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Autore: Enedhil    19/03/2016    1 recensioni
È il primo Marzo dell'anno 3019 della Terza Era della Terra di Mezzo. La notte è scesa su Minas Tirith e il nuovo Re di Gondor, dall'alto delle mura, è in attesa di quell'alba che darà inizio al suo regno. Ma non è solo. Al suo fianco, come sempre, l'amico che l'ha accompagnato fino a quel momento e che, ancora una volta, gli terrà la mano ricordando con lui il loro passato, prima che il nuovo giorno cominci.
[Prima parte della serie "Dall'Oscurità Alla Luce"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eomer, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'Oscurità Alla Luce'
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~ 2 ~

Aragorn si allontanò rapidamente dal cavaliere di Gondor con ancora quelle parole che gli rimbombavano nella testa come una ennesima conferma di ciò che sarebbe dovuto succedere:
'I Signori di Gondor sono tornati.'
Lui non lo era Non riusciva a sentirsi appartenente a quella stirpe e meno che meno ora riusciva a pensarci. Ora che doveva guidare la Compagnia al posto di Gandalf, non poteva essere discendente di quell'uomo che aveva fallito permettendo al Male di rinascere. Doveva essere forte e saldo per proteggere Frodo e i suoi piccoli amici, e per condurre Uomini, Nani e Elfi verso la vittoria.
Una nuova alleanza dei popoli della Terra di Mezzo dipendeva da lui e dalle sue decisioni.
Sapeva cosa doveva fare, ma aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse che era la cosa giusta.

Vagò per diverso tempo alla ricerca di quella persona ma venne indirizzato solo in ultimo da Haldir, verso una fontana che si trovava in una zona ribassata, abbastanza celata dagli sguardi e raggiungibile tramite degli scalini di pietra. Raggiunse quel luogo, nonostante l'elfo di Lórien gli avesse consigliato di dare tregua al cuore del loro amico che aveva cercato la solitudine in quel punto. Ma non poteva tornare dagli altri, aveva bisogno di lui.

Gli bastò percorrere i primi gradini per vederlo, in piedi, davanti al tavolo di pietra circolare al centro della piccola radura. La corta tunica di un tenue celeste che portava sotto l'abito usato per il viaggio ora rispecchiava quasi i raggi della luna, sembrando di un argento lucente sotto ai capelli che avevano assunto una tinta pallida ed eterea, come pareva essere tutta la sua figura in quel luogo.
Mentre scendeva per raggiungerlo scorse le sue mani, poste ai bordi, stringersi sulla pietra, e le braccia tremare lievemente, seguite dalle spalle che si incurvarono in avanti come sotto un peso invisibile, ma il suo sguardo continuava a restare fisso sulla superficie all'apparenza limpida dell'acqua contenuta nel recipiente posto sul ripiano; un velo vellutato che, solo quando Aragorn fece l'ultimo scalino, si increspò dando luogo a deboli onde concentriche come se fosse stato colpito dalla prima goccia di pioggia che preannuncia un temporale.

Man cenich? (Cosa vedi?)” mormorò il ramingo avvicinandosi con lenti passi all'amico che, pur avendo percepito la sua presenza già da tempo, non ne aveva dato segno fino a quell'istante. Si mise dal lato opposto del tavolo, davanti all'elfo, e posò a sua volta le mani sulla pietra, guardando per qualche istante la superficie che venne di nuovo scossa da quelle lievi onde provocate da qualcosa che sembrava scivolare dal viso dell'elfo.
Legolas? Tiro nin. (Guardami.)” Aggrottò le sopracciglia quando non ottenne nessun segno dall'amico che continuò a rimanere immobile con la testa china davanti a sé. “Man le presta? (Cosa ti turba?)”

