Una
Nuova Prospettiva
Prologo
“Cosa c’è di nuovo?”.
“Cristofori e Linardi fanno sega di
nuovo, li ho appena visti salire sul motorino e andarsene”.
“Ecco i vantaggi del vivere di
fronte scuola! Strano comunque, oggi c’è nessuna verifica”.
“Interrogo io, su tutto il programma
del quadrimestre”.
“Allora domani mi divertirò a farli
tremare un po’ mentre controllo la firma...”.
“Ti diverti con poco, eh?”.
Ovviamente Ramona non riesce a non
provocarmi con un sorrisetto, dopo essersi voltata in mia direzione ed aver
fatto agitare la sua voluminosa chioma fatta di extensions.
Probabilmente non ha ancora
superato il ricordo di circa dodici ore fa in cui me ne sto sul divano, con un
calice di vino scadente in mano e l’espressione persa, come se nel muro di
fronte ci fosse scritto un messaggio da decifrare da parte degli alieni.
“Ramona, ti chiedo di lasciarmi in
pace, sul serio” la supplico, memore dei suoi numerosi consigli urlati mentre
volevo solo starmene in pace e rompere mille bicchieri e piatti contro il muro.
“No. Ci sono passata e non farai il
mio stesso errore!” mi ammonisce, puntandomi l’indice destro contro, quasi come
se fossi una dei suoi alunni.
Ha solo quattro anni più di a me e
crede di essere un’esperta di vita, ormai l’ho imparato da quando siamo coinquiline,
da circa cinque mesi.
“Non ho intenzione di presentarmi
alle nozze del mio ex e fare una scenata, tranquilla” le ricordo, sospirando
pesantemente e finendo in un sorso il mio cappuccino. “So di non star vivendo
un film con Julia Roberts, e soprattutto so di non essere Julia Roberts”.
“No, no! Mi riferivo al non agire
e...”.
“Ramona, è una storia chiusa.
Michele può sposare chi vuole, può comprare anelli per chi vuole e postare le
foto di una lurida mano di donna con un bel solitario all’anulare sinistro, non
me ne frega!” provo ad obiettare, mentre poso la tazza nel lavandino. “Vado a
prendere la giacca e scendo” aggiungo, marciando verso la mia stanza pagata fin
troppo profumatamente viste le piccole dimensioni.
La camera matrimoniale l’ha presa Ramona
perché lei ha “Trentadue anni e di sicuro in procinto di sposarsi e quindi di
ospitare il fortunato quando sarà”, ma non ho obiettato visto che dormire in un
letto grande, da sola, non mi va da quando Michele mi ha mollato, circa sette mesi
fa.
Ora sono una semplice insegnante di
italiano in un paesino di provincia che nessuno conosce, mentre lui un futuro
marito che a quanto pare non è più il tirchio che mi faceva pagare qualsiasi
cosa, visti i soldi che ha speso in una gioielleria per una sconosciuta di
ventidue anni.
Non sono disperata come crede Ramona,
semplicemente l’idea di vedere un uomo che conoscevo bene impegnarsi con una che
è entrata nella sua vita così, all’improvviso, mi sembra strana e mi ricorda
che il tempo vola, che non sono più una ragazzina e che sembra che il mondo osi
giudicarmi se controllo frequentemente sui social cosa fa.
Recupero la giacca nera e un
foulard borgogna, poggiati disordinatamente su quella che io chiamo la mia
sedia-armadio, li indosso rapidamente, prendo la borsa con tutto ciò che mi
serve per lavorare e mi affretto ad uscire.
Ramona, invece, è ancora in bagno,
intenta a finire di truccarsi con un rossetto bordeaux super scuro e quintali
di mascara.
Sospiro, pensando che potrei
vendicarmi dicendole che si impegna troppo per trovare il suo “uomo perfetto”,
ma non ho voglia di discutere, così mi limito ad uscire.
“Scendi già? La campanella suona
tra venticinque minuti”.
Mentre chiudo la porta sento una
voce familiare alle mie spalle, così mi giro e mi sforzo di sorridere in
direzione del trentatreenne che se ne sta seduto nel corridoio, con ancora
addosso i pantaloni del piagiama, sulla moquette blu, vicino l’ascensore, come
se fosse una cosa normale.
“Vic, ciao” dico semplicemente,
mentre controllo di aver preso le chiavi.
“Per l’ennesima volta, mi chiamo Ludovico”.
“Per l’ennesima volta, dovresti
ringraziarmi, il mio nomigonolo è più carino. Che ci fai lì per terra,
comunque?”.
“Vuoi dirmi che ti farebbe piacere
se ti chiamassi La, Lala, Rara?”.
