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Autore: Stephanie86    08/03/2016    2 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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12

 

 

 

Uncino e Azzurro giunsero alla fine del tunnel, che si apriva proprio sul cortile interno del castello. Non c’erano molti soldati, in giro. Erano tutti impegnati a tenere a bada Lily sulle mura, evidentemente. 

- State indietro. – disse Killian.

Due uomini del re stavano trasportando un calderone fumante. Si diressero verso le scale e salirono, senza accorgersi di nulla.

- Quello sarebbe per noi? – chiese Robin, riferendosi al calderone.

- Non credo ci piacerebbe scoprirlo. – rispose Regina.

Da fuori giunse il possente ruggito del drago. Malefica, che seguiva il gruppo, sollevò la testa e rimase per qualche istante in ascolto. Regina vide la scintilla di angoscia che passava negli occhi celesti di lei e l’afferrò per il polso.

- Lily ce la farà. – le disse, imprimendo sicurezza nella propria voce. – Ma noi dobbiamo muoverci.

- Perché ho permesso che lo facesse? – domandò Malefica, parlando più a se stessa che a Regina. – Che razza di madre sono? Io dovrei proteggerla, non mandarla là fuori ad affrontare tutto da sola! È stata da sola per tutta la vita.

- Siamo in guerra, Malefica. - Regina le prese la mano, serrandola fra le sue. La fissò con espressione franca, limpida. - Ed è stata una scelta di Lily. Non potevi fermarla.

- Invece sì! Avrei dovuto...

- Tu hai fatto tutto il possibile per tua figlia! Lily... è forte. Non si avvicinerà troppo alle mura e si limiterà a spaventare gli uomini di Artù per tenerli occupati. Andrà bene.

Sì, andrà bene, si ripeté Regina. Deve andare bene. La fortuna ci deve assistere. O sarà tutto inutile. Non solo per Lily ma anche per Emma.

- Andiamo. – disse Uncino.

 

 
- Cos’è successo dopo che Nimue è diventata l’Oscuro? – domandò Emma, mentre lei e Merlino ripercorrevano il sentiero che li aveva condotti nel luogo in cui aveva affrontato l’Oscuro originario.

- Io e il mio Apprendista ci siamo assicurati che la spada fosse al sicuro. – rispose lui. Aveva un’aria decisamente provata. Gli occhi erano rossi e segnati. Sulla gola stavano comparendo i primi lividi. I lividi lasciati dalla sua stretta quasi mortale. – Ho lanciato un incantesimo quando l’ho riposta nella roccia. Solo il vero re di Camelot avrebbe potuto estrarla.

- Artù.

- Lui... non è diventato l’uomo che mi aspettavo. – Merlino scosse il capo, rammaricato. – Poi... ho creato il pugnale. Ho legato lo spirito di Nimue ad esso in modo da poterla controllare. Ma alla fine me l’ha sottratto.

“Quella spada può fare più di una sola cosa... e l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra è già sopra di noi. Io... non sono ancora morta, fanciulla”.

-Ti ha imprigionato nell’albero. – riprese Emma, cercando di non pensare più alla voce di Nimue. – Lei indossava la maschera, allora.

- Sì. Ha preso la maschera indossata dall’uomo che le ha causato tanto dolore.

“Vortigan. Lui uccise la mia gente e distrusse il mio villaggio. Li uccise senza pietà”.

- È più facile convivere con l’oscurità se la mascheri con la vendetta.

“Siamo una cosa sola, adesso. Dobbiamo distruggere quello che ci minaccia. Distruggiamo Merlino!”

- Sapevo che avevi il cuore spezzato. – disse Emma, appoggiandogli una mano sulla spalla e costringendolo a fermarsi. – Ma ora so anche... che Nimue ti ama ancora. È malandato... ma c’è. È ancora lì.

Merlino chiuse gli occhi per qualche istante. Infine sorrise. – Grazie. Significa molto per me.

“Uccidere... ti porta sulla strada oscura”.

“No, Emma, vuol dire avere il potere! Il potere che ti serve per proteggere te stessa e le persone che ami!”

- Secondo te è possibile... – ricominciò Emma. – Che qualcuno possa usare l’oscurità per fare del bene? Per proteggere le persone che ama?

Era un discorso pericoloso e Merlino lo intuì all’istante. – Emma. Non farti tentare da simili pensieri.

- Ma è così?

- Un giorno... forse... esisterà qualcuno abbastanza degno da poter controllare l’oscurità e usarla a fin di bene. Senza che essa corrompa la sua anima. – Il tono di Merlino era benevolo, comprensivo, ma guardingo. – Ma se riusciamo a cancellare l’oscurità, allora non sarà necessario chiedere così tanto a qualcuno.

- Quindi dobbiamo riunire Excalibur alla sua parte mancante.

Per un po’ proseguirono senza parlare. Avrebbe tanto voluto discutere di altro, di qualcosa che non riportasse la sua mente sempre allo stesso momento, allo sguardo spiritato di Nimue, ai nomi degli Oscuri che scivolavano lungo la lama del pugnale, alla sua famiglia... la sua famiglia impegnata a recuperare Excalibur.

- Nimue... ha parlato di un’ombra. – disse Emma, ad un certo punto. – Un’ombra su Camelot. Mi ha chiesto se la sentivo.

- Un’ombra...

- Di cosa parlava? Di me?

“Puoi sentire il potere e anche l’ombra. L’ombra che si avvicina a Camelot! Io la vedo! E tu? Tu la vedi?”

Merlino rifletté un attimo prima di rispondere. Decisamente sapeva di che cosa stava parlando. – L’ombra. È parte di qualcosa che ho visto... molto tempo fa.

- Una profezia?

- Un pezzo di futuro. Il futuro è difficile da leggere, Emma. Non è mai chiaro. Io trasmettevo ciò che riuscivo a cogliere... quei frammenti...

- Cosa c’entra l’ombra?

- L’oscurità. Sono riuscito a vedere solo una grande oscurità che calava sul castello di Artù. Prima che lui nascesse. L’ho detto al mio Apprendista. – Aggrottò la fronte. – Ma adesso non devi pensarci. Quelle cose... non devono avverarsi per forza. Oggi hai vinto, Emma. Hai affrontato il primo Oscuro e hai vinto. Questo è ciò che conta.

Non mi sta dicendo tutto.

- Come intendi distruggere l’oscurità? – chiese Emma, mentre il sentiero svoltava verso destra e si allargava. – Non basta riunire Excalibur, vero? Quello è il primo passo.

- Riunire Excalibur è un passo importante. È necessario. – rispose Merlino. – Quello che verrà dopo sarà altrettanto difficile.

Emma tacque.

“Quella spada può fare più di una sola cosa... e l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra è già sopra di noi. Io... non sono ancora morta, fanciulla”.

- Dove andremo? – chiese Emma. Perché era sicura che Merlino intendesse portarla da qualche altra parte.

Il mago si fermò di nuovo, in mezzo al sentiero. Emma pensò che forse non era giusto insistere con le domande. Le sembrava giusto porle, quelle domande, ma al tempo stesso le pareva sbagliato, quindi si chiese se non fosse meglio lasciare le cose come stavano. Per ora.

Tuttavia, Merlino le rispose: - Ad Avalon. Laggiù... la magia è molto antica. Più antica del primo Oscuro. Ho mandato avanti Lancillotto perché avvertisse sua madre e la Somma Sacerdotessa. Avremo bisogno del potere di Avalon per distruggere definitivamente l’oscurità.

- Il potere di Avalon...

- C’è un punto, sull’isola... un punto in cui l’energia magica è più forte, un punto in cui essa si concentra. È la parte più antica di Avalon. La chiamano... il Tor. Su quella collina sorge il cerchio di pietre che indica il luogo in cui dobbiamo recarci.

Emma aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma in quel momento udì un ruggito. Erano lontano, a diverse miglia di distanza, eppure la costrinse a mettersi in ascolto.

Lily?

Anche il mago aveva sollevato il capo verso il cielo. Ma si riscosse subito dopo. - Andiamo. Non manca molto.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

David parcheggiò il pick up davanti all’accampamento. Nonostante l’ora tarda sembrava che il re fosse ancora sveglio. La sua tenda era riconoscibile per via dello stendardo color porpora appeso all’esterno. Un fuoco ardeva ancora nel bel mezzo del campo.

- Ecco la tenda di Artù. Vado io. Voi due guardatemi le spalle. – disse a Robin e ad Uncino, mentre caricava la pistola.

- E se il nostro disonesto re dovesse attaccarci? – chiese il ladro, procedendo verso la tenda.

- Allora si pentirà di averlo fatto. – rispose Uncino.

- Ehi! Aspettate!

David si fermò di colpo e si voltò. Merida li raggiunse, con l’arco stretto in mano e una freccia già pronta per essere incoccata.