Alnad... lym o gwennin nadath, (Niente... solo echi di ciò che è accaduto,)” bisbigliò dopo un lungo silenzio Legolas, lasciando entrare l'aria nei polmoni come se non l'avesse fatto da tempo. “Neithaid a nîr. (Errori e dolore.)” Rialzò lentamente la testa verso il cielo e strinse con forza le labbra prima di continuare, come se cercasse di ritrovare quella stabilità emotiva che gli serviva per andare avanti. “Sì bado... boe a le îdh. (Va ora... ti serve riposo.)” Fece per voltarsi ma venne fermato dalle mani dell'uomo che gli bloccarono le sue contro la pietra, un calore improvviso che gli percorse le braccia fino a raggiungere quel cuore gonfio di dolore che cercava di tenere a bada. Sorpreso da quel gesto inaspettato posò lo sguardo su di lui con un'espressione mista di irritazione e timore di rivelare al compagno quella sua debolezza.
Ho detto vai,” ripeté nella lingua corrente con un tono più deciso. “Non questa notte, Aragorn. Ho bisogno di restare solo per comprendere... torna dagli altri.” Si spostò all'indietro con più forza e si liberò dalla stretta, trascinando quasi l'amico in avanti contro il tavolo.

Perché non rispondi alle mie domande?” esclamò perplesso Aragorn seguendolo con lo sguardo “Perché ti allontani da me? Lascia che ti aiuti a comprendere!” Fece qualche passo per raggiungerlo e gli posò una mano sulla spalla con l'intenzione di fermarlo ma l'elfo si liberò nuovamente dalla presa e quasi con violenza lo respinse indietro, colpendolo con entrambe le mani sul petto tanto da farlo barcollare, e in quel momento l'uomo si rese conto che quel velo opaco che aveva visto poco prima sui suoi occhi, quel velo che impediva alla luce di far brillare quelle iridi blu, erano lacrime celate da un'esperienza millenaria di controllo.

Non ti sono chiare le mie parole?” ribatté subito Legolas dandogli un'altra spinta più debole, questa volta come se in realtà non volesse farlo, come se fosse costretto. “Te ne prego... lasciami! Non te lo ripeterò di nuovo!”

Aragorn fece un profondo respiro ma non si diede per vinto e all'istante si avventò su di lui, afferrandogli le braccia poco sopra ai gomiti.
E cosa farai? Mi colpirai ancora e ancora? Vuoi sporcare col mio sangue la Terra della tua razza?”
Era pronto a una sua reazione e mantenne con decisione la presa quando l'elfo si divincolò con forza, usando le mani per respingerlo. “Tutta questa rabbia... da dove viene? Questo non sei tu.” Lo fissò intensamente e vide per un istante il dolore che tentava di celargli, ma questo attimo di distrazione servì a Legolas per liberare un braccio e agguantare gli abiti del ramingo, strattonandolo in avanti.

E questo non sei tu!” gli bisbigliò l'elfo sulle labbra con indignazione, gli occhi fissi in quelli dell'amico che lo stavano scrutando e che ormai sapevano. Non era riuscito a nasconderglielo. “Devi lasciarmi solo Aragorn... come hai sempre fatto quello che ti chiedevo! Poi tornerò da te, ma questa volta ho bisogno...”

Io... ho bisogno!” lo interruppe bruscamente l'uomo alzando la voce ma poi mormorò quelle altre parole con dolcezza e rassegnazione: “Di te... per questo non posso lasciarti andare. Ho bisogno che tu mi stia vicino.”

Restarono immobili per un lungo momento, aggrappati l'uno all'altro in quella lotta che ormai aveva avuto fine e si era trasformata in una specie di ancora di salvezza per entrambi. Le mani strette per impedire la lontananza, i corpi vicini tanto da sentire il cuore dell'altro battere con disperazione e gli sguardi incatenati in quell'identica anima che stava soffrendo in silenzio fino a quell'istante... e infine i respiri che si perdevano uno nell'altro quasi a fondersi per formare delle parole indistinte che solo loro potevano capire.
Scuse non dette. Un perdono non necessario.
E fu Aragorn il primo a rompere quell'incantesimo fatto di silenzio, quando percepì che era giunto il momento.

Apri i miei occhi, ti prego, mostrami la tua sofferenza! Dimmi cosa fare! Lascia che ti ritrovi.” Parole sussurrate sulle labbra dell'altro, appena percepibili. “Questo timore si sta facendo strada silenziosamente dentro di me come i rami di un albero troppo difficile da abbattere... mi sento perso.”
Sentì la mano dell'elfo lasciargli l'abito e salire lungo il suo collo fino a raggiungergli la guancia e, in un accordo silenzioso, quella posizione di disperato bisogno che avevano tenuto fino a quel momento cambiò repentinamente. Come se ancora fosse necessaria la lotta di poco prima, le mani di entrambi si mossero rapidamente in una danza erratica che li portò l'uno coi palmi appoggiati ai lati del collo dell'altro, le dita ferme sulla nuca e i pollici premuti contro le guance come in una incalzante necessità di sostegno.
Aprimi il tuo cuore come sempre. Io posso sentirla dentro di te... la sofferenza, la vedo nei tuoi occhi, non nasconderti da me!”

