoltando la
segreteria di Merlino?
-
Il pugnale dell’Oscuro è la parte mancante di
Excalibur. Un tempo erano
un’unica arma e c’è solo un modo per
riunirle. – continuò Merlino. – La
fiamma
di Prometeo.
David
aggrottò la fronte. – Cos’è
la fiamma di Prometeo?
-
Riunendole, distruggerete l’oscurità, ma Nimue...
– Non concluse la frase.
Udirono un rumore, l’eco di un tonfo, come una porta che
sbatte. Lo stesso che
costrinse il mago a voltarsi di scatto. Quando tornò a
rivolgersi ai
destinatari del messaggio, il suo volto era assillato dalla
preoccupazione. –
Maledizione, l’Oscuro mi ha già trovato...
L’ologramma
scomparve, risucchiato dai vapori del calderone. Tutti fecero un passo
indietro, colti alla sprovvista.
-
Che cosa diavolo gli ha fatto Emma? – domandò
Uncino.
-
Sai da dove nasce la magia, vero? – chiese Malefica.
-
Dalle emozioni. Sì. – rispose Lily.
-
Già. Devi alimentarla, la magia. Devi pensare ad un momento
che... ti fa
infuriare.
Erano
in un’altra zona della foresta. Malefica l’aveva
portata lì quella mattina,
pensando che fosse giusto che Lily imparasse a controllare il proprio
potere.
-
Beh, questo è facile. – disse sua figlia, con un
guizzo divertito negli occhi.
E
non poteva esserci davvero niente di più semplice. Aveva
l’imbarazzo della
scelta, in realtà, ma uno li superava tutti. Pensare a quei
due idioti che la
maledicevano e la bandivano, separandola da sua madre e costringendola
a vivere
una vita in un mondo che non era il suo, a vivere una vita della quale
non
aveva il minimo controllo.
Malefica
sollevò lo sguardo osservando sua figlia, mutata in drago.
La coda sradicò un
albero e dalle fauci esplose una violenta fiammata che
disegnò un sentiero
incandescente.
Si
affrettò ad intervenire. – Lily, ascoltami...
adesso devi spegnere la tua
rabbia. Devi contenerla, pensando ad un momento felice.
Al
drago occorse qualche istante per raccapezzarsi. Nella sua forma
più selvaggia Lily
si sentiva totalmente libera, potente, inarrestabile. Desiderava solo
levarsi
in volo. Avvertire il vento contro le scaglie nere che la ricoprivano.
Desiderava...
distruggere. Voleva il fuoco.
Voleva
alimentare non solo la rabbia, ma la fornace che le bruciava nel
ventre. Trovava
anche molto difficile raccogliere i pensieri e metterli in ordine.
Spegnere
la rabbia. Contenerla.
Malefica
fece qualche passo indietro e attese. L’avrebbe fermata, se
ce ne fosse stato
bisogno, ma intendeva darle la possibilità di controllare la
sua essenza.
Lily
ripiegò le grandi ali e il collo, come se si stesse
raggomitolando su se
stessa. Infine una densa nube nera l’avvolse completamente,
occultandola alla
sua vista. Quando disparve, Lily era sdraiata tra le foglie e respirava
a
fatica per l’incredibile sforzo che le era costato recuperare
la forma umana. Aveva
lo stomaco in rivolta e i muscoli ancora tesi, rigidi.
Malefica
si avvicinò e si chinò su di lei, appoggiandole
una mano sulla schiena. – Va
tutto bene, Lily. Sei stata brava.
Lei
si girò lentamente e sollevò il braccio, forse
per aggrapparsi a sua madre e
rimettersi in piedi.
Invece
accadde qualcos’altro.
Malefica
spiccò il volo, ma non come drago. Sospinta
all’indietro da un’onda magica
estremamente potente, cadde in malo modo. Un gomito batté
contro una pietra,
mandandole una fitta dolorosissima su per il braccio. Si
rotolò sull’erba, tenendosi
il gomito, ma scoprendo che poteva ancora flettere l’arto.
Ma
è stata lei?, pensò,
stupidamente. È stata davvero lei?
Lily
accorse, ma non le si accostò. Rimase a distanza.
– Mamma... mi dispiace, non
l’ho fatto apposta.
Malefica
si tirò su, togliendosi qualche ciocca di capelli dal viso.
La magia l’aveva
colta alla sprovvista, ma avrebbe dovuto aspettarselo. Notò
che Lily era
indietreggiata di più e adesso stava con la schiena
schiacciata contro un
tronco.
“Mamma”.
Si
rialzò in piedi, ignorando il dolore. – Non mi
sono fatta niente, Lily.
-
Forse... forse non dovresti insegnarmi... è troppo
pericoloso. – Si sentiva più
incontrollabile del solito. Non riusciva nemmeno a capire che cosa
fosse giusto
o sbagliato. Aveva ancora la mente confusa, intorpidita, come se la
trasformazione l’avesse caricata troppo ed ora il potere
stesse esplodendo in
tutte le direzioni.
-
Hai solo bisogno di essere guidata. – Malefica mosse qualche
passo verso di
lei, con cautela. – Ricordati che la magia nasce sempre dalle
emozioni. Puoi
controllarla. Dipende solo da te.
-
Io non so controllarmi... non ci sono mai riuscita. Lo sai!
-
Devi avere fiducia in te stessa, Lily. All’inizio
è sempre difficile...
-
No! Per me lo è sempre stato! Io faccio del male alle
persone che mi si avvicinano...
distruggo ogni cosa. È per questo che... – Trasse
un profondo respiro. Si girò
in là, perché non voleva guardare sua madre.
– Emma ha ragione.
-
Su cosa ha ragione? – Malefica era più vicina ora.
Avrebbe potuto allungare una
mano e toccarla, ma non voleva innervosirla ancora di più.
-
Sapere di aver fatto qualcosa di buono a Camelot... mi rassicurava. Non
ho mai
fatto scelte giuste. Ho sempre preso le decisioni sbagliate e anche se
non
erano sbagliate... mi si rivoltavano contro. Per questo non ti ho detto
niente...
Malefica
assentì. – Lo capisco, Lily. So perché
l’hai fatto.
Sembrava
che Lily avesse altre cose da dire, ma non lo fece. Le parve
più giovane e
stranamente innocente mentre girava la testa di scatto. Malefica
distese le
braccia e l’afferrò, stringendola a sé.
Sulle prime Lily s’irrigidì nel suo abbraccio,
ma subito dopo i muscoli si rilassarono e lei serrò le
palpebre, lasciando che
sua madre la confortasse.
Rimasero
così per un po’. Pian piano, Lily sentì
che stava recuperando il controllo di
sé. Poi si sciolse dall’abbraccio e sedette su un
tronco caduto.
-
Sai. – iniziò Malefica, sorridendo. – La
prima volta che mi sono trasformata...
ero più giovane di te e ho bruciato una parte della Foresta
Incantata.
Lily
emise un suono soffocato che sembrava una risata. –
Giovane... faccio fatica ad
immaginarti diversa da come sei adesso. Quando è successo?
Mille anni fa?
-
No... più o meno trecento, contando anche gli anni che ho
passato sottoterra.
-
Divertente. E... dopo aver bruciato un’intera foresta,
cos’hai fatto?
-
Non ho bruciato solo una foresta. Anche... delle persone.
Lily
tacque per qualche momento e pensò a Murphy, al suo stivale
che lo colpiva in
faccia, a quello che aveva pensato... sì, ricordava anche
ciò che aveva pensato
in quel momento, mentre lo uccideva.
“Mia
madre è un drago e se fosse
qui ti avrebbe già dilaniato”.
-
E se vuoi sapere cos’ho fatto... mi sono nascosta. Mi ci
è voluto un giorno
intero per recuperare le mie sembianze umane. –
continuò Malefica.
Lily
cercò di immaginarsi sua madre, un giovane drago fuori
controllo, che cercava
un modo per recuperare la forma umana senza fare del male a nessuno.
Cercava di
immaginarsela mentre sorvolava i cieli della Foresta Incantata,
ammirando per
la prima volta il mondo dall’alto. Mentre scopriva tutto il
suo potere.
Pensò
di parlarle del ragazzo che aveva abbandonato nell’area di
servizio. Voleva
farlo, ma non sapeva da dove cominciare.
-
Malefica!
Lily
vide Regina avvicinarsi a passo svelto. A giudicare dall’aria
corrucciata
doveva essere capitato qualcosa di serio. Malefica le andò
incontro.
-
Mi dispiace interrompervi. Ma dobbiamo parlare. – le disse
Regina, lanciando
un’occhiata a Lily. Abbassò leggermente la voce. -
Si tratta di Emma. E anche
di tua figlia.
Merida
si protese verso la biforcazione e si issò, arrancando su
per l’albero e
facendo piovere fiumi di corteccia sull’erba.
Puntò il ginocchio e, qualche
momento dopo, aveva un piede piantato nella biforcazione
dell’olmo. Quella
maledetta pianta non stava ferma un secondo; dondolava nel vento. Le
foglie
frusciavano e stormivano. Tuttavia, Merida si spinse in avanti, lungo
il ramo
che sembrava in grado di reggere il suo peso. Il ramo si abbassava, ma
non
appariva in procinto di spezzarsi.
Attraverso
uno spazio fra le fronde, la ragazza vide il punto in cui erano
accampati Artù
e i suoi uomini. C’erano tende un po’ ovunque,
cavalieri indaffarati in varie
attività, sentinelle ai margini dell’accampamento.
La visuale era molto buona,
nonostante la distanza. Non aveva potuto avvicinarsi più di
così.
“Re
Artù. È lui l’uomo che ha
ucciso tuo padre, trafiggendolo alle spalle”.
