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Ricorda la storia  |       
Autore: Enedhil    05/03/2016    1 recensioni
È il primo Marzo dell'anno 3019 della Terza Era della Terra di Mezzo. La notte è scesa su Minas Tirith e il nuovo Re di Gondor, dall'alto delle mura, è in attesa di quell'alba che darà inizio al suo regno. Ma non è solo. Al suo fianco, come sempre, l'amico che l'ha accompagnato fino a quel momento e che, ancora una volta, gli terrà la mano ricordando con lui il loro passato, prima che il nuovo giorno cominci.
[Prima parte della serie "Dall'Oscurità Alla Luce"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eomer, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dall'Oscurità Alla Luce'
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~ NOTE INIZIALI ~

Ricorda Il Passato” è la prima storia di una tetralogia che ho iniziato a scrivere nel 2010 intitolata “Dall'Oscurità Alla Luce”.
Questa serie l'avevo pubblicata nel mio sito e su EFP negli anni passati, ma l'avevo recentemente tolta perché avrei voluto cambiarla e trasformarla in una storia originale per dare una nuova vita ai personaggi, ai loro amori e alle avventure che si trovano ad affrontare. 
Ci ho pensato molto e, mentre sistemavo l'altra storia che avevo tolto quasi contemporaneamente (Behind My Eyes), mi sono resa conto che non volevo farlo. 
Non so bene come spiegarlo ma non volevo che questi personaggi diventassero qualcun altro, che cambiassero nomi, che perdessero alcune delle caratteristiche che ho dato loro, che smettessero di parlare in elfico, che si trasformassero in altri perché loro "dovevano restare così". Dovevano continuare a essere Legolas e Aragorn, Lanthir, Eldarion, Adenath, Ferydir e tutti gli altri, canon e originali che ho creato per questa storia.
Non è stato facile arrivarci perché ero davvero convinta di cambiare tutto ma poi mentre ero lì a modificare, spostare punti di vista, togliere dei pensieri o delle frasi che non potevano restare, mi sono detta: voglio davvero questo? 
E la risposta è stata: no.
Non volevo e non potevo farlo. Sono troppo legata a loro, a ciò che sono diventati per me, a personaggi come Lanthir che è e sarà sempre il Capitano dei Guardiani del Reame Boscoso amico di Legolas, al principino viziato figlio di Aragorn e a tutti gli altri che si sono relazionati tra loro per dei precisi motivi.

Quindi eccomi di nuovo qui a postare i capitoli di questa storia.
PRECISO che, dopo un tentativo iniziale, non ho modificato i contenuti o il mio modo di scrivere di quegli anni. Ora, dopo aver pubblicato dei romanzi ed essere passata tramite editing vari, so bene che la grammatica usata in queste fanfic non è propriamente la perfezione (mi riferisco, ad esempio, a periodi molto lunghi e ai miei cari e adorati puntini di sospensione che mettevo ovunque!).
Mi scuso, quindi, per lo slalom tra i ... che dovrete fare, ma spero che possiate comunque appassionarvi alla storia e ai miei personaggi, perché questa era la Enedhil del 2010, nel bene e nel male.

Molti di voi l'avranno già letta e recensita in passato e mi dispiace non poter avere di nuovo i vostri bellissimi commenti ad ogni capitolo, ma li ho salvati e li custodisco gelosamente :P Nel caso, però, voleste lasciarmi ancora qualche frase, mi fareste felicissima ^___^
~ ** ~

PERSONAGGI PRINCIPALI: Legolas, Aragorn, Èomer, Lanthir (OC).
RATING: Questa prima parte arriva all'ARANCIONE. Nelle successive storie ROSSO.
GENERE: Sentimentale/Romantico/Introspettivo
RIASSUNTO: È il primo Marzo dell'anno 3019 della Terza Era della Terra di Mezzo. La notte è scesa su Minas Tirith e il nuovo Re di Gondor, dall'alto delle mura, è in attesa di quell'alba che darà inizio al suo regno. Ma non è solo. Al suo fianco, come sempre, l'amico che l'ha accompagnato fino a quel momento e che, ancora una volta, gli terrà la mano ricordando con lui il loro passato, prima che il nuovo giorno cominci.
DISCLAIMER: I personaggi canon non sono miei, ma dell'incommensurabile genio di Tolkien e sono liberamente ispirati alle interpretazioni degli attori nella trilogia dei film de “Il Signore degli Anelli”.
I personaggi originali come Lanthir, capitano dei Guardiani di Bosco Atro, e gli altri Elfi e Uomini di cui leggerete sono di mia invenzione, ovviamente ^_^

 
A chi, come me, continua a credere nei sogni e cerca di non perdere mai la speranza.

~ ** ~



~ 1 ~

“E così ha inizio.”

Un vento debole e caldo stava soffiando in quella notte piena di stelle e di pallida luce che era seguita al giorno in cui la Terra di Mezzo aveva visto un nuovo Re riprendersi ciò che gli spettava di diritto. Il trono di Gondor, ora, era di nuovo occupato dall'erede della stirpe di Elendil, un uomo cresciuto dagli Elfi col nome Estel, speranza di un Destino da tempo perduto, vissuto come ramingo col nome Grampasso per sfuggire a qualcosa che non gli apparteneva, conosciuto come Aragorn, figlio di Arathorn e di quella discendenza una volta spezzata dalla debolezza e dal sospetto, e da quel giorno Elessar, Gemma Elfica, il Re degli Uomini che da quel momento avrebbe riportato nuova vita in quelle terre provate dal dolore e dalle lunghe guerre. Terre che avevano assistito alla morte di migliaia di Uomini ed Elfi che avevano dato la vita per combattere un male invincibile, a detta di molti, sopraffatto però dalla forza, dall'amicizia e dall'amore di due creature nate nella Contea, vissute per portare un fardello che li avrebbe segnati per sempre, ma arrivate insieme a veder iniziare una nuova Era della Terra di Mezzo proprio grazie ai loro sacrifici.