Poi i respiri divennero più regolari e quella pressione sui volti di entrambi si tramutò in un tocco gentile, lievi carezze delle dita sulla pelle ruvida e calda di uno e su quella liscia e vellutata dell'altro.

Ho fallito,” bisbigliò infine Legolas senza mai distogliere lo sguardo da lui, quasi gli fosse necessario quel contatto visivo e fisico per farcela. “Avrei dovuto impedire la nostra discesa nelle Miniere, io conoscevo il male risvegliato laggiù, non dovevo permetterlo! Se avessi detto qualcosa, Gandalf sarebbe ancora tra noi e questo...” mosse gli occhi come se qualche immagine gli stesse passando davanti, come se cercasse di dare parole a delle emozioni troppo potenti da descrivere “...baratro oscuro nel quale è precipitato il mio cuore non mi opprimerebbe lo spirito impedendomi di respirare!”

Aragorn lo fissò per degli infiniti istanti percependo la stessa impotenza che aveva provato lui e che ancora provava, poi sentì la pressione delle dita dell'amico sul viso farsi di nuovo più intensa ed allora gli sussurrò dolcemente
Non hai colpe in quanto è accaduto, Legolas, anche Dama Galadriel te lo ha ricordato. Niente di ciò che ha fatto il nostro amico in vita è stato inutile. Ciò che è avvenuto è ciò che doveva essere, dobbiamo solo confidare in lui e in quello che il suo sacrificio ci ha permesso di raggiungere.” Accennò un debole sorriso e chinò la testa riempendo quel brevissimo spazio rimasto tra i loro volti, posando la fronte alla sua. “Sento il tuo stesso dolore, così vicino da sembrare tangibile ma dobbiamo continuare ad avere speranza... per Gandalf, per Frodo, per la Terra di Mezzo...” deglutì e aggiunse in un soffio “...per me. Devi avere speranza per me perché non sopravviverei senza averti al mio fianco!”

Legolas incurvò lievemente gli angoli delle labbra in un debolissimo sorriso e, abbassando le palpebre, mosse la fronte contro quella del compagno.
Mi ero ripromesso di essere la tua forza in questo viaggio,” rispose sospirando “Di darti sostegno quando ne avresti avuto bisogno e di trascinarti quando... le tue stanche gambe Mortali non ce l'avrebbero fatta a continuare.” Sentì la debole risata dell'uomo e proseguì: “Non dovevo cedere alle emozioni per il tuo bene e per quello della Compagnia... ma ho fallito di nuovo e la mia debolezza ci ha portati a questo punto.”

Non hai mai fallito in questo, Legolas!” intervenne subito Aragorn facendogli rialzare la testa per poterlo guardare nuovamente negli occhi. “Perché le tue emozioni e le tue debolezze ti rendono ciò che sei... e tu mi dai la forza di cui ho bisogno! Quando ti sento così... vulnerabile e vicino a me in tutto, in questi momenti mi riempi il cuore di fiducia e spazzi via i dubbi che lo ghermiscono sempre più spesso. In questi momenti... quando sembra che anche tu abbia bisogno di me.”

L'elfo sorrise di nuovo ma questa volta con più decisione e fece scivolare le mani tra i capelli dell'uomo, spostandogli indietro le ciocche scure.
Ogni singolo membro di questa Compagnia ha bisogno di te, della tua guida e della tua saggezza. Non sono l'unico.”

Ma tu sei mio amico... e userò tutto ciò che i Valar mi hanno concesso per non deluderti.”

Legolas socchiuse le labbra per dire qualcosa, per fargli comprendere quanto, anche per lui, valesse lo stesso, ma all'improvviso si bloccò, alzando gli occhi verso la scala di pietra dalla quale Aragorn era sceso poco prima.