Quella
strega non aveva voluto dirle perché. Ma l’avrebbe
scoperto da sola. Certamente
lo sapeva già, solo che non ricordava. L’aveva
scoperto ed era andata a
cercarlo a Camelot, per questo, quando la maledizione era stata
lanciata, anche
lei si era fatta il viaggetto fino a Storybrooke.
Il
re in questione uscì dalla propria tenda, accompagnato dalla
moglie. Non era in
armatura. Aveva una spada agganciata al cinturone, ma indossava solo
una
camicia sotto la giubba di cuoio.
Una
delle sue frecce avrebbe potuto trapassarlo senza incontrare alcun
ostacolo.
Il
cuore le batteva con colpi lenti e pesanti.
“È
il mio arco da guerra. L’ho
usato quando ho combattuto la mia prima battaglia”, le aveva
detto Fergus, dandole
l’arco.
Merida
aveva sorriso, saggiandone
la corda e il legno.
“L’ho
tenuto perché lo avessi tu.
Perché lo usassi durante la tua prima battaglia”.
“Lo
stai regalando a me?”
“Sì”.
“Grazie,
papà”. Merida l’aveva
preso, stringendolo con ammirazione e riverenza. Così come
avrebbe potuto
tenere un oggetto sacro. “Come mai? Stai cercando di
indorarmi la pillola? Non
puoi nascondermi niente”.
“Ah!
Tua madre mi ha fatto
promettere di tenerti al sicuro... così ho assunto un
soldato perché ti
addestrasse nell’arte della guerra”.
Merida,
che stava provando la corda
della sua nuova arma, immaginando di incoccare una freccia e prendere
la mira,
si era sentita presa in giro. Dietro di lei il soldato aspettava con
indosso
l’armatura e la spada già in
pugno.“Credi che abbia bisogno di una balia che mi
insegni a combattere? Ti faccio vedere io...”
Aveva
davvero bisogno di una... balia, in effetti. Per questo Fergus aveva
chiamato
Mulan.
Poi
rivide la battaglia. Vide gli invasori. Vide suo padre gettarsi nella
mischia
insieme ai suoi soldati e falciare un nemico dopo l’altro.
Vide il cavaliere
avvicinarsi furtivo a Fergus e sollevare la spada per colpirlo. Vide se
stessa
in cima alla collina mentre incoccava la freccia. Non aveva tempo di
prendere
la mira. Il cavaliere era già troppo vicino e si preparava a
sferrare il
colpo...
E
la freccia l’aveva mancato, trapassandogli il mantello.
“Artù.
È lui l’uomo che ha ucciso
tuo padre, trafiggendolo alle spalle”.
Un
furore incandescente montò dentro di lei. Pazzesco! Non
poteva permettere a
quell’uomo di passarla liscia!
Cercò
a tentoni una delle frecce e, sfidando l’equilibrio precario
che si era
guadagnata, tese la corda del suo arco al massimo. Questa volta non
poteva
mancarlo. Questa volta...
“In
combattimento non vince il più
forte, ma il più furbo”, le aveva detto Mulan.
“La
nostra futura regina ha fatto
cadere la sua bambinaia. Peccato che non ci siano ragazze con cui
battersi sul
campo di battaglia”. Lord Macintosh, uno dei suoi
pretendenti, era parso molto
divertito dalla scena. Evidentemente non aveva mai visto due donne
combattere
con le spade.
“Perché
tu non sarai là?”
“Merida,
non ne vale la pena”.
“E
perché no? Posso prenderlo a
calci di fronte a tutti”.
Lord
Macintosh era un pallone
gonfiato. Molto più degli altri due pretendenti, MacGuffin e
Dingwall. Era
anche più alto di lei e decisamente più
muscoloso, con una zazzera di capelli
neri e l’aria spavalda. Fergus diceva che era uno dei
guerrieri più forti e
abili, ma Merida lo trovava insopportabile e pensava di poterlo
battere,
facendogli mangiare la polvere.
“Questo
è essere forti, non furbi.
Nessuno ti seguirà solo perché ha paura di
te”, aveva detto Mulan,
trascinandola via.
“Cosa
posso fare per farmi
seguire?”
“Questo
è il tuo popolo, non il
mio”.
Merida
rilasciò la corda e, con le mani che tremavano, ripose la
freccia nella
faretra. Artù uscì dalla linea di tiro, andando
incontro ad uno dei suoi
uomini, che si inchinò rispettosamente e gli disse qualcosa.
Il furore si era
ritirato momentaneamente, permettendole di ragionare. Mai in vita sua
si era
sentita così sola e staccata da tutto.
Ma
l’avrebbe affrontato. Avrebbe affrontato Artù in
un vero combattimento.
L’avrebbe sconfitto e gliel’avrebbe fatta pagare,
vendicando suo padre.
O
sarebbe morta provandoci.
-
Quindi la spada è stata estratta. – disse Regina.
Ancora non riusciva a
capacitarsene.
-
Sì. – confermò Belle, reggendosi al
braccio di Gold. – Ma ce l’ha Emma.
-
Abbiamo stipulato un accordo. – aggiunse Gold, appoggiando
una mano sulla
quella della moglie e sorridendo. – Io avrei estratto la
spada e lei avrebbe
restituito il cuore a Merida. L’ha rispettato. Del resto,
è un Oscuro, ora. Non
poteva resistere ad un accordo.
Nell’ufficio
del sindaco calò il silenzio. Un orologio ticchettava.
Regina
faticava a vedere il suo ex maestro nei panni dell’eroe in
grado di estrarre
una spada che avrebbe ucciso chiunque di loro. Date le cose
inspiegabili che
erano accadute fino a quel momento, non avrebbe dovuto essere
così sorpresa,
forse, ma si trattava di Gold. Si trattava dell’uomo che era
stata un Oscuro
per trecento anni. Si trattava del suo insegnante. Di colui che
l’aveva avviata
su quella strada, la strada che l’aveva condotta alla prima
maledizione.
-
Nonostante tu non sia più l’Oscuro, non ti
dispiace stipulare qualche accordo.
– osservò Uncino, sollevando un sopracciglio.
-
Ho fatto ciò che dovevo fare. Mi dispiace per la spada, ma
non avevo molta
scelta. Emma l’avrebbe presa comunque.
-
E adesso la forgerà. Di nuovo. – disse Regina.
-
Se ha ciò che le serve per forgiarla. Sì.
-
La fiamma di Prometeo.
-
Che cos’è la fiamma di Prometeo? –
domandò Belle, perplessa.
-
Emma non ne ha mai parlato? – chiese David.
-
No. Almeno non davanti a me. Ma non mi sorprende. I piani degli Oscuri
di
solito sono nascosti. – commentò Gold.
Regina
lo fissò, sbigottita.
-
Che cos’hai, Regina? – domandò lui.
-
Credo sia sorpresa di vederti nei panni dell’eroe.
– rispose Belle. – Del resto...
era disposta a lasciarti nelle mani dell’Oscuro.
-
Io non ero disposta a... – cominciò Regina,
alzando la voce. – Io dovevo...
“Si
vede che non hai capito nulla,
Regina”.
-
Pensare ad Emma. – le venne in aiuto Gold. – Ne
sono convinto. Occorreva darle
una chance. Emma è la priorità in questo momento.
“Si
vede che non hai capito nulla,
Regina”.
Che
qualcuno mi aiuti a capire,
allora. Aiutatemi a capire o andrò a finire in manicomio,
insieme a mia
sorella.
E
sarebbe stato d’aiuto anche trovare il modo di levarsi Emma
dalla testa. Di
levarsi tutto ciò che le aveva detto dalla testa.
-
Sta per uscirmi di bocca qualcosa che non mi sarei mai aspettato di
dire. –
intervenne Uncino. – Il Coccodrillo ha appena detto la cosa
giusta. Siamo sulla
stessa lunghezza d’onda.
-
So che è più giusto dare una chance ad Emma. Lei
era la Salvatrice. Inoltre... –
Gold si rivolse a Regina. – La signorina Swan ha salvato la
tua vita. Adesso lei
merita di essere salvata.
“Non
mi chiamare
‘signorina Swan’! Ne abbiamo passate
troppe”.
-
Ciò non significa che tu non lo meritassi. –
osservò Belle.
-
No, ma... io sono stato l’Oscuro per tanto tempo. Ho commesso
molte azioni riprovevoli.
Il fatto che non sia più quel genere d’uomo... non
mi assolve, giusto?
“Ci
deve essere un
altro modo!”
“Non
c’è. Hai faticato
troppo per vedere la tua felicità distrutta”.
Nessuno
rispose.
-
C’è un’altra cosa. – riprese
Belle. – Artù.
-
Lo sappiamo. – David si grattò la testa,
amareggiato. – Non è quello che
sembra. Non possiamo fidarci di lui. La Corona Scarlatta ci ha permesso
di
parlare con Merlino...
-
Quindi Merlino è...
-
Non sappiamo dove sia. – disse Regina. – Sappiamo
però che la fiamma di
Prometeo serve per ricongiungere le due lame. E che Artù ha
cercato di bruciare
la Corona. È stato tutto merito di Henry se abbiamo potuto
avere il messaggio
di Merlino.
Il
ragazzino arrossì leggermente, ma non disse nulla. Sorrise a
sua madre.
-
Emma non ha mai nominato nemmeno una certa... Nimue? – chiese
Mary Margaret. –
Merlino stava per dirci qualcosa di importante su di lei, nel
messaggio.
Gold
rifletté. Poi scosse il capo. - No. Mai.
***
Camelot.
Tre settimane prima della
maledizione.
-
Quindi potete farlo... – disse Azzurro. – Potete
riunire il pugnale ad
Excalibur e ricreare l’arma originale?
-
Lo spero. – rispose Merlino.
-
E potremo usarla per aiutare Emma. – concluse Neve.