Quelle parole si persero nell'aria, seguite da un pesante sospiro. Era solo, in piedi all'ultimo livello della città di Minas Tirith, le mani appoggiate alla balaustra di pietra che ne delimitava il perimetro e alle sue spalle; poco distante, l'Albero Bianco, simbolo dello splendore del regno degli Uomini nei tempi passati, ed ora di nuovo in fiore a celebrazione del cambiamento e della rinascita che lui stesso avrebbe dovuto portare.
Quelle piccole gemme candide appena dischiuse davano un tenue chiarore a quel luogo, quasi a illuminare quell'unica figura che si stagliava immobile nel silenzio della notte. Una lunga tunica color porpora, elegantemente ricamata da fili d'oro, ricopriva un corpo teso e vigile, come se nemmeno circondato dalle alte mura di quel palazzo riuscisse a trovare tranquillità. Le lunghe maniche raggiungevano quasi le dita di quelle mani posate sulla fredda pietra e come unico bagliore in quel punto nascosto dall'ombra, un anello all'indice, uno smeraldo avvolto da due serpenti, uno divoratore e l'altro incoronato.
Incoronato come era il suo capo. Lunghi capelli castani sfioravano le sue spalle, morbide ciocche mosse appena dalla brezza notturna ma cinte, nell'impossibilità di librarsi libere, da una maestosa corona intarsiata e lavorata con grandi piume d'argento.
Il suo volto sembrava impassibile, le labbra strette adornate da una barba ordinata che gli dava un senso di regalità e di saggezza e gli occhi azzurri, limpidi e freddi all'apparenza ma dietro ai quali si celava un oceano di emozioni, di sentimenti e di paure nascoste a molti, ma non a tutti.
Solo quegli occhi si spostavano, di tanto in tanto, vagando per gli estesi terreni che circondavano la città riportando alla mente ricordi di giorni passati da poco e difficili da dimenticare.

Minas Tirith stava dormendo.
La notte dell'incoronazione del nuovo Re che avrebbe portato pace e prosperità in ogni regno conosciuto, tutti stavano dormendo sonni tranquilli e colmi di gioia.
Tutti tranne lui.
Colui al quale era stato affidato questo arduo compito. Colui che aveva detto sì al proprio destino, rinunciando ad una vita di libertà per portare avanti un mondo dove tutto dipendeva dalle sue scelte e dalle sue certezze.
Ma più il suo sguardo vagava su quelle terre, più si rendeva conto che quelle certezze erano ben poco in confronto a ciò che si stava apprestando ad affrontare. Il peso del mondo era sulle sue spalle ora e l'unico appoggio che riusciva a vedere era la vicinanza di qualcuno che non l'aveva mai abbandonato.
Qualcuno che l'aveva sempre seguito, attraverso tempi belli e tempi bui, dandogli quella sicurezza e quel conforto che lo spronavano a fare ancora un passo avanti quando sentiva le gambe troppo deboli per continuare.
Qualcuno che riusciva con semplici parole ad alleggerire le sue pene e con un debole tocco a spazzare via le nebbie che gli si paravano davanti.

Qualcuno che anche in quell'istante era riuscito a farlo sorridere.

Le sue labbra si incurvarono lievemente e quegli occhi azzurri brillarono come in presenza di un fulmine che rischiara l'oscurità.
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere chi si stava avvicinando a lui.
Quella creatura circondata da una luce in grado di far impallidire i petali candidi dell'Albero poco distante da lui.
Quella creatura immortale che sprigionava un calore in grado di riscaldare una notte d'inverno senza stelle.
Quella creatura, dono dei Valar alla Terra di Mezzo, che per lui era stato amico fin dal primo momento, compagno di viaggi e avventure per lunghi e tortuosi anni, speranza e salvezza ogni singola volta che ne aveva avuto bisogno.
Ed anche in quella notte, forse la più difficile, tormentata e lunga della sua vita, lui era lì, al suo fianco, pronto a tenergli la mano ancora una volta.

“Dovresti riposare.”

Udì la sua voce, flebile ad orecchio umano ma colma di quella forza e di quella dolcezza in grado di penetrare anche la barriera più resistente e farsi strada nel suo essere fino a raggiungerlo nel profondo, colmandolo di quella pace interiore che desiderava possedere di nuovo.
Ma non si voltò, restò in attesa e abbassò le palpebre ascoltando i passi leggeri che si susseguivano lentamente e come in un sogno lo vide avvicinarsi, quasi potesse scorgerlo alle proprie spalle con gli occhi dell'anima che sentivano di condividere.

Un passo dopo l'altro.

Gambe agili e muscolose, fasciate da una stoffa sottile del colore di una nuvola carica di pioggia, si potevano intravedere tra i due lembi, mossi dal vento, della lunga tunica aperta sul davanti. Sapeva quale fosse il colore di quell'abito, l'aveva visto poche ore prima, ma in quel momento sembrava essere uno specchio d'acqua celeste sul quale si rincorrevano scie d'oro e d'argento in un susseguirsi di disegni indistinti e preziosi. Su di esso, sottili raggi di sole, come fili di seta, andavano a bagnarsi, cullati languidamente su quelle spalle in grado di sostenere il peso del tempo e su quelle braccia forti che centinaia di volta l'avevano sorretto e si erano strette attorno a lui per proteggerlo dal nemico e da se stesso. E su quello specchio dove acqua e luce si riflettevano l'un l'altra, danzando e unendosi come due amanti al limite della passione, navigava una sottile nave argentata, disegnata sul suo capo come dal pennello liquido di un artista in grado di fondere qualcosa di prezioso con l'essenza della purezza. Una nave guidata da due fuochi color del mare, ardenti ed eterni, che osservano ogni cosa su di una spiaggia candida e vellutata, sulla quale lo scorrere del tempo non ha effetti.

Passarono pochi istanti che gli parvero però durare anni, nell'attesa di avere accanto a sé quella creatura eterna ancora una volta. E finalmente quel desiderio spasmodico della sua presenza venne esaudito.

L'elfo si mise al suo fianco, posando le mani a sua volta sulla balaustra, accanto a quelle dell'uomo rimaste immobili fino a quel momento coi palmi premuti sulla pietra come per trovare stabilità, e con lo stesso tono di voce ripeté quelle parole, nonostante la sicurezza che la prima volta fosse stato giù udito.

“Dovresti riposare.”

I profondi occhi blu si mossero impercettibilmente quasi a ripercorrere il tragitto effettuato da quelli del re di Gondor poco prima.

