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Autore: Hayhey    02/03/2016    1 recensioni
L'uomo soffriva, non riusciva più a contenere il dolore dentro di sé, era straziante. Lo intrappolava, ed era ora di finirla.
Genere: Angst, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Trapped in
 
Le gocce cadevano ritmicamente sul tetto che copriva la fabbrica di giocattoli, abbandonata ai confini della città.
L’interno dell’edificio era scuro, ma in fondo, in un angolo, si sentiva il cigolio di una lanterna colpita da qualcosa e d’improvviso si accese una luce debole e scattante che illuminò l’ambiente. Il cigolio della lanterna dondolante si unì al ticchettio della pioggia, fino a che non si fermò, muovendosi sempre più lentamente.
Un altro rumore si aggiunse, come se qualcuno stesse avvitando il retro di una bambola di metallo arrugginita e magari rotta. E in effetti, un uomo era seduto sopra una cassa di assi di legno, avvolta da un nastro giallo di plastica con un segno di avvertimento a causa del contenuto ignoto. Era piegato in avanti, con le gambe penzoloni che si muovevano avanti e indietro, l’espressione concentrata sulla bambola di metallo che aveva in mano e la mano destra che teneva un cacciavite per aggiustarla.
L’uomo era vestito in modo alquanto bizzarro. Sembrava un uomo di mezza età, ma era vestito come se fosse a una festa. Aveva una camicia a righe azzurre e bianche, sporca di fango sui bordi delle maniche tirate su fino al gomito, i pantaloni erano rossi e sopra a tutto ciò indossava una giacca da presentatore di circo, dorata, con le code poggiate sul resto della cassa, solo che era senza maniche, come se fossero state strappate via. I suoi capelli erano grigiastri e sparati in aria, sul naso, gli occhiali erano scivolati e una delle lenti rotonde era attraversata da una crepa, mentre la montatura d’oro era tutta sporca e rovinata.
Stava continuando a trovare un modo per aggiustare la bambola, gli occhi erano quasi fuori dalle orbite per i fallimenti e la mano iniziava a tremare, sempre più forte. In uno scatto di rabbia urlò e gettò la bambola davanti a sé, per poi accorgersi dell’errore fatto e correre a prenderla. La raccolse da terra con quanta più premura potesse utilizzare, poi la abbracciò, coccolandola come se valesse tutta la sua vita.
Ritornò al suo posto e riprese i tentativi per riparare la bambola, che aveva dei piccoli capelli rossi e un vestitino a fiori colorati, un sorriso che illuminava gli occhi dipinti di blu.
Dopo un’altra ora di prove, finalmente sentì uno scatto e la bambola disse qualcosa, con una voce elettrica e rotta.
“Pap-i… ti vo-… gli-o… be-” poi si interruppe.
L’uomo guardò il giocattolo che aveva in mano con gli occhi blu lucidi, fino a che una piccola lacrima gli scese lungo la guancia, cadendo con fatica attraverso le rughe che impedivano il suo passaggio.
“Eri l’unica, Lucy. L’unica.” Un suono uscì dalla sua bocca. Poi un altro. Cominciò a ridere convulsamente, il petto che andava su e giù velocemente e senza coordinazione. Poi le risate di trasformarono in singhiozzi e il padre lasciò cadere la bambola e se stesso a terra, prendendosi i capelli tra le mani e piegandosi in avanti, cercando di trovare un modo per fermare il dolore. Ma non poteva. Non poteva, in nessun modo. Era intrappolato dentro a quel dolore da sempre e non poteva uscirne.
Ma poi vide il gancio e la corda sopra alla sua testa, e la via per raggiungerli e per raggiungere la fine.
   
 
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