Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Call it Maglc    08/03/2016    4 recensioni
Elsa non avrebbe mai dovuto fare la conoscenza del traditore nelle prigioni. Hans non avrebbe mai dovuto rivelare i segreti più oscuri della sua famiglia alla regina che aveva cercato di uccidere. Ma le aspettative esistono per essere infrante.
{ Hans/Elsa | Long fic | 101648 parole | Fire!Hans | Traduzione di Hiraeth | In revisione }
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Hans, Kristoff
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Venti

Bastò la risposta dell’uomo per infuriare Elsa. Era dichiarata in arresto per ordine di Sua Maestà? La custode Ingvalda? Implicava che la donna aveva ripreso la sua carica al trono senza averne alcun diritto. Certo, la regina Elsa adesso era una traditrice, ma l’accusa non fece altro che incollerirla ulteriormente.
 Se avesse ragionato un attimo con la testa, avrebbe mentito ai soldati che la circondavano, affermando che il prigioniero era scappato con il suo gruppo di uomini, che si trovavano al porto e che erano pronti per essere acciuffati. Dopotutto, Hans l’aveva dimenticata. Perché non ricambiare la cortesia?
 Ma le sue spalle crollarono, la rabbia che si prosciugava e una depressione passiva che le brulicava in testa. Era in procinto di arrendersi.
 Anna aveva un piano diverso. Spinse dietro di sé Elsa e le fece da scudo umano. «Se osate anche solo toccare mia sorella, ve lo sarete meritato».
 Un’altra guardia – vestita con i colori delle Isole del Sud – replicò: «Anche la principessa Anna e Kristoff Bjorgman sono dichiarati in arresto per aver collaborato con la regina nel suo atto di tradimento».
 E quello diede a Elsa le ragioni necessarie per scattare. Nessuno le avrebbe portato via Anna.
 La regina delle nevi la sospinse da parte e creò repentinamente un muro di ghiaccio, fine e mediocre a causa dei suoi sbalzi d’umore. Non ci si può aspettare la perfezione nelle situazioni di emergenza.
 La principessa incespicò con un urletto, ma si riebbe velocemente grazie all’aiuto di Kristoff. Con la bocca spalancata, prima guardò la sorella, poi il muro di ghiaccio. Seguì lesto un sorriso euforico, mentre si avvicinava alla sorella.
 «Che vogliamo fare? Qual è la prossima mossa?»
 Le sentinelle ruggivano e si aprivano con facilità un varco nella parete sottile. Elsa cercò di fortificarla con una mano e respinse un soldato rude con un vento glaciale. Ormai tutta la gente della cittadella era corsa via gridando, il che per sfortuna condusse sul posto altri gendarmi.
 «Dobbiamo trattenere le guardie prima che blocchino la nave» asserì a denti stretti. «Non ci siamo ficcati in questo caos e tormento solo per poi disinteressarcene».
 Anna annuì, entusiasta, come se fosse stata intenzionata ad agire così sin dall’inizio. Elsa non capiva come sua sorella riuscisse a estasiarsi per tutto, dal tè delle tre ai combattimenti che inducevano il cuore a battere all’impazzata, la cui posta in gioco era alta e il cui esito era incerto.
 «D’accordo! Okay, che posso— uah!» Anna fu interrotta quando una lama tagliò la lastra gelida e rischiò di colpirla al braccio.
 «Attenta!» l’ammonirono Elsa e Kristoff all’unisono.
 Anna, sebbene dopo l’incidente si fosse fatta più seria, ruotò gli occhi. «Non preoccupatevi di me. Anzi, Elsa, ti sarei grata se mi procurassi una spada».
 «Una spada?» chiese Elsa, la testa in subbuglio poiché il ghiaccio si frantumava più velocemente di quanto ne stesse creando.
 «Sì, okay, allora, hai presente quella questione dell’essere completamente oneste l’una con l’altra?» disse Anna mentre Kristoff la tirava indietro per schivare le esplosioni affilate di Elsa.