“Non ci serve un Re vivo a metà,” proseguì risoluto come se non attendesse una risposta, come se già la conoscesse. Era la stessa che aveva sempre ricevuto ogni volta che aveva tentato di far ragionare l'amico in passato.“Il tuo regno sarà di nuovo laggiù all'alba e con la luce di Anor ti sarà più facile scorgerne i confini e le bellezze.” Abbassò la voce, quasi sussurrando: “Non devi restare di guardia Aragorn, i tuoi confini sono ben protetti e la tua gente è al sicuro dietro queste mura. Il pericolo è ormai lontano, va a dormire.”

Un profondo respiro, come se l'uomo cercasse la forza per rispondere e poi quelle parole appena accennate.

“Io temo l'alba,” attese un attimo e come si aspettava sentì su di sé lo sguardo dell'amico.“Non ho temuto la morte, il dolore, la fatica, la solitudine ma temo questa nuova alba, Legolas. La temo con ogni fibra del mio spirito. All'alba non ci sarà più la persona che hai accanto ora, non ci sarà più Aragorn... o Grampasso o Estel. Ci sarà solo Re Elessar e un Destino troppo grande da essere affrontato. La fiducia di tutti gli uomini e le donne che riposano tra queste mura è riposta in me e se non sarò in grado...” si fermò per riprendere fiato “...se non sarò colui per cui sono nato, colui che tutti si aspettano, il regno degli Uomini cadrà di nuovo in rovina e sarà mia la colpa. Come posso affrontare l'alba e restare indifferente a tutto ciò?” scosse leggermente la testa. “No, non posso riposare.”

Legolas continuò a osservarlo per un lungo momento, aspettando di incrociare i suoi occhi, e quando questo avvenne, quando l'uomo voltò la testa verso di lui in attesa di una risposta che non giungeva, annuì lentamente mormorando

“Be iest lîn (Come desideri),” e accennando un inchino col capo, fece un lieve movimento all'indietro come a volersi allontanare, ma sentì all'istante la mano del compagno, fino a prima ferma sul balcone, spostarsi sulla sua e chiuderla in una morsa dalla quale sarebbe stato impossibile liberarsi.

“Resta!”

Sembrava un ordine. Solo dopo averlo pronunciato, Aragorn si rese conto del tono che aveva usato. Un ordine ma velato di disperazione e di paura. Quella paura che all'inizio voleva nascondere a tutti ma che gli era stato possibile celare a colui che conosceva la sua anima quanto la propria. Così lo ripeté, questa volta lasciando trasparire anche la dolcezza che la presenza del compagno sapeva trasmettergli.

“Resta.” Allentò, seppur di poco, la presa sulla sua mano, senza però lasciarla andare completamente. Solo allora vide quello che poco prima gli era sfuggito, troppo accecato dal timore di perdere la sua unica sicurezza in quella notte colma di dubbi. Vide le labbra dell'elfo incurvate in un sorriso ironico ma rassicurante.

“Non avevo intenzione di andarmene,” disse Legolas con una punta d'ilarità nella voce. “A meno che tu non desideri che vada a svegliare ogni uomo e donna per avvertirli che il loro sovrano, dopo tutto quello che ha fatto per salvare Gondor e la Terra di Mezzo dall'Oscurità, mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi amici che non lo hanno mai abbandonato e hanno sempre creduto in lui, ha cambiato idea e preferisce tornare ad essere un semplice ramingo.”

Aragorn accennò un sorriso scuotendo la testa e alzando lo sguardo al cielo sospirò.

“Tu ridi di questo e ti do ragione ma... non nego che la mia mente l'abbia pensato a volte. Oramai questa decisione va ben oltre la mia possibilità di scelta. Non posso tornare indietro.”

“Lo vorresti? Vorresti tornare indietro e intraprendere una via diversa?”

La domanda dell'amico lo fece sorridere di nuovo e reclinò indietro la testa osservando una nube che veniva sospinta dal vento proprio sopra di loro.

“Quante volte mi hai già fatto questa domanda? E la mia risposta è sempre: sarebbe cambiato qualcosa?” posò di nuovo gli occhi sul compagno al proprio fianco. “E a questo punto tu mi rispondi: no, Aragorn, ogni passo che hai fatto, ogni...”

“...strada che hai percorso, ogni cammino che hai intrapreso, nel bene o nel male, ti ha condotto qui,” proseguì Legolas sostenendo il suo sguardo. “Questo è il tuo destino!”

L'uomo annuì e col pollice gli sfiorò teneramente il dorso della mano quasi volesse, con quel semplice gesto, assicurargli che non aveva rimpianti, che tutto questo lo sapeva e che la sua mente lo aveva già accettato da tempo, anche se il suo cuore ancora aveva dei ripensamenti.

“A volte,” ricominciò, tentando di restare serio ma si lasciò sfuggire una debole risata. “A volte credo che tu sia stato mandato da me per plasmare il mio Destino!” vide un nuovo sorriso sul viso dell'elfo e continuò, questa volta con dolcezza: “Tutte le volte che mi sono sentito perso, vuoto, incapace di continuare e pronto a scappare il più lontano possibile da ciò che sono, tu mi hai dato la forza per affrontare un nuovo giorno, la forza per alzarmi e continuare verso quel qualcosa che mi era ancora nascosto.”
Strinse la mano del compagno e la rialzò nella propria portandosela alle labbra, dolcemente posò un bacio sul dorso per poi posarsela sul petto, sopra al cuore.
“Ma forse tu già lo vedevi, per questo hai sempre continuato a sostenermi e a spingermi avanti. Non hai mai lasciato che mi fermassi... e mi hai portato fino a qui. Dove sarei ora senza di te?”