- Merida, che diavolo ci fai tu qui? – chiese Uncino.

- Sono qui per lo stesso motivo. Artù. Quell’uomo ha ucciso mio padre. Quindi vengo con voi. – disse, con un tono che non ammetteva la minima replica.

- Sì, sappiamo di tuo padre. Te l’ha detto Emma? – chiese Azzurro, parlando a voce bassissima.

- Puoi giurarci. Tremotino ha fatto un accordo con lei.

- Sappiamo tutto. – la interruppe David. - Merida, non siamo qui per la vendetta. Abbiamo bisogno di Artù per aiutare Emma. Lui sa delle cose che ci servono.

- Allora facciamolo parlare. Vi aiuterò. E poi lo lascerete a me.

- Vuoi ucciderlo? – chiese Robin.

- No. Intendo sfidarlo.

Non c’era tempo per chiedere spiegazioni. David appoggiò una mano sul braccio di Merida. – Puoi venire con noi. Ma entro prima io.

Merida annuì. Insieme si mossero verso la tenda di Artù. David scostò i lembi per introdursi all’interno.

- Artù. – iniziò, vedendo il re seduto al tavolo con la moglie.

- David! Che bello vederti, amico mio. – Indicò il posto libero accanto a lui. Era molto rilassato, niente lo turbava. Si sentiva al sicuro. – Vieni. Unisciti a noi.

- Perché non mi spieghi, invece, come mai mi hai mentito?

Il sorriso di Artù si spense.

- Perché hai cercato di bruciare la Corona Scarlatta?

Il re rimase qualche istante a fissare David, senza dire niente. Si era fatto rosso in faccia, ma non abbassava lo sguardo. Ginevra quasi non reagì. Sembrava non percepisse alcun pericolo.  

- Quindi hai scoperto...?

- Sì, l’ho scoperto... amico.

- Oh, quella parte era vera.

Merida entrò nella tenda e tese la corda del suo arco. Puntò alla gola scoperta del re. Ginevra si alzò di scatto.

- Hai anche portato i rinforzi! Quanti ce ne sono? – chiese Artù.

- Non importa. Voglio delle risposte e tu me le darai. – David estrasse la pistola. – Abbiamo ascoltato un messaggio di Merlino. Dice che Excalibur e il pugnale un tempo erano una cosa sola. Ma lo sapevamo già.

- E allora? Io non ho Excalibur. Non so dove sia.

- Chi è Nimue? Merlino l’ha nominata nel messaggio. Dimmi chi è. – Puntò la pistola contro di lui. Merida tese di più la corda del suo arco. Alcuni riccioli rossi le erano ricaduti su un occhio, eppure non li scostò. Forse nemmeno se ne accorgeva. Il suo volto era contratto dalla furia. Tutto il suo corpo era in tensione, pronto a scattare.

Per tutta risposta Artù afferrò i bordi del tavolo e lo scaraventò contro David. Velocissimo, si precipitò fuori dalla tenda.

- Sta scappando! – gridò Merida.

Uncino, che aspettava all’esterno insieme a Robin, si lanciò all’inseguimento del re, che fuggì nella foresta.

 

***

 

Camelot. Tre settimane prima della maledizione.

 

Artù stava sistemando con molta attenzione il fodero che proteggeva Excalibur, quando le porte della sala si aprirono e Regina entrò, precedendo gli altri.

- Strega maledetta! Il vostro dannato drago sta arrostendo le mie guardie... – iniziò lui, afferrando  la prima arma che aveva a disposizione, un bastone di ferro sormontato da una sfera costellata di spuntoni.

Regina lo fece sparire e bloccò Artù lì dove si trovava.

- La spada è sul tavolo. – disse Robin.

- Non toccarla per nessun motivo. Sarà certamente incantata. – rispose Uncino, stringendo l’elsa della sua e puntandola contro il re.

All’esterno il drago ruggì di nuovo. Il fuoco si rifletté sui vetri della finestra, colorandoli di arancione.

- Corpo di mille balene, pirata, non preoccuparti. – disse Regina, approssimandosi al re. – Qui non c’è niente che possa farci male. Artù non sa usare la magia.

Il sovrano le sorrise, divertito.

- Salve, ragazzi! – esclamò Zelena. Mise piede nella sala, trascinandosi dietro Biancaneve, legata ed imbavagliata.

Malefica puntò lo scettro contro di lei.

- Non ti conviene. – disse la strega. – Potrei anche decidere di torcerle il collo.

- Che diavolo... – cominciò Regina. Era stata davvero una stupida a pensare che Zelena non avrebbe trovato un modo per liberarsi della sua guardia personale. Non poteva usare la magia, ma in qualche modo riusciva sempre ad ingannare chiunque.

- Mary Margaret! Non provare a toccarla... – disse David.

- Papino è arrabbiato. – Zelena fece in modo che Neve si sedesse in uno dei posti riservati ai cavalieri di Artù. – Vediamo di disfarci di questo.

Artù venne liberato dall’incantesimo.

- Artù è stato così gentile da togliermi quell’affare di dosso. Finalmente. – Zelena mostrò il polso nudo.

- Bene. – disse Malefica. La sfera in cima al suo scettro si illuminò di una luce violacea e sinistra. – Forse è giunto il momento di uno scontro vero. Mi erano mancati.

Regina formò una sfera di fuoco. – Oh, anche a me. Almeno sarà una lotta alla pari.

- Non fatelo! – urlò Robin, in preda al panico. – Il bambino!

Il bambino.

Se avesse potuto scagliare una lunga trafila di maledizioni, Regina l’avrebbe fatto. Era talmente furiosa che non aveva nemmeno pensato alla gravidanza di Zelena.

- Volevo anche avvisarvi che palla di neve non è l’unica a rischiare la vita, qui. – disse la strega, scambiando un’occhiata di intesa con il re. – In questo preciso momento le guardie di Artù stanno incoccando le prime frecce avvelenate della giornata. Veleno delle vipere di Agrabah. Ho chiesto al re di aspettare prima di usarlo. Dovevo accertarmi che la mammina dell’Oscuro non mi creasse troppi problemi.

Malefica abbassò lo scettro. Un orrore profondo misto a sbigottimento la pervase. Avvertì un’improvvisa ondata di debolezza in tutto il corpo.

- Sai, se tu fossi stata un po’ più gentile, forse non vi avrei traditi e non saremmo a questo punto. Mi tocca minacciare anche una ragazza così intelligente come Lilith. – disse Zelena, mettendo le mani sul libro che Artù aveva preso nella Torre di Merlino.

- Oh, sì, invece. L’avresti fatto. – rispose Uncino.

- Ma mi sarei divertita molto meno. Ed ora... – Si chinò sul libro di magia. – Vediamo questo volume di ricette di Merlino...

- L’incantesimo è quello? – domandò Artù.

- Sì. Una ricetta molto ingegnosa. Una pozione incatenante.

- Eccellente.

Regina avrebbe tanto voluto intervenire, ma non sapeva più in che modo farlo senza nuocere al bambino della sorella. Ed evitando che anche Mary Margaret rimanesse ferita. Si sentiva una stupida. Era sicura di poter prevedere il tradimento di Zelena e, invece, era stata raggirata un’altra volta.

La spada nel fodero venne avvolta da un alone verde. Risplendette qualche istante e poi la magia disparve.

- Ecco fatto. – annunciò Zelena, con un sorriso smagliante. – I biscotti sono pronti. E per biscotti intendo dire... che Artù avrà anche una spada più corta di quella che si aspettava, ma sarà in grado di controllare il mago più vecchio del reame.

Artù estrasse la spada e mostrò il nome impresso sulla lama, vicino alla spaccatura.

Merlino.

- Il piano era suo, ma l’ho apprezzato. Felice di essere stata d’aiuto. – concluse Zelena.

- Mille grazie, mia signora. – Artù sollevò l’arma, rimirando il nome dell’uomo che l’aveva fatto sentire un idiota. Il nome dell’uomo che gli aveva rovinato la vita con le sue false profezie.

- Artù, aspetta! Non farlo. So che non la vedi, ma c’è una via d’uscita. – intervenne David, facendosi avanti.

- Merlino! – gridò il sovrano, ignorandolo.

- Possiamo provare a ricominciare tutto daccapo. Ma devi metterla giù.

- Merlino!!

- Emma ti sarà molto più utile come Salvatrice che come Oscuro.

Artù lo fissò con aria annoiata. – Grazie, David. Ma... Merlino!!!

Pochi secondi dopo Merlino apparve nella sala della Tavola Rotonda. Aveva l’aria confusa e sembrava davvero provato. Gli occhi erano segnati e arrossati. Il viso tirato. Rivolse ad Artù uno sguardo pieno di sconcerto.

