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Autore: EcateC    09/03/2016    4 recensioni
Tom Riddle è il classico uomo che piace alle donne. È bello, è carismatico e sa di potere, all'apparenza non potrebbe essere più perfetto. Ma attenzione però, il serpente più velenoso si nasconde proprio tra i fiori più belli. L'hanno imparato a loro spese sette protagoniste, alcune innocenti e altre colpevoli, rappresentanti ognuna una qualità importante per lo stesso Tom.
Se volete scoprire chi sono, e soprattutto se volete sapere chi è la sua preferita, questa storia fa al caso vostro.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Tom O. Riddle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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Asciugherò le tue lacrime e ti insegnerò a sopravvivere, per trasformarti in cobra tra mille vipere”

cit

 

 

 

 


Estate 1940, orfanotrofio Wool

 

 

Il grido assordante della sirena antiaereo annunciò l'arrivo del terzo bombardamento tedesco.

Londra si svegliò nel tumulto, esagitata come se fosse inseguita dalla morte stessa: tante persone si riversarono verso i bunker sotterranei più vicini senza alcun ordine, le scale che conducevano al rifugio presto divennero stipate di persone che spintonavano, bambini che piangevano, donne che gridavano e uomini che si maledivano a vicenda.

I più fortunati potevano fruire di proprie cantine o mansarde, molti si erano anche creati baluardi ad hoc per evitare calamità come queste.

L'orfanotrofio Wool, ad esempio, nel suo malfamato squallore, poteva usufruire di un'ampia cantina sotterranea, che si era dimostrata quanto mai provvidenziale per proteggere i suoi giovanissimi ospiti dagli attacchi delle Potenze dell'Asse.

Spesso, la sirena suonava senza che ci fosse un reale pericolo, ma la Signora Cole, la rigida direttrice dell'orfanotrofio, ordinava che i bambini e i ragazzi fossero condotti comunque nelle cantine, anche quando era ovvia la falsità dell'allarme. Costoro venivano tutti contati e sistemati diligentemente, ma quella notte, la proprietaria e i suoi aiutanti si accorsero con sommo orrore che un ragazzino mancava all'appello...

 

-Dov'è Tom?-

 

 

Fuori, a piedi nudi sull'erba fredda, un ragazzino e il suo Famiglio guardavano il cielo.

-Un giorno volerete anche senza quelle ali di ferro, Mio Signore-

-Dici tante cose di me, Nagini, ma non mi dici come farò a raggiungerle. Come potrò volare? Come potrò epurare la società se sono privo delle armi per farlo?-

-La magia scorre potente in voi, abbiate fiducia nelle vostre forze, e queste non vi deluderanno. Salazar non può essersi sbagliato-

Tom la guardò per un momento, e poi rivolse nuovamente lo sguardo al cielo, verso gli aerei militari nazisti che sfrecciavano lontani e minacciosi sui tetti dei civili. Al primo boato distruttivo, un fulmine di luce illuminò per un istante il viso del tredicenne, che si deformò in un sorriso entusiasta.

-Whoo! Hai sentito, Nagini?- le domandò eccitato

-Ho sentito, Mio Signore- gli rispose lei, quasi materna

-Si potrebbe eguagliare una simile esplosione con la magia?-

-Voi solo potrete...-

Tom la guardò compiaciuto, sentendosi subito lusingato da tutta la fiducia che il suo animale magico gli riponeva. Giorno dopo giorno, la superbia e la presunzione cresceva in lui con forza esponenziale, parallelamente al bisogno di primeggiare e di essere il migliore tra i migliori. E nessuno meglio di Nagini soddisfaceva questo bisogno impellente, quasi vitale.

E non solo quello: con delicatezza si avviluppò sopra di lui e, conscia di pesare troppo per il suo corpo ancora giovane e parzialmente immaturo, rimase per buona parte sul suolo. Sfregò e strinse dalle parti della cintola, e il ragazzo chiuse subito gli occhi.

-Io comunque tifo per i nazisti-

-Lo sospettavo, Mio Signore-

 

 

 

 

7 anni prima, febbraio 1932.

 

-Hai di nuovo rotto il bicchiere! Maledetto diavolo che non sei altro!-

La signora Cole strattonò il piccolo Tom per un braccio, stringendolo talmente forte da fargli male.