Legolas non smise mai di guardarlo negli occhi durante tutto il suo discorso come se sentisse le sue parole scorrere nel proprio corpo, andando a riempire quei vuoti che aveva sempre sentito dentro di sé. Non era un riconoscimento quello che voleva. Tutto quello che aveva fatto non era spinto da altro se non dall'amore e dalla fiducia che aveva riposto in lui fin dal primo giorno. Non servivano ringraziamenti quando più volte lui stesso era stato sul punto di perdere la speranza, ma poi l'aveva guardato nuovamente negli occhi e tutto era tornato limpido come quel cielo che si trovava davanti. Avrebbe dato ogni cosa per lui, anche la vita se fosse stato necessario, per aiutarlo ad andare avanti, a sostenere il peso di quel destino che gli spettava di diritto ma che, in certi momenti, sembrava non sentire, e non era stato facile. Aveva sempre visto in lui la maestosità e la gloria dei grandi Re del passato ma anche la fragilità e la debolezza degli Uomini, un insieme che lo rendevano unico ma al tempo stesso pericoloso, come le onde del mare sospinte con violenza e senza freni durante una tempesta, capaci di distruggere e portare la morte, ma in grado anche di placarsi al cessare dei venti, tornando ad essere placide acque che accarezzano e portano sollievo. Aragorn era quel mare. E per lui aveva sempre cercato di essere un porto dove il suo cuore poteva attraccare quando aveva bisogno di tranquillità e amore, dove poteva ritrovare le forze per poter proseguire il viaggio, dove poteva sentire il calore di un abbraccio e di parole di conforto. Ma anche dove poteva infrangersi violentemente e sfogare la rabbia e la frustrazione durante i momenti bui dove ogni luce sembrava essere svanita. Ogni volta però, dopo la tempesta tornava il sereno, come se le loro anime riconoscessero gli errori commessi e, quasi senza bisogno di parole, si riunissero di nuovo.
Nessuna scusa era necessaria, nessun ringraziamento, anche se le parole pronunciate dall'uomo in quel momento gli avevano riscaldato il cuore infondendogli la consapevolezza che tutto ciò che era accaduto fino a quel giorno era stato giusto.

“Saresti...” si soffermò un attimo a guardare la propria mano in quella dell'amico sul suo petto e socchiuse le palpebre, sorridendo dolcemente. “Saresti probabilmente disteso in un dirupo nelle miniere di Moria con la freccia di un goblin conficcata da qualche parte.” Udì la risata divertita del compagno e continuò tornando però serio: “Tutto quello che ho fatto per te l'avrebbe fatto chiunque. Sono tuo amico, Aragorn ed è giusto vivere, lottare e morire per qualcuno in cui si crede.”

“Sei molto più di questo, Legolas!” intervenne subito l'uomo aggrottando le sopracciglia come se il pensiero di averlo potuto perdere l'avesse scosso all'improvviso. “E la tua vita mi è cara più di qualsiasi cosa tu possa immaginare! Non pensare che non sarei potuto morire al tuo fianco in quello stesso istante se fosse accaduto!”

L'elfo abbassò lo sguardo a quelle parole, quasi incredulo nel sentire che, per tutto quel tempo, la Terra di Mezzo era stata sull'orlo di scivolare per sempre nell'Oscurità e di perdere la speranza a causa di una sua mossa sbagliata. Poi si disse che l'amico stava esagerando e, respirando profondamente, fece scivolare la mano da quella dell'uomo e si voltò, appoggiandosi di schiena al parapetto e incrociando le braccia.

“Così... è per questo che mi hai ringraziato poche ore fa, dopo la tua incoronazione, quando ti sei avvicinato a me,” gli lanciò un'occhiata, “per non essere morto?”

Aragorn scosse impercettibilmente la testa e chiuse i pugni sul balcone, dando dei deboli colpi alla pietra come se stesse cercando le parole per rispondere

“Ricordi quando ci siamo rivisti a Imladris durante il Consiglio convocato per decidere della sorte dell'Anello?” con la coda dell'occhio lo vide annuire e proseguì. “Ti sei seduto su quella sedia, senza nemmeno un saluto e mi hai fatto credere che tutto quello che c'era tra noi fosse finito, perso nel tempo passato lontani.” Accennò un sorriso e si voltò, dando a sua volta le spalle alle immense pianure sotto di loro. “Per un momento mi hai fatto dimenticare il motivo per cui mi trovavo lì e il cuore mi s'è riempito di tristezza e preoccupazione. Ma poi ti sei alzato all'improvviso alle parole di Boromir, come se avesse detto una menzogna che non poteva passare impunita. Ti sei alzato e hai pronunciato il mio nome e la mia discendenza con quella passione e quel rispetto che avevi sempre usato,” piegò i gomiti e mise le mani ai lati, sul balcone, e nel farlo colpì il braccio del compagno col proprio quasi a volergli dare una debole spinta intenzionale. “In quel momento ho capito che non era cambiato niente! Eri ancora il mio più caro amico che non faceva altro che ricordarmi, giorno dopo giorno, chi ero e che cosa sarei diventato!” si lasciò sfuggire una debole risata e aggiunse mormorando: “E mi hai anche parecchio infastidito rivelandolo in quel modo a chi ancora non lo sapeva!”

“Per questo mi hai zittito facendomi sedere?” ribatté Legolas con un certo disappunto che però sfociò in un sorriso quando si chinò verso di lui sussurrandogli all'orecchio: “Non avrei preso ordini da un semplice ramingo!”

“Oh ma lo hai fatto.”
~ ** ~ ** ~ ** ~

Legolas posò la faretra e i pugnali sulle candide lenzuola di quel letto finemente lavorato e si guardò attorno, ammirando le bellezze di quella stanza che gli era stata preparata. Giunse con lo sguardo alla grande finestra che dava sugli immensi giardini di Imladris e si avvicinò ad essa, accennando un sorriso.
Quando era partito, pochi giorni prima, non si sarebbe mai aspettato di intraprendere una Missione pericolosa insieme ad altri otto abitanti della Terra di Mezzo di razze e usanze così diverse tra loro. Due di essi li conosceva bene, con altri due aveva avuto un inizio alquanto travagliato mentre gli altri quattro gli sembravano inadeguati per un compito simile, ma così era stato deciso.
Osservò alcuni elfi che passeggiavano tranquillamente mentre, poco distante, le delegazioni dei popoli liberi si stavano apprestando a ripartire e sì sentì onorato di far parte di quella Compagnia che, invece, si sarebbe incamminata per una via diversa.