“Ma sì, mi si addice. Io sono rara”
ribatto, cercando di mantenere la conversazione sul vago e non litigare, visto
che io e Vic siamo soliti discutere spesso, soprattutto per quanto riguarda i
metodi d’insegnamento e il modo di rivolgersi agli alunni.
Lui fa una sorta di sorriso di
scherno e annuisce.
“Certo che lo sei. Sei l’unica
inquilina che esce di casa alle due di notte con un bicchiere di vino in mano e
inizia a cantare “Hot and cold” di Katy Perry mentre se ne sta affacciata alla
finestra del pianerottolo” dice, indicando con l’indice il punto in cui ieri me
ne stavo, un po’ brilla, a cantare, credendo di essere non vista. “Katy Perry!” ribadisce, con una risata
alquanto ilare.
“Mi hai vista?” chiedo, incredula.
“Comunque non prendermi in giro, intanto la conosci!”.
“Non la conosco! Vedo i suoi video.
Ha delle belle... Insomma” si blocca dopo aver mimato eloquentemente le
fattezze di un seno grosso, salvo poi alzarsi, imbarazzato. “Ero seduto per
terra perché Piero ospita sua cugina per due giorni e mi sta ossessionando.
Vuole pulire ogni superfice, ma gli ho detto che se fa trovare la casa in
ottime condizioni non è credibile!”.
“E perché?”.
“Nessuna casa in ottime condizioni
è credibile, nemmeno la vostra perché so che avete avuto un paio di jeans su
una sedia del soggiorno per almeno tre mesi” obietta.
Vic e la sua mania per i dettagli
mi fanno impazzire, spesso gli dico che è peggio di quelle donne ossessive che
ricordano ogni particolare, ma ho smesso da quando lui mi ricorda che non sono
da meno visto che conosco a memoria la bacheca di Facebook e i post di Instagram
del mio ex.
“Ma no, quei jeans servivano a
Ramona per ricordarle di stare a dieta. Sono i suoi jeans ideali, ogni donna ne
ha uno! Quando riesci ad entrarci significa che ce l’hai fatta” spiego
pazientemente, come a dire “saprai la matematica, la fisica e mille cose
assurde, caro ingegneruncolo, ma non sai tutto”.
Lui sbuffa.
“Comunque non siete ordinate”.
“Vic, questa conversazione è
inutile, devo scappare, ho la prima ora” taglio corto, avviandomi verso le
scale, senza aver capito perché il dover pulire la casa lo teneva seduto fuori
casa.
“L’ascensore?” mi chiede, beffardo.
“Lo sai che ho paura! Dovresti
imitarmi, hai un po’ di pancetta e usare le scale potrebbe aiutarti” ribatto,
facendogli una linguaccia molto infantile.
Mi giro e mi avvio verso le scale,
ignorando le prese in giro del mio collega che come se non bastasse è anche il
mio vicino.
Vorrei davvero mostrarlo in questo
momento ai nostri alunni che lo temono, con la faccia da scemo, seduto per
terra a gambe incrociate mentre prende il cellulare e inizia a giocare ad uno
stupido gioco con lo smartphone.
Mentre scendo le scale, un pensiero
mi pervade, un pensiero che proabilmente non mi lascerà in pace.
Penso a Ramona che passa il tempo
libero a farsi bella per trovare un uomo, andando in discoteca e in locali
eccentrici; a me, che provo a vivere la mia nuova vita ma senza riuscirci,
sprofondando nel passato e spiando i social di Michele; a Vic, che ha superato
i trenta ma passa il suo tempo libero con la playstation, mille serie tv e
serate dedicate ai giochi da tavolo con pochi amici, mentre magari sogna di
stare con una bella donna che ha intravisto al supermercato.
Piero, il dolce e sognatore Piero,
non è da meno, con i suoi dolci della domenica che porta amorevolmente alla
tipa del secondo piano, di cui è innamorato da circa sei mesi, le lezioni di
fitness a cui va per conoscere qualcuna che lo degni della sua attenzione e i
consigli che viene a chiedere alle due colleghe/vicine che abitano di fronte a
lui.
Siamo insegnanti, dovremmo dare il
buon esempio a degli adolescenti, ma siamo davvero in grado di farlo? Non siamo
anche noi ancora dei ragazzini inesperti e incompresi, semplicemente con
qualche anno in più?
Prendo un bel respiro mentre esco
dal condominio, attraverso la scuola e mi avvio verso il Liceo Scientifico
Galilei.
No, è iniziata una nuova giornata e
il mio dovere è insegnare la letteratura italiana a dei diciassettenni pieni di
sogni e speranze.
In cuor mio, però, oggi più che
mai, sono una di loro.
Guerra e Pace
Chi Vuol Esser Lieto Sia, Di Doman Non C’é Certezza
“Paolo, devo farti una domanda”.