-
Forse. Ma mi servono gli ingredienti per riunirla. E questa
sarà la mia
missione... con Emma. Da parte vostra ho bisogno...
-
Delle due lame. – concluse Regina, seduta ad uno dei tavoli
del Granny’s,
vicino a Robin.
-
Siamo praticamente in guerra. Prendere la spada di Artù non
sarà un’impresa
facile. – osservò il ladro.
-
Dato che vedete il futuro. – intervenne Uncino, seccato.
– Avete qualche
suggerimento da darci?
-
Il futuro non è... chiaro. Non lo è mai.
– rispose Merlino.
-
Certo che non lo è! Ci state mandando oltre le linee
nemiche, ma quando si
tratta di entrare nello specifico... è tutto poco chiaro,
vero? – gridò il
pirata, furibondo.
-
Tu hai un’idea migliore? – intervenne Lily,
anticipando Azzurro. – Perché se ce
l’hai, ti conviene condividerla, invece di restartene
lì a guardare Emma dalla
finestra.
-
Lily... – prese a dire Malefica.
Emma
era seduta su una roccia, davanti al Granny’s e fabbricava i
suoi acchiappasogni.
Da quando lei e Lily erano sparite nel nulla per andarsene
chissà dove non
aveva più detto una parola. Era molto
concentrata, nervosa e anche molto cupa. Le sue mani si muovevano
rapidamente,
mentre creavano la rete interna dell’oggetto magico.
-
Non sono io lo stregone qui! – replicò Uncino.
– Lui è quello che sa come
distruggere l’oscurità. Ma non ci sta aiutando per
niente. O per lo meno... io
non vedo come possa esserci utile, se non ci dà nemmeno
suggerimenti... lui che
vede tutto!
-
Almeno lui vede qualcosa. – continuò Lily.
– Tu non sei capace di vedere ad un
palmo dal tuo naso. A volte sembra che tu non sappia con chi hai a che
fare.
-
Con uno stregone che dice di sapere come aiutare Emma, ma non
è sicuro nemmeno
lui se funzionerà. Vuole portarla da qualche parte, a
prendere un ingrediente
segreto per riunire quelle maledette armi... ma non vuole dirci
né dove stanno
andando né cosa è necessario fare! Questo
è davvero il mago più potente del
reame? – Killian era realmente fuori di sé.
-
Non parlo solo di lui. Parlo di Emma. – lo interruppe Lily.
– Sei preoccupato
per lei e sai una cosa? Tutti lo siamo! Questa non è la tua
battaglia. Tu non
hai nemmeno la più vaga idea di che cosa voglia dire.
-
Credi davvero che non lo sappia? – Killian mosse qualche
passo verso Lily,
trafiggendola con i suoi occhi azzurri. Puntò
l’uncino contro di lei. – Ho
molti più anni di te, mutaforma. Ho viaggiato in lungo e in
largo e ho passato
secoli ad inseguire l’Oscuro, a cercare un modo per
liberarmene!
-
Io ho passato tutta la mia vita con il potenziale oscuro di Emma dentro
di me,
perché qualcuno aveva deciso di maledirmi. –
esclamò Lily, lanciando
un’occhiata a Neve e ad Azzurro. – Ci sono
parecchie persone che potrebbero
dirti quanto posso essere pericolosa.
-
Oh! Certo. Non lo metto in dubbio. Nel mio caso... ce ne sono decine.
Centinaia. Vedi questi anelli? Appartengono tutti a degli uomini che ho
ucciso.
Ecco, guarda. - Le mostrò un anello che portava
all’anulare, un grosso anello
con una pietra rossa. – Questo apparteneva ad un uomo di nome
Barnaby. Mi ha
chiamato Jones Mano Monca. L’ho ucciso davanti a sua moglie.
-
Senti, Uncino... – prese a dire Azzurro.
-
Ho una spada sulla mia nave. – continuò il pirata,
sempre fissando Lily. – Una
spada appartenuta ad un Bambino Sperduto
dell’Isolachenonc’è, che rispondeva
agli ordini di quel demonio di Pan. Il suo nome era Rufio. Abbiamo
combattuto.
E a lui è andata male. Ho preso la sua spada. Potrei
raccontarti altre storie
come questa o peggiori di questa. Storie oscure.
Lily
non era per niente sorpresa. – Io ho ucciso un uomo in un
area di servizio, un
paio di anni fa. L’ho preso a calci, gli ho spaccato la
testa, perché mi aveva
detto di fottermi. E poi l’ho lasciato là. Solo
poche ore prima avevamo
rapinato un tizio che il mio complice aveva ammazzato,
perché era scattato un
allarme. A me non è mai importato niente di quelle persone.
Ma mi importa di
Emma. Proprio come importa a te.
Malefica
guardò Lily, incapace di proferire una parola.
-
Tu non hai visto davvero l’oscurità di Emma. Sai
che esiste, vedi quanto è
difficile per lei, ma non l’hai percepita sul serio.
-
Tu sì, vero? Cos’è successo quando
Merlino è stato liberato? Dove siete state
tu ed Emma?
Zelena,
che aveva passato tutto il tempo sdraiata sul bancone, incapace di dire
la sua,
seguiva ora il tutto con molto interesse.
Lily
sorrise. – Ti piacerebbe saperlo. Evidentemente se Emma non
ti ha detto nulla,
non pensa che tu debba venirne a conoscenza. Non sono affari che ti
riguardano.
Uncino
sollevò un dito, pronto a ribattere, ma Regina ne aveva
abbastanza, per quanto
avesse apprezzato che il pirata ricevesse la sua dose di freddure.
-
Io credo – cominciò Regina. – Che questo
non sia il modo giusto di agire.
Quindi ora basta. Merlino porterà Emma nel posto in cui
troveranno
l’ingrediente che manca per riunire Excalibur e noi ci
occuperemo della spada
di Artù. Stare qui a discutere serve a ben poco. Dobbiamo
aiutare Emma.
-
Per una volta la Regina Cattiva non ha tutti i torti. –
rispose Lily. Ignorò
totalmente il pirata.
-
Già. So che cosa significa perdere qualcuno per colpa
dell’Oscuro. – confessò
Merlino, osservando Killian. – E so che l’amore
può aiutare. Se lo trovate.
Nessuno
rispose.
-
Parlerò ad Emma della missione. E partiremo il prima
possibile. – annunciò,
poi, il mago.
-
Bene. Intanto noi come entriamo nel castello? – chiese Lily.
Merlino
uscì, lasciando che parlassero liberamente di strategie
militari.
-
Dal cancello principale. - propose Azzurro. Dispiegò una
mappa che rappresentava
il castello di Artù e la zona circostante. –
Dobbiamo coglierli di sorpresa.
Lily
aggrottò la fronte. Zelena colpì la propria, di
fronte, con una manata. Si tirò
su.
-
Dopo quello che è successo, saranno sul chi va
là. È l’unica idea che ti è
venuta, principino? – chiese Malefica. –
È ovvio che dobbiamo usare un’altra
entrata. E che abbiamo bisogno di un diversivo.
-
Che diversivo? – chiese Uncino, ancora piuttosto nervoso.
-
Un drago. – disse Lily, semplicemente. – Un drago
che si occupi degli uomini sparsi
intorno alle mura e li tenga occupati. Il più a lungo
possibile. Quel drago
posso essere io.
-
No... – cominciò Malefica.
-
Sì, invece. – ribatté Regina, alzandosi
in piedi.
Malefica
la fissò, allibita.
-
Anche noi abbiamo bisogno di un drago. Un’arma in
più quando saremo dentro ci
farà comodo. – spiegò.
Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra.
Attraverso le
persiane vedeva Emma impegnata nel suo nuovo hobby. Distolse lo
sguardo.
-
È la seconda volta che siamo d’accordo. Inizio a
preoccuparmi. – commentò Lily.
-
Bene, signore, ma non abbiamo ancora capito come entrare. Il cancello
principale non è una buona idea. Saremo troppo esposti.
– disse Killian,
agitando il suo uncino.
-
Ho la magia. – disse Regina. – O te ne sei
dimenticato? Mi aprirò un varco. E
poi potrò comparire nelle stanze di Artù...
Zelena
emise un verso di sdegno, attirando l’attenzione dei
presenti.
-
Cosa c’è? – chiese Regina.
La
strega allargò le braccia.
-
Va bene. Se proprio devi fare una scenata, tanto vale che parli.
– Regina le
restituì la voce con un gesto della mano.
Zelena
si portò le mani alla gola, estasiata. – Oh! Oh,
finalmente. Che bello sentire
una voce ragionevole.
-
Sputa il rospo. – la invitò Regina. –
Cos’avevi in mente?
-
Penso che l’idea di usare un drago come diversivo non sia
affatto male, ma
quella di entrare nel castello dall’entrata principale sia
una mossa suicida. Bisogna
entrare nel castello senza farsi notare. Beh, il drago lo noteranno, ma
penseranno sia un attacco deliberato per spaventarli. Tuttavia,
capiranno
presto che si tratta solo di un diversivo.
-
Oh, e come evitiamo di farci notare? Usiamo un deltaplano? –
domandò Azzurro,
sarcastico. – O una fionda gigante?
-
Se Sir Sarcasmo mi lasciasse finire, ve lo direi. Dovete sapere che,
mentre
recitavo la parte dell’ancella muta di mia sorella, stavo
preparando la mia
fuga. – annunciò, come se fosse la faccenda
più normale del mondo.
-
Lo sapevo. – rispose Regina.
-
E ho trovato una via d’uscita. – precisò
Zelena. – Dato che so come uscire, so
anche come entrare.
-
E tu ci aiuterai? – chiese Regina, aspettandosi una trappola.
Era inevitabile che
ci fosse il tranello.
-
Ma certo. Perché tu aiuterai me. –
Mostrò il bracciale nero. – Rivoglio la mia
magia.