Rapidamente si sfilò il lungo mantello che aveva usato per viaggiare e lo gettò sul letto, accanto alle armi, e con la stessa abilità si slacciò la casacca che indossava sotto di esso ma prima di toglierla percepì un movimento accanto alla porta d'ingresso. Sorrise e, senza voltarsi, proseguì quello che stava facendo, lanciando anche l'altro abito insieme al precedente.
Fu quando arrivò a slacciare i primi ganci che tenevano chiusa la tunica di un azzurro argentato che decise di interrompere quel gesto e rivolgersi alla persona che fino a quel momento era rimasta in silenzio a guardarlo.

Hai intenzione di restare sulla porta a osservarmi ancora a lungo?”

Ci resterò per tutto il tempo che desidero!” ribatté subito Aragorn, allontanando la spalla dallo stipite contro il quale si era appoggiato con le braccia conserte. “Tu, piuttosto, hai intenzione di restare lì a toglierti gli abiti ancora per molto?”

Legolas si voltò lentamente verso l'ingresso, lasciando i due lembi della tunica aperti sul petto fino al punto in cui era arrivato ed osservò dalla testa ai piedi l'uomo che si stava avvicinando.
Avvolto in quel lungo abito che aveva addosso anche durante il Consiglio, Aragorn sembrava avere un portamento fiero e regale, molto più simile all'uomo che sarebbe dovuto diventare piuttosto che al ramingo che aveva imparato a conoscere ed al quale era legato da una forte amicizia. Ma quegli occhi azzurri tradivano la serietà del suo viso: quello sguardo che per l'elfo non aveva quasi più segreti.

Suppongo fino a quando saranno terminati,” rispose allora accennando un sorriso, ma quando fece per proseguire vide l'amico avvicinarsi a lui con passi lenti ma decisi.

Sei giunto qui ieri quando ancora il sole era alto e non sei venuto a cercarmi! Sapevi che ero qui, o sbaglio?”

L'ho fatto,” mormorò Legolas aggrottando lievemente le sopracciglia a quell'accusa.“Dopo essere arrivato, sono stato mandato da Sire Elrond per portargli la parola di mio padre e quando abbiamo terminato la discussione sono sceso a cercarti. Mi hanno detto che ti avrei trovato alla biblioteca ma quando sono giunto, ho visto Arwen che ti raggiungeva e non mi è sembrato opportuno interrompervi.” Lo indicò e sorrise. “Al collo porti qualcosa di nuovo... è un suo dono?”

Aragorn alzò istintivamente la mano sul medaglione in parte ancora nascosto dal colletto della tunica che, alla fine del Consiglio, aveva aperto leggermente, e per un istante sorrise a sua volta chiedendosi come avesse fatto l'elfo ad accorgersene. Subito dopo riprese ad avanzare verso di lui, cercando di non cedere alla tentazione di abbracciarlo dopo quel lungo tempo passato senza il suo più caro amico.

Non cambiare discorso!” replicò usando un tono grave “Hai avuto tutta la notte per cercarmi e non l'hai fatto, non sono rimasto che per pochi momenti con lei!”

Aragorn...”

Silenzio!” lo interruppe di nuovo e vide lo sguardo confuso dell'elfo. “E come se non bastasse partecipi al Consiglio e ti offri di intraprendere questa missione per salvare la Terra di Mezzo dalla minaccia di Mordor senza nemmeno avvertirmi!” notò che Legolas aveva socchiuso le labbra per ribattere e alzò di scatto l'indice davanti al suo viso, aumentando anche il tono della voce. “Non una parola! Da dove arriva questo tuo atteggiamento sconsiderato? Non capisci che è pericoloso? Non voglio vederti là fuori ogni giorno a rischiare la vita!” lo fissò intensamente pronunciando le ultime parole cercando di esprimere un'autorità che sapeva di non possedere. “Io sono Aragorn, figlio di Arathorn ed erede al trono di Gondor... e ti ordino di abbandonare questa Compagnia e tornare nelle tue terre!”

Legolas rimase immobile a quell'attacco verbale inaspettato, gli occhi fissi in quelli dell'amico mentre tentava di comprendere. All'inizio si stupì di ascoltare delle frasi simili ma poi comprese e quando arrivò il suo turno di parlare non attese un solo momento prima di afferrare con forza l'abito dell'uomo sul petto, spingendolo all'indietro verso il letto al centro della stanza.

Ed io sono Legolas, figlio di Thranduil e principe del Reame Boscoso... ed è mio diritto e dovere partecipare alla lotta contro il Male che si sta insinuando nelle nostre Terre!” iniziò a parlargli a poca distanza dal viso con lo sguardo fisso nel suo e un'espressione risoluta. “Sono oltre duemila e ottocento anni mortali più vecchio di te e non devo rispondere ad un Uomo delle mie azioni! Ho imparato a conoscere le armi e a insegnarne l'utilizzo quando ancora tu eri un fanciullo che si perdeva in questi giardini, e sono stato io a muovere le tue mani sul legno dell'arco che ti porti appresso per fartene conoscere i segreti.” Sentì il sospiro dell'amico sulle labbra ma proseguì, avanzando con più decisione fino a raggiungere i bordi del materasso e a quel punto lo spinse a sedersi sul letto, chinandosi su di lui senza allentare la presa sui suoi abiti. “Ho curato il tuo corpo ferito più di una volta quando ancora non sapevi distinguere l'athelas da una semplice erba di prato! Dici che sarà pericoloso, ebbene lo sarà! Ci inseguiranno e non saremo mai al sicuro ma se c'è qualcuno che rischia la vita in questa Missione, quello sei tu. Quindi non ti azzardare ad usare il tuo titolo con me, Aragorn di Gondor, perché io farò parte di questa Compagnia non solo per salvare la Terra di Mezzo, non solo per salvare il mio regno e il mio popolo...” abbassò all'improvviso la voce, mormorandogli dolcemente:“...ma per salvare te!”

Aragorn rimase stordito a fissarlo con la testa chinata all'indietro per poter incrociare i suoi occhi blu che ardevano nella passione di quel discorso che lui stesso aveva voluto provocare. Era iniziato per gioco, anche se in realtà pensava tutto quello che gli aveva detto ma non avrebbe immaginato che anche Legolas si sarebbe immedesimato a tal punto.
L'energia e la determinazione che aveva sentito in quelle parole l'avevano fatto tremare, scosso da delle onde incandescenti che gli facevano ancora palpitare il cuore, e perse quel controllo che era riuscito a mantenere fino a quel momento.
Si rialzò di scatto e prese Legolas tra le braccia, circondandogli la vita e stringendolo con forza a sé.