-Non l'ho fatto a posta! Si è rotto da solo, io non... Non è stata colpa mia...-

-Non l'hai fatto apposta!?- sputò la direttrice, con la sua tipica prepotenza -Ma se la cuoca Meredith ti ha visto con i suoi occhi! Dannato moccioso! Con che coraggio ti permetti di mentire così spudoratamente?-

-Ma io non... Si è rotto da solo, non so perché!-

Tom non sapeva neanche lui cosa dire. Dopo che la cuoca gli aveva bruscamente negato una seconda porzione di succo annacquato, lui si era innervosito a tal punto che il bicchiere gli era esploso in mano, letteralmente parlando. Non l'aveva fatto cadere, né tanto meno l'aveva stretto così forte da frantumarlo. Era proprio scoppiato, come per magia.

-Ah, ma certo. Adesso perfino i bicchieri si rompono da soli! Avete sentito, bambini?- la donna si rivolse al platea dei piccoletti, che assisteva divertita alla sgridata -Tom ha detto che i bicchieri si rompono da soli! E dimmi, parlano anche come le lucertole, per caso?-

Tutti i bambini si misero a ridere, sia i più piccoli che i più grandi, ma nemmeno davanti a un'umiliazione così grande Tom si lasciò andare alle lacrime. Li osservò ridere colmo d'odio e di imbarazzo, con i pugni chiusi e il viso arrossito. Aveva solo sei anni, ma nel suo animo albergava già quella sete di vendetta che avrebbe contraddistinto tutta la sua vita futura.

Il senso di ingiustizia, infatti, fu la forza motrice di molte delle sue scelte, scelte che il giovane schermò nell'urgenza di preservazione e purificazione della magia.

-Allora, chiedi scusa?-

Tom sfidò con lo sguardo la signora Cole, che divenne paonazza.

-No-

-Come hai detto, scusa?-

-Ho detto di no!-

Quest'impertinenza gli costò uno schiaffo in pieno in viso, ma il peggio doveva ancora venire.

-Sta notte dormirai in soffitta- sentenziò la donna, furente di rabbia -Così finalmente imparerai a rispettare la roba che non è tua-

-No, no, per piacere- la supplicò il bambino, disperato -Non voglio andare in soffitta, ci sono delle ombre, c'è la morte...-

-La morte ce l'hai nel cervello!- lo sbeffeggiò, e con l'aiuto del custode, lo trascinò di peso per le scale che conducevano nel luogo che tanto temeva. Tom era terrorizzato da quel posto, non tanto perché aveva paura che ci fosse qualcosa di pericoloso, come il classico mostro o la classica strega, quanto perché la sua mente da bambino lo ricollegava, non a caso, alla morte.

Quella soffitta infatti era buia, di un buio nero e spietato, e fredda, e muta. Tutti i bambini finivano lì per punizione, ma per Tom quella punizione aveva un sapore particolare, molto più amaro e distorto... Ma la direttrice non poteva certo immaginarlo.

Come la donna serrò la porta a chiave, Tom si sentì inghiottito da un buio fitto e da un freddo tombale, che lo prosciugarono di ogni forma speranza. Chiuse gli occhi e cominciò a tremare come una foglia, accovacciato davanti alla porta.

Cercò di calmarsi ascoltando il ritmo dei propri sospiri, ma come aprì gli occhi e vide che il buio era esattamente lo stesso di quando aveva gli occhi chiusi, fu preso dal panico.

Si girò di scatto, ma nulla, la distesa nera e infinita non mutava, e il bambino si sentì soffocare da quel niente assoluto che era il tutto allo stesso tempo, che l'aveva aggredito e disarmato di ogni elementare facoltà.

Ecco cos'era la morte secondo la sua mente distorta, il niente invincibile, eterno e assoluto.

In balia della sua soffocante paura del buio, il piccolo e indifeso Tom sarebbe potuto anche morire, se non fosse stato per un piccolo rumore provvidenziale, uno strisciare proveniente dall'alto.

Non abbiate paura, padrone.

Una voce femminile, fredda e distante, lo rassicurò.

La morte non è qui, è lontana. Non avete nulla da temere.

Tom tese le orecchie e strinse gli occhi per affinare la vista. Tra le ombre scure, gli parve di intravedere la vaga figura di un muso appuntito. Qualsiasi bambino al posto suo avrebbe gridato per la paura, ma lui non lo fece.