-
Finora non ho fatto altro che vedere Tremotino. Una voce nella mia
testa. –
disse Emma. – Ed ora vuoi che... incontri un altro Oscuro?
-
Sì. – disse Merlino, seduto sulla roccia accanto a
lei. Tra di loro, un mucchio
di acchiappasogni. – E non uno qualsiasi. Il primo Oscuro.
L’originale. Quello
che ha dato il via a tutto il male che è venuto dopo.
Il
piano era quello. Trovare la fiamma di Prometeo. Il suo calore aveva
forgiato
Excalibur un tempo ed ora quel calore poteva ricongiungere la spada
spezzata
alla sua parte mancante. Il pugnale. Ma Merlino era angosciato. Molto.
Il primo
Oscuro era lo stesso che l’aveva mutato in un albero,
strappandogli anche la
donna che amava. E se lo stregone più potente del reame era
angosciato, allora
la questione era molto seria.
-
Vinceremo? – chiese Emma.
Merlino
rifletté. – Vedo due strade davanti a noi, Emma.
In una, resisti al richiamo
dell’oscurità e quindi avremo successo.
Nell’altra, tu soccombi all’oscurità ed
io non faccio ritorno. Morirò.
-
Morirai? Ma come...?
-
L’immortalità ha le sue eccezioni. Un Oscuro
può uccidermi.
-
Ma non sarà lì. Non per davvero.
Si
accorse quasi subito di aver appena detto uno sciocchezza. Certo che ci
sarebbe
stato un Oscuro. Se lei non resisteva
all’oscurità, se il primo Signore Oscuro
la convinceva a sottomettersi al male, Merlino non avrebbe avuto
chance.
-
Lo farò io. Se tu muori... morirai perché io ti
ucciderò.
-
Se accadrà, vorrà dire che hai perso la tua
battaglia. Tutte le persone che ami
saranno alla mercé dell’Oscuro più
potente che sia mai esistito. Tu.
Emma
iniziava a capire quale fosse il prezzo da pagare. Incontrare il primo
Oscuro,
colui che era stato tutti gli Oscuri, compreso Tremotino, colui che era
anche
dentro di lei adesso, sarebbe stata dura. Sarebbe stato un lavoro
folle. Un
lavoro quasi impossibile. Il desiderio di cedere
all’oscurità sarebbe stato
enorme, avrebbe avuto un fascino senza precedenti.
-
Non voglio pressarti. – aggiunse Merlino, come se ce ne fosse
stato bisogno.
“Tutte
le persone che ami saranno
alla mercé dell’Oscuro più potente che
sia mai esistito. Tu”.
-
Tornerai presto? – domandò Lily, avvicinandosi al
pozzo, dove Emma sostava,
pronta per andarsene con Merlino.
-
Al tramonto, se tutto va bene.
-
Andrà bene.
Emma
sorrise. Lily notò che aveva qualcosa di nuovo, una collana
alla quale era
agganciato un anello. Di certo era un regalo di Uncino. Si
infilò una mano in
tasca, cercando il giglio che le aveva donato solo il giorno prima.
-
Piuttosto, fai attenzione. So che vuoi essere il... diversivo.
– le disse Emma.
– E so anche che non vedi l’ora di esserlo.
-
Pensa a ciò che ti fa arrabbiare di più per usare
il potere... poi pensa a
qualcosa che ti rende felice per controllarlo. –
declamò Lily. – Mia madre non
fa che ripetermelo.
-
Tieni stretti i tuoi pensieri felici, allora. Così
continuerai a volare. –
osservò Emma.
-
Non ne ho molti. Ma quei pochi non mi sfuggiranno di certo.
Istintivamente
Emma l’abbracciò. Lily ricambiò dopo un
momento, leggermente impacciata.
Regina
spostò gli occhi su di loro. Robin le stava dicendo
qualcosa, ma lei faticava a
seguire il discorso. Non avrebbe dovuto guardare, si sentiva come
un’intrusa,
eppure non poté fare a meno di osservarle.
Quando
si separarono, Emma si girò verso di lei e i loro sguardi si
incrociarono per
qualche istante. Regina lesse la paura negli occhi verdazzurri della
nuova
Oscura, ma anche la determinazione che era parte integrante del
carattere della
Salvatrice. La determinazione, la voglia di farcela, la tensione e il
desiderio
di porre fine a tutta quella storia. Ma sapeva che la lotta sarebbe
stata
all’ultimo sangue. Merlino non era stato molto chiaro sulla
missione, ma Regina
immaginava che Emma sarebbe potuta tornare cambiata. E a quel punto? Se
Emma,
al suo ritorno, si fosse rivelata solo un involucro contenente un altro
essere,
cosa avrebbe fatto lei?
“Io
ti ho salvata. Ora tu salva me.
E se non potrai salvarmi, allora fa quello che nessun altro
sarà capace di
fare. Sei l’unica in grado di mettere da parte le emozioni e
fare ciò che è
necessario. Distruggermi”.
Doveva
ucciderla, sì. Sperava con tutta se stessa di non essere
costretta ad arrivare
a quel punto, perché era sicura che affondare il pugnale nel
corpo di Emma le
avrebbe fatto saltare qualcosa nella mente. Se fosse stata costretta,
se Emma
si fosse dimostrata troppo pericolosa, Regina non si sarebbe fatta
ammorbidire né
da suppliche né da minacce, ma eseguendo ciò che
Emma le aveva chiesto, si
sarebbe trasformata a sua volta in un Oscuro. Non conosceva una via
alternativa. L’oscurità l’avrebbe
ripresa e qualcun altro avrebbe dovuto
prendere il pugnale e fermarla. Così si sarebbe creato un
girotondo da incubo.
Ed
Henry? Chi avrebbe pensato ad Henry?
Emma
staccò gli occhi dai suoi e raggiunse Merlino.
Lei
e il mago camminarono per un lungo tratto nella foresta. A mano a mano
che
proseguivano subentrava un senso di spazio. Il sentiero che stavano
percorrendo
si allargava, gli alberi diventavano più alti e vecchi.
-
Vuoi riposarti? – le chiese Merlino, ad un certo punto.
-
No. – rispose Emma. – Sto bene. Manca molto?
-
Non tanto. Tu vieni dietro a me; io la strada la conosco. Bisogna
procedere in
modo rapido e sicuro.
Emma
batté le palpebre. Più si inoltravano nella
foresta e si avvicinavano al luogo
in cui avrebbero dovuto incontrare il primo Oscuro, più
l’espressione di
Merlino si faceva rigida, ansiosa, scura. I suoi occhi saettavano qui e
là. Non
rallentò mai il passo e la sua voce non suonò mai
tremante o nervosa, ma Emma
lo sentiva. Sentiva il suo stato d’animo. Sentiva che tutti i
suoi pensieri
erano rivolti alla donna che aveva amato.
-
Sai, quando Tremotino è apparso per la prima volta, mi ha
detto che avrei
continuato a vederlo fino al momento in cui non avessi abbracciato i
miei
poteri. – disse Emma, non volendo andare avanti immersa nel
silenzio.
-
L’hai fatto? – chiese il mago.
Emma
si fermò, riflettendo.
“Vedi,
Lily, mi dispiace molto.
Avrei dovuto pensarci prima. Il dolore di Regina è... vero.
È un dolore
terribile. Ma potrebbe non essere sufficiente. Non posso correre questo
rischio. Non ho più tempo, ormai”
“Il
tuo dolore, invece... è ancora
molto reale”.
-
Ho fatto alcune cose malvagie, di recente.
Merlino
attese il resto.
-
Ho ferito una persona a cui tengo. Lily. La lacrima che ti ha
liberato... era
sua. Ed io l’ho presa con la forza, sfruttando i miei poteri.
– gli spiegò. – E
se ci penso bene... mi è piaciuto farlo. Per questo mi sento
in colpa: mi è
anche piaciuto usare il mio potere. Questo vuol dire che
l’oscurità sta
vincendo.
Merlino
non la smentì. Si limitò a tacere.
-
Ma c’è ancora speranza, no? –
continuò Emma. – Se mi stai portando a cercare
questa scintilla... significa che credi ci sia ancora speranza...
-
La speranza c’è sempre. – rispose
Merlino, sorridendo comprensivo. – Ed è
lassù.
Erano
arrivati ai piedi di un pendio molto ripido, cosparso di pietre e
alberi.
E
c’era una forza là intorno, sì. Ora
Emma la percepiva.
-
È molto in alto. – commentò.
-
Possiamo farcela. – disse Merlino. – La domanda
è: scenderò?
Senza
aspettare la sua risposta, il mago si spostò un
po’ sulla sinistra e iniziò la
scalata. Non si inerpicava. Non si arrampicava come chi procede lungo
un
versante roccioso, ma saliva semplicemente, quasi i suoi piedi stessero
affrontando una serie di gradini. Procedeva come chi sa quale
sarà il suo
prossimo passo. Non guardava indietro e non cercava punti di appoggio.
Emma
cercò di seguirlo con la stesse tranquillità,
sebbene le ultime parole di
Merlino l’avessero terrorizzata. Il primo Oscuro la aspettava
in cima a quella
salita. Il primo. L’originario. Era là apposta per
trascinarla nelle tenebre. E
costringerla a porre fine alla vita millenaria di Merlino.
“Se
mi stai portando a cercare
questa scintilla... significa che credi ci sia ancora
speranza...”
Pensò
a suo figlio Henry. Pensò a Lily, destinata a fare da
diversivo mentre gli
altri penetravano nella dimora di Artù. Pensò a
Regina, a quando le aveva
consegnato spontaneamente il pugnale perché la salvasse o la
distruggesse, se
fosse stato necessario. E se lei avesse ucciso Merlino, diventando il
Signore
Oscuro più potente mai esistito... Regina sarebbe riuscita a
fermarla prima che
spazzasse via tutto?