Lei sta giungendo qui,” mormorò, come se stesse ascoltando una voce nella sua mente, una voce melodiosa che lo fece sorridere dolcemente.“Ha bisogno di questo luogo, dobbiamo andare!”

L'uomo lo guardò aggrottando le sopracciglia incuriosito ma non fece in tempo a voltare la testa verso quella direzione che l'elfo gli afferrò la tunica sul petto, trascinandolo lontano da quella radura, tra gli alberi che la circondavano: lontano da quello specchio d'acqua dove presto un probabile futuro avrebbe preso forma.

 
~ ** ~ ** ~ ** ~

“Cosa ti disse quella notte?” chiese allora il Re di Gondor quando quel ricordo terminò di essere narrato. “Dama Galadriel... quando mi trascinasti via in quel modo per non essere visti?”

Legolas fissò di nuovo l'Albero Bianco e come sovrappensiero mormorò:
“Leitho i chûn lîn uin naeth a pado i vâd lîn. Nadath na moe cerich, dan i estel na thiliol a chin lîn.
Nathach men ned i amarth dîn. (Libera il tuo cuore dal dolore e percorri il tuo cammino. Molte cose devono ancora essere compiute, ma la speranza è lucente davanti ai tuoi occhi. Tu sarai parte del suo destino.)” Fece un profondo respiro. “Seppe infondermi una fiducia tale da spazzare via ogni dubbio quella notte, ma ci fu un momento in cui dubitai delle sue parole e credetti di aver perso ogni cosa. Forse non completamente. In fondo al cuore sentivo che non era così ma la mia mente mi tradì.”

Aragorn aggrottò le sopracciglia e raddrizzò la schiena per poi portare le mani sulle spalle dell'amico.
“Quando è successo? Non lo rammento.”

“Tu non c'eri,” rispose l'elfo sussurrando appena quelle parole, come se ancora provasse dolore al ricordo. “Eri disperso dopo la battaglia con i Mannari durante il viaggio verso il Fosso di Helm, creduto morto da tutti. Sarei rimasto in quel posto e mi sarei gettato da quel dirupo a mia volta per ritrovarti ma non potevo lasciare gli altri, tu non l'avresti voluto. Così li seguii senza realizzare l'accaduto, come se una parte del mio cuore me lo impedisse, rassicurandomi che saresti tornato. Poi giungemmo al Fosso e quando vidi negli occhi della Dama di Rohan la disperazione alla notizia della tua scomparsa, la mia mente mi abbandonò per delle ore interminabili.”

“Legolas...” l'uomo tentò di ribattere qualcosa ma non trovò parole adatte. Ricordava vagamente quegli istanti: la lotta, la caduta, la voce di Arwen che in sogno gli ricordava che non era tutto perduto e poi il risveglio, Brego e la cavalcata per raggiungere gli altri con nella mente solo il pensiero di avvertire Re Theoden dell'esercito di Uruk che si stava avvicinando. Senza ascoltare la fatica e il dolore del fisico, senza ascoltare il cuore che batteva all'impazzata come in corsa alla ricerca di un posto sicuro dove fermarsi. Non una pausa, un passo dietro l'altro fino a quando, rialzando lo sguardo, lo vide davanti a sé... e allora il suo cuore ebbe un sussulto e tornò alla normalità, come se avesse finalmente raggiunto quel giaciglio nascosto e protetto che stava cercando.

“Ero in piedi, in mezzo a quella gente preoccupata e spaventata, indecisa su cosa fare e a chi rivolgersi per chiedere aiuto, e mi sentii perso come loro. Non sapevo fare altro che stringere nella mano l'unica cosa che mi era rimasta di te e attendere.” L'elfo respirò intensamente e chiuse gli occhi. “Ho pregato i Valar per avere la certezza che quella flebile speranza che mi era rimasta in fondo al cuore fosse reale, perché non avrebbero potuto permettere una cosa simile, perché la Terra di Mezzo aveva bisogno ancora di te... io avevo bisogno ancora di te e quel dono che ti aveva fatto Arwen non era abbastanza per continuare ad avere fede.” Rialzò le palpebre e accennò un sorriso. “E poi ti vidi arrivare davanti a me e tutta la sofferenza svanì quando incrociai i tuoi occhi.”