Udendo la mia richiesta, Paolo
sussulta e mi guarda, pietrificato, con una faccia che sta palesemente urlando che
la mia affermazione non è giusta visto che avevo detto che oggi non avrei
interrogato.
Decifro subito l’occhiata così gli
sorrido, tranquillizzandolo.
“Riguarda la tecnologia, tranquillo.
So che sei molto bravo e ho bisogno del tuo aiuto” spiego, attirando
l’attenzione di tutta la classe.
Anche se sono giovane, magari per
loro il solo essere una professoressa implica il non aver a che fare con cose
moderne come la tecnologia.
“Certo, mi dica prof” replica il
ragazzo, improvvisamente più colorito in volto.
“Una mia amica mi ha chiesto se c’è un modo che le impedisca di non vedere più
un contatto su instagram e Facebook” dico, imbarazzata.
“Beh, basta oscurare questo
contatto e...”.
“Un contatto che spia pur non
avendolo tra gli amici” aggiungo, cercando di mantenere un po’ di contegno.
Vedendo le facce improvvisamente interessate dei miei alunni sbuffo e mi passo
una mano sul volto, per poi alzarmi e sedermi sulla cattedra.
“Ragazzi, non fate quelle facce!
Sono giovane, ho solo undici anni più di voi e le mie amiche sono come le
vostre” borbotto, cercando di risultare convincente.
“L’unica soluzione sarebbe dover
bloccare la sua amica, così che cercando questa persona lei non possa più
trovarlo” mi informa Paolo, guardandomi attentamente, come se fossi
interessante tutto ad un tratto.
“Ah” esclamo, poco convinta.
Quindi dovrei forse fare qualcosa
per farmi bloccare?
Troppo umiliante, assolutamente no.
“Grazie, Paolo. Ora, tralasciando
questo mio momento di ignoranza, passiamo alla “Canzona di Bacco” di Lorenzo de
Medici che devo spiegarvi e su cui mi farete anche un tema per giovedì, quindi
fate attenzione. Pagina 245”.
Sento le pagine del libro che
vengono girate febbrilmente e in una decina di secondi cala il silenzio, con
gli sguardi fissi di tutti su di me.
Mi schiarisco la voce, ancora
seduta sulla cattedra, accavallo le gambe e inizio a leggere una poesia che
amavo scrivere sul mio diario al liceo e sulla mia agenda all’università.
Quant’è bella
giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuole esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Quest’è Bacco e Arïanna,
belli, e l’un dell’altro ardenti;
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegri tuttavia.
Chi vuole esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Mi fermo e, ancora una volta, non
riesco a trattenermi.
Vedo diciannove teste giovani,
belle e inesperte davanti a me e sento che devo dire qualcosa che abbia senso,
che abbia senso sul serio, in modo da
fare che questa lezione non venga dimenticata facilmente.
“Lorenzo De Medici aveva ragione,
ragazzi. Ora siete giovani e pieni di belle prospettive, ma non ascoltate chi
vi dice che dovete aspettare, che la felicità arriverà... E non sprecate più
del necessario sui libri. Cioè, dovete studiare ma ci sono altre cose
importanti. Studiate, ma non trascurate gli amici, i vostri giovani amori, nel
giro di poco sarete adulti e vi chiederete “Come ho fatto ad arrivare fin qui,
così, senza pensare a nulla?”. Ho trascurato molte persone per dare gli esami
all’università, per studiare per l’abilitazione, e so che avrei potuto fare
entrambe le cose. Ricordate che prima di essere qualsiasi cosa siete umani e
siete degli esseri sociali e... La solitudine è... Brutta. Io...” tiro su col
naso e mi alzo, dando le spalle alla classe.
Recupero la borsa, prendo dei
fazzoletti e mi avvio verso l’uscita, farfugliando un rapido: “Devo andare in
bagno, leggete in silenzio che poi qualcuno mi dirà cosa ha capito!”.
Esco rapidamente dall’aula,
raggiungo rapidamente la dolce signora Gina, la collaboratrice scolastica che
tutti amano, e le chiedo di dare una rapida occhiata alla classe mentre vado un
attimo in bagno.
“Ehi!”.
Senza accorgemene, urto Piero e
faccio cadere una cartella con i compiti in classe e un paio di libri.
“Piero! Scusami...”.
“Lara! Ma...? Piangi?” domanda,
inforcando gli occhiali che porta legati al collo per leggere e vedere meglio.
“No, no, sto bene. Ho avuto un
dolore... Tutto ok, davvero”.
Più veloce della luce, corro via,
lasciandolo lì, in preda di sicuro a qualche domanda.
Entro in bagno, mi chiudo la porta
alle spalle e spero di trovare la forza per non piangere, visto che già
stanotte, senza volerlo, ho bagnato fin troppo il cuscino.
Maledetta letteratura che mi
ricorda tante cose nei momenti meno opportuni!