Deve.
Regina deve fermarmi.
Quando
giunse in cima, Merlino tese il braccio e la aiutò a
raggiungere la meta.
-
Come va, Emma? – chiese il mago.
-
Benissimo. – rispose lei, forse con un po’ troppo
enfasi.
-
Guarda, ci siamo.
Le
nebbie si aggiravano tra i vecchi alberi spogli che li circondavano e
lì il
sole non arrivava. Erano su una sorta di piattaforma, disseminata di
ciottoli e
grosse pietre, in mezzo alla quale faceva bella mostra di sé
un’antica
struttura in mattoni semidistrutta, sulla quale si era arrampicata la
vegetazione. Appariva come un posto desolato, abbandonato da tantissimo
tempo.
Un posto adatto agli spettri e che ospitava brutti ricordi.
In
quello che doveva essere stato il suo centro c’era un altare.
-
Questa struttura segna il luogo del furto di Prometeo. –
spiegò Merlino,
approssimandosi ad essa. – La fiamma rubata bruciò
per molto tempo, abbastanza
a lungo perché Excalibur potesse essere forgiata e spezzata
qui.
Vi
fu una breve pausa, mentre Emma osservava l’edificio
crollato.
-
Qui è anche dove il primo Oscuro uccise Nimue. La donna che
amavo.
Emma
sapeva di aver sentito quel nome da qualche altra parte, forse in
qualche
versione della storia di Camelot diffusa nel suo mondo. Ma non ci si
soffermò
troppo. – Cos’è successo alla fiamma?
-
Il primo Oscuro l’ha presa. È ancora in suo
possesso, sotto forma di un pezzo
di carbone con la fiamma che arde in esso.
-
Quindi lo devo prendere. Bene. Cominciamo. – Non voleva
perdere altro tempo,
quindi aspettò che Merlino le dicesse cosa fare.
Lui,
invece, le diede il pugnale.
Emma
lo afferrò subito. – Te l’ha dato la mia
famiglia?
-
Non ho chiesto il permesso. – mormorò Merlino.
– Ma ti serve quel potere per chiamare
il primo Oscuro, per tornare indietro, all’origine della
magia oscura.
Il
pugnale le spedì una scossa lungo il braccio. La scossa
mutò, diventando un
formicolio intenso e costante.
-
Formicola. – commentò Emma, con voce rauca. Il
cuore aveva preso a battere
forte. Il potere la stava invitando. Lo avvertiva intorno a
sé. Era vivente. Immenso. –
Sento come... tante formiche
sul braccio. È sicuro?
-
Certo che no. – rispose Merlino. – Ti ho appena
consegnato il pugnale. Il tuo
potere non ha più freni e potresti uccidermi anche ora.
Richiama gli Oscuri,
Emma.
Nell’aria
greve di umidità tutto taceva. Sembrava che il luogo la
stesse aspettando. Che
aspettasse una sua mossa per ridestarsi.
-
Ferma l’oscurità, prima che ti consumi.
– sussurrò a se stessa, mentre sollevava
il pugnale. Si rese a malapena conto di averlo detto, di aver
pronunciato una
frase che Regina aveva detto a lei.
Richiama
gli Oscuri, pensò.
Richiamali.
Tremotino.
Zoso. Gorgon.
Tremotino.
Il
nome sulla lama del pugnale mutò. Il suo sparì,
risucchiato verso l’alto per
lasciare posto a quello del precedente Oscuro, ancora in coma a
Storybrooke. La
sua mente, a margine, pensò alla slot machine di un
casinò. Nello stesso
momento sentì vibrare sotto di sé il terreno
antico. Ebbe l’impressione di
udire il rumore di rami calpestati e di vegetazione schiacciata da
inimmaginabili piedi, ma forse era tutto nella sua testa.
Zoso.
Una
fugace immagine le passò davanti agli occhi. Quella di un
uomo alto, dai
lineamenti sgradevoli, indelicati, gli occhi accesi e la pelle
verdognola
com’era stata quella di Tremotino.
Gorgon.
Rivide
l’enorme cinghiale sputa fuoco e le sue orecchie sentirono il
possente ruggito
della belva.
Il
pugnale sussurrava. I nomi correvano veloci, le lettere si confondevano
e il
pugnale sussurrava. Mille voci si assieparono nel suo cervello,
farfugliavano
parole incomprensibili, ma intriganti. Lei non staccava gli occhi dalla
lama.
Rothbart.
Il
nuovo nome brillò sul pugnale per qualche momento. Lei
scorse la faccia
ghignante di un uomo munito di folti baffi rossi, con il capo in parte
celato
dal cappucce nero della tunica. Riuscì a vedere una parte
del suo viso... le
vene gonfie e verdastre che lo solcavano.
Cornelius.
Richiama
gli Oscuri. Chiama il
primo Oscuro.
Emma
si morse un labbro quasi a sangue mentre osservava l’ennesimo
nome. Cornelius
era un uomo immenso. Nella visione indossava un’armatura, ad
eccezione delle
braccia, che erano muscolose e nude. Il volto era nascosto dietro una
maschera
a forma di teschio con corna di cervo.
Indietro,
ancora più indietro.
Molto di più.
Tremotino.
Zoso. Gorgon.
La
magia ha sempre un prezzo.
Rothbart.
Cornelius.
Tremotino.
Zoso. Gorgon. Rothbart.
Cornelius.
Emma
Swan.
-
È solo nella mia testa. – mormorò,
chiedendosi anche da dove venisse il fiato
per parlare. Il suo corpo era una massa formicolante. La sua testa era
una
scatola piena di sussurri, di sibili. L’oscurità
le danzava dentro e si librava
ovunque, senza darle tregua. – È solo nella mia
testa.
Nella
mia testa. Solo nella mia
testa.
Sussultò
quando scorse il primo Oscuro in piedi davanti a lei, una figura
avvolta nella
tunica nera, che era simile a quella che aveva addosso lei quando era
giunta
nella Foresta Incantata, dopo la trasformazione. Non lo vide in faccia,
poiché
portava la maschera dorata che aveva già visto il giorno in
cui aveva frugato
nei ricordi di Merlino con l’acchiappasogni.
-
Ce l’hai fatta. – disse Merlino.
-
Lo vedi anche tu? – domandò Emma, senza
distogliere lo sguardo.
-
Sì. Il potere ha i suoi vantaggi. – Nella voce di
Merlino c’era qualcosa di
indefinibile. C’era angoscia. Moltissima. Sembrava che stesse
tremando. – E non
è un lui.
Emma
si girò di scatto verso il mago. Poi abbassò gli
occhi sul pugnale e vide il
nome impresso sulla lama. Il primo Oscuro.
Nimue.
Vi
fu un suono, una risata acuta che terminava in un singhiozzo.
Seguì un breve
silenzio, poi la risata si ripeté, simile ad uno stridulo
gridolino maniacale
che raggelava il sangue.
“Qui
è anche dove il primo Oscuro
uccise Nimue. La donna che amavo”.
“Tu
l’hai distrutta. Ed ora io
distruggerò te”.
Emma
ebbe un’altra, fugace visione. Una giovane donna con una
folta chioma di
capelli scuri, il viso cosparso di efelidi, gli occhi molto chiari che
risaltavano per via della carnagione olivastra. Era bella e il suo
volto era
dolce e luminoso.
La
donna davanti a lei si tolse la maschera. Sotto il cappuccio della
tunica Emma
vide il viso di colei che Merlino aveva amato, colei che
l’aveva intrappolato
per centinaia di anni. Si abbassò il cappuccio, gettandoselo
sulle spalle. La
sua pelle era verde e viscida come quella di un rettile e i capelli
erano
raccolti in una crocchia.
-
Nimue. – disse Emma.
-
Sì. – rispose il primo Oscuro, osservandola. Gli
occhi erano altrettanto verdi,
ma era una sfumatura diversa rispetto al colore della pelle. Erano
grandi, le
iridi occupavano quasi tutta la sclera. – Io sono Nimue. E tu
sei Emma. Che
bello. Il primo Oscuro e l’ultimo... qui, insieme, come
sorelle.
-
Ha senso. – si rese conto Emma. – Tu hai ucciso la
donna che amava, perché ha
ucciso la donna che eri. Perché non me l’hai detto?
Merlino
trovava difficile dominarsi. Evitava di guardare in faccia Nimue, ma
era
prostrato. Quando parlò, la voce era intrisa di sofferenza,
le ricordò la voce
nelle memorie rievocate con l’acchiappasogni. – Te
l’ho detto. Questa creatura
è il primo Oscuro, non la donna che amavo.
-
Da quanto tempo, Merlino... – disse Nimue, insinuante.
– Più di settecento
anni. Sapevi che prima o poi sarebbe successo. Che ci saremmo rivisti.
Cosa
fai, non mi guardi nemmeno?
I
suoi occhi avevano un potere, Emma lo percepiva chiaramente.
Merlino
sollevò i suoi. – Ho pensato a te... ogni giorno.
-
E nel tuo ultimo giorno, io sarò il tuo ultimo pensiero.
Poetico! – Nimue si
scagliò in avanti per colpire il mago ed Emma intervenne
istintivamente,
spingendolo via con la magia.
-
Perché stai facendo questo? Tu lo amavi! –
gridò.
-
Anche quando ami qualcuno, devi essere capace di dire ‘no!
Questo è mio. Non
potete portarmelo via!’ – Nimue si rivolse a lei.
Lo sguardo, ora, bruciava di
rabbia. Era dilatato e la fissava con implacabile concentrazione.
– E se non ti
ascoltano, se cercano di impedirti di essere te stessa... allora non
hai
scelta. Li devi uccidere.
“Ferma
l’oscurità, prima che ti
consumi”.