- Ah, Merlino... – disse lui, puntandogli contro la spada. – Eccoti qui. Per prima cosa, usa la magia per impedire a questa gente di farmi del male.

Merlino alzò la mano destra ed eseguì l’ordine senza fiatare. Le loro armi caddero a terra, una dopo l’altra.

Zelena ridacchiò. – Beh, grandioso!

- È fatta, Artù. Puoi metterla giù. Non ce n’è bisogno. – disse Merlino, lentamente. - Emma ha superato il test.

- Oh, Emma ha superato il test! – Artù mosse verso il mago. – Che bello.

- Ho quello che ti serve per riunire Excalibur e compiere il tuo destino. Dammi la spada. – Merlino tese la mano.

- E darti quindi la gloria? No, grazie.

- Gloria?

Un altro ruggito. Il fuoco colorò nuovamente le vetrate.

- Mi sono stancato di questo drago. – disse Artù, portandosi le dita all’orecchio, come se stesse scacciando una mosca fastidiosa. – È un vero peccato non avere davvero quelle frecce avvelenate.

Malefica trattenne il respiro in un suono aspro che, più che un gemito, era un grido di ribellione e tutto il furore tornò ad abbattersi su di lei.

- Ops! – disse Zelena, mettendosi una mano sulla bocca. – Mi stai dicendo... che non abbiamo frecce avvelenate? Che disdetta! Eppure ero così sicura...

- Sei una... – cominciò Regina.

- Cosa, sorellina? Una perfida strega? Oh, sì. Una perfida strega che tu hai lasciato fuori con la tua vecchia nemica, perché pensavi che lei potesse tenermi a bada. Mi aspettavo di più da te.

- Tuttavia. – intervenne Artù. - Ho uno stregone dalla mia parte. Merlino...

- Mi dispiace non essere stato lì per guidarti, Artù. Non è questo l’uomo che volevo che fossi. – ricominciò.

- Sono esattamente ciò che tu mi hai fatto diventare. Tu con le tue false profezie... prima la spada e poi... e poi la figlia della mutaforma, che ora è là fuori a cercare di assassinare tutti i miei uomini! – gridò Artù, agitando la spada. - L’ho trovata in uno dei tuoi maledetti libri. La profezia su Lilith. E l’incantesimo. Che l’oscurità trovi la sua via, dal grembo materno a un altro dell’inferno... che incantesimo è?

Neve guardò Azzurro, incredula.

- Trasferisce il potenziale oscuro di una persona in... in un’altra.

- Chi l’ha lanciato?

- Il mio Apprendista. Artù, ascolta...

- E la profezia? È Lilith l’ombra che calerà su Camelot, vero? È lei che distruggerà il mio regno!

- Sì. Ma quella profezia è solo uno sprazzo di futuro. Non deve avverarsi per forza. Il futuro è incerto, Artù. Lo sai!

- Rendila inoffensiva. Adesso. E anche sua madre!

- No! – esclamò Malefica.

Merlino diresse il potere verso Malefica, che crollò priva di sensi. Poi serrò le palpebre e all’esterno i ruggiti e le grida cessarono in un battibaleno. Tutti udirono uno schianto. Il fragore di alcuni alberi sradicati che precipitavano al suolo.

- Ero intrappolato. – tornò a dire Merlino. - Ho riposto in te la mia fiducia. Avresti dovuto essere come un figlio per me...

- Taci. Non sono mai stato un figlio per te. - Alzò la spada in modo che Merlino vedesse bene il suo nome inciso su di essa. – Non hai fatto altro che parlarmi della leggenda del grande re Artù che avrebbe estirpato l’oscurità da questo regno! Ora dimmi che non erano tutte bugie!

- Non lo erano. Lo stai già facendo. Sei parte di quella storia.

- Parte?!

- Abbiamo quello che ci serve. Il futuro è nelle tue mani, Artù. Dammi la spada. Possiamo risolvere tutto.

Il re abbassò la sua arma. – No. Io sarò molto di più di questo. Molto più di un re conosciuto per aver sconfitto una dannata roccia!

- Artù, non puoi...

- Silenzio! – intimò. E quando il mago tacque, lui sorrise. – Abbiamo degli altri intrusi. È il momento di farli andare via. Fallo, ora.

Merlino cercò le forze per resistere a quel comando. Forse, se non fosse appena uscito dallo scontro con Emma e Nimue, sarebbe riuscito a trovarle, quelle forze. Ma la sua mente era confusa. Annaspava alla ricerca di un appiglio a cui aggrapparsi.

Rivolse la sua attenzione agli “intrusi” e, con un gesto della mano, li fece scomparire tutti.

 

 
Emma rientrò al Granny’s, reggendo il cofanetto che conteneva la preziosa scintilla. Henry sedeva davanti al bancone, in attesa. Knubbin era ancora legato con il corvo appollaiato su una spalla. Dormiva.

- Mamma, ce l’hai fatta? – chiese Henry. – Hai trovato la scintilla...?

Emma lo abbracciò stretto. – Sì, l’ho trovata. Adesso potremo ricomporre Excalibur e porre fine a tutto questo.

- Finalmente delle buone notizie! – esclamò Granny. – Tutta quest’attesa mi rendeva nervosa... e quel dannato mago non ha fatto altro che russare.

- Russare! – Knubbin si svegliò di soprassalto, spaventando Heathcliff, che sbatté le ali e gracchiò, infastidito. – Io non russo. Vero, Heathcliff?

- Fantastico, mamma. – disse Henry, ignorandolo. – Scacciamo l’oscurità.

- Sì. Dov’è Excalibur?

Knubbin starnutì.

- Non lo so. Non è tornato nessuno con la spada. – osservò Henry, perplesso.

Improvvisamente Emma si fece attentissima. Non le era piaciuto affatto il silenzio che regnava nella foresta e intorno alla tavola calda quando era arrivata e si era fermata un attimo a rimirare la fiamma di Prometeo. Era un silenzio strano. In più, Merlino era svanito nel nulla. Sulle prime aveva pensato che fosse andato a recuperare la spada, ad aiutare gli altri al castello di Artù. Ma adesso sentiva che doveva essere successo qualcosa di più grosso.

- Hai visto Merlino? – domandò al figlio.

- No. Pensavo fosse con te.

- Lo era. Ma poi è scomparso. C’è... qualcosa che non va. Granny! – Emma avvertiva il calore della scintilla persino attraverso il metallo pesante del suo contenitore. – Chiudi la locanda. Credo non sia più sicuro stare qui.

- Sono sempre un passo avanti. – disse la nonna, sbucando dal retro armata di fucile. – Henry, tu vai davanti. Io sul retro.

Emma stava per domandarle se fosse davvero un buon piano. Pensava alla sua famiglia e si chiedeva che cosa fosse andato storto. Si chiedeva se fosse accaduto qualcosa a Lily o a Regina. Se fosse accaduto qualcosa ai suoi genitori, a Uncino... se Artù avesse previsto la trappola e li avesse fermati. Si chiese se Zelena li avesse traditi. Forse in quel momento erano nelle prigioni. Doveva andare da loro. Ciò avrebbe significato aprirsi la strada con la magia, ma che scelta aveva?

“Io non sono ancora morta, fanciulla”.

Poi Granny lanciò le chiavi della locanda al ragazzino, che allungò una mano per prenderle al volo.

E la chiavi si bloccarono a mezz’aria.

Anche Henry e Granny erano immobili. Così come Knubbin e il suo corvo.

- Henry?

Merlino apparve dietro la nonna. – Scusami, Emma... per questa entrata così teatrale. Purtroppo non posso fare altro se non eseguire gli ordini.

- Ordini? Quali ordini?

- Di Artù. Il mio allievo ribelle ha fatto qualcosa che non avevo previsto. – Merlino mosse qualche passo verso di lei. – Sta usando Excalibur contro di me. Mi ha ordinato di riunirla alla sua parte mancante. E questo significa che devo portargli la fiamma di Prometeo e il pugnale.

- No. – disse Emma. Strinse di più il cofanetto con la sua ultima speranza per scacciare l’oscurità.

“Quella spada può fare più di una sola cosa... e l’ombra si avvicina, Emma. L’ombra è già sopra di noi. Io... non sono ancora morta, fanciulla”.

- In caso contrario, Artù ucciderà la tua famiglia. Chiederà a me di farlo e per quanto odi la sola idea... Emma, io obbedirò.

- Artù ha la mia famiglia? – La furia stava salendo come una marea. Una marea nera e risucchiante.

- Sì. È stata colpa mia. Mi dispiace. Mi ha costretto ad imprigionarli e a mettere fuori gioco Lily.

- Fuori gioco?! Non avrai...?