Non ho visto Ramona durante
l’orario scolastico per fortuna – anche perché lei il martedì ha solo la prima
e la terza ora – e non ho intenzione di dirle ciò che mi è successo a inizio
mattinata.
E’ normale, mi dico, dopotutto devo
ancora processare che Michele vivrà la sua vita con un’altra, e so che nel giro
di poco starò bene.
Mi fermo nella salumeria fuori
scuola per prendere un panino con prosciutto cotto e formaggio e mi avvio verso
casa, beccando, ovviamente, i miei due vicini che stanno aspettando che arrivi
l’ascensore.
“Lara!” esclama Piero, allarmato,
avvicinandosi a me. “Come stai? Non ho voluto metterti in imbarazzo prima ma...
Insomma, ti ho visto, stanotte, con il vino, mentre cantavi” mormora,
abbassando la voce.
Nonostante sia il più dolce e gentile
dei due, al momento vorrei fargli un grande torto, come scompigliargli i
capelli scuri pieni di lacca o macchiargli il maglioncino, visto che odia le
macchie, anche le più insignificanti.
“Era difficile non notarti, non è
colpa sua” lo appoggia subito Vic, sorridendo come un deficiente.
“Idiota! Voglio vedere te nelle mie
condizioni... Ah, no, giusto, non è possibile, perché secondo me non hai mai
avuto una relazione, eccetto questa ossessiva in cui devi per forza appoggiare
il tuo coinquilino!” sbotto, infuriata.
“Ehi, ma cosa dici, io...”.
“Lascia stare. Lasciate stare,
lasciatemi stare! Posso stare in pace, per favore? Grazie!” urlo, avviandomi
verso le scale e salendo come una furia fino al terzo piano.
Nel momento in cui devo recuperare
le chiavi, ovviamente, non riesco a trovarle, e mi ci impegno così tanto che
faccio cadere la borsa, il panino, un libro di testo...
E’ tutto troppo complicato, tutto.
Sospiro e non so come mi ritrovo
seduta per terra, proprio dove c’era Vic stamattina, prendo il panino, scarto
la confezione e inizio a mangiare.
Sembra tutto diverso da qui, più
ampio, difficile da raggiungere, come se per la prima volta potessi vedere sul
serio il posto in cui abito senza soffermarmi solo sui soliti dettagli.
Da qui posso vedere il posto in cui
abito a trecentosessanta gradi, per la prima volta in cinque mesi.
“Forse è questo il problema, ho
bisogno di una nuova prospettiva
anche io!” dico, probabilmente risultando matta visto che non ho un
interlocutore.
“Che fai, mi rubi il posto?”.
Ovviamente, Cip e Ciop sono
arrivati e io non ho nemmeno badato a loro, presa dalle mie osservazioni.
Ignoro Vic e do un altro morso al
panino, sentendomi improvvisamente più tranquilla, come se stare seduta su un
pavimento gelato e non proprio pulito sia ciò che mi serve.
“Sul serio, Lara. Ludovico si è
seduto lì per mostrarmi dove abiterà se oso cacciarlo fuori quando verrà mi
cugina, ma tu? Non hai le chiavi?” chiede Piero.
“Ah, è per questo che te ne stavi
per terra!”.
“Lara...”.
“Te lo meriti, Vic”.
“Lara, ma cosa...?”.
Ramona ha appena aperto la porta e
mi guarda a sua volta come se fossi pazza,
e grazie alla prospettiva diversa riesco a vedere che sul serio le sue
gambe e il suo sedere sono un bel po’ grossi.
Chissà come vedrei me stessa, in
questa nuova prospettiva.
“Non fare domande, pranzo qui,
oggi. Non trovavo le chiavi e mi sono stufata” borbotto.
“Ma se sai che sono a casa prima di
te, il martedì! Ho fatto l’insalata con i pomodori freschi e i finocchi!”.
“Mi sembra strano dirlo ma, brava,
Lara, hai scelto il posto giusto in cui pranzare, oggi” ridacchia Vic, che
prende sempre in giro Ramona e la sua fissa per il cibo sano, che scompare
magicamente il sabato pomeriggio, quando la trovo davanti la tv con un intero
pacco di biscotti o un barattolo di Nutella tra le mani.
“Ridi tu, che con al tua
alimentazione sregolata metterai su ancora più pancia” replica Ramona,
inacidita. “Lara, entra, su...”.
“Finisco e vengo”.
“Ma sei scema? Sembri una barbona”.
“Ha smesso di fregarsene di ciò che
pensiamo da un bel po’, da quando va in giro con quei maglioni colorati
assurdi”.
Ovviamente è sempre Vic a parlare,
ma continuo ad ignorarlo.