Nell'impeto di quel gesto, l'elfo barcollò all'indietro ma si aggrappò all'amico, posando una mano dietro la sua testa e l'altra sulle sue spalle, stringendosi a sua volta a lui come avrebbe voluto fare dal primo istante in cui l'aveva rivisto.

Legolas... quanto tempo è passato?” gli sussurrò l'uomo all'orecchio, lasciandosi andare in un sorriso colmo di gioia dopo quella recita durata troppo a lungo.

Non ho intenzione di rammentarlo in questo momento,” rispose Legolas sorridendo a sua volta mentre con la mano accarezzava i capelli dell'amico.“Perché il mio cuore dovrebbe rinchiudersi nuovamente in quella gabbia di tristezza dalla quale si è liberato solo ora nel riabbracciarti.”

Avevo intenzione di tornare a Bosco Atro diversi mesi fa ma...”

L'elfo cercò di allontanarsi di poco da lui per poterlo guardare ma sentì subito le mani dell'uomo sul viso che teneramente gli accarezzavano le guance.
Non mi devi spiegazioni... non è necessario. Ora siamo entrambi qui e credo che resteremo insieme per diverso tempo visto che il viaggio per Mordor è lungo e pieno di perigli.”

Ed è per questo che avrei preferito se tu non...”

L'elfo alzò subito la mano e posò le dita sulle sue labbra per impedirgli di continuare e strinse gli occhi.
Dimmi... le mie parole di poco fa forse non ti sono sembrate chiare?”

Ma è pericoloso!” mugugnò comunque Aragorn contro la sua mano, poi però udì la risposta determinata del compagno:

Per te? Senza ombra di dubbio, per questo sarò al tuo fianco!”

E non poté far altro che circondargli le spalle col braccio e stringerlo di nuovo a sé.

 
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“Così arrogante e così altezzoso!” esclamò Aragorn scuotendo la testa con un sorriso “La mia lontananza ti aveva fatto male! Devo esserci io al tuo fianco, non per essere protetto, ma per farti scendere dal trono e farti vacillare almeno un po'!”

“Mi fa sempre male...” sussurrò Legolas tenendo lo sguardo basso e parlando quasi tra sé, pur consapevole che l'uomo avrebbe udito “...la lontananza da te. L'attesa infinita nella quale si perde il mio spirito giorno dopo giorno. Anche i raggi del sole non hanno lo stesso effetto sulla mia pelle quando tu non sei al mio fianco... e il velo della notte è come un respiro freddo sul mio collo.” Aggrottò le sopracciglia. “Un vuoto profondo che impregna i miei sensi, abbandonati in una assidua ricerca che termina solo quando i miei occhi ti ritrovano.” Come perso nelle proprie parole restò un attimo in silenzio ma poi sentì la mano dell'amico accarezzargli la schiena così sorrise e voltò la testa verso di lui, aggiungendo con un tono deciso: “Ed io non vacillo!”

Aragorn gli sorrise dolcemente prima di mormorargli all'orecchio:
“Il mio cuore prova la stessa pena, ogni singola volta, lo sai questo?” vide l'elfo annuire e proseguì. “E nonostante tutto, quando ti riabbraccio, sembra non essere passato nemmeno un giorno. Spero sarà così anche in futuro perché non posso pensare a una vita senza la tua presenza, come non posso pensare ad una notte senza stelle, seppur lontane o velate o nascoste, la loro luce continua a brillare in quel cielo.” Respirò intensamente. “Dove andrai al sorgere del sole, Legolas? Sono consapevole che non vorrai restare qui a palazzo ma... dove andrai domani?”

“Domani sarò ancora qui.”

“Sai a cosa mi riferisco. Voglio solo conoscere le tue intenzioni per potermi preparare ai giorni, ai mesi, agli anni o... alla vita che dovrò passare senza di te.”

“Silenzio!” lo interruppe allora l'elfo con tono dolce ma autoritario “E' il mio turno di parlare. Ricordi la notte prima della partenza?”

 
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Te ne stai seduto qui come se non ti fosse stata riservata una stanza tra le più accoglienti di questo reame. Dovresti dormire! Potresti non avere la possibilità di farlo per molti giorni!”

Aragorn sospirò nel sentire l'amico avvicinarsi dietro di lui, lungo quella scalinata sulla quale si era seduto, non troppo in alto né troppo in basso, come indeciso se scendere verso il cortile centrale da dove l'indomani sarebbero partiti, o se risalire verso ciò che stava per perdere.

Ho fatto visita a mia madre... ed Elrond mi ha ricordato che non posso chiedere ad Arwen di abbandonare il suo popolo per restare con me.”

L'elfo si fermò in piedi dietro di lui, le braccia lungo i fianchi e la testa chinata di lato, in attesa che continuasse, ma quando sentì solo silenzio, rispose.
Tu non le hai mai chiesto niente, Estel. È una sua scelta restare ed amarti, come nostra è la scelta di seguirti e affrontare la Missione che stiamo per intraprendere. Lei sa che c'è speranza e a questo si aggrappa per continuare, crede in te!” lo vide scuotere la testa e sospirò. “Non toglierle la speranza, continua a credere in voi come hai fatto fino ad ora!”

Non posso volerla qui a morire per me, anche se il pensiero di perderla per sempre mi distrugge. Voglio che parta con suo padre, Legolas. Voglio che raggiunga le Terre Immortali e che il suo spirito continui a perdurare in eterno come è suo destino che sia.” Aragorn si fermò un istante concludendo quasi in un soffio impercettibile: “Non tornerò da lei. Se sopravviverò a tutto quanto, non tornerò.”

E così la obbligherai a vivere per sempre in ricordo di un sogno?”

E' quello che è sempre stato... solo un sogno.”

Legolas sentì la voce dell'amico quasi strozzata dal peso della tristezza e scuotendo la testa si chinò, sedendosi a gambe divaricate dietro di lui, sul gradino precedente a quello dove era posizionato il ramingo.
Non puoi scegliere per lei.” Portò le braccia in avanti e le chiuse sul petto del compagno, costringendolo delicatamente ad appoggiarsi indietro contro di sé. “Non partirà... è legata a te.”