-Chi sei?- le chiese con voce tremula, riprendendo piano piano a respirare normalmente.

Mi chiamo Nagini, e sarò vostra per sempre.

 

 

 

 

 

Primo anno a Hogwarts, 1 settembre 1938

 

Tom guardò l'ora: erano le dieci e trenta, mancavano ancora diversi minuti prima della partenza del treno. Il vecchio strambo vestito da melanzana gli aveva dato un biglietto farlocco, che cambiava orario ogni dieci minuti... Ma Tom sapeva che il treno partiva intorno alle undici, come gli aveva accennato lo stesso Silente alla fine dell'incontro.

Quell'uomo, poi, non gli piaceva affatto. Non solo perché era praticamente vestito da donna, ma anche perché era riuscito a scoprire in cinque minuti tutto ciò che lui aveva diligentemente celato per quasi cinque anni. Era pericoloso, fingeva di fare lo scemo, ma in realtà era più sveglio e arguto di quanto si potesse immaginare. Poi Nagini gli aveva pure rilevato che era magicamente potentissimo, uno tra i maghi più forti del mondo...“Ma niente di che, non preoccupatevi”.

Eppure l'immagine dell'armadio che prendeva improvvisamente fuoco non l'aveva abbandonato neanche per un momento, e di cose assurde in quei giorni ne aveva ben viste! A cominciare dalle scope volanti per finire agli elfi come amministratori delegati di una banca. Ma niente l'aveva sconvolto come quell'ostentazione di potere, che altro non era se non vera e propria minaccia nei suoi confronti.

Comportati male, e fai la fine dell'armadio” Ecco cosa aveva voluto dire.

Si chiese se quell'uomo era solito bruciare i ragazzini che gli stavano antipatici. Si immaginò Hogwarts come una scuola degli orrori, dove gli studenti cattivi venivano uccisi e dati alle fiamme come ceppi di legno rinsecchiti. Con una chiarezza cinematografica, Tom si figurò nella mente i roghi degli studenti e le urla di dolore, ma non ne fu affatto turbato, anzi, li trovò in qualche modo interessanti.

E i cadaveri però dove li mettono?” si interrogò, seduto sulle panchine della stazione “Li bruciano fino a cremarli? Magari hanno una stiva fatta a posta dove li fanno marcire. O se li mangiano...”

D'altronde, da che mondo è mondo, è notorio che le streghe cattive siano brutte e si mangino i bambini, no?

 

-Chi arriva ultimo è un Sanguesporco!-

 

Un gruppo di ragazzini vivaci lo distrasse. Correvano a perdifiato verso la locomotiva dell'Hogwarts' Express, seguiti in fondo da una ristretta cerchia di adulti e un paio di bambine che, a differenza dei ragazzini, erano rimaste ferme contegnose con le rispettive madri.

Una delle due catturò l' attenzione di Riddle. Costei camminava con grazia, aveva i capelli neri legati in una acconciatura dai nastrini verdi e un vestitino d'organza sempre sui toni del verde. Era bella, notò, decisamente bella, oltre che aristocratica.

-Druella!?-

Una donna sottile e con la puzza sotto al naso chiamò quella bambina con voce esigente. Teneva al guinzaglio un elfo domestico sparuto e tremante, e si piegò su di lei per dirle una cosa, un rimprovero, a giudicare dall'espressione.

Druella? Ma che nome è?” pensò Tom, senza riuscire a staccare gli occhi da quelle persone. Erano tutti nobili e ricchi sfondati, non c'era dubbio. A differenza di lui, infatti, erano vestiti di tutto punto, con abiti di alta sartoria, le calze di seta corte e i bottoni delle giacche in madreperla. I colori che spiccavano però erano solo due, il nero e il verde, talvolta il grigio perla.

Parlavano e ridevano fra loro, in disparte, stretti in un piccolo cerchio esclusivo, come a voler escludere il resto della gente. A loro si avvicinarono altre due famiglie, poi altre tre ancora, e il cerchio divenne un vero e proprio gruppo elitario abbastanza variegato, ma con elementi comuni imprescindibili: l'eleganza nel vestire, avvenenza fisica e una certa ostentazione di superiorità e compiacimento del proprio status sociale, che li rendevano detestabili e invidiabili al tempo stesso.