Questi sono i meccanismi del nostro
vicinato: c’è il criticone, la donna in fissa con le apparenze, il vicino fin
troppo attento a tutto e la pseudo svitata, la più giovane, quella vicina ai
trenta ma che lotta ancora contro i residui delle follie dei venti anni.
Do un altro morso al panino, finché
Ramona non mi si avvicina e mi afferra per il busto per farmi alzare, facendomi
quasi strozzare.
“Ma sei scema!” sbotto, ancora con
la bocca piena.
“No, tu sei scema, che mangi tutti
questi carboidrati per pranzo, per di più come una barbona!”.
“Ramona, Lara non è te, può fare
ciò che vuole, e i carboidrati sono importanti, comunque” mi difende Piero.
La mia coinquilina lo guarda male
per la risposta ricevuta e poi guarda di nuovo me.
“Devi crescere, non puoi fare
queste idiozie per un anello al dito della nuova ragazza del tuo ex!”.
“Senti chi parla! Tu fai tutte
queste idiozie come avere un cerone in faccia e indossare jeans super stretti
per avere un anello al dito!”.
“Ragazze! Non litigate!” esclama
Piero.
“No, no, lasciale fare, idiota!”
sbotta Vic, dandogli una gomitata.
Ramona si toglie una voluminosa
ciocca di extension dalle spalle e mi squadra con la sua peggiore espressione,
come se volesse ammazzarmi con il solo sguardo.
“Lascerò correre solo perché non
stai bene e sei provata”.
“Io sto bene! Davvero! E ora fatemi
pranzare in pace!” esclamo, entrando in casa e piazzandomi sul divano.
“Sicura di non voler uscire? Dai,
domani hai quarta e quinta ora, puoi dormire fino alle dieci!”.
Circa sei ore dopo, una Ramona
stranamente di buon umore prova a convincermi per l’ultima volta, dopo che
piano piano abbiamo chiarito nel nostro solito modo: lei mi si avvicina con lo
smalto, la lima, l’ovatta e l’acetone per farsi la manicure, io dico qualcosa,
lei replica, e nel giro di poco io mi ritrovo con le unghie perfettamente
smaltate ed entrambe ci siamo riappacificate, con chiacchiere un po’ vaghe che
diventano sempre più specifiche e mirate.
“No, davvero. Ho bisogno di un
film, una cena ipercalorica e una bella dormita”.
Entra nella mia stanza, mostrandosi
in tutto il suo stile un po’ esagerato: shorts di pelle, calze nere leggere,
scarpe dal tacco alto e maglietta aderente rossa che mette in mostra il
decolté.
“Avessi io ancora ventotto anni...
Te ne pentirai” mi rimprovera, come se lei avesse un secolo più di me.
Sto per accompagnarla alla porta
mentre indossa il cappotto che bussano e mi ritrovo Piero di fronte, con
un’aria di scuse.
“Piero, ehi”.
“Ragazze, ve la farò breve. Abbiamo
solo due stanze, mia cugina è appena arrivata, deve fare un concorso e starà
qui per tre giorni. Il suo ragazzo è geloso, lei non si ribella, la presenza di
Ludovico non è gradita. Può dormire sul vostro divano?” dice rapidamente,
temendo le nostre reazioni.
“Se ci aiuta con le pulizie, certo.
Ma se torno a casa con qualcuno, stasera, non deve farsi vivo” dice subito
Ramona.
“No, aspetta! Lui si è comportato
male, come sempre, e...”.
“Sii solidale e non far mollare
questa tizia col ragazzo. Siamo già molte, noi single, non aumentiamo la
concorrenza!”.
“Ma per te il mondo è diviso solo
in due categorie? Single e non?” chiedo, incredula.
Ramona sbuffa, prende la borsa e
mette piede fuori la porta.
“Non aspettarmi sveglia, piccolina. Buona serata!”.
Piero fissa la mia espressione
incredula e ridacchia, per poi zittirsi nel momento in cui lo guardo male.
“Tua cugina è una senza palle”
sentenzio, vedendo sfumare davanti ai miei occhi la possibilità di starmene in
santa pace davanti alla tv con un film da quattro soldi.
“Concordo. Per favore! Ludovico sa fare
dei toast buonissimi per colazione...”.
“Buon per te quando vi sposerete” replico, vendicandomi ribadendo
quanto siano uniti loro due.
“Ok”. Piero alza lo sguardo e fa
rotolare gli occhi, come per invocare la pazienza. “Se ci prendi in giro, può stare con voi?”.
“E va bene! Ma deve aiutarci con le
pulizie e non fare l’ingegnere rompi scatole come sempre”.
“Chiedi troppo, ingenua mia”.
“Piero...”.
“Ok, gli farò un discorsetto!”
sbotta lui, esasperato.
“Sembra che tu gli debba spiegare
come nascono i bambini” gli faccio notare. “Gli sarà utile per quando vi
sposerete. Comunque, digli di portarmi qualcosa di buono per cena” aggiungo,
godendomi la sua espressione esasperata.