- No. No, Emma. Ma potrebbe essere nei guai. Artù ora mi sta controllando, ma posso... posso ancora dirti che lei sta bene. Però devi... sbrigarti. – Parlare mentre era sotto l’influsso di Excalibur gli costava molto. Il suo viso era contratto dalla fatica. – È vicino al castello... ha perso i sensi. Ho dovuto... ma puoi salvarla. Usa il dono.

- Che dono? – Iniziava a sentirsi frastornata, oltre che furibonda.

- Il tuo legame con Lily. È un dono, Emma. – Merlino si avvicinò di più. Sgranò gli occhi. – Puoi trovare Lily molto più velocemente. C’è sempre stato, questo dono. Fin dal principio. È una conseguenza dell’incantesimo del mio Apprendista.

- Di quale dono stai parlando? Che cos’è?

- Emma... guarda attraverso gli occhi di Lily.

“Puoi sentire il potere e anche l’ombra. L’ombra che si avvicina a Camelot! Io la vedo! E tu? Tu la vedi?”

“Tu la vedi?”

Batté le palpebre. - E la mia famiglia?

- Vuole fare uno scambio. Sono prigionieri nella foresta Caledoniana. Recati là tra un’ora esatta, con la fiamma e il pugnale. Li risparmierà se glieli darai.

- Troppo poco tempo. Non è nemmeno una fiamma.

- Ho visto la tua forza, Emma. Non appena sarai pronta, brucerà. E Artù avrà ciò che desidera. La spada... sarà una vera spada. Di nuovo.

“Io la vedo! E tu? Tu la vedi?”

“Tu la vedi?”

Emma abbassò gli occhi. Le bruciavano nelle orbite proprio come sarebbe bruciato quel dannato pezzo di carbone che aveva estratto dal corpo di Nimue. – Quindi dovrei arrendermi senza combattere?

“Ferma l’oscurità, prima che ti consumi”.

“Io non sono ancora morta, fanciulla”.

- Anche l’accettazione è forza. – disse Merlino. – So che c’è oscurità in te, Emma, ma ti supplico... usa il dono nel modo giusto e non pensare alla vendetta. Non commettere lo stesso errore di Nimue.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

Artù era molto rapido. Correva nella foresta, schivando gli alberi e i rami e cercava di confondere il suo inseguitore, cambiando spesso direzione. Ogni tanto si guardava alle spalle. Killian era sempre più vicino, non mollava. Aveva una gran voglia di acciuffarlo e farlo parlare. Di Merlino. Di Nimue. Artù non ricordava niente di ciò che era accaduto a Camelot, ma sapeva chi era Nimue. Quando era solo un ragazzino, Merlino, rinchiuso nel grande albero, aveva comunicato spesso con lui e qualche volta gli aveva nominato una donna, Nimue, che aveva amato molto.

Era stata Nimue a spezzare Excalibur.

Artù inciampò in un tronco caduto e finì lungo disteso, gridando di rabbia. Killian lo raggiunse, scavalcando l’albero. Avanzò di due passi verso di lui e tese in avanti l’uncino, come se glielo stesso offrendo per aiutarlo ad alzarsi.

Invece Artù si voltò e lo colpì ad una gamba, atterrandolo. Il pirato cercò di recuperare la spada, ma il re lo minacciò con la sua.

- Toh, guarda! – esclamò, con il respiro affannato. – Sembra che abbiate portato solo un uncino a questo duello.

- A dire il vero avevo una spada. – osservò Killian, pescando un po’ di sarcasmo da chissà dove. – Ma a quanto pare l’ho persa.

- Che peccato! Sono sempre gli errori più piccoli a portarci alla morte. – Artù elargì un sorriso all’uomo sdraiato per terra e poi sollevò la spada. Con un urlo la calò su di lui.

Un’altra lama, molto più robusta della sua, si frappose tra di loro. Sbigottito, il sovrano fissò il volto pallido e determinato dell’Oscuro che stringeva l’elsa di Excalibur. La sua Excalibur. Di nuovo intera. Di nuovo la spada che lui avrebbe voluto estrarre da quella dannata roccia. La spada promessa da Merlino.

Emma spinse con tutte le sue forze e Artù si ritrovò disarmato.

- Excalibur... – mormorò.

- Sì. La tua bellissima spada. Ma mi dispiace... non ti servirà a niente. – sibilò Emma. – Non controlla più nessuno ormai.

Lo scagliò contro un albero e il colpo lo tramortì. Si accasciò a terra, privo di sensi.

Killian si alzò, pulendosi le mani sui pantaloni. – Immagino di doverti ringraziare.

- Non devi ringraziarmi di niente. Non ha importanza. – replicò Emma, freddamente.

- Sì che ne ha. Devo... chiederti scusa per quello che ho detto l’altro giorno sulla nave.

- Parli di quando ti sei rifiutato di accettarmi per ciò che sono?

- Sai, sarebbe un po’ più complicato di così...

- Oh, sì. Lo è. Ma tanto... io sono l’Oscuro.

- Tu non sei solo questo, ma molto di più! Mi hai appena salvato... quella era Emma.

Lei tacque qualche secondo. Sul suo viso non vi furono cambiamenti di sorta. Quando ricominciò a parlare, a Killian la sua voce parve ancora più gelida. Ancora più carica di oscurità e furia repressa a stento. – Cosa vuoi da me?

- Voglio aiutarti. Dimmi chi è Nimue. E come può distruggere l’oscurità.

Qualcuno si avvicinava. Emma udì la voce di Merida che chiamava il pirata e poi quella di suo padre.

- Nimue non è un vostro problema. Non più. – Si girò per andarsene. – Ed ora non potete più aiutarmi. Avreste dovuto pensarci quando eravamo a Camelot.

- Perché ti serve Excalibur? E cos’abbiamo fatto a Camelot? Se me lo dicessi... forse potremmo risolvere tutto.

- Sono io che risolverò tutto. – Emma tornò a girarsi verso di lui. – Voi non siete in grado.

- Perché? Rispondi ad una maledetta domanda, Emma! Perché? Cos’abbiamo fatto a Camelot?

Emma abbassò gli occhi, fissando il proprio nome inciso al vertice della lunga lama. L’appoggiò di piatto sul palmo della mano libera. Sollevò di nuovo gli occhi, puntandoli in quelli azzurri di lui. Non c’era più traccia di Emma, a quel punto. Il suo sguardo era di nuovo antico. Vecchio e distante. Non erano più gli occhi della Salvatrice. – Mi avete tradita.

Killian ammutolì.

Non vi fu altro. Emma scomparve in una nuvola grigia e densa, portandosi dietro le sue ultime parole.

Mi avete tradita.

 

 
La centrale di polizia era in penombra, silenziosa e circondata di brutti presagi. L’unica luce proveniente da una lampada sulla scrivania emanava un chiarore poco rassicurante, un bagliore malato. Corrotto.

Regina e Mary Margaret attendevano il ritorno degli altri. Erano andati a prendere Artù, ma tardavano. Solo il piccolo Neal sembrava non accorgersi di niente e, al contrario di loro, non aveva la minima preoccupazione. Neanche sapeva cosa stava accadendo alla sorella maggiore. Per lui il mondo non era cambiato. Dormiva placidamente nel suo passeggino, i pugni stretti, emettendo ogni tanto un debole gorgoglio.

“Non c’è più nessuna Salvatrice in questa città”.

Le cose andavano male. Malissimo. Regina sentiva un’ombra sopra di sé. Sopra tutti loro. E ne aveva paura. Aveva letto e riletto i libri di Merlino e non aveva trovato nemmeno una traccia di Nimue. Quel mago da strapazzo di nome Knubbin non l’aveva mai sentita nominare.

La porta della centrale si aprì. Malefica entrò, accompagnata da Lily.

- Che diavolo succede? Che ci fate qui? – chiese Regina.

- Si tratta di Emma. – disse Lily. – Ha forgiato Excalibur. La spada è... una spada vera.

- Come lo sai? – domandò Mary Margaret.

Lily ci pensò un istante prima di rispondere. Aveva gli occhi orlati di rosso ed era decisamente sconvolta, anche se provava a nasconderlo. – Non so spiegarlo. È stata come... una visione. Come se fossi là con Emma.

- Là dove?

- Dove tiene la roccia con Excalibur. Nei sotterranei della casa. – Lily spiegò che cosa aveva visto. La scintilla che diventava una fiamma. Excalibur e il pugnale che venivano uniti. L’arma di Artù intera. Le voci. Gli Oscuri intorno ad Emma.

- Oscuri? – Mary Margaret non riusciva più a seguirla. – Hai visto i precedenti Oscuri?

- Beh... ne ho visti bene solo due. Tremotino e una donna... Nimue.

Regina e Neve si scambiarono un’occhiata.