 «Sì?»
 «Be’, anch’io ti ho tipo nascosto un segreto» confessò Anna, il che colse talmente di sorpresa Elsa che si voltò per un istante. La spada lacerò il ghiaccio e attaccò, mancandola per appena pochi centimetri sopra la testa. La regina strillò e congelò la spada – insieme alla mano del soldato che la impugnava ancora – alla barriera.
 «Sì, sì, passami quella spada».
 Nonostante Elsa fosse confusa e diffidente e volesse più di ogni cosa crollare a terra e ripetere da capo la giornata, sbrinò le dita dell’uomo e gli rimosse l’arma. Dall’altro lato della parete, lui sbraitava e tentava invano di staccarsi.
 Anna corse verso sua sorella, afferrando l’oggetto come un bambino con un giocattolo molto appuntito e pericoloso. Elsa esitava a consegnarglielo. «Anna…»
 «Scusami se mi sto rigiocando questa carta, ma fidati di me» assicurò Anna, fissando Elsa negli occhi con una sincerità assoluta. La regina fu incapace di deludere Anna e le cedette la spada.
 La mano di Anna circondò l’impugnatura con scioltezza, brandendo la spada con una destrezza che Elsa non sapeva potesse appartenere a chi era sempre così gioioso. Lo sguardo della principessa si acuì, il sorriso che non le abbandonava mai le labbra.
 «Ammira» disse Anna, che squarciò l’aria con movimenti fluidi. Uno dei gendarmi irruppe all’interno della barriera e sfrecciò nel loro rifugio. Estrasse la spada e l’abbassò lievemente quando vide che anche Anna ne aveva una.
 «Vostra Altezza» la implorò. Era di Arendelle. «Non voglio ferirvi. Se solo ne discutessimo con Ingvalda—»
  «Ingvalda non è la regina, ma una malvagia vecchietta rugosa» ribatté Anna. «Io scelgo di lottare».
 L’avversario aggrottò la fronte, angosciato alla prospettiva di combattere contro un membro della famiglia reale, ma rialzò il ferro. «È il vostro funerale, Vostra Altezza».
 Scattò in avanti, ma Anna fu più svelta. Le loro lame collimarono per un paio di volte, poi Anna lo tagliò al mento e lui sibilò. Adesso aveva un’aria arrabbiata e grugniva quando si muoveva, ma Anna era inaspettatamente brava. Da quando era diventata un’esperta della scherma?
 «Ha!» esclamò Anna quando, per la sorpresa del contendente, gli urtò l’arma e quella gli cadde dalle mani. Si avventò su di essa e le sorresse entrambe con un sorriso sicuro di sé.
 La guardia alzò le braccia in segno d’arresa. «D’accordo, Vostra Altezza, non fate niente di troppo avventato—»
 «Perché non torni da Ingvalda e glielo dici?»
 L’uomo concordò con lei in un battito di ciglia e scappò via.
 Elsa, che aveva assistito alla scena con attenzione, si ricordò della barriera solo quando la udì rompersi da un lato. La ricompose rapidamente prima che qualcuno entrasse, anche se, con Anna presente, riteneva che avessero una discreta possibilità di cavarsela.
 «Dove hai imparato quello?» balbettò Elsa.
 Anna scrollò le spalle, la soddisfazione che non sfumava. «Ah, sai. È da anni che mi alleno. Papà pensava che si trattasse di un buon investimento. Credo… che volesse che avessimo entrambe un modo per difenderci».
Papà non mi ha mai dato lezioni non poté fare a meno di ponderare Elsa. Cercò di scacciare le considerazioni velenose – addirittura invidiose.
 «Allora è per questo che sei tanto forte» proferì Elsa, ricordandosi che Anna aveva trasportato la legna durante le riparazioni della nave. Si spinse ancor più in là con la memoria, a dopo che aveva fermato l’inverno perenne, quando si era chiesta come Anna fosse riuscita a tirare via un braccio a una delle armature all’ingresso. La ragazza aveva sempre dato prova di essere più di un agnellino ed Elsa cominciò addirittura a sentirsi… meglio. Forse perché, in cambio delle montagne di enigmi che aveva custodito, persino Anna ne aveva avuto uno che non aveva mai rivelato.