Nel momento in cui Vic entra in
casa, posa una confezione sul tavolo della cucina e mi guarda, mentre me ne sto
seduta su una sedia, già in pigiama, con la mia agenda in cui annoto tutto tra
le mani.
“Immaginavo il tuo pigiama rosa,
con i cuoricini e gli orsacchiotti” dice, squadrandomi.
Alzo lo sguardo e lo fisso,
incredula.
“Pensi a me in pigiama?” domando, decisamente
sorpresa.
Vic spalanca la bocca e scuote
subito il capo, come un forsennato.
“No! No, nel senso, per mei sei
quella tipa da piagiama rosa, no?”.
“No. Tu comunque per me sei quel
tipo che il pigiama non ce l’ha e dorme con cose vecchie addosso” aggiungo,
decidendo di prendere questa serata come un qualcosa di divertente e non
irritante.
“Precisamente. Poi mi vedrai con
una tuta che non uso dal 2005 e una maglia di Paperino” asserisce, con una
falsa serietà.
“Se potessi dirlo ai nostri
alunni... Il severo prof De Medina che
dorme con la maglia di Paperino” lo prendo in giro, posando l’agenda su uno dei
mobili.
“Dillo, no?” mi sfida.
“E come spiego il fatto di
conoscere il tuo pigiama?”.
“Siamo vicini”.
“Non così tanto” gli ricordo,
storcendo il naso.
“Siamo vicini di casa, scema” precisa.
“Scemo ci sei tu. Che hai comprato,
scemo?”.
Vic comprende il cambio di
argomento e apre i sacchetti, mostrandomi vari hamburger super farciti con
patatine fritte, alette di pollo e mozzarelline impanate.
Vedendo il mio sorriso di
approvazione – e di fame – scrolla le spalle, seppur compiaciuto.
“Era la mia cena preferita ogni
volta che... Insomma, avevo una delusione amorosa” spiega lentamente, come se
temesse la mia reazione.
Alzo lo sguardo e lui annuisce.
“Sì, che tu ci creda o no, ho avuto
delle ragazze. Tre. E che tu ci creda o no, a molte piace il fascino
dell’ingegnere super nerd... Pare che sia quel tipo di uomo che non ti tradisce
e sia molto disperato” ironizza, prendendo un panino e porgendomelo con una
bella porzione di patatine fritte.
Colpita e mortificata, scuoto il
capo, senza sapere come comportarmi.
“Scusami, io... Ero fuori di me,
irritata, non avrei dovuto insinuare che tu non sia mai stato amato”.
“Su questo hai ragione, non credo
di esserlo mai stato. Ho amato ognuna di loro ma, beh, non era reciproca come
cosa. Due rette parallele destinate a non incontrarsi mai” sussurra.
“C’è sempre Piero” ironizzo,
colpita dalla sua sincerità.
“Hai ragione. Cucina da Dio, e
disapproverebbe questo cibo spazzatura”.
“Come Ramona. Non capisco! La vita
già è dura, mettici anche quel cibo ipocalorico... Ci sono sempre per un
hamburger” dico, forse per fargli capire che non è fuori dal mondo e ci sono
persone come lui, e anche per cambiare argomento.
Annuisce e poi iniziamo a mangiare,
avvolti nel silenzio e circondati solo dal rumore delle nostre mascelle messe
alla prova da così tanto cibo.
E’ buffo quando mangia, sembra che
il panino sia un suo alunno impreparato e lui sia pronto a farlo vergognare, ma
stranamente, forse per soggezione, mangia le patatine con la forchetta
“Se Ramona rimorchia qualcuno e lo
porta a casa devi sparire dal divano, teme si ingelosirebbe vedendo un altro
uomo” lo informo poi, una volta finito di cenare, mentre sistemo le cose da
gettare nei vari contenitori della raccolta differenziata.
Vic sembra perplesso mentre mi
aiuta ad accartocciare alcune confezioni, tanto che si blocca.
“Ma il suo scopo non è sistemarsi?” domanda.
“Sì”.
“Crede si sistemerà con uno
conosciuto in discoteca che fuggirà il giorno dopo?” aggiunge, perplesso.
“Crede che lui rimanga dopo essere
stato colpito dal suo fascino” spiego, seppur non condividendo questa sua
visione del mondo.
Vic scuote il capo e getta delle
cose nel contenitore della carta e altre in quelle della plastica.
“Assurdo. Voglio dire, se c’è una
conoscenza di base e poi si va a ballare insieme, magari può succedere ma... Lì
tutti vanno solo per divertimento”.
“E perché non ci vai mai, tu?”.
“E tu?”.
Rido, scrollando le spalle.