- Nimue è la persona nominata da Merlino in quel messaggio, vero? – chiese Malefica.

- Già. Nimue... quindi era un Oscuro.

- Come può un Oscuro essere in grado di aiutare Emma? – domandò Neve, massaggiandosi una tempia.

- Non lo so, ma almeno ora sappiamo chi è. – Regina serrò le palpebre per qualche momento. – C’è altro?

- La spada può fare più cose. – rispose Lily. – Può distruggere la luce. Ma può anche distruggere l’oscurità. Non so in che modo. Ma quella tizia ha detto che Emma a Camelot non era pronta. Adesso invece può distruggere la luce.

La porta della centrale si aprì di nuovo e David entrò, accompagnato da Robin e Uncino. C’era anche Merida con loro. Trascinarono Artù, che imprecava furiosamente, fino ad una delle celle. David prese le chiavi e l’aprì, in modo che gli altri due potessero buttarlo dentro senza troppe cerimonie.

- Siete dei maledetti! – gridò il re, afferrando le sbarre con entrambe le mani. Digrignò i denti come un animale feroce. – Aiutare quella creatura mostruosa! Avete perso il senno! Excalibur mi appartiene!

- Emma sarà anche una strega, ma tu non meriti nemmeno di stringerla, una spada. Sei un codardo. – gli disse Merida, puntandogli un dito contro. – Hai ucciso mio padre, colpendolo alle spalle.

- Tuo padre?

- Re Fergus. Mio padre. Dimmi perché!

Artù non rispose.

- Ti ho appena fatto una domanda! – Merida allungò una mano per afferrarlo, ma Uncino la fermò.

- Non così, signora. Lasciate fare a me. – disse il pirata.

- Nessuno farà proprio niente! – esclamò David. – Artù non ricorda nulla, proprio come noi. E non è che un re senza regno. Per quanto lui odi tutto questo... non ha più importanza.

- Potrebbe averla, invece. Emma, nella foresta, mi ha detto che l’abbiamo tradita. – Uncino era più agitato che mai. Ciuffi di capelli scuri gli ricadeva scompostamente sulla fronte imperlata di sudore. Aveva la camicia stropicciata, i jeans impolverati e l’espressione di chi aveva passato una serie di brutti momenti.

- Tradita? – disse Regina.

Uncino raccontò a tutti del suo incontro con Emma.

“Mi avete tradita”.

- Che cosa diavolo abbiamo fatto? – disse David, parlando più a se stesso che ai presenti.

- Forse niente. – rispose Mary Margaret. – Forse quella che ha parlato con Killian non era neppure Emma. È possibile che Emma non ci sia più. O ci sia solo a tratti.

- Nella foresta era Emma a parlare. – ribadì Uncino.

- Excalibur è davvero... intera, quindi. – disse Regina.

- Lo sapevate già?

- Sì, Capitan Mascara, lo sapevamo. Lily ha... visto quello che è successo.

Naturalmente tutti fissarono Lily. Regina si affrettò a metterli al corrente della situazione, ma la sua mente stava già rincorrendo una serie di pensieri.

“Mi avete tradita”.

Riusciva ad immaginare Emma mentre pronunciava quelle tre parole. Riusciva ad immaginare il suo volto terribilmente rigido, i suoi occhi verdi che lampeggiava d’ira. Riusciva ad immaginare l’inflessione della sua voce, raggelante, dura come la pietra. La stessa che aveva udito lei al molo quando si erano incontrate per la prima volta dopo il loro ritorno a Storybrooke.

“Ce la puoi fare, mamma. Puoi essere la Salvatrice”.

“Non succederà”.

“Tu non pensi che io possa esserlo”.

“So che non lo sei”.

Era come seguire un guinzaglio. Un guinzaglio che si perdeva nel buio. Avrebbe tanto voluto lasciarlo cadere prima di vedere che cosa si nascondeva alla fine. Ma in qualche modo sapeva che l’aveva voluto. In qualche modo sapeva che doveva seguirlo, doveva scoprire cosa c’era nel baratro.

- Cos’è questa storia, ora? – domandò Uncino. – Puoi comunicare con Emma?

- Non è qualcosa che posso controllare. – replicò Lily, con una certa asprezza. – Del resto... non sono molte le cose che controllo.

Malefica le strinse una spalla per confortarla.

- Ma Emma forse sì. E se Emma ne è al corrente, essendo l’Oscuro potrebbe essere più avanti di noi. – disse Regina. – Questo significa che conosce le nostre mosse con largo anticipo.

- Per tutti i diavoli... – disse Uncino, stringendo la mano a pugno.

- Questo Oscuro... – ricominciò, focalizzandosi sul problema principale. – Ha Excalibur. E distruggerà la magia bianca.

- Quindi pensi che il problema sia questo? – domandò Uncino. – Una spada... che non ha ancora usato.

- Perché le manca qualche ingrediente per lanciare l’incantesimo! – Si chiedeva davvero perché Capitan Mascara fosse così ingenuo. Non capiva ancora cos’avesse in mente di fare Emma, ma era chiaro che non sarebbe piaciuto a nessuno di loro. – Dobbiamo impedirle di trovarlo. Solo così potremo riprenderci la nostra Emma.

La nostra Emma.

Per un istante Regina si soffermò su quello che aveva appena detto. E si accorse che lo pensava sul serio. Voleva che Emma tornasse ad essere ciò che era un tempo. Rivoleva la Salvatrice. Rivoleva la Emma che aveva spezzato la sua maledizione. Rivoleva la donna che l’aveva salvata dall’essere che le avrebbe volentieri risucchiato l’anima, finendo nel vortice al posto suo. Rivoleva la donna che l’aveva aiutata a salvare Storybrooke dalla distruzione. Rivoleva... la Emma che si era presentata a casa sua con Henry, esordendo con un semplice e imbarazzato ‘salve’, che le aveva chiesto qualcosa di più forte dopo che lei le aveva offerto il succo di mele. Rivoleva la madre di suo figlio. Ad ogni costo.

- Rimanete pure qui a cercare incantesimi finché non vi cascano gli occhi. – rispose Uncino. – Non è questo il modo giusto. Se vogliamo aiutare Emma dobbiamo capire che cosa diavolo è successo a Camelot.

- Dov’è Lily? – domandò Malefica, all’improvviso.

In tutta quella confusione nessuno aveva più badato all’amica di Emma.

Lily non c’era più.

 

***

 

Camelot. Tre settimane prima della maledizione.

 

- Facciamo ciò che il re ha ordinato.

Lily socchiuse lievemente le palpebre. Ombre aleggiavano intorno a lei. Forme indistinte.

Dove sono?

Avvertiva dolori sparsi in tutto il corpo. Quando provò a muovere la testa, le parve di avere delle lame arrugginite al posto dei tendini.

- Sbrighiamoci, prima che si riprenda e si trasformi di nuovo.

Udì un rumore. Una spada che veniva sfoderata.

Emma!

Il castello!

Ritrovò alcuni ricordi degli ultimi istanti prima che l’oscurità l’avvolgesse, portandola con sé. Volava sopra il castello di Artù, sputando fiamme contro i suoi uomini, che si riparavano dietro le mura o sotto gli scudi. Piogge di frecce erano state scagliate contro di lei, mentre riversava la sua ferocia sulla finta perfezione della dimora di Artù. Ricordava gli stendardi che bruciavano, una torretta in fiamme, un uomo che cadeva giù dai camminamenti e finiva nelle acque melmose del fossato che circondava il castello. Le urla. Gente che fuggiva.

Poi più niente. Era successo qualcosa. Forse era stata colpita.

Ho perso i miei pensieri felici.

Sopra di lei si delineò una faccia barbuta e determinata. Una testa coperta da un elmo. Dietro di essa, tra gli alberi, una delle torri del castello svettava verso il cielo. Il profilo delle montagne che facevano da sfondo a Camelot.

Poi il barbaglio di una lama. Sir Morgan, il padre della ragazzina che piaceva ad Henry, impugnò l’elsa con entrambe le mani.

Lily capì che sarebbe morta e non ebbe nemmeno paura. Non aveva la forza di rialzarsi. Le faceva male dappertutto.

- L’Oscuro. – mormorò un’altra voce, improvvisamente terrorizzata.

Sir Morgan si ritrovò sospeso a mezz’aria. Lily lo vide mentre agitava le gambe e le braccia, freneticamente, per poi arpionarsi la gola. Due uomini che erano con lui vennero lanciati contro gli alberi e persero conoscenza. Un altro si affrettò a darsela a gambe, ma la magia di Emma lo afferrò saldamente per le caviglie e poi lo spedì lontano.

Il padre di Violet continuava ad annaspare in cerca d’aria. L’Oscuro, con il pugnale stretto nella mano sinistra, lo rimirò come se fosse stato un disgustoso scarafaggio.

