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Autore: xbondola    12/03/2016    1 recensioni
Cosa fare quando ci si rende conto di essere innamorati del proprio migliore amico? Restare in bilico non è possibile, si sa: prima o poi, si cade, e Thomas deve fare una scelta.
Thomas sentì lo stomaco stringersi in una morsa, richiuse lo sportello e si allontanò. Sbuffando, si gettò sul divano accanto a Winston, e si massaggiò le tempie. L'immagine di Newt che con un dito si accarezzava la pelle nuda, adagiato contro il muro della stanza dei genitori di Minho, gli si era attaccata sotto le palpebre: Thomas chiudeva gli occhi e lui era lì, languido, gli occhi lucidi, non consapevole dell'effetto che aveva sul suo migliore amico.
Thomas batté un piede sul pavimento e si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione.
Non poteva restare lì.
Quella consapevolezza lo colpì all'improvviso, come un pugno, e lo costrinse ad alzarsi. Si diresse verso la stanza di Minho, raccolse le sue scarpe dal pavimento, se le infilò ai piedi e uscì di casa senza avvertire nessuno.

Storia pubblicata anche su WATTPAD con lo stesso titolo.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Minho, Newt, Newt/Thomas, Thomas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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III


« Hai cambiato idea? » Thomas poggiò lo zaino sul letto sfatto. Ancora prima di mettere piede nella sua stanza, aveva afferrato il cellulare e composto il numero di Brenda, la curiosità strisciante che gli annebbiava il cervello. 
« Ciao anche a te ». La ragazza all'altro capo del telefono sembrava annoiata.
« Cos'è che ti ha fatto cambiare idea? », insistette Thomas, ignorando il sarcasmo nella voce di Brenda.
« A me tutto bene, grazie per averlo chiesto ».
« Brenda », ringhiò Thomas.
« Scusa », si arrese lei. « Tentavo solo di riportarti alla mente le regole basilari di una buona educazione ».
« Sono stanco e sudato e ho soltanto voglia di fare una cacchio di doccia, non di assistere a un seminario sulla buona educazione. Grazie del pensiero, comunque ».
« Va bene, va bene ». Brenda sospirò. Le ci volle qualche secondo, prima che riprendesse a parlare: « Ci ho riflettuto molto, oggi », disse. « Non capisco perché tu ti stia ostinando a voler scoprire quella domanda. Era un gioco, Thomas, ed eravamo tutti ubriachi. Potrebbe voler dire tutto o niente ».
« Sono curioso ». Lo era davvero. La reazione che Newt aveva avuto quella sera aveva scatenato in Thomas emozioni contrastanti e domande a cui voleva trovare risposta. Brenda aveva ragione: si era trattato di un gioco, un gioco tra ubriachi; ma non erano gli ubriachi a dire sempre la verità?
« Come ti pare. La questione è un'altra: io cosa ci guadagno? »
Thomas si sedette sul bordo del letto, le sopracciglia aggrottate. « Cosa? Vuoi che ti dia dei soldi? »
« Tu prendi le cose troppo alla lettera ». Brenda si lasciò sfuggire una risata incerta, nervosa, ma la sua voce ritornò ferma quando aggiunse: « Mi serve un favore ».
« Spara ».
« Non dovrai farne parola con nessuno ».
« Non ti fidi di me? »
Brenda sospirò. « Fidarsi è bene. Tenersi i cazzi propri per sé è meglio ».
« D'accordo ». Thomas sorrise e roteò gli occhi, rassegnato. « Cosa caspio ti serve? »
« Un appuntamento ».
Thomas tossì. Sembrava che nella sua stanza la temperatura fosse aumentata di colpo: sentiva il corpo, il volto e le orecchie in fiamme. « Brenda », bofonchiò, a disagio, « io non credo che sia il caso di - ».
« Non con te! », si affrettò a precisare lei, stizzita. « Con Minho », disse quasi in un soffio.