Sì, se non avrà più motivo di restare.”
Aragorn chiuse gli occhi quando sentì il calore di quell'abbraccio; un calore che gli era sempre stato di conforto e che sapeva infondergli fiducia e rischiarargli la mente e il cuore da ogni nebbia, non importava quanto fitta. Quella luce riusciva sempre a raggiungerlo e a guidarlo.

Ci credi così stolti, Aragorn?” gli bisbigliò l'elfo all'orecchio con un debole sorriso. “Possiamo vedere oltre a ciò che il tuo sguardo riesce a scorgere. Nessuno di noi rinuncia al dono eterno se non ha un profondo motivo... e Arwen lo sa.”

Lunghi momenti di silenzio seguirono quell'affermazione, durante i quali Legolas continuò a tenere stretto a sé quell'uomo che, in quella serata, sentiva il bisogno di proteggere come quasi mai era successo. Sentiva le sue emozioni, il dolore, la fatica e la paura di fare dei passi verso qualcosa di ignoto ma di inevitabile, e non ci pensò nemmeno un istante a rispondere alla domanda che, dopo diverso tempo, Aragorn sussurrò:

Tu resteresti? Per amore di qualcuno che non può donarti altro che pochi anni di una vita troppo breve rispetto a ciò che meriteresti?”

Sì.”
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Legolas alzò le sguardo al cielo sorridendo, cullato dalla tenerezza di quel ricordo. Una delle tante volte che avevano passato la notte vicini, rincuorati l'uno dalla presenza dell'altro senza bisogno di aggiungere parole o gesti se non un abbraccio o una carezza.
“Mi misi a contare le stelle quando ti addormentasti,” aggiunse al termine del racconto. “Ma a quel tempo erano velate dal male che si stava diffondendo, non erano luminose e limpide come lo sono ora.”

“Non mi sono addormentato!” ribatté subito Aragorn stringendo gli occhi per sottolineare la propria convinzione che però andò in frantumi quando si rese conto di non ricordare altro di quella notte, se non un senso di protezione e sicurezza.

“Come preferisci, ” sospirò divertito l'elfo, guardandolo. “Non è la mia mente ad essere ingannata.”

“No... mentre invece la mia riesci sempre a ingannarla così bene!”

Il Re di Gondor era pronto ad udire una replica a quell'affermazione e così lo precedette. Si fece forza sulle braccia e si rialzò, mettendosi seduto sulla balaustra. Sorrise non appena sentì dietro la schiena la mano che l'amico aveva rialzato istintivamente per impedirgli di sporgersi troppo indietro.
“Riesci sempre a sviare i miei pensieri e a portarli dove desideri senza quasi che me ne accorga,” ricominciò all'istante, sistemandosi alla bene e meglio la tunica a lato delle cosce, “e riesci a sfuggire alle mie domande con la stessa facilità di un bambino che si intrufola nel più piccolo anfratto per sfuggire ai genitori che lo vogliono allontanare da un pomeriggio di giochi.”

Legolas iniziò ad accarezzargli la schiena lentamente, voltandosi di poco verso di lui con un'espressione incuriosita sul viso.
“Non ho mai avuto intenzione di ingannare la tua mente. Perché dici così? E se mai ho evitato di rispondere a una tua domanda, forse è stato solo perché non ce n'era il bisogno.”

Aragorn alzò un sopracciglio perplesso prima di scoppiare a ridere.
“E così ora faccio anche domande che non meritano risposte! Come siamo sinceri questa notte, principe del Reame Boscoso!” allungò la mano e gli prese il braccio, costringendo l'amico a spostarsi davanti a lui. “Qui... girati!” Lo fece voltare di schiena tra le proprie gambe e unì le mani davanti al suo petto. “Quando ti faccio una domanda è perché bramo conoscerne la risposta e...” respirò intensamente il profumo di quei capelli dorati che si era ritrovato davanti al viso, quel profumo unico che gli ricordava sempre un prato appena bagnato dalla rugiada mattutina, l'erba che cresce rigogliosa in mezzo alla quale, di tanto in tanto, spuntano dei fiori appena dischiusi.
Abbassò le palpebre e chinò la testa per appoggiarla a quella dell'elfo, e quando i capelli sottili gli sfiorarono il viso, poté quasi vedere quelle verdi foglie sulle quali scorrono le piccole gocce d'acqua.

“Aragorn?”

Il richiamo lo raggiunse come un soffio di vento caldo che accarezza la pelle e riaprì gli occhi, in tempo per incrociare quelli dell'amico che, nel frattempo, aveva voltato leggermente la testa all'indietro per osservarlo.

“Forse pensi che non risponda alle tue domande perché non ascolti le mie risposte!” gli disse Legolas sorridendogli nel vedere lo sguardo interrogativo dell'amico. “Ti ho detto che ormai l'ora è tarda e forse è meglio se torni da Arwen. Anche se non riesci a dormire, avete molte cose da dirvi.”

“Sta riposando già da ore nella sua stanza,” rispose allora Aragorn, rialzando leggermente la testa per non essere di nuovo stordito da quel profumo inebriante. “Era esausta per il viaggio e le emozioni della giornata... e per la verità non avrei il cuore di assillare la sua mente con tutti i pensieri che questa notte invadono la mia.” Cercò di restare serio e aggiunse: “Ho qui te per questo!”

“Sempre pronto ad essere assillato dalla tua mente? Non mi sembra corretto!”

L'elfo sorrise, scuotendo debolmente la testa prima di appoggiarla indietro contro il petto del compagno, andando quasi a sfiorargli il mento con essa e, dopo una pausa, proseguì con un tono più basso.
“Arwen ha visto nei tuoi occhi la stessa preoccupazione e gli stessi timori che vedo io, non devi temere di aprirle il tuo cuore, lei capirà. È rimasta anche per questo, per sostenerti quando ne avrai bisogno. Sarà la tua sposa.”

“Legolas... certe cose non possono essere dette e...”