- Quindi non solo avete detto a mio figlio che non può stare con Violet perché è solo uno scrittore... e non un cavaliere. – disse. – Ma volevate anche uccidere Lily.

Sir Morgan bofonchiò qualcosa.

Lily non si mosse.

“So che c’è oscurità in te, Emma, ma ti supplico... usa il dono nel modo giusto e non pensare alla vendetta. Non commettere lo stesso errore di Nimue”.

- Non mi arrenderò senza combattere. – mormorò Emma. La voglia di spezzargli il collo era molto forte. Immaginava già il suono dell’osso che si rompeva.

“So che c’è oscurità in te”.

“Io non sono ancora morta, fanciulla”.

 “... usa il dono nel modo giusto e non pensare alla vendetta. Non commettere lo stesso errore di Nimue”.

- Ho sentito che Artù vi ha dato un ordine. Volevate uccidere Lily. Perché? – chiese Emma.

Sir Morgan non rispose. Continuava ad agitarsi, ma i suoi occhi sembravano sfidarla.

- Vi ho fatto una domanda, quindi esigo una risposta. A meno che... – Emma lo lasciò cadere e lo inchiodò a terra. Si stagliò sopra di lui, minacciosa. – A meno che non desideriate che me la prenda con vostra figlia. So dove trovarla...

- No... – mormorò Sir Morgan, ora terrorizzato. – No. Uccidete me.

- Potrei anche farlo. Ma l’Oscuro si prende sempre ciò che di più caro avete al mondo. – Emma si inginocchiò, puntando il pugnale alla gola del cavaliere. – Avete la possibilità di salvarvi e di salvare anche vostra figlia. Perché il re vuole uccidere Lily?

- La profezia...

- Quale profezia?

- La profezia di Merlino. Lei è l’ombra che calerà su Camelot. Lei è l’ombra legata al vostro pugnale.

“Puoi sentire il potere e anche l’ombra. L’ombra che si avvicina a Camelot! Io la vedo! E tu? Tu la vedi?”

Emma scagliò Sir Morgan contro un tronco, come aveva fatto con i suoi uomini. Il colpo lo stordì e lui si afflosciò, perdendo anche l’elmo, che rotolò in mezzo alle foglie.

Non pensò più al cavaliere e raggiunse Lily. Curò le sue ferite con la magia. Ne stava usando molta e più la usava più sentiva il potere crescere, pulsare, inondarla come una marea. Più la usava e più avvertiva il bisogno di farlo di nuovo. Di schiacciare quegli scarafaggi.

- Credevo che gli avresti uccisi tutti. – ammise Lily, rialzandosi in piedi.

- Non eri tu quella fiduciosa nelle mie capacità?

- Beh, sì. Ma avresti dovuto vederti...

Emma era sicura che non avrebbe mai voluto vedersi e tuttavia scosse il capo. – Non serve a niente ucciderli. Abbiamo altro a cui pensare. Mi serve un passaggio. Pensi di farcela?

- Ora che mi hai guarita, sì. Che cosa diavolo è questa storia della profezia?

- Un’altra storia. Te la racconterò dopo. Andiamo nella Foresta Caledoniana. – Emma sollevò il pugnale e osservò il nome impresso sulla lama. – Ho un appuntamento con Artù.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

- Tremotino... – disse Lily, entrando nel negozio di Gold e richiudendo la porta con violenza. – Ho bisogno di parlarti.

- Quante visite, questa sera. – disse l’uomo. - Belle, è solo l’amica di Emma.

Lily si voltò solo per vedere Belle in un angolo del locale, con una balestra in mano e una freccia pronta ad essere scoccata.

- Scusa... sono sempre convinta che possa trattarsi di Emma. – spiegò, mettendola giù.

Lily avvertì una risata folle montarle dentro. – Che cosa credi di fare con la balestra?

- Purtroppo non abbiamo altri mezzi. – si affrettò a dire Tremotino. Uscì da dietro il bancone, appoggiandosi al bastone. – Beh, li avevo. Ma temo che Emma li abbia trovati. Cosa posso fare per te, Lilith? Immagino che anche tu stia cercando un modo per far parlare l’Oscuro.

- Anch’io? È venuto qualcun altro?

- Killian è stato qui poco fa. – disse Belle.

- Cerca un modo per costringere Emma Swan a confessare. E non credo che ci riuscirà. Non se è vero quello che ha detto. Ovvero che l’hanno tradita. – Tremotino assunse un’aria assorta. – Ed io posso dire con certezza che non mente.

- Davvero?

- Lilith... sono stato l’Oscuro per molto tempo. Come Oscuro ho stretto moltissimi accordi, con moltissime persone. Le ho manipolate e ho nascosto i miei piani per ottenere ciò che volevo. Qualcosa che comunque... ho perso. – Venne avanti. Nel complesso il suo aspetto appariva fragile. Dismesso. Non solo per via della zoppia. – Emma... nasconde i suoi piani. È molto brava. Ma io l’ho guardata negli occhi quando ero suo prigioniero. So che cosa ho visto.

- Cosa?

- Rimpianto. Rabbia. Ferocia, persino. Sete di potere. Tristezza.

“Rimpianto. Rabbia”.

“Io sto cercando di proteggerti! Ma tu non riesci a capire... non hai idea di che cosa sia la verità! Non hai idea di che cosa io stia facendo! E quando gli altri ce l’avranno... si renderanno conto da soli che sarebbe stato meglio non sapere!”

- Emma dice che sta facendo tutto questo perché vuole proteggermi. Da cosa?

- Io non ho queste risposte. Sei venuta dalla persona sbagliata. Ormai non sono più... quell’uomo.

Lilith non aveva nemmeno perso tempo ad invocare Emma prima di mettere piede nel negozio di Gold. Anche se fosse venuta, non avrebbe mai parlato. – C’è un... legame tra me ed Emma.

- Ne sono a conoscenza.

- Quel legame ci permette di vedere... l’una attraverso gli occhi dell’altra. – Spiegò a Gold quello che le aveva spiegato anche sua madre e dopo di lei Regina.

- Una volta l’avrei trovato affascinante. – rispose lui, sorridendo. – È un dono. Un dono molto... importante. Ma ora che Emma è l’Oscuro potrebbe essere un’arma pericolosa. Emma saprà controllarlo meglio.

“Rabbia. Ferocia, persino”.

- Ditemi come posso controllarlo, allora. Forse posso aiutare gli altri a capire, se lo controllo.

Tremotino pensava che Lilith emanasse un potere notevole. Non era più l’Oscuro, ma non serviva esserlo per percepire il potere. Bastava guardare gli occhi della ragazza. Bastava ascoltare le inflessioni della sua stessa voce. – Controllarlo non è semplice.

- Cosa devo fare? Concentrarmi? Concentrarmi su Emma?

- Hai troppa fretta. Non si tratta di concentrarsi!

Lo sto facendo davvero? si chiese Tremotino, preso in contropiede. Lo sto facendo?

Il suo tono aveva assunto una sfumatura didattica. Il tono che avrebbe avuto un insegnante con la sua giovane allieva. Il tono che avrebbe usato... con Regina. Ecco, sì. La figlia di Malefica gli ricordava Regina. Per un sacco di motivi.

- La magia... non è concentrazione. La magia è emozione. Anche questo dono dipende dalle emozioni. Dipende dall’istinto. – Tremotino si avvicinò un po’ di più a Lilith. – Hai bisogno di tempo per imparare. Purtroppo di tempo non ne abbiamo, al momento. Ed io non sono più la persona adatta ad insegnare queste cose.

“Rimpianto. Rabbia. Ferocia, persino. Sete di potere. Tristezza”.

- Non siete più adatto a niente. – ribatté Lily. Si diresse a grandi falcate verso la porta. – Potevate solo essere usato per estrarre una maledetta spada da una roccia!

Se ne andò e Tremotino non tentò nemmeno di fermarla.

- Rischia di farsi male, Tremo. – osservò Belle, guardando la porta chiusa.

Lui non rispose.

 

 

Uncino si gettò dal tetto del municipio subito dopo aver invocato Emma e pensando a quando fosse folle ciò che stava facendo.

“Mi avete tradita”.

Ma doveva farlo. Doveva sapere. Era sicuro che Emma non l’avrebbe lasciato morire.

“Mi avete tradita”.

La sua voce era fredda come ghiaccio. Era affilata come la lama di una delle sue spade. Ma lei era ancora là, da qualche parte. L’oscurità non l’aveva ancora risucchiata nel suo vortice.

“Perché ti serve Excalibur? E cos’abbiamo fatto a Camelot? Se me lo dicessi... forse potremmo risolvere tutto”.

“Sono io che risolverò tutto. Voi non siete in grado”.