“...se
non ti ascoltano, se cercano
di impedirti di essere te stessa...”
La
voce di sua madre, che poi sollevava il pugnale per controllarla, per
impedirle
di uccidere Merida: “Non possiamo
permettere che lo faccia”.
Regina:“Io sono la Salvatrice. Sono colei che
libererà Merlino”.
“Questo
è mio. Non potete
portarmelo via”.
-
E tu lo stai facendo. – aggiunse Nimue, ormai vicinissima a
lei. Era come
Tremotino. Come le voci nella sua testa. Solo molto più
forte. Più persuasiva.
Penetrava più in fondo. Possedeva quella spaventosa
attrattiva, quel sinistro
scintillio. Quel fascino. – Uccidi Merlino e ricomponi
Excalibur. Ma non per
distruggere l’oscurità. Ricomponila e uccidilo per
prendere ciò che ti
appartiene di diritto. Il potere. Diventa ciò che desideri.
Non permettere a
nessuno di controllarti.
-
Non voglio essere questo... non voglio fargli del male. –
balbettò confusamente
Emma. – Non è... non è giusto.
L’oscurità... non la desidero.
-
Invece sì. Tutti gli Oscuri la desiderano. Noi siamo questo. – Nimue
allargò le braccia. – Le persone che ami sono solo
un impedimento. Un tempo... un tempo Merlino voleva fermarmi. Voleva
impedirmi
di... prendermi ciò che meritavo. Ovvero la vendetta.
Emma
venne trascinata in un gorgo allucinante di immagini. Vide
l’uomo che aveva
portato la maschera dorata prima di lei. Un signore barbaro di nome
Vortigan.
Il nome lo conobbe all’istante, perché Nimue le
stava trasmettendo tutte le sue
memorie. Vortigan aveva un volto terribile, una faccia spigolosa e
brutale,
costellata di cicatrici.
-
Oh, sì. Vortigan. Lui uccise la mia gente e distrusse il mio
villaggio. Li
uccise senza pietà. – Nimue scoprì i
denti in una smorfia animalesca. Ora
sembrava stesse ringhiando. Merlino era ancora bloccato a terra. -
Quando ho
avuto il suo cuore nelle mie mani... Merlino ha cercato di fermarmi.
Voleva che
lo risparmiassi! Voleva che risparmiasse l’uomo che aveva
rovinato la mia vita!
Non poteva farlo. Tu lo capisci, vero Emma? Rispondi.
L’avresti risparmiato? Avresti
risparmiato l’uomo che si era preso la tua casa e la tua
famiglia? Che ti aveva
lasciato con un maledetto pugno di semi?
-
No... – mormorò Emma. No, certo che no. Se
qualcuno avesse fatto del male ad
Henry o alla sua famiglia... non sarebbe mai sopravvissuto.
L’avrebbe preso e
fatto a pezzi. Perché lei era l’Oscuro.
-
Ho disintegrato il cuore di Vortigan e tu farai lo stesso con quello di
Merlino. Uccidilo. Adesso! Fallo!
Prima
che potesse rendersene conto, Emma si mosse in avanti e fu addosso a
Merlino.
Lo bloccò al suolo, afferrandolo per il collo. E iniziando a
stringere.
-
Bene. – disse Azzurro, sbirciando attraverso la cancellata
che bloccava
l’accesso segreto alla dimora di Artù. La
galleria, secondo Zelena, avrebbe
dovuto condurli proprio nel cortile interno. Non c’erano
guardie nei dintorni e
non c’erano perché l’ingresso era
protetto da un incantesimo. – Dovrebbe andare
nella direzione giusta. Forse il tuo suggerimento è utile.
Per ora.
-
Grazie. – rispose Zelena.
-
E se ci conducesse da un’altra parte? – intervenne
Lily, approssimandosi
all’entrata. – Per esempio, dalle guardie di
Artù... oppure il tunnel potrebbe
finire dritto in un pozzo senza fondo.
Regina
osservava le sbarre che li separavano dalla galleria. Poteva anche
essere una
trappola, Lily aveva ragione. Ed era già la terza volta che
era d’accordo con
quella ragazza. Ma Regina pensava anche a Merlino e a dove diavolo
avesse
portato Emma. Si chiedeva che cosa sarebbe accaduto una volta terminata
quella
parte della missione. Ma soprattutto pensava... agli occhi di Emma un
attimo prima
di seguire il mago. Pensava al modo in cui l’aveva guardata
dopo aver
abbracciato Lily. Regina sapeva che quella sarebbe potuta essere
l’ultima volta
che vedeva Emma... integra. Ancora in sé. Quello sarebbe
potuto essere l’ultimo
sguardo. L’ultimo sguardo di Emma così come
l’aveva conosciuta. Non voleva
soffermarsi su una simile idea.
-
Hai intenzione di restare lì a sognare ancora per molto,
sorellina, oppure vuoi
togliermi questo dannato affare? – Zelena le mise sotto il
naso il bracciale
nero, costringendola a riscuotersi.
-
Stavo riflettendo sul piano. – rispose, senza esitazioni.
– Sai, è vero.
Potrebbe essere una trappola. Conoscendoti, sarebbe strano se non lo
fosse. Se
riusciremo ad uscire sani e salvi con la spada, allora ne riparleremo.
Zelena
le rivolse un’occhiata furibonda.
-
Mary Margaret... ti dispiace tenerla d’occhio? –
domandò Regina.
-
Oh, con piacere. – rispose Neve. – Potremmo
chiacchierare e scambiarci
consigli sulla
gravidanza.
-
Santo cielo! – esclamò Zelena, roteando gli occhi.
– Questo è molto peggio che
essere rinchiuse in una cella!
-
Lily. – intervenne Malefica. – Tocca a te.
Lei
annuì. Si allontanò dalla cancellata e guardo in
su, guardò il cielo coperto.
-
Ricorda quello che ti ho detto. – disse sua madre,
appoggiandole una mano sul
viso. – Puoi controllarlo. Dipende dalle tue emozioni.
-
Certo.
-
Se posso permettermi un consiglio, limitati a spaventarli e a tenerli
occupati.
Non uccidere nessuno. – disse Regina. - E non avvicinarti
troppo alle mura,
Artù potrebbe avere qualche arma segreta che non conosciamo.
-
Non ho bisogno di questi consigli. Non sei mica mia madre. –
ribatté Lily,
seccamente. Era tesa e più scontrosa del solito.
Beh,
grazie al cielo, pensò
Regina, evitando di replicare.
-
Che peccato. – commentò, invece, Zelena,
enormemente divertita, nonostante
fosse appena stata tagliata fuori. - A me non dispiacerebbe avere una
nipote
così.
Regina
si sforzò di non usare la magia contro di lei e
roteò gli occhi. Malefica non
diede retta alla strega e assentì, rivolta alla figlia.
Lily
inspirò a fondo.
Posso
controllarlo.
“Pensa
a ciò che ti fa arrabbiare
di più per usare il potere... poi pensa a qualcosa che ti
rende felice per
controllarlo”.
“Tieni
stretti i tuoi pensieri
felici, allora. E continuerai a volare”.
Lily
si trasformò in drago. Spalancò le ali non appena
la nuvola viola che l’aveva
avvolta disparve e puntò gli occhi accesi nella loro
direzione. Malefica
sorrise.
-
Andiamo a prenderci la spada. – annunciò Regina,
voltandosi di nuovo verso
l’ingresso, mentre l’amica di Emma si sollevava in
volo, pronta a dare del filo
da torcere agli uomini di Artù. Con un gesto della mano,
fece sparire la
cancellata e lasciò che Azzurro e Uncino sguainassero le
spade e aprissero la
strada agli altri.
Il
drago fece un giro largo intorno al castello, prima di piombare su di
esso.
Attirò l’attenzione delle guardie di
Artù disposte sui camminamenti e creò una
considerevole confusione.
-
Al riparo! – urlò una delle guardie, quando Lily
aprì le fauci.
La
prima fiammata costrinse tutti a ritirarsi dietro le murature e a
sollevare gli
scudi per proteggersi dal calore. Uno stendardo sul quale era tessuto
il
simbolo del re su sfondo rosso prese fuoco e la finestra di una
torretta
esplose verso l’esterno. Quando il drago si
allontanò, gli arcieri incoccarono
le frecce e presero la mira. Lily si precipitò di nuovo
contro di loro e i
cavalieri scoccarono. Una pioggia di punte acuminate si diresse verso
il drago,
che virò per evitarle. Una di esse si conficcò in
una zampa, ma non ci fece
caso. Nemmeno se ne accorse.
Sir
Morgan, il padre di Violet, estrasse la sua spada. –
Mantenete le posizioni!
Nella
sala della Tavola Rotonda, Artù udì il possente
ruggito della belva e vide la
luce arancione delle fiamme illuminare una delle finestre. Nella sua
mente
riecheggiò la profezia nefasta di quel maledetto stregone.
“Vedo
l’ombra infinita
approssimarsi a Camulodunum
L’infante
figlio del drago porta
con sé una stella...”
Grif
aprì le porte e si precipitò dentro, paonazzo e
terrorizzato. – Sire...
-
Che cosa sta succedendo?!
-
Il drago. È qui... è là fuori! Il
drago... – Grif era senza fiato. Non ce la
faceva a parlare. Aveva una ferita aperta sulla fronte e stava
sanguinando.
-
Dì ai miei uomini di andare sui camminamenti! Tutti gli
uomini che riesci a
trovare devono andare lassù e tenere a bada quella creatura!
– gridò Artù,
mentre sfogliava rapidamente le pagine di un libro di magia, posato
sulla
Tavola Rotonda. – Io me la caverò da solo!
-
Sire...
-
Muoviti, imbecille!
Grif
si affrettò a fare ciò che il re gli aveva
chiesto.
“Che
l’oscurità trovi la sua
via...”