Aragorn attese qualche istante con l'intento di formulare delle frasi sensate, ma poi lasciò libero il cuore di esprimersi come meglio credeva.
“Pensavo solo a raggiungere Theoden per avvertirlo perché tutti eravamo in pericolo, nella mia mente non c'era posto per altro ma quando alzai la testa e ti vidi... tutto si fermò intorno a me e il mio cuore ritrovò la pace.” Sorrise scuotendo la testa. “Mi persi negli occhi dell'unica persona capace di farmi ridere anche quando tutto sembrava sull'orlo della rovina, e in quel momento mi hai ridato non solo un dono d'amore ma la forza per ricominciare quella nuova battaglia insieme.”

“Mentre tu la forza me l'hai ritolta poco dopo.”

Con quelle parole Legolas si voltò per la prima volta verso di lui, da quando avevano iniziato a ricordare il loro passato in quella notte di gioia e cambiamento. Restò fermo tra le sue ginocchia, le braccia lungo i fianchi e gli occhi lievemente rialzati verso l'amico.
“Abbiamo avuto infinite discussioni, ma quella sera ti ho sentito distante e mi hai ferito. Io ero in errore ma tu, forse per la prima volta, mi hai dato le spalle.”

 
~ ** ~ ** ~ ** ~

E allora io morirò come uno di loro!”

Quelle parole gli rimbombavano ancora nella testa mentre attraversava gli stretti passaggi della fortezza per cercare Aragorn e fare quello che, poco prima, Gimli gli aveva impedito. Il nano aveva ragione, forse avrebbe dovuto lasciarlo solo, era stanco e nervoso e aveva bisogno di pensare. Ma non poteva. Le cose tra loro non potevano restare così... non dette... non lo sopportava, anche se ciò significava andare contro alla ragione per quella battaglia senza possibilità di vittoria che si stavano apprestando a combattere.
Raggiunse un cortile pieno di uomini che si muovevano in preda all'agitazione e rallentò il passo fino a fermarsi quasi al centro. Scrutò i volti intorno a lui quando percepì qualcosa: quella sensazione che lo pervadeva ogni volta che stava con Aragorn, come potenti onde che gli percorrevano il corpo frastornandolo; onde che si infrangevano sulla sua mente e sul suo cuore trascinandoli in un tiepido e piacevole mare profondo senza possibilità né intenzione di tornare a riva. Era lì... e voltandosi lentamente se lo ritrovò davanti.

Dovresti stare con Gimli per preparare gli uomini... se ancora desideri restare qui a combattere con loro.”

La voce dell'uomo era dura e il suo sguardo vagava sui giovani e gli anziani che affollavano quel luogo come se meritassero più attenzione della persona che si trovava davanti a lui.

Legolas lo guardò stupito da quell'atteggiamento freddo e indifferente prima di ribattere:
Tu sai che ho ragione. Sai che non avranno scampo qui fuori contro migliaia di quelle creature, verranno massacrati!”

Questa è l'unica possibilità che hanno e noi gli unici aiuti che riceveranno. Non c'è scelta, Legolas!” Aragorn posò lo sguardo su di lui stringendo le labbra. “Se questo è il destino di cui tu tanto parli... vorrà dire che morirò insieme a quegli Uomini dei quali sarei dovuto essere Re.”

Non dirlo di nuovo!” lo interruppe bruscamente l'elfo alzando la voce. “Come se non fosse importante! Come se non ti interessasse!”

Io sono solo un uomo in un mondo di uomini che devono combattere per la propria libertà ed è quello che farò, anche se non abbiamo speranza.”

L'elfo lo udì pronunciare quella frase sussurrandola, come se non volesse farsi sentire dalle decine di persone che andavano e venivano attorno a loro. Cercò nuovamente i suoi occhi ma il compagno li abbassò e, scuotendo debolmente la testa, lo superò, facendo qualche passo verso la scalinata poco distante.

Se c'è una cosa che ho imparato restandoti accanto,” replicò allora Legolas voltandosi nella sua direzione e alzando la voce, pur mantenendo quel tono dolce e rassicurante che la caratterizzava ogni qual volta voleva essere ascoltato sul serio,“è che c'è sempre speranza!”