 «Scusa per non averti mai confidato niente, solo che… mi pare un po’ strano» spiegò, indicando una crepa nella parete che Elsa riparò immediatamente. «Ho come l’impressione che papà rimarrebbe deluso se lo sbandierassi».
 E anche questo la rinfrancò. Suo padre era stato un re magnifico e forse aveva in serbo dei progetti per le sue figlie, ma dopo la sua morte erano rimaste entrambe schiacciate dal peso dei segreti che avevano promesso di mantenere.
 Anna scoppiò improvvisamente a ridere, lo sguardo su Kristoff. Lui non aveva commentato, ma era rosso in faccia e fissava Anna con gli occhi spalancati. «Tutto okay?»
 Lui si riscosse, ma il suo viso era di un cremisi ancora più scuro. «Tu, uhm… è stato…»
 Anna diede sorridendo una gomitata a Elsa. «Sono abbastanza sicura che la scena di prima mi abbia resa dodici volte più fica». Al che il montanaro si strozzò, guardando ovunque tranne che verso le due donne.
 Elsa avrebbe riso, se non fosse che il raschio e le urla dietro le mura s’intensificarono d’un tratto. Tornò a concentrarsi sulla loro protezione ed era consapevole della precarietà del loro nascondiglio nello spazio tra il calcestruzzo da una parte e il ghiaccio dall’altra. In qualche maniera, dovevano scappare.
Ma dove? pensò, le ombre che si stagliavano fuori dal muro. Devastata, si rese conto di non essere più regina di Arendelle. Grazie a Ingvalda e alla reazione che aveva avuto prima, era in arresto. A meno che i sudditi che le erano ancora leali venissero a salvarla – cosa di cui dubitava, dato che non si trattava della prima volta che era accusata di tradimento –, avrebbe preso il posto di Hans all’interno della sua cella. Non era più la benvenuta ad Arendelle.
 E per quanto questo la intristisse, di colpo le balenò in testa una nuova opportunità. Una nave fuggitiva era sul punto di lasciare il porto. Sebbene l’uomo a bordo avesse dichiarato che l’avrebbe dimenticata, Elsa fantasticò di saltarci dentro giusto in tempo per partire. E con lei accanto, non era necessario che lui la dimenticasse. Avrebbero persino potuto trovare un luogo in cui sistemarsi… forse sarebbero diventati il re e la regina di Qualche Nuovo Paese.
 «Cambio di programma» annunciò, il cuore che batteva dalla contentezza di non dover più essere accusata di tradimento. «Scapperemo con la nave».
 «Che?» chiese Anna, la punta della spada che urtò il terreno. «Elsa, potrebbero aver già preso possesso della nave—»
 «Non hanno scoperto chi è a bordo!» replicò Elsa trionfante. «Sanno solo che è evaso».
 «Però… andarcene da Arendelle…»
 L’umore di Elsa s’infiacchì. «O la nave o la prigione. Mi dispiace doverti trascinare in questa faccenda. Se avessi saputo—»
 «È solo che non sono certa se saremo in grado di raggiungere la nave» si affrettò a soggiungere Anna, così rapidamente che per poco a Elsa non sfuggì la risposta. E poi la regina capì: si trattava della paura del mare di Anna, scatenata dalla fine dei loro genitori. Salire sulla nave equivaleva a squarciare delle vecchie ferite.
 «Oh, Anna…» sussurrò Elsa, il piano che si riduceva in briciole davanti a lei.