Tutte le altre famiglie, che in confronto parevano una massa di popolani al mercato, li ignoravano e li evitavano accuratamente, e altrettanto facevano i diretti interessati. C'era insomma un'avversione reciproca, talmente evidente da sembrare forzata.

Tom, però, essendo stato da sempre fin troppo ambizioso, decise di avvicinarsi proprio al gruppo dei più ricchi, ignaro del grave errore che stava facendo.

Con la sicurezza che gli era propria, infatti, si avvicinò alla bella bambina di nome Druella.

-Ciao- le disse freddamente, guardandola dritto negli occhi -Tu sei Druella. Io sono Tom-

La Purosangue lo guardò con un'espressione scandalizzata, poi guardò subito la sua amica, come per chiederle se era lei che era impazzita o se davvero un Mezzosangue aveva osato rivolgerle la parola.

-Ho forse detto qualcosa di sbagliato?- continuò Tom, che le stava fissando entrambe senza capire.

Druella allora lo guardò con un cipiglio ostile. Ma era bella, non aveva mai visto una bambina così bella, prima.

-Scusa, ma non ci è permesso parlare con i Mezzosangue- gli rispose spocchiosa, guardandolo dall'alto al basso con sufficienza -Puoi sempre andare a fraternizzare con quelli della tua specie. Andiamo, Wal-

-Cosa!? Io non sono un Mezzosangue!- si difese Tom, sentendosi profondamente offeso -Ma come osi chiamarmi così, stupida femmina!-

Druella e Walburga si scambiarono un'occhiata divertita.

-Come ti chiami di cognome, Tom?-

Tom ammutolì. Una ferita che non si sarebbe mai rimarginata lacerò il suo animo e, colpito e affondato, ebbe il buon senso di non rispondere.

-Vedi che sei un Mezzosangue?

 

 

Una settimana dopo.

 

Fuori, sulla sponda del lago, Tom Riddle si stava sfogando con Nagini, che era appena visibile sulla riva del Lago Nero.

-MA IO NON VOGLIO ESSERE UN MEZZOSANGUE!- gridò disperato, mentre calde lacrime di rabbia e umiliazione gli rigavano le guance pallide -MI FA SCHIFO! SCHIFO!-

Si lasciò cadere a terra, con le mani tra i capelli. Si vergognava terribilmente di se stesso, del fatto che stava piangendo e del fatto di non poter essere normale, come quei begli uomini distinti che aveva visto in stazione.

-Mio Signore, non doletevi in questo modo-

-Non voglio essere un Mezzosangue, lo odio, mi odio...- continuò l'undicenne, con gli occhi arrossati -Ti prego, Nagini, fai qualcosa-

Il serpente si attorcigliò su di lui, carezzandolo dolcemente con le sue spire.

-Volevo aspettare a dirvelo, siete ancora così giovane.-

-Dirmi cosa?- si animò il ragazzino -Cosa devi dirmi?-

-Mio Signore, sapete chi fu il sommo stregone, Salazar Serpeverde?-

-Il fondatore della mia casa- rispose subito Tom, ancora scosso dai singhiozzi.

-Costui ha un erede, Padrone...-

 

 

 

 

 

27 anni dopo

 

-Perché passate tanto tempo con quella strega, mio padrone?-

-È la mia allieva, Nagini, devo passare del tempo con lei-

Tom Riddle, ormai adulto e famigerato nel nome di Voldemort, si sdraiò più comodamente nel letto del sua dimora temporanea in Aberdeen, Scozia.

-Mio Signore, siate prudente con lei, non vorrei che vi distogliesse dagli affari importanti...-

-Il sesso non distoglie, mia cara, è solo un modo come un altro per rilassare i nervi. La ragazzina è completamente inoffensiva, non devi temere-

-L'intimità che le concedete è un onore che non merita-

Tom ridacchiò -Bellatrix non è così male-

-Il suo animo cela un'oscurità profonda che non dovete sottovalutare, padrone. È più furba di quello che sembra-

-E io meno sprovveduto di quello che credi tu. Perché credi che abbia deciso di istruire proprio lei? Lo so che è corrotta come la neve schiacciata nel fango, anche se finge di fare la verginella-

-Non finge, Mio Signore- gli rispose Nagini -Si è perdutamente innamorata di voi, per questo diviene timida quando l'avvicinate-

Riddle sgranò gli occhi, stupito. Per la prima volta nella sua vita si era lasciato sfuggire lo stato d'animo di qualcuno, proprio lui, il secondo Legilimens più potente della storia magica.