Sapeva che non avrebbe ottenuto risposta ed infatti vide l'uomo sedersi su uno dei gradini di pietra con lo sguardo basso. Percepiva l'angoscia di Aragorn, la delusione per non essere riuscito a fare di più per quel popolo che era stato mandato a soccorrere, e l'incapacità di aiutarlo era lacerante. Non avrebbe dovuto attaccarlo in quel modo poco prima. L'aveva lasciato solo ad affrontare quella situazione, aveva dubitato di lui. Ma in quel momento le parole non sarebbero più servite per sistemare le cose.

Ritornò da dove era venuto, raggiungendo di nuovo Gimli e gli altri uomini che si stavano preparando per quella battaglia che avrebbe deciso le sorti del regno di Rohan. Non passò molto che vennero mandati a loro volta nell'armeria per equipaggiarsi a dovere ma in tutto quel tempo restò immerso nei propri pensieri sull'errore che aveva commesso, su Aragorn, sulla seria possibilità di poterlo perdere quella notte senza aver sistemato quella situazione tra loro, e a mala pena udì le parole del figlio di Gloin che lo stava seguendo lungo la scalinata che portava alla sala delle armi.

Sei più silenzioso del solito, orecchie a punta! Che ti prende?”

Solo pensieri che invadono la mia mente nel momento meno opportuno.”

Gimli annuì lanciandogli un'occhiata, bofonchiando tra sé ma con l'intenzione di essere udito:
E questi pensieri non hanno niente a che fare col nostro amico che se n'è andato in malo modo poco fa, vero?”

Legolas socchiuse le labbra per rispondere e, senza rendersene conto, rallentò il passo ma il nano non gli permise di dire niente e proseguì.
Beh, se riguardassero quell'accaduto... e non dico che lo riguardano, ma se così fosse... dovresti andare da lui e dirgli che ti sbagliavi! È un ragazzaccio ma anche quelli come lui vogliono sentirsi dire che fanno la cosa giusta, soprattutto quando non c'è altra alternativa! Sappiamo tutti che sarà dura là fuori stanotte ma dobbiamo essere uniti. Quindi cercalo e sistema le cose adesso che ne hai la possibilità!”

L'elfo abbassò lo sguardo sugli scalini su cui involontariamente si era fermato. Mai in tutta la sua lunga vita avrebbe creduto di poter ascoltare i consigli di un Nano, ma forse quella volta avrebbe fatto un'eccezione. Accennò un lieve sorriso e proseguì ma appena svoltò l'angolo vide che qualcun altro era già presente in quella stanza.

Oh...” esclamò allora Gimli sorpreso. “Tu guarda che fortuna. La ricerca è già terminata!” e senza attendere un solo istante spinse l'elfo lungo gli ultimi gradini.
Legolas spalancò gli occhi a quel gesto inaspettato e si bloccò all'improvviso appena raggiunse il pavimento come in preda al panico. Si guardò attorno rapidamente alla ricerca di qualcosa quando si rese conto che Aragorn non li aveva notati, troppo occupato a sistemarsi gli abiti e la cotta di maglia che aveva indossato... e allora notò la spada dell'uomo appoggiata a qualche passo da lui.

La afferrò e respirando intensamente accorciò le distanze tra loro, alzando la mano per porgergliela. Non appena Aragorn si voltò verso di lui con un'espressione all'inizio sorpresa, incrociò finalmente i suoi occhi e vide di nuovo il suo amico, la fiducia, la speranza e l'amore che li avevano sempre uniti.

Abbiamo creduto in te fino ad ora e non ci hai mai deluso. Perdonami, sbagliavo a disperare.”

Glielo mormorò tutto d'un fiato senza distogliere lo sguardo dal suo e quello che ricevette da quel cielo limpido ed ora senza nuvole, gli bastò per sentirsi sollevato.

Ú-moe edaved, Legolas. (Non c'è niente da perdonare, Legolas.)”

Parole che entrambi sapevano non necessarie, ma che forse, a volte, devono essere dette comunque. Poi la mano l'uno sulla spalla dell'altro che sapeva infondere ad entrambi la sicurezza che facilmente veniva persa in tempi come quelli, ma che quel semplice tocco poteva infondere di nuovo. Sarebbero stati di nuovo insieme, anche in quella battaglia, fino alla fine.