 Kristoff, che era stato zitto, voltò Anna verso se stesso, stringendole le spalle. Gli occhi della ragazza si allargarono leggermente dalla sorpresa. «Anna, ascoltami. Sei la persona più coraggiosa che abbia mai incontrato. Compi delle pazzie e io…» Rise brevemente. «Ti prometto che su quella nave andrà tutto bene. Sono qui per te e anche Elsa lo sarà. Abbiamo bisogno di abbandonare Arendelle e rimetteremo piede sulla terra ferma in men che non si dica».
 Se non fosse stato impegnato a stringere Anna, Elsa lo avrebbe abbracciato. Era utile affidarsi a lui per aiutare la principessa a sconfiggere le proprie paure.
 «Io… io…» balbettò, ma alla fine chiuse la bocca e lasciò che fossero le sue labbra a ribattere. Mentre i due si baciavano, Elsa distolse lo sguardo, concentrandosi sulla fortificazione del ghiaccio.
 «Sì» disse infine Anna, senza fiato. «Verrò, ma solo se ci sarete anche voi».
 «Resterò al tuo fianco per sempre» promise Kristoff e il cuore di Elsa venne trafitto da uno spillo. Avrebbe voluto che Hans avesse gli stessi principi del montanaro. Hans, però, purtroppo era uno stronzo.
 «Distruggerò il muro» annunciò Elsa. «Quando sarà crollato, voi due rincorrete la nave. Imbarcatevi e partite».
 «Che?» chiese precipitosamente Anna. «Non ce ne andiamo senza—»
 «Lo so. Vi seguirò. Costruirò un ponte, lo dissolverò man mano e salirò a bordo. E in più piazzerò degli anelli di ghiaccio intorno al porto, cosicché i loro vascelli non partano. In questo modo, non ci seguiranno».
 Il viso di Anna si illuminò dalla comprensione e la ragazza annuì. Passò a Kristoff una delle due spade che aveva con sé. «D’accordo, Elsa. Siamo pronti quando lo sei tu».
 «Buona fortuna» sospirò Elsa mentre osservava le ombre al di fuori che colpivano e graffiavano il suo ghiaccio.
 «Anche a te».
 Il ghiaccio si ridusse in frantumi. Elsa abbassò le palpebre quando avvertì i frammenti che cadevano su di lei. Erano come una doccia calmante, nonostante le urla e la confusione dei soldati. Quando riaprì gli occhi, Kristoff e Anna era già schizzati via, degli uomini che li indicavano e gridavano. Alcuni di loro li inseguirono, ma la maggioranza rimase a distanza di sicurezza dalla regina delle nevi.
 «Ritiratevi, regina Elsa» la apostrofò uno. «Non è nelle nostre intenzioni ferirvi».
 «Non mi preoccupo delle ferite» rispose Elsa, i palmi all’insù con il ghiaccio che s’incurvava sulla punta delle sue dita. «E se davvero sono ancora la vostra regina, ascoltate me e non Ingvalda».
 La folla mormorò, incerti sulla persona da cui prendere gli ordini.
 «Lei è ancora la regina».
 «Ma ha aiutato un prigioniero a evadere!»
 «E se ci scagliasse contro un altro inverno? Non adiriamola!»
 «Non possiamo vivere nel terrore di adirarla, ha sostenuto un assassino!»
 Con suo grande sgomento, le guardie erano giunte a concordare borbottando che Elsa era un nemico e non un amico. Le toccava tenere loro testa fino a quando non fosse scappata. E adesso erano comparse molte più persone da affrontare di quanto avesse pensato.
 Ringraziò silenziosamente Hans per le lezioni che le aveva dato, a prescindere dalle difficoltà a cui erano stati esposti durante le esercitazioni. Grazie a esse, aveva imparato una cosina o due sulla magia per usarla a suo vantaggio e non temerla. Era padrona dei suoi poteri.
 Elsa alzò le mani di fronte a se stessa e sparò un colpo di vento glaciale alle sentinelle, abbattendo tutti coloro che la ostacolavano. Quelle latrarono e attaccarono in contemporanea, spaventando la regina. Ma lei non era in procinto di arrendersi.