Fissò
l’incantesimo di cui aveva bisogno, impresso sulla carta
ingiallita.
“...
dal grembo materno a un altro
dell’inferno...”
Artù
udì un altro suono, che non era più un ruggito,
ma uno strillo acuto, un grido
stridulo che gli raggelò il sangue nelle vene. Guardando
fuori vide il drago
nero passare davanti alla finestra.
“Vedo
l’ombra infinita
approssimarsi a Camulodunum...”
-
Non ci riuscirete. – disse Artù. – Di
questo potete starne certi. Morirete. Di
voi rimarranno solo le ossa.
“Non
pensare nemmeno di togliere la
magia a qualcuno... o l’immortalità”.
Emma
emerse da una visione in cui Nimue era appena diventata il primo
Signore Oscuro
dopo aver distrutto il cuore di Vortigan. L’ultima immagine
le mostrò la donna
amata da Merlino che spezzava la spada, scaraventandola contro
l’altare.
Continuava
a stringere il collo del mago, che boccheggiava sotto di lei, gli occhi
fuori
dalle orbite, il terrore ancora impresso sul viso. Lo teneva inchiodato
a terra
e la forza che scaturiva dal suo corpo la faceva sentire
incredibilmente viva e
potente.
-
Siamo una cosa sola, adesso. – disse Nimue. –
Dobbiamo distruggere quello che
ci minaccia. Distruggiamo Merlino!
-
Emma... ti prego. – la supplicò Merlino, con voce
strozzata.
Nimue
la raggiunse. – Finisci il lavoro. Non abbiamo più
tempo. Non la senti, Emma?
-
Questa... non sono io! – disse, eppure non poteva lasciarlo
andare. Serrò di
più la presa. Avvertì chiaramente i battiti
accelerati del cuore dell’uomo.
-
Sì che sei tu! Siamo noi! – esclamò
Nimue. Si accucciò accanto a lei. – Siamo
noi, Emma.
“Siamo
noi”.
Io
sono Nimue.
-
Non ascoltarla... – disse ancora Merlino.
-
Vuole ricomporre una spada che mi distruggerà. Che ci
distruggerà!
-
Puoi controllarlo, Emma. – riprese Merlino, agitando le mani,
annaspando.
-
No, Emma. Lui non capisce. Non capisce cosa significa avere il potere!
– Nimue
ora era alla sua sinistra. – Lo puoi sentire, Emma! Puoi
sentire il potere e
anche l’ombra. L’ombra che si avvicina a Camelot!
Io la vedo! E tu? Tu la vedi?
L’ombra?
Emma
non capì di quale ombra stesse parlando. Le uniche ombre
erano quelle che
percepiva intorno a lei. Dentro di lei. Le uniche ombre erano quelle
che
l’avrebbero corrotta se non avesse lasciato subito andare
Merlino.
“Uccidi
Merlino e riunisci
Excalibur. Ma non per distruggere l’oscurità.
Riuniscila e uccidilo per
prendere ciò che ti appartiene di diritto. Il potere.
Diventa ciò che desideri.
Non permettere a nessuno di controllarti”.
-
Se non lo uccidi adesso, perderai i tuoi poteri! –
continuò Nimue, la voce
simile ad un tuono. – Perderai tutto!
“Uccidi
Merlino...”
“Non
permettere a nessuno di
controllarti”.
-
Uccidere... ti porta sulla strada oscura. –
gorgogliò Merlino. Stava per
perdere conoscenza. Non poteva più respirare, ormai.
“Lo
puoi sentire, Emma! Puoi
sentire il potere e anche l’ombra!”
Quale
ombra? Quale?
-
No, Emma, vuol dire avere il potere! Il potere che ti serve per
proteggere te
stessa e le persone che ami! – replicò Nimue.
-
Lascia vincere... la luce. – riuscì a dire
Merlino.
“Ferma
l’oscurità, prima che ti
consumi”.
-
Uccidilo! – urlò Nimue, furibonda. –
Uccidilo! Non tornare ad essere il niente
che eri prima!
Per
Emma l’ultima tessera del mosaico andò a posto.
Clic. In maniera perfetta.
“Ferma
l’oscurità, prima che ti
consumi”.
“Sei
qui perché è il tuo destino.
Restituirai a tutti il lieto fine”.
“La
smetti con queste
stupidaggini?”.
“Ma
tu sei la Salvatrice, no? Tu
sei superiore a tutto questo”.
“Tutta
la mia vita è stata oscura e
tu lo sai bene. Non sarà mai come la cosa che si
è impossessata di te... ma mi
ha fatto fare delle cose. Non mi permetteva... di controllarmi.
L’Oscuro sta
facendo lo stesso con te. Se lo ascolti, perderai il
controllo”.
-
Io non sono nessuno! –
gridò Emma.
Quasi non riconobbe il suono alterato e quasi agghiacciante della sua
stessa
voce. – Non puoi dirmi che sono nessuno,
perché non è vero! Il potere di cui parli... non
mi serve!
Nimue
indietreggiò quando Emma lasciò Merlino e
puntò il pugnale contro di lei. Il
nome del primo Oscuro cedette il posto al suo. Di nuovo.
Emma
Swan
-
Ora io mi prenderò quella fiamma. E tu mi lascerai fare.
– disse. Allungò una
mano e il pezzo di carbone incandescente abbandonò il corpo
di Nimue come un piccolo
cuore pulsante. Emma lo osservò, sul palmo della sua mano.
-
La scintilla di cui hai bisogno è lì dentro.
– ammise Nimue, senza tuttavia
staccare gli occhi dai suoi. Anche se era stata sconfitta, continuava
ad avere
un potere enorme. A fatica poteva sostenerlo ed ignorarlo. –
Ma quella spada
può fare più di una sola cosa... e
l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra è
già
sopra di noi. Io... non sono ancora morta, fanciulla.
“Ferma
l’oscurità, prima che ti
consumi”.
-
Di quale ombra parli? Non c’è nessun ombra! Non ci
sarà mai! – disse Emma,
stringendo i denti e tenendo alto il pugnale.
-
Oh, sì, invece! – rispose Nimue. – Ed io
ci sarò quando avrai bisogno di me. Io
sarò... esattamente qui!
Emma
non distolse gli occhi, mentre Nimue toccava la sua fronte con la punta
dell’indice. Era fredda. Glaciale, persino. Viscida.
Poi
Nimue scomparve, lasciandola sola con la fiamma di Prometeo.
“Ed
io ci sarò quando avrai bisogno
di me. Io sarò... esattamente qui”.
Merlino
si rialzò e la raggiunse, guardando la scintilla. Sorrise.
– Ce l’hai fatta.
-
Sì. L’ho fatto.
-
Come ci si sente? – le domandò. – Come
ci si sente ad aver scelto il giusto
cammino?
“Quella
spada può fare più di una
sola cosa... e l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra
è già sopra di noi. Io... non
sono ancora morta, fanciulla”.
Spossata.
Ecco come si sentiva. Spossata. Con le ginocchia deboli e il cuore in
tumulto. Si
sentiva sollevata, certo. Piena di speranza, perché ora
capiva che Merlino
aveva ragione. Che Lily aveva ragione. Anche Regina aveva ragione.
Poteva
fermare l’oscurità.
“Io...
non sono ancora morta,
fanciulla”.
-
Onestamente, Merlino... – rispose Emma. – Mi
sento... molto bene.
***
Storybrooke.
Oggi.
L’infermiera
sollevò il coperchio e le mostrò il suo pranzo,
un orribile piatto di broccoli
verdi e altri vegetali non meglio identificati. Naturalmente. Poteva
aspettarsi
qualcosa di meglio?
-
Porti via questa roba! – esclamò Zelena,
inorridita. – E dica a mia sorella che
di questo passo mio figlio nascerà con la pelle verde. Non
credo che le farebbe
piacere!
La
donna non disse più niente. Non le veniva più
così vicino dopo quello che era
successo il giorno della fuga. E le conveniva. Se ne andò
senza dire una
parola.
Zelena
sospirò, contrariata.
-
Credimi. Se c’è qualcuno che sa che cosa vuol dire
essere incinta... quella
sono io. – Emma Swan era apparsa nella sua cella come se
fosse stata una
normale visitatrice. Sorrideva, inguaiata nei suoi abiti in pelle nera.
-
L’Oscuro! Quale onore... a cosa devo questa visita?
– chiese Zelena, divertita.
-
Sono qui per una bella chiacchierata.
Accordo.
Sento odore di accordo, pensò
la strega dell’Ovest.
-
Non sono dell’umore giusto. – rispose.
Emma
sparì in una nuvola grigiastra, portandosela dietro.
Una
volta a casa sua, Zelena la osservò armeggiare con un paio
di sacchetti dai
quali usciva un odorino niente male. Emma li aprì ed
estrasse gli anelli di
cipolla avvolti nella carta stagnola, proprio quello che desiderava. Il
suo stomaco
gorgogliò.
-
Oh, beh... diciamo che ora potrei avere voglia di ascoltare.
– Prese il
sacchetto, si accomodò su una delle seggiole e
addentò subito uno degli anelli.
– Allora... in quali guai hai intenzione di cacciarti?
-
Prima riempiti la pancia. Si parla e si riflette meglio con lo stomaco
pieno. –
rispose l’Oscuro. – Sai, si prendono le decisioni
migliori.
-
E prendere le persone per la gola è la nuova arma segreta
dell’Oscuro?
-
Lascia che sia io a decidere.
Gli
occhi azzurri di Zelena la scrutarono. Non fece altre domande e si
limitò a
mangiarsi i suoi anelli, uno dietro l’altro, senza
interruzione. Era da un bel
pezzo che non mangiava così bene ed era sicura che suo
figlio approvasse tanto
quanto lei.