“Non si risponde a una domanda con
un’altra domanda. Detto ciò, non ci vado perché non amo le discoteche e credo
che l’amore sia qualcosa che succede senza darci il tempo di accorgercene,
magari mentre sei per strada, fuori a un bar, al supermercato... Non mi
prendere in giro” aggiungo rapidamente, coprendomi le mani con la faccia per la
vergogna.
Vic mi sorride e fa un cenno di
dinego.
“La penso come te, più o meno,
senza quelle strambe filosofie di mezzo. Vediamo un film?”.
Due ore e mezzo dopo sono in procinto
di andare a dormire e sto pettinando i miei capelli scuri con la speranza di
non farli elettrizzare vista l’umidità che c’è in giro.
Sobbalzo quando sento il telefono
squillare e mi preoccupo quando vedo che la chiamata è da parte di Gaia, la mia migliore amica che vive ancora
nella città in cui sono cresciuta.
“Gaia!” esclamo, sorpresa. “Sono le
undici, tutto ok?”.
“Sì, scusa, ma ho appena saputo una
notizia bomba e non potevo aspettare!”.
“Cosa...?”.
“E’ incinta! E’ incinta!” urlo,
correndo come una pazza verso il soggiorno.
Vic quasi rotola dal divano e
rischia di far cadere il cellulare che ha tra le mani, per poi alzare lo
sguardo e guardarmi con severità.
“Ma sei pazza...?”.
“E’ incinta!”.
Confuso, mi fissa, senza capire.
“Bene, così Ramona potrà
rintracciare il padre e imporgli di sposarla. Chi è il padre?”.
“Cretino, no! Non è Ramona, è
quella ventidueenne a cui il mio ex ha dato l’anello dopo sei mesi di
relazione... La sposa perché è incinta! Me lo ha appena detto la mia migliore
amica che l’ha saputo dalla sua estetista che lavora nel salone della
parrucchiera dove va la cugina di questa scema!”.
“Eeeh? Lara, mi confondi con Piero,
è a lui che piacciono questi gossip intrecciati”.
Felice di essermi tolta un peso, di
sapere che d’ora in poi la smetterò di farmi domande idiote del tipo “Perché a
lei sì e a me no?” e che dopotutto si tratta di un matrimonio forzato, non bado
nemmeno alla maleducazione del mio vicino, troppo entusiasta a causa della
notizia.
“Non capisci?” chiedo, entusiasta.
“Ora posso stare in pace, non mi torturerò più con mille domande, so che alla
fine si sposa per cause diverse da quelle che credevo e che sarebbe successo lo
stesso con me in condizioni simili. Mi sento molto più leggera!”.
“Beata te, devo ancora smaltire
quelle schifezze”.
“Sono così felice che non baderò
alla tua insensibilità” aggiungo, facendogli una linguaccia molto infantile e
camminando verso la mia stanza con le braccia per aria, come una bambina
energica e capricciosa.
Due secondi dopo, però, bussa alla
mia porta e mi guarda con aria di scuse, mentre mi mostra il display del suo
iphone.
Scemo,
levati dal divano, sto tornando a casa con un uomo magnifico!
Levo un sopracciglio, scettica, per
poi cedere il passo e farlo entrare con aria rassegnata.
“Rendiamoci conto che lei ha la
stanza più grande e osa anche comandare così” sospiro.
“Posso risponderle “Senti, fidati
che non se ne fregherà minimamente di me”?” chiede.
“No, poi sarai colui che avrà
rovinato la sua epica storia d’amore” gli ricordo.
Per un istante ognuno guarda in una
direzione opposta, poi sospiro, sapendo che non avrei il cuore di farlo dormire
per terra, prendo il cuscino e mi avvicino alla porta.
“Dormi qui, vado io sul divano, a
meno che questo uomo magnifico non inizi a preoccuparsi del fatto che io possa
essere una sua ex” ironizzo, decisamente stanca di tutte le scemenze che devo
sopportare vivendo con Ramona.
Come sempre, penso che il mio
incarico è annuale, quindi, essendo gennaio, tra cinque mesi tornerò a casa e
magari l’anno prossimo lavorerò in un’altra città, magari meno sconosciuta e
più grande di questa.
“No, dai, non se ne parla! E’ casa
tua, magari aspetto che entrino e poi torno sul divano” si oppone Vic.
“E’ un segno del destino, Vic.
Piero e la cugina, Ramona e ‘sto tizio... Dormi qui e basta, il divano è
comodo. Buonanotte” lo saluto.
Lo vedo un po’ imbarazzato, alza
semplicemente la mano e accenna un sorriso, così mi avvio verso il divano,
sistemo il cuscino e sollevo le coperte che avevo messo per il mio vicino, fin
sopra la fronte, come piace a me.
Mi sento improvvisamente piena di
pace e tranquilla e senza saperlo, mi addormento con il sorriso.