 Ghiacciò insieme la spada di un soldato a quella di un altro e i due incespicarono nel tentativo di liberarsi. Un’altra spada fu sul punto di ferirle il braccio, ma lei si voltò velocemente e centrò l’aggressore. L’uomo volò indietro e mise fuori gioco quelli che gli erano appresso. Elsa rivolse i palmi contro la terra e si lanciò nel cielo, costruendosi un piedistallo su cui stare mentre i gendarmi sotto di lei gridavano e accoltellavano il ghiaccio. Una guardia si arrampicò sulla colonna, ma rovinò al suolo con facilità.
 Da lì vedeva il porto. Anna e Kristoff dovevano trovarsi già a bordo, perché la nave stava partendo. Se si fosse allontanata ancora un po’, la regina sarebbe stata costretta a sostenere una maratona.
 Un dolore acuto la trafisse alle gambe. Collassò sulle proprie ginocchia con un gemito. Il polpaccio destro inveiva dal male e, quando Elsa si controllò la ferita, un rosso scarlatto colava da un taglio affilato e impreciso. Una spada era posata accanto a lei sul piedistallo. Qualcuno gliel’aveva tirata contro.
 Strinse i denti, togliendosi la bandana dai capelli e legandosela stretta attorno alla gamba per poi aggiungere un velo di ghiaccio. Sibilò leggermente nel momento in cui il ghiaccio incontrò la lacerazione ustionante.
 Quando scrutò la visuale sotto di sé, gli uomini avevano cominciato a utilizzare le spade al posto dei picconi e uno era già giunto alla cima. Provò ad afferrarla, ma Elsa si girò giusto in tempo per schivarlo. Sfortunatamente, nel momento in cui lo fece, scivolò giù dalla colonna. Cadde con uno strillo.
 Ricoprì il terreno di neve, che purtroppo non attutì affatto la caduta. Si schiantò con un crack nauseante. Adesso non le veniva più da piangere solo per la gamba: le sue mani avevano subito il primo impatto. Aveva la sensazione che il suo polso destro si fosse spezzato a metà e si capovolse per stendersi sulla propria schiena, che le doleva, ma mai quanto il polso.
 La regina cacciò un lamento mentre si sedeva con uno sforzo immenso. La mano era piegata in una posa innaturale; o forse la sua vista era annebbiata dalle troppe lacrime. Si morse il labbro per trattenere le proprie urla.
 I gendarmi intorno a lei si immobilizzarono e si azzittirono. Non avevano idea di come gestire la situazione.
 «Qualcuno la prenda» disse una persona. Una manipolo di uomini si avvicinò cautamente alla regina, non avendo dimenticato la lotta di prima.
 «Non per i polsi!» osservò un altro.
 «Perché no?» borbottò un terzo. «Non ha l’aria di poterci attaccare».
 Elsa cercò di edificare un muro di ghiaccio per non venire catturata, ma il dolore al polso peggiorò nel suo tentativo e l’unica cosa che emise fu un rantolio.
 «Nah, è al tappeto e si è rotta il polso. Non riesce a servirsi della magia. Prendila per le spalle».
 Elsa venne strattonata in piedi e fu spinta via dal cortile. Non aveva scelta se non quella di seguire i soldati, piangendo e provando ma fallendo nell'impresa di non guaire, perché in quell'istante avrebbe desiderato la morte, tanto le faceva male il polso.
 Il cuore della regina si fermò quando lei si rese conto che era la fine. Aveva rovinato tutto. Era stata acciuffata e non sarebbe stata capace di fuggire neanche se lo avesse voluto. Non era nelle condizioni di correre con una gamba ferita, né di usare i suoi poteri con un polso rotto. Sebbene Anna e Kristoff e Hans fossero al sicuro, lei non si poteva unire a loro. Avrebbe marcito in prigione per il resto dei suoi giorni.
 Mentre veniva condotta verso il castello che non le apparteneva più, Elsa si sentì assolutamente impotente.

   
 
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