-Mi ama?- le domandò, appoggiandosi di peso su un gomito.

-Vedete che vi confonde, Mio Signore?-

-Nagini, Nagini... Se si bagna come un pulcino quando mi vede, non significa automaticamente che si sia innamorata di me-

Il suo tono era polemico e innervosito ma, mentre lo diceva, un sorrisino alleggiava sulle sue labbra sottili. Come tutti gli uomini, l'idea di interessare a una donna in quel senso lo riempiva d'orgoglio.

-Non voglio contraddirvi ulteriormente, Padrone. Ma guardatevi da quella donna-

-E tu guardati dalla gelosia-

Nagini non replicò e quando, qualche ora più tardi, si presentò nella loro casa quella stessa strega, si defilò sotto un mobile di legno massello.

Nagini non sapeva riconoscere la bellezza umana quando la vedeva, ma era sicura che quella ragazza poteva esserne una degna rappresentante, quasi quanto il suo padrone in età giovanile.

 

-Maestro-

-Stellina...-

 

La osservò incedere verso di lui, leggiadra e con il passo reso urgente dall'amore.

Cosa aveva quella giovane strega che lei, Nagini, non possedeva? Perché meritava tutte quelle attenzioni, quando non aveva fatto niente per lui?

Il serpente li sentì parlare nella loro lingua umana. Non aveva ancora imparato a comprendere il significato di quei versi sgraziati, però distingueva la voce del suo padrone, e ne coglieva i tratti emozionali.

Tratti emozionali che, in compagnia di quella strega, erano sempre e incredibilmente positivi. Andavano dal divertimento di umiliarla, al compiacimento di essere venerato; dal piacere di praticare magia oscura, a un altro tipo di piacere, più fisico e meno accademico.

Lo vedeva mentre con la mano aperta la palpava dietro, nella parte bassa e curvilinea, e percepiva in lui una strana fibrillazione, come se gli piacesse toccarla proprio lì.

E dire che sembrava una parte del corpo come un'altra, non certo qualcosa meritevole di attenzione.

Eppure, quando accarezzava Nagini nel suo dorso oblungo e squamoso, non aveva mai dato segno di provare lo stesso trasporto, la stessa curiosità e lo stesso piacere che provava quando accarezzava lei, Bellatrix... O Bella, come era solito chiamarla.

Perché?

Quel pensiero crucciò il serpente. Non bastava essere una creatura leggendaria e semi immortale, dotata di poteri e conoscenze quasi impareggiabili? Non bastava essere la sua protettrice, la sua fedele consigliera? Doveva per forza essere spodestata dalla prima ragazzetta umana che gli capitava a tiro?

Ma costei, a pensarci bene, non era esattamente la prima venuta...

Ce n'erano state molte altre di femmine umane intorno al suo padrone, ma nessuna era durata così tanto e aveva goduto di una tale considerazione da parte sua.

Nagini si interrogò un attimo, ed in effetti si rese conto che nessuna delle precedenti era stata una strega oscura, così simile a lui, una sua simile.

Dopo un certo tempo, un tempo dolente, i due scomparvero.

Il serpente non fece in tempo ad accorgersene, che lui strinse a sé la strega e si smaterializzò con lei, lasciando Nagini lì, come un qualunque animale da compagnia.

Come sempre accadeva, il Famiglio sentii subito la mancanza del suo protetto, un vuoto che lo faceva soffrire immensamente.

L'unica nota positiva fu che, così facendo, non l'aveva visto insieme a lei, durante il loro movimentato accoppiamento. Anche se non lo gridava come l'altra, Nagini sentiva che lui era felice in quei momenti, che quell'oscillare avanti e indietro lo faceva in qualche modo stare bene, e questo bastava per renderla contenta.

Meccanicamente, non le era chiaro né il come né il perché, ma se lui stava bene, allora anche lei, Nagini, stava bene.