“... E se ne è andato, chissà a che
ora!”.
“Cara, dopotutto lo conoscevi da un
paio di ore, non puoi...”.
“Mi vuoi fare la morale anche tu,
Piero? Vuoi giudicarmi?”.
Apro gli occhi a causa di tutto
quel caos e quasi non cado dal divano.
Mi metto seduta e vedo che Piero e
Ramona se ne stanno seduti dietro il tavolo della cucina a bere del caffè, con
aria grave.
Ramona si volta e mi guarda male,
come se avessi commesso un crimine.
“Tu! Insomma, hai dormito qui, non
hai sentito quel cretino andarsene? Mi sono svegliata senza nessuno al mio
fianco!” urla, puntandomi l’indice contro.
“Aspetta, non è più l’uomo magnifico?” sbotto, con la voce
impastata dal sonno. “Non solo ho dormito qui visto che nella tua visione dei
fatti Vic avrebbe fatto ingelosire questo sconosciuto, devo anche sorbirmi una
predica per non aver fatto la guardia? Ramona, svegliati, in discoteca ci trovi
l’avventura di una notte, non un marito!” esclamo, dando voce a tutta la
irritabilità che sono in grado di provare appena sveglia e aggiungendoci il
fastidio per aver dormito non proprio comodamente a causa sua.
Ramona, offesa, sgrana gli occhi
come una psicopatica mentre Piero mi guarda e annuisce.
“Cara, Lara ha ragione. Se vuoi
divertirti nei locali vai, ma non troverai l’amore così. L’amore non si puo
cercare e ottenere come una borsa” le ricorda, quasi sussurrando.
Ringrazio mentalmente la sua
diplomazia mentre mi alzo e mi avvolgo il corpo con una delle coperte,
nonostante sia presto.
Vado nella mia stanza, sveglio Vic
e lui mi guarda tra il confuso e l’assonnato.
“L’uomo magnifico è appena
diventato un cretino. Sono le sette, oggi entro alla quarta ora quindi posso
dormire un po’ di più. Smamma, su” gli intimo, tirandolo per un braccio e
facendolo alzare con grande fatica.
Gli copro le spalle con la coperta,
lo accompagno fuori e lui mi guarda male mentre se ne va verso il divano.
“Quelli di Ramona se ne vanno di
sua spontanea volontà, mentre io devo cacciarli personalmente dal letto, che
spreco” ironizzo, prima di gettarmi sul letto.
Mi basta qualche minuto per
addormentarmi di nuovo, e mi succede pensando che, a modo nostro, siamo una
banda di quattro scemi super incasinati.
*°*°*
E dopo circa due anni di assenza,
eccomi di nuovo qui in questa sezione con una nuova storia.
Che dire, ci pensavo da un po’,
affascinata dalla vita delle “20something” – sono una di loro anche io, anche
se ho quattro anni meno della protagonista – e dalle sfide che devono
affrontare ogni giorno.
Al liceo si pensa sempre “Non vedo
l’ora di avere 20 anni!”, poi il tempo passa e ci si rende conto che era meglio
quando la preoccupazione più grande era l’interrogazione di matematica.
Una carriera che inizia ad avviarsi
non è tutto, e alla fine sono dell’idea che ognuno di noi conservi i dubbi e le
insicurezze che aveva ai tempi del liceo... Tutto ciò che occorre per superarli
è una nuova prospettiva.
Cosa significa?
Beh, se vi andrà, lo scopriremo
insieme :D
Grazie a Veronica che ha letto
questo primo capitolo e mi ha dato la sua opinione positiva, probabilmente
senza il suo “Ok” non mi sarei decisa a pubblicare :D
Grazie anche alle ragazze che su
Facebook, sapendo che avrei pubblicato una nuova storia, ne sono state felici e
hanno “spolliciato” i vari stati al riguardo... E’ già molto, per me, grazie
<3
Detto ciò, vi do appuntamento a
venerdì prossimo con il capitolo due, se vi andrà! :D
Vi lascio un paio di spoiler ^^:
“Nasciamo
e moriamo da soli” mi appoggia Vic.
“Sì,
ma nel mentre dovremmo fare scintille, no?” domanda un Piero improvvisamente
esaltato.
“Ecco
il mio Piero! Ti sei meritato un ballo, andiamo, su! Per me ordinate solo una
media chiara e delle patatine!”.
“Può
darsi. Funziona?”.
Per
tutta risposta, prendo il boccale di birra e ne bevo un sorso generoso,
rischiando di sporcarmi, e in effetti una dose mi cade sulla maglia.
Bevo
un altro sorso, sotto il suo sguardo incuriosito, mi macchio ancora, e per
tutta risposta mi tolgo la maglia, rimanendo con un top rosso che indosso
sotto.
A venerdì!
Milly.