Già sapeva che l'amico avrebbe ribattuto in quel modo, così lo interruppe continuando più dolcemente.
“Lo comprendo, come tu sai che avrai sempre un amico vicino pronto a passare la notte con te sotto le stelle, se e quando ne avrai bisogno. Non è necessario che te lo ricordi, vero?”
Come risposta sentì un profondo respiro e gli bastò. Era quasi inutile ribadirlo anche se quella sera tutto sembrava essere più tangibile ed ogni sentimento sembrava sentire il bisogno di essere espresso.

“Oggi però non sei stato molto amico!” esclamò Aragorn d'un tratto, prese con la mano una ciocca di capelli biondi dalla spalla dell'elfo e la strattonò lievemente. “Non mi hai detto del suo arrivo! Ne eri al corrente, l'hai anche incontrata prima dell'incoronazione e non mi hai raccontato niente!”

“Non sarebbe stata una sorpresa.” Legolas gli afferrò il polso tentando di liberare i capelli. “Mezza giornata di non amicizia valeva la pena per poter vedere quella espressione sul tuo viso quando si è fatta avanti dietro di me.”
Ci ripensò in quel momento e si rese però conto che non c'era stata solo gioia nei suoi occhi. Aveva visto anche un velo di panico e amarezza, come se il ritrovare la donna amata in quel luogo fosse stata la concretizzazione di quella realtà che gli si stava parando davanti. L'incoronazione, Arwen, il matrimonio e i doveri come nuovo sovrano di Gondor. Ma non volle opprimere di nuovo il suo spirito, così proseguì piegando indietro la testa per cercare di guardarlo negli occhi.
“E se non lasci la presa affonderò i denti nella tua mano fino a quando diventerà inutilizzabile, sono stato chiaro, Grampasso?”

Aragorn abbassò lo sguardo su di lui e gli sorrise, allentando subito la stretta sui suoi capelli. “No, credo di averne bisogno... se non altro per mettere il mio nome su quelle centinaia di documenti nella biblioteca che richiedono l'approvazione del Re.” Vide le labbra di Legolas socchiudersi per rispondere qualcosa ma tentò di impedirglielo posando un tenero bacio sulla sua fronte. “Preferirei di gran lunga usarla per andare a caccia col mio amico del Reame Boscoso come una volta!”

Riusciva a ricordarlo come se non fosse passato neanche un giorno. Forse era per quello che desiderava stare con Legolas: perché gli ricordava il passato. Anche se per molti era stato doloroso e buio, per lui significava l'infanzia con gli Elfi, la giovinezza passata a viaggiare e a conoscere i regni della Terra di Mezzo, le avventure tra i boschi in quella natura ancora non contaminata dall'Oscurità, gli inseguimenti di animali selvatici che quasi sempre venivano di nuovo lasciati liberi e i successivi bagni nei laghi che ridavano la forza e la spensieratezza di continuare... e le notti a guardare le stelle e a lasciare che due anime così diverse si fondessero in una sola. Parole che univano e silenzi che sapevano colmare i vuoti, incatenati tra loro da anelli indistruttibili fatti di leggere carezze e confortevoli abbracci.
Poi la voce di Legolas lo riportò al presente:

“Oh.. così sono ancora tuo...”

“Sì... sempre!”

...amico.
L'elfo arricciò le labbra in un sorrisino e gli diede un colpetto contro il petto con la nuca. Non gli aveva permesso di terminare la frase, ma in un certo senso anche così era completa. Si sentiva suo, legato a quel Mortale che aveva conosciuto ragazzo e aveva imparato ad amare come amico e come uomo. Conosceva ogni suo difetto, ogni sua paura e debolezza, e aveva discusso con lui infinite volte. L'aveva affrontato, aveva vinto e perso, una lite dopo l'altra, importante o futile che fosse alla fine tornava da lui per scusarsi, anche quando non serviva, anche se tra loro non era necessario. Era così diverso da Aragorn, non solo per destino, ma per quelle infinite sfumature che rendono unico ogni singolo essere vivente. Ed erano quelle sfumature, più o meno definite, a renderlo speciale. Le aveva viste anche in Gimli, conoscendolo giorno dopo giorno durante la Missione, e si era stupito di poter diventare amico di un Nano, eppure era successo. Ma col figlio di Gloin era diverso. Era un'amicizia divertente e competitiva, in grado di spronare a dare il meglio di sé ma, nonostante le varie discussioni che avevano avuto, nonostante la conoscenza e il rapporto di fiducia che si era instaurato tra loro, non si era mai sentito libero di lasciarsi andare, non gli aveva mai aperto il cuore, tranne forse una volta, parlando proprio di Aragorn.
Riportò lo sguardo avanti a sé, verso l'Albero Bianco poco lontano da dove si trovavano e vide i rami scuotersi nel vento che stava diventando più insistente.

“Ha quasi raggiunto la completa fioritura,” mormorò, stringendosi nelle spalle, e percepì il lieve movimento del capo di Aragorn per guardare nella stessa direzione. “Ma ha bisogno di una famiglia, non c'è quasi natura qui, dobbiamo riuscire a portare alberi, fiori e animali. Pensa a come risplenderebbe questo posto coi mallorn del Bosco D'oro che crescono rigogliosi agli angoli di grandi giardini fioriti. Devi portare qui un po' di Lórien e Imladris!”

“Se mi stai chiedendo di mettermi ad abbattere queste mura e ricreare Minas Tirith come uno dei vostri reami devi darmi un po' di tempo! Sono Re da nemmeno un giorno.”

Legolas si mise a ridere per qualche istante prima di portare le mani ai due lati e dare delle pacche fiduciose sulle gambe dell'amico
“Confido in te per questo... ma ricorda che quando ti porterò i semi poi non avrai più scuse!”

Aragorn gli prese i polsi e gli riportò le braccia avanti sul petto per stringerlo a sé nuovamente e, senza lasciargli le mani, riprese a parlare a bassa voce, come se nessuno dovesse ascoltare i loro discorsi, come se fossero solo loro e tali dovessero restare.
“Ora mi hai ricordato una delle tante volte che hai evitato le mie domande!” udì un brontolio quasi scocciato da parte dell'elfo ma continuò. “Proprio a Lothlórien, la sera del nostro arrivo con la Compagnia... quando il dolore per la perdita che pensavamo di avere subito si percepiva nell'aria e in pochi riuscivano a trovare riposo.”

 
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