Questa
storia partecipa
al psycho!contest indetto da chia_3 sul forum di
EFP.
Nei ricordi
Gellert
danza sulle macerie delle vite che ha spezzato.
Gellert uccide ridendo e, quando perde il controllo e la ragione, sa di
chi è
la colpa.
“Saresti dovuto restare con me.”
I suoi luogotenenti non capiscono l’inglese, ma sanno che, quando
Gellert non
parla in tedesco, è meglio sparire.
Gellert odia col sorriso altalenante di chi s’è straziato per amore.
Albus sente freddo in quella landa
desolata, ma non è per il vento gelido e nemmeno per i dieci gradi
sotto lo
zero.
Albus s’avvicina un passo alla volta e, anche da lontano, sente la
risata di
Gellert e pensa di sapere com’è l’Inferno –
niente fanciulle spezzate in bianco e nero, niente porte che sbattono
dietro
capelli dorati, niente tombe di granito senza fiori.
Albus si costringe ad avanzare, un passo alla volta, ma sa già che
perderà.
Gellert
gli sorride e si morde un labbro fino a spaccarselo quando lo vede
arrivare – Gellert vuole che Albus riviva
ogni
momento che ha trascorso con lui, ogni passione lasciata fiorire nel
silenzio,
ogni graffio e ogni bacio e ogni affanno del suo respiro quando al
mondo
sembravano esistere soltanto loro.
Gellert ha costruito attorno a sé una prigione di ricordi, li offre ad
Albus
come fossero una rosa dal gambo crivellato di spine.
Albus non ha ancora imparato a
odiare
Gellert, se ne rende conto con sgomento –
ma Gellert ha lo stesso sorriso di allora e gli stessi occhi verdi dal
taglio
felino, e Albus precipita indietro nel tempo e ricorda, di colpo
ricorda tutto
quanto, e sa esattamente che sapore abbiano quelle labbra, menta e
zucchero
bruciato nel suo respiro dolciastro.
Albus darebbe la sua vita per cambiare il
passato, per impedire a Gellert di fare l’unica cosa che non ha potuto
perdonargli.
Albus gli punta contro la bacchetta perché altrimenti crollerebbe ai
suoi
piedi.
Gellert
sta ridendo, quando una luce dorata lo colpisce in pieno petto.
Gellert cade a terra senza grazia, lame di dolore gli trafiggono la
nuca, ma si
solleva quanto basta per guardare Albus dritto negli occhi con un filo
di
rancore – una trama d’odio intessuta di
baci al chiaro di luna e di promesse impossibili; Gellert sente ancora
il
profumo delle ginestre e lo vede inarcarsi sotto un sole freddo, sotto
le sue
mani.
“Avevamo
promesso.”
Albus guarda il sorriso di
disprezzo di
Gellert e sa d’avere perso – è lo stesso
sorriso che sfoggiava ogni volta che riusciva a fare a pezzi le sue
ritrosie,
lo stesso sorriso che rivolgeva a lei
quando la scorgeva in giardino con le mani magre piene di fiori.
Albus pensa che potrebbe portargli via tutti i ricordi, che
potrebbe lavare
le sue colpe con un sussurro e nessuno lo saprebbe mai, ma guardando
Gellert e
quelle labbra spaccate esita – rivede il
giovane che rideva fino a perdere l’equilibrio, che lo baciava con
ardore e gli
bisbigliava promesse d’amore in tedesco quando credeva che dormisse.
Albus gli volta le spalle mentre lo portano via.
“Dovevi restare con me!”
“Lo so.”