Le doleva soltanto non poter essere lei, la femmina sotto di lui. Il destino sa essere davvero ingiusto, nessuno l'aveva avvertita che poteva innamorarsi del suo umano, per quanto ridicolo poteva sembrare. Si chiese se era almeno capitato a qualche altro Famiglio e non solo a lei... Ma, dopotutto, nessun altro aveva come protetto un uomo unico e controverso come il suo, che non lascia spazio a mezze misure: o lo ami molto... O lo odi, molto.

E dato che quelli che lo odiano superano di gran lunga quelli che lo amano, Nagini decise che la strega non era poi una figura così negativa, e che accettarla tra loro sarebbe stata senza dubbio la scelta migliore. D'altro canto, non aveva poi molta scelta, il suo Padrone era stato molto chiaro in merito.

Bellatrix non si mangia.” aveva detto, con il suo solito tono imperatorio.

...Come se c'era bisogno di precisarlo, poi. Era ovvio che la voleva viva, altrimenti l'avrebbe già freddata tanto tempo fa, come aveva fatto con le altre sfortunate che aveva incontrato.

Ma lei, evidentemente, era un caso a parte. Diceva che era forte, scaltra, che sarebbe diventata una pedina spietata e potente, la più utile e fedele di tutta la scacchiera.

Ma Nagini sapeva che non c'era solo questo e che lui celava qualcosa, perfino a se stesso.

Il piacere che provava a stare con lei era troppo, se paragonato all'odio che provava in compagnia di qualsiasi altro essere umano, uomo o donna che fosse.

Nagini però non indagò mai, e così nemmeno Bellatrix, che neanche si era accorta di godere di una tale considerazione.

Una domanda però se la fece: si chiese come sarebbe stato se lei, Nagini, fosse nata con un corpo simile a quello della strega o, ancora meglio, se lui fosse nato con un corpo simile al proprio, da serpente.

Allora sì che sarebbero stati vicini, attorcigliati l'uno nell'altra, senza più bisogno di quell'inquietante e chiassosa femmina umana.

Ma questo, lo sapeva, non sarebbe mai accaduto...

 

 

Durante gli anni dell'esilio in Albania, Voldemort si impossessò del corpo di molti serpenti, tra cui quello di Nagini. Insieme a lei, commise i più efferati omicidi del tempo, forte della fiducia che le riponeva e dell'elisir rigenerativo che poteva mungere direttamente dalle sue fauci.

La vicinanza e la condivisione di mente e anima con il serpente lo rese ancora più mostruoso e brutale, tanto che arrivo a impiantare in lei una parte della propria anima, che frammentò a seguito dell'omicidio di Bertha Jorkins.

Nagini questo non lo venne mai a sapere, ma quando lui si impossessava del corpo di un altro serpente, il desiderio di averlo vicino e tutto per sé poteva dirsi esaudito.

 

 

 

 

Note
Ciao, ragazzi! :)
In questo capitolo ho cercato (osato) di mettere in luce il lato più debole, umano e sofferente di Tom Riddle, lato segretissimo che ha potuto conoscere solo Nagini. Secondo me, in quell'orfanotrofio, Tom deve aver passato le pene dell'inferno, non dico che fosse vittima di abusi, ma di violenze psicologiche per me sì. Con questo non voglio certo insinuare che negli orfanotrofi i bambini siano tutti tratti male, però a quei tempi, durante la guerra, c'era sicuramente molta più insensibilità e severità di adesso.
Per questo ho voluto immaginare Nagini come una figura amica, che l'ha aiutato e che gli è sempre stata accanto fin dalla prima infanzia. Non si sa infatti quando i due si incontrarono, si sa solo che Nagini è un Horcrux, che è un serpente “speciale” e che è una femmina (Perché poi la Rowling abbia sentito la necessità di rendere Nagini femmina, resta un mistero...)
E infine c'è Bellatrix, e per una volta ho fatto sì che fosse Nagini ad essere gelosa di lei e non viceversa ( e ne ha ben donde, povera bestiola... Bella per lui deve essere stata una grande sodisfazione, e non solo come rivincita nei confronti di Druella, ma proprio come una vittoria personale...)
Grazie come sempre a tutti, spero che questo capitolo un po' strano vi sia piaciuto e se avete delle impressioni, positive o negative, vi prego di riferirmele! *_*
Se siete ancora interessati, ci vediamo all'epilogo, con lei.
Ecate.
   
 
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