Mancavano tre metri all’impatto con l’asfalto, quando una densa nuvola magica lo avvolse e un istante dopo Killian si ritrovò in piedi in mezzo al parcheggio vuoto. Vuoto a parte Emma, che gli stava dinanzi, le mani dietro la schiena, l’espressione mortalmente seria, le labbra serrate.

- Eri sicuro che ti avrei salvato.

- Beh, direi di sì. Devo sapere che cos’è successo. Che cosa intendevi quando hai detto che ti abbiamo tradita.

- Non è così semplice.

- Potrebbe esserlo. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, io ti ho già perdonata...

Emma spalancò gli occhi. – Non ho bisogno di essere perdonata. Siete voi che dovreste chiedermi perdono.

- Non siamo riusciti a salvarti? È questo? Abbiamo pensato di poterti salvare e per qualche ragione non ci siamo riusciti? – Killian aprì le braccia. – Dimmelo e basta. Ho fatto molte cose terribili nella mia vita. Tu le hai accettate.

- Oh, pensi che sia la stessa cosa? Tu non ne hai la minima idea... – Ora Emma era furiosa.

Killian sollevò la mano, mostrando i suoi anelli. Prima gli fece vedere quello sull’anulare. – Questo apparteneva ad un uomo di nome Barnaby. Mi ha chiamato Jones Mano Monca ed io l’ho ucciso davanti a sua moglie. Poi ho preso il suo anello.

- Ho sentito abbastanza...

Gli fece vedere quello sull’indice. – Questo qui... Egg. Un marinaio. Ha bevuto il vino del capitano. L’ho annegato.

- Ma che storie terribili... – commentò Emma, sarcastica e pungente.

Il pirata la fissò, leggermente attonito.

- Che ne dici di questo? – Lei aprì la mano. Nel suo palmo c’era un anello agganciato ad una catenella d’argento.

- Credevo di averlo perso a Camelot... – mormorò Killian.

Emma glielo lanciò. Lui non lo prese e l’anello cadde, tintinnando.

- Perché lo stai facendo?

- Non mi serve più, questo anello. E ti conviene tornartene a casa ad annegare i tuoi dispiaceri nel rum. La conversazione è terminata. – Emma gli voltò le spalle, pronta ad andarsene.

- So che non lo pensi.

- Perché non ricordi. Ecco perché sei così sicuro di quello che dici.

- Emma...

Lei agitò una mano davanti alla sua faccia e Killian cadde a terra, svenuto. L’anello rimase là sull’asfalto, vicino alla manica della sua giacca, luccicante.

La catenella d’argento era spezzata.

 

***

 

Camelot. Tre settimane prima della maledizione.

 

Emma stringeva tra le mani il cofanetto nel quale era rinchiusa la fiamma quando Lily, in forma di drago, planò nel punto in cui Artù aveva portato tutti gli altri.

I suoi genitori, Uncino, Regina e Robin erano legati agli alberi, i polsi chiusi da robuste catene, mentre la strega e il re attendevano il suo arrivo. Merlino era accanto ad Artù, ubbidiente come un cagnolino ammaestrato. Malefica era legata come tutti gli altri, ma era anche priva di sensi, in modo che non potesse trasformarsi. Zelena aveva preso il suo scettro.

Artù sollevò Excalibur non appena vide il drago, con Emma in groppa. Quando toccò terra, la creatura mutò di nuovo, recuperando la forma umana.

- Eccovi qua, finalmente! Cominciavo a chiedermi quando sarebbe cominciata la festa! – esclamò Zelena. Aveva indossato la sua migliore tenuta da strega, con tanto di cappello a punta. Il nero del vestito metteva ancora più in risalto gli occhi azzurri, che dardeggiano divertiti.

- Dammi quello che ti ho chiesto, essere maledetto. – disse subito Artù ad Emma. – E tieni a bada quel mostro che ti accompagna.

Emma mise una mano sulla spalla di Lily e poi si fece avanti.

- Emma, non lo fare! – gridò Regina, armeggiando per liberarsi dalle catene. Erano catene robuste ed erano anche incantate. Merlino, eseguendo un ordine di Artù, le aveva costruite con la sua magia, una magia che Regina non conosceva e non era in grado di distruggere.

- Oh, lo farà, invece. – rispose Zelena, elargendo un sorriso splendente alla sorella.

Emma continuò a tenersi stretta la fiamma di Prometeo. Lily aveva poggiato una mano sull’elsa della spada.

- Vediamo... – disse la strega, notando l’esitazione. – Chi dovrei giustiziare per primo? Il tuo fidanzatino con una mano sola? O tuo padre?

Emma lanciò un’occhiata ad Uncino e poi a David. Infine porse il cofanetto a Zelena. – Puoi avere la fiamma.

Zelena la prese immediatamente.

- Controlla che sia la vera fiamma! – ordinò Artù.

Lily stava già sorridendo, quando la strega aprì la scatola.

Vi fu un rumore secco, come di una frustata. Poi la magia che Emma aveva fabbricato appositamente esplose, afferrando Zelena per le braccia e trascinandola indietro. Sorpresa, lei non ebbe il tempo di reagire. Si ritrovò con la schiena schiacciata contro il tronco di un albero e con delle cinghie dotate di vita propria che le serravano il busto e le braccia.

Regina sorrise, estasiata e orgogliosa.

Lily recuperò lo scettro di Malefica. Non aveva la minima idea di come usarlo, ma improvvisare era la soluzione migliore, al momento. Quindi lo puntò contro il sovrano.

- Hai intenzione di restituirmi la mia famiglia o dobbiamo continuare a combattere? – chiese Emma, con calma.

- Merlino! – gridò Artù, alzando la spada.

- Per favore, Emma... – la supplicò il mago. – Dagli la fiamma. Non è una battaglia che puoi vincere.

- Sentite il mago più potente del reame... – ribatté Lily. – Non è nemmeno in grado di controllare l’oscurità! Lui che ha creato il pugnale...

- Lily... non rendere le cose più difficili. Siete molto potenti. Ma non abbastanza. – le rispose Merlino.

Lo stregone diresse il suo potere contro l’Oscuro, che rispose raccogliendo tutte le sue energie. Le magie si scontrarono e cercarono di respingersi a vicenda, lampi di luce azzurri e bianchi che scaturivano dalle loro mani. Emma capì immediatamente che Merlino era troppo forte. Lei era l’Oscuro, ma lui aveva mille anni ed era immortale, aveva bevuto dal Graal e l’aveva rimodellato per creare Excalibur, aveva creato il pugnale per controllare Nimue e sapeva come distruggere la sua oscurità.

Stava per cedere, quando lo scettro di Malefica prese vita nelle mani di Lily e un’onda di potere esplose, colpendo Merlino alla testa. Lo stregone venne scaraventato all’indietro e cadde ai piedi di Azzurro.

- Che diavolo fai, Merlino?! Rialzati! – urlò Artù, in preda alla furia. – Combattili!

Emma vacillò sulle gambe. Regina lottò con più ferocia contro le catene.

Merlino si alzò, scuotendo il capo. – Ti supplico, Emma... vorrei che tu potessi sconfiggermi. Ma non puoi...

- Merlino, sbrigati! Uccidi la mutaforma che ha tanta voglia di imitare sua madre!

Emma aveva la testa inondata di confusione e le orecchie le fischiavano orribilmente. Aveva voglia di uccidere. Di prendere Artù per il collo come aveva fatto con Sir Morgan e ucciderlo. Definitivamente.

Merlino si girò verso Lily. – Mi dispiace...

- Fermo! – riuscì a gridare Emma. – Devi combatterla!

- Non posso. – Lo stregone puntò una mano contro Lily.

- Se mi darai la fiamma, nessuno si farà male, Oscuro. – le ricordò il re, venendo avanti. – Fiamma e pugnale. È tutto ciò che mi serve. In caso contrario, assisterai alla morte delle persone che ami!

- Sei lo stregone più potente che sia mai esistito! – urlò Emma, ignorandolo. – Se tu non riesci a sconfiggere l’oscurità, allora nessuno può!

Gli occhi di Lily cambiarono colore, diventando dorati. Lasciò cadere lo scettro.

Il corpo di Merlino era scosso dai brividi. Gli occhi sembravano in procinto di scoppiargli nelle orbite e il suo viso era sempre più teso. Le dita si mossero sensibilmente e Lily venne arpionata per il collo prima che potesse completare la trasformazione.

- L’hai creata tu, quella spada! – urlò Emma, fuori di sé. – L’hai creata tu! Possibile che non ti rimanga un briciolo di forza per combattere tutto questo? Che razza di stregone sei? Dov’è l’uomo che diceva che avrebbe distrutto l’oscurità?