Acchiappò
l’ultimo anello e quasi le dispiacque che non ce ne fossero
altri.
-
Mangiati pure tutto. – disse Emma, che non si era mossa di un
millimetro. – Gli
Oscuri non giudicano.
Zelena
si rigirò tra le dita l’anello e poi lo
gettò sulla carta stagnola. –
Nonostante le grasse leccornie, so che questa non è una
normale chiacchierata.
Che cosa vuoi?
-
Diretta. Mi piace. Dà un’occhiata. –
Emma sollevò una mano e in essa comparve
la bacchetta magica che aveva usato per aprire il portale qualche
settimana
prima.
-
La bacchetta dell’Apprendista. Allora?
-
Tu e Lily siete le uniche in questa città ad essere state in
grado di usarla e ad
essere sopravvissute per raccontarlo. – osservò
l’Oscuro, sedendosi a sua volta
e accavallando le gambe.
-
Oh, sì, in effetti. Grazie per l’apprezzamento.
-
Ho un piano. Ma ho bisogno di un piccolo aiuto.
Zelena
rise, deliziata. – Ma davvero? Non vedo l’ora di
sentire cos’hai da offrirmi in
cambio!
-
La tua libertà. – Emma lo disse come se fosse la
cosa più ovvia del mondo. – E
la mia protezione contro Regina o chiunque abbia intenzione di farti
del male.
-
Protezione contro Regina. – ripeté Zelena.
– Che bella offerta. Deve averti
propria fatta arrabbiare, a Camelot. Credevo che foste... amiche.
Emma
non rispose.
-Tipico
degli Oscuri. Accordi su accordi. Poco originale. Ma la cosa
più divertente è
sapere che volevi strappare il cuore di una ragazzina per spezzare
quello di
tuo figlio! Grandioso! Oscurità di livello superiore!
Emma
sorrise. – Credi di poter giudicare gli altri dopo tutto
quello che hai fatto?
-
No. – ammise Zelena, con una smorfia. – Ma avendo
subìto il tradimento di una
madre, so bene che quel risentimento non se ne andrà mai.
Anche se tu alla fine
non l’hai fatto... avevi comunque un piano diabolico in
mente... quello che non
sono riuscita a capire è come hai fatto a liberare Merlino.
Le voci mi sono
arrivate fino ad un certo punto, sai...
-
Non sono affari che ti riguardano.
-
Tuo figlio non ti perdonerà in ogni caso. Nemmeno per aver
pensato di sfruttare
la sua sofferenza. Certe cose... non si dimenticano mai. E non possono
essere
perdonate.
-
Io non credo.
Zelena
si sporse in avanti. – Sono responsabile della morte di Neal.
Che ne dici di
darci un bacio e fare pace?
-
Abbiamo un accordo o no? – Emma scandì le parole
come se si stesse rivolgendo a
qualcuno che non era in grado di capire la sua lingua.
-
Ho già abbastanza problemi. Non ho bisogno dei tuoi. Sto
cercando di voltare
pagina. – Si portò una mano al ventre. –
E con il piccolo in arrivo... non
vorrei ritrovarmi tra i piedi qualcuno che potrebbe avere una pessima
influenza.
Ma grazie per lo spuntino... se è tutto... vorrei tornare
nella mia cella.
Emma
non si scompose più di tanto. In realtà sentiva
una risata folle montarle
dentro. Riuscì a soffocarla. – Hai bisogno di
un’alleata in questa città. Forse
non ora, ma presto sì. E tornerai da me a firmare
l’accordo. So che ti
piacciono gli Oscuri. Hai avuto qualche bel momento con uno di loro in
passato...
-
Non sei il mio tipo. – rispose Zelena. – E poi...
c’è una differenza tra me e
te. A me non importa restare da sola.
“Tuo figlio non ti perdonerà in
ogni caso. Nemmeno per aver pensato di sfruttare la sua sofferenza.
Certe
cose... non si dimenticano mai. E non possono essere
perdonate”.
-
L’incontro con Zelena è andato meglio di quanto
sperassi. – osservò Tremotino.
– Starà pensando di avere la situazione in pugno e
si sentirà fiera di non aver
bisogno di un accordo con te... ma se avesse gustato meglio quegli
anelli...
Emma
non gli diede retta e posò Excalibur sulla roccia, proprio
accanto al pugnale.
-
Fallo. – disse Tremotino. – È giunta
l’ora.
-
Perché non mi lasci stare?
-
E come potremmo farlo? Stiamo per assistere ad un momento... storico.
Già,
come possono farlo? Loro sono
sempre qui. Io sono loro. Loro sono me. Io sono Nimue. Tutti noi lo
siamo.
Nimue
apparve davanti alla cella alle cui sbarre lei aveva legato Gold. Era
senza
maschera e con il cappuccio nero sul capo. Il viso verdastro era in
ombra, ma
gli occhi scintillavano come strane gemme. Il cancello alle sue spalle
era
aperto, una specie di bocca pronta ad accogliere chiunque avesse voluto
partecipare. – Di solito gli occhi di Tremotino bastano, ma
volevo
assolutamente vederlo con i miei.
-
Hai cercato di fermarmi a Camelot. – disse Emma.
-
Allora c’era la seria possibilità che usassi
Excalibur per distruggere
l’oscurità. Ma adesso... puoi soffocare la luce.
Siamo fieri di te. Tutti noi
lo siamo.
Sussurri
ed echi risuonarono nei sotterranei. Le voci ripetevano le parole di
Nimue come
una nenia. Gli Oscuri incappucciati, con occhi di brace e i lineamenti
indistinguibili si fecero avanti.
Tutti
noi. Tutti noi. Tutti noi.
“Adesso
puoi soffocare la luce”.
Tutti
noi. Tutti noi. Tutti noi.
Emma
andò a prendere il cofanetto che conteneva la fiamma di
Prometeo, lo aprì e da
esso scaturì una piccola scintilla arancione, che
l’Oscuro guidò perché si
posasse sulla roccia.
Tutti
noi. Tutti noi. Tutti noi.
La
fiamma esplose verso l’alto ed Emma la controllò,
trasformandola in una sfera
di fuoco, che racchiuse nelle sue stesse mani e poi liberò.
La fiamma divenne
un cerchio di luce sospeso in aria.
“Quella
spada può fare più di una
sola cosa... e l’ombra si avvicina”.
Infine
Emma prese Excalibur e il pugnale e congiunse la metà
spezzata della spada con
la lama ondulata dell’arma che portava il suo nome.
Excalibur
fu di nuovo ciò che era
stata un tempo. Una spada. Una vera spada. La lunga lama risplendette
come se
fosse appena stata forgiata. La gemma incastonata nel pomolo
brillò, sanguigna.
Era
meravigliosa. Invitante. Il
desiderio di toccarla era potente.
Emma
allungò una mano verso l’elsa,
ma si fermò. – Merlino.
Un
ricordo si fece strada nella sua
mente. Veniva da lontano. Era il ricordo di una bambina che si era
infilata di
nascosto in un cinema in cui trasmettevano “La spada nella
roccia”. Allora non
era niente di più di quello. Un cartone animato. Merlino era
un mago simpatico
con il cappello blu e la barba bianca. Artù era un ragazzino
biondo chiamato
Semola. Era una storia. Non c’era niente di vero. La
realtà era che lei era una
bambina abbandonata dai genitori, che viveva in casa famiglia e ogni
tanto
veniva affidata a delle persone.
Poi
era arrivata la maschera.
“Non
farlo. Lascia stare la spada,
Emma”.
Non
aveva capito, naturalmente.
Quella stranezza era andata perduta e lei non ci aveva più
pensato, fino a
quando non aveva rivisto Merlino a Camelot.
Nimue
la fissò, chiedendosi perché
stesse esitando.
-
Quando ero piccola mi ha detto di
non farlo. – disse l’Oscuro.
-
E adesso sei una donna. – rispose
Nimue.
-
Prendi il potere. – disse Tremotino.
La
nenia riprese. Le voci
ricominciarono a parlare tutte insieme.
“Prendi
il potere. Prendi il
potere”.
“Non
permettere a nessuno di
controllarti”.
Emma
prese Excalibur.
Lily
riemerse dall’incubo con gli occhi fuori dalle orbite e la
lingua inconsapevolmente
serrata tra i denti. Il cuore le balzò in petto come un
pupazzo a sorpresa
impazzito.
-
Lily? – Malefica la prese per le spalle e la scosse.
-
La spada... – mormorò lei.
“Prendi
il potere”.
“Adesso...
puoi soffocare la luce.
Siamo fieri di te. Tutti noi lo siamo”.
Malefica
le scostò i capelli che le era ricaduti davanti alla faccia.
– Che cosa è
successo? Non facevo altro che chiamarti e non rispondevi...
-
Emma... lei... è la spada. Excalibur. – Cercava di
formulare una frase logica,
ma la sua testa era ancora piena di sussurri, di bisbigli, del volto di
Nimue
ombreggiato dal cappuccio, di Tremotino che diceva ad Emma di prendere
il
potere, di tutti quegli occhi che la guardavano. Che guardavano Emma.
-
Excalibur? Di che cosa parli?
-
Ha forgiato la spada. – riuscì a dire. –
Il pugnale ed Excalibur sono stati
riuniti.
____________________
Angolo
autrice:
Hello (from the other side).
Allora,
scusate per il capitolo lunghissimo. Qualche precisazione:
Rothbart
è il malvagio stregone che minaccia il trono di re Guglielmo
(il padre di
Odette) nel film d’animazione L’Incantesimo
del Lago.
Cornelius
è un personaggio del film Disney Taron
e
la pentola magica. Cornelius
è il sovrano
dei morti, un re-stregone che vive oltre la morte fisica grazie al suo
potere. Mi
sembrava adatto per ricoprire il ruolo di Oscuro.