 
~ ** ~ ** ~ ** ~

“E così è Gimli che devo ringraziare per quella notte!” esclamò Aragorn con una debole risata. “Tu mi avresti lasciato con quei pensieri che affliggevano la mia mente senza una parola!”

“Quali pensieri?” gli chiese l'elfo inclinando la testa di lato con gli occhi fissi su di lui.

“Riguardavano la perdita della tua fiducia e il restare senza la mia salvezza.” Scosse la testa con un sorriso amaro al ricordo di tutto quello che gli era passato per la testa mentre se ne stava seduto su quella scalinata, prima dell'arrivo di quel fanciullo che l'aveva scosso dal torpore in cui era caduto. “Pensavo che tu avessi smesso di credere in me e di restarmi accanto nel bene e nel male come avevi sempre fatto. Mi sono sentito sprofondare in un baratro di solitudine nonostante fossi in mezzo a centinaia di persone perché, per tutti questi anni, anche quando ero sul serio solo in qualche posto sperduto di queste Terre, sapevo che tu c'eri. Ti sentivo qui...” si portò una mano sul cuore e l'altra sulla tempia “...e qui. Nonostante la lontananza e gli anni che passavano, ti sentivo al mio fianco. E sapevo che ci saresti sempre stato, ma quella notte quando tutto sembrava peggiorare di ora in ora, ti ho perso. Ho sentito quella fiducia svanire e non riuscivo a perdonartelo.”

Legolas aggrottò le sopracciglia con un sospiro e posò la mano su quella dell'uomo, sopra al suo cuore.
“Tu non mi hai mai...”

“...perso. Lo so,” proseguì Aragorn stringendo le labbra. “Ma ero veramente debole e ho ritrovato la mia forza solo...” alzò lo sguardo al cielo e sorrise “...grazie a Gimli, quindi.”

L'elfo lo osservò in silenzio per un momento poi sorrise a sua volta.
“Sai le parole della Dama del Bosco D'oro? Ora sono quasi certo si riferisse a Gimli.”

Aragorn si riprese all'improvviso, allontanando quei pensieri colmi di tristezza e gli diede una pacca indispettita sul petto con la mano aperta.
“Oh... sei quasi certo?”

“L'unica cosa di Gimli di cui sono certo è che sta russando beato sul tavolo del salone dopo che ha quasi finito una botte di birra per cercare di battermi nuovamente!”

Entrambi gli amici scoppiarono a ridere fino a quando l'uomo prese le mani dell'elfo nelle proprie e mosse le dita sulle sue come per massaggiarle.
“Anche tu te ne sei scolato diverse pinte. Senti ancora quel formicolio nelle dita?”

“Un poco... e a dire la verità prima aveva raggiunto il polso, ma l'ho fatto solo perché ha insistito a volere la rivincita!”

“Ricordo ancora la vostra prima sfida.” Tentò di tornare serio ma non ci riuscì. “I cavalieri di Rohan ti fissavano sconvolti... forse più per la paura che potessi terminare tutte le loro scorte di birra prima della fine!”

“Avrebbero dovuto ringraziare Gimli per essere crollato a terra allora!” ribatté Legolas guardando le proprie mani in quelle dell'amico. “Io avrei potuto continuare tutta la notte.”

Aragorn alzò un sopracciglio con un sorrisino divertito.
“Non avere troppa fede nelle tue capacità, potrei metterti alla prova un giorno o l'altro!”

“Sfida accettata,” sussurrò Legolas, passandosi la punta della lingua tra le labbra. “Ma non con te, tu devi restare sobrio nel caso...”

“Oh... allora ne dubiti!” lo interruppe subito l'uomo, puntandogli l'indice al petto. “Temi di perdere la ragione e vuoi che sia lì a sorreggerti. Ammettilo!”

L'elfo gli afferrò il polso sostenendo il suo sguardo con un sorriso sulle labbra.
“Mai. I miei sensi resteranno gli stessi anche dopo un centinaio di boccali della vostra birra!”

“L'hai detto anche quella notte... eppure c'era qualcosa di diverso in te. Forse, al contrario di noi Mortali, i tuoi sensi si erano amplificati.”

 
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