- Uccidi la mutaforma, Merlino! – ordinò di nuovo Artù. Pareva stesse delirando. Aveva la fronte imperlata di sudore, i capelli in disordine, la bocca distorta in una smorfia animalesca. – Ferma la dannata profezia! Camelot è il mio regno! Tu mi hai indicato come re! È anche colpa tua se siamo arrivati a questo! Adesso ti ordino di aiutarmi a salvare questa terra!

Merlino si rivoltò contro di lui. Con un ultimo, immane sforzo, si sottrasse al potere della spada e lasciò libera Lily.

- Ho detto: uccidila! – ricominciò Artù. – Nel nome di Excalibur, io ti comando di ucciderla!

-  Non posso... controllarlo a lungo. – disse Merlino.

Lily recuperò lo scettro di Malefica e, non appena le mani lo strinsero, il potere racchiuso in esso si manifestò di nuovo, dirigendosi verso il bersaglio. Artù si ritrovò gambe all’aria e perse la spada. Merlino approfittò del momento di tregua per liberare tutti i prigionieri dalle catene. Lily si affrettò a gettarsi in avanti per recuperare Excalibur. Killian e David accorsero. E tuttavia il re fu molto più rapido di loro; riafferrò l’elsa e roteò l’arma in tutte le direzioni, costringendoli ad indietreggiare.

- Questa spada mi appartiene. – sibilò Artù.

Il drago prese vita prima ancora che lui avesse finito la frase. Lily guardò sua madre che puntava il sovrano con i suoi occhi accesi e le narici fumanti. Una delle sua zampe quasi lo calpestò, schiacciandolo sotto il suo peso. Artù scansò l’arto del drago e Killian ne approfittò per fargli uno sgambetto. La spada cadde un’altra volta tra le foglie.

- Prendete Excalibur! – gridò Regina. Formò una sfera di fuoco. – Io e la mia vecchia amica facciamo i conti con questo pseudo-re.

Malefica si stava già occupando di Artù. Abbassò la testa e spalancò le fauci davanti alla faccia dell’uomo.

Mary Margaret raccolse la spada.

- Io aggiungerei: prendete Excalibur e riconsegnatela al legittimo proprietario. Non ti sembra più giusto, sorellina? – Zelena usava Lily come scudo personale. Le cinghie che l’avevano avvinghiata al tronco erano state brutalmente spezzate. Le era caduto il cappello nero da strega ed ora i capelli rossi erano una massa infuocata che le ricadeva ai lati del viso.

Emma guardò in su. Ancora non si sentiva molto padrona di sé. Zelena premeva un pugnale contro la gola di Lily.

- Metti giù Excalibur, mammina. Oppure il piccolo drago si farà molto male. Abbiamo giocato abbastanza per oggi.

- Merlino... – iniziò Mary Margaret.

- Rischio di fare del male anche a Lily, se intervengo. – disse lui. – E alla bambina della strega.

- Oh! – esclamò Zelena. Accennò un sorriso vittorioso e pieno di orgoglio. – Mi stai dicendo che... è una femmina? Sono estasiata. Hai sentito Robbie?

Malefica emise un ruggito basso e cupo. Regina non sapeva che cosa fare. Sua sorella non era in grado di darsi per vinta. Trovava sempre un modo per raggirarli.

- La spada, grazie. – disse Zelena. – Dopo sarà la volta del pugnale e della fiamma.

Emma si alzò da terra. D’improvviso il suo piano si era complicato, rivelandosi un fallimento e lei sentì di avercela con il mondo intero. Con se stessa e con i suoi genitori, che una volta avevano tentato di salvarla dall’oscurità, ma avevano solo rimandato l’inevitabile. Con Regina, perché lei si era sacrificata, diventando l’Oscuro, per aiutarla. Con Uncino e con Merlino. Con Lily, che si metteva sempre nei guai. Con Nimue. Con Tremotino. Con tutta la stramaledetta compagnia. Perché toccava a lei essere quella che reggeva il peso principale? Che specie di ingiustizia era mai?

- Mamma... dalle Excalibur. – disse Emma.

- No.

Emma la fissò, trasecolata.

- Forse non ha capito la minaccia. Mi sembra un po’... dura di comprendonio. – osservò Zelena. Premette di più il coltello contro la pelle di Lily e un rivolo di sangue corse giù per il collo.

- Ho capito perfettamente. – disse Mary Margaret, pronunciando ogni parola in modo ben chiaro. Il suo sguardo era fermo. – Io devo pensare a Emma.

- Mary Margaret... – prese a dire David.

- State indietro.

- E poi dicono che io sono perfida. – Zelena emise la sua risatina folle. – Guardate chi è la vera strega cattiva, qui. Sorellina, ti stanno rubando il posto.

- Mary Margaret, non fare follie... – mormorò Regina.

Ma la madre di Emma non aveva la minima intenzione di ascoltare. Quando le lanciò un’occhiata, senza rispondere alla sua supplica, Regina vide il suo viso. Lo vide per davvero e per alcuni secondi scorse nello sguardo di lei uno scintillio che conosceva. Conosceva anche quell’espressione. Gelida. Distaccata da tutto, eppure lucida. La stessa che aveva nella cripta quando le aveva dato il cuore maledetto di Cora.

- Io sono una madre. – rispose Mary Margaret. – E scelgo di salvare mia figlia.

La liana scese, come un serpente diligentemente ipnotizzato e abbrancò Zelena per il collo, arrotolandosi intorno ad esso. Colta alla sprovvista, Zelena lasciò cadere la sua arma e boccheggiò.

Artù sferrò un calcio, colpendo Killian alla gamba e si alzò, correndo verso la strega. – Andiamocene via da qui, dannazione!

Zelena, nonostante la liana che rischiava di soffocarla, riuscì a trasportare se stessa ed Artù lontano da lì, schioccando le dita.

Mary Margaret chiuse gli occhi, osservando la spada rotta e il nome di Merlino sulla lama. David si avvicinò alla moglie. Malefica recuperò la sua forma umana e strinse sua figlia tra le braccia.

- Swan, stai bene? – chiese Uncino.

- Sto bene, sì. – rispose Emma. – Lily...

- Non so come ci sono riuscita. – rispose lei, portandosi una mano al collo, alla ferita superficiale che le aveva provocato il pugnale di Zelena.

- Aspetta, sei stata tu? – chiese il pirata, attonito.

- Naturalmente. – rispose Emma, sorridendo a Lily.

- Diciamo che volevo solo salvarmi la vita.

- Istinto. – disse Malefica, sinceramente ammirata. – Ti sei comportata bene. Non avrei saputo farlo meglio.

Lily le restituì lo scettro. – Penso che questo sia meglio che ce l’abbia tu.

- Beh, abbiamo la spada. E anche la fiamma. – osservò Killian. – Direi che è andata come speravamo.

Mary Margaret porse Excalibur ad Emma. – Adesso... possiamo distruggere l’oscurità.

Emma le strappò la spada di mano con fare sprezzante. Gli occhi dell’Oscuro erano neri e lampeggianti. Regina si rese conto che Emma era furibonda. Non in collera, ma addirittura fuori di sé.

- Emma... – cercò di intervenire.

- Lasciami stare. – rispose lei, scostandosi. Si rivolse a sua madre. – Lily poteva morire.

- Mi dispiace. Non riuscivo a pensare. Non potevo consegnarle Excalibur. È la tua unica possibilità per tornare ad essere ciò che eri prima. – Mary Margaret allungò una mano per toccarle il viso.

Emma glielo impedì, afferrandole il polso. - Non a costo della vita di qualcun altro.

- Emma... io sono tua madre. Tu...

- Non mi importa!

- Emma... – disse ancora Regina. Stavolta riuscì a metterle una mano sul braccio. Oh, lei capiva benissimo l’ira nel suo sguardo. Mary Margaret era pronta a sacrificare Lily per salvare sua figlia. Era pronta a sacrificare la ragazza che era stata maledetta proprio perché lei l’aveva voluto.

L’Oscuro continuava a serrare il polso della madre. Avvertiva a stento le dita di Regina.

- Fermati, Swan, le stai facendo male. – disse Uncino, preoccupato.

“Lo puoi sentire, Emma! Puoi sentire il potere e anche l’ombra. L’ombra che si avvicina a Camelot! Io la vedo! E tu? Tu la vedi?”

“Non sono ancora morta, fanciulla”.

- Emma! – Regina colse qualcosa nel suo sguardo. Sulle prime non riuscì a capire che cosa stesse vedendo. Poi si accorse che il verde dei suoi occhi si era come... allargato. Il verde era diventato più intenso e aveva invaso la sclera, nascondendone il bianco.

Questa non è Emma. Chi c’è qui con noi?

Infine Emma lasciò andare Mary Margaret. -Torniamo al Granny’s. Abbiamo ancora del lavoro da fare.


   
 
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