« Perché non glielo chiedi e basta? Non ti sei mai fatta tanti problemi, mi pare ».
« Con Minho è diverso. Non che ne sia innamorata o roba del genere, ma è così sicuro di sé. Non vorrei fomentare il suo ego e finire come una delle tante ragazzine che fanno il tifo per lui alle gare di atletica ».
« Tu fai il tifo per lui alle gare di atletica », precisò Thomas e, prima che lei potesse protestare, continuò: « E in ogni caso, cosa posso farci io se lui non ti chiede di uscire? »
« Lo hai sentito, alla festa! Quando ho risposto alla domanda di Teresa lui non sembrava infastidito, no? Quindi magari non mi chiede di uscire perché mi vede come un'amica o che so io. Fagli cambiare idea ».
« Chi caspio sei tu? Che fine ha fatto la vera Brenda? », la prese in giro Thomas. « Era solo un gioco tra ubriachi, no? Non significa assolutamente niente », le fece il verso lui con un ghigno sul volto.
« Molto divertente. Vuoi il mio aiuto o no? »
« Sento che me ne pentirò ».
« Meglio un rimorso che un rimpianto, Thomas ».
Il ragazzo roteò gli occhi e scosse la testa. « Parlerò a Minho. Sonderò questo caspio di terreno, ma non aspettarti niente, okay? »
« Se quel coglione ci mette troppo ci penso io a ricordargli della sua eterosessualità ».
Thomas rise, passandosi una mano tra i capelli scuri. « Allora, la domanda? »
« Un semplice quesito a sfondo sessuale », gli rispose Brenda con nonchalance. Thomas trattenne il fiato. « Vuoi che scenda nei dettagli? », chiese lei. 
Thomas non aveva mai dubitato della natura di quella domanda: si trattava di Brenda e Brenda non aveva peli sulla lingua, perfino da sobria, ma era stata la reazione di Newt a dissipare ogni dubbio: il rossore sulle sue guance, l'imbarazzo che si faceva strada sul suo viso. Non era riuscito a guardarlo negli occhi, dopo la sua risposta; Newt aveva fatto di tutto per evitare il suo sguardo.
« Voglio i dettagli ». Nel momento in cui pronunciò quelle tre parole, Thomas si pentì di averlo fatto. Ascoltare qualunque cosa Brenda avesse da dire significava abbandonare le sue certezze su Newt e la loro amicizia. Thomas non era sicuro che ne valesse la pena.
« Era più facile formularla con l'alcol in circolo », borbottò la ragazza all'altro capo del cellulare. « Gli ho chiesto di dirmi il nome della persona che avrebbe voluto vedere ricoperta di panna montata. Be'... solo di panna montata ».
Thomas tacque. 
« Panna montata da leccare ».
Thomas strinse più forte il cellulare tra le dita.
« Fino a far gridare a quella persona il suo nome ».
Thomas sentì i suoi organi interni liquefarsi. Non era sicuro di ricordare come articolare una frase di senso compiuto.
« Sei morto? »
« Quasi », riuscì a rispondere.
Brenda rise. « Non ci starai mica pensando adesso, eh, Thomas? L'idea ti stuzzica? »
« Cosa?! » La voce di Thomas era più acuta di quanto lui avrebbe voluto. Si schiarì la gola, tentando di dissimulare il disagio. « Non do un gran peso alla faccenda », mentì. « Ero solo curioso, nient'altro ».
« La curiosità uccide », mormorò Brenda. Thomas non sapeva dire come facesse a saperlo, ma era sicuro che stesse sorridendo.
Brenda aggiunse qualcos'altro, prima di salutarlo.
« Hai proprio ragione », le rispose Thomas in tono poco convinto. Non le stava prestando attenzione. Non prestava attenzione a nulla, se non all'immagine che aveva preso ad aleggiargli davanti agli occhi, così nitida, quasi tangibile: Newt, la schiena inarcata e gli occhi chiusi, gridava il suo nome, vestito di sola morbida schiuma bianca.

Faceva caldo.
Thomas si rigirò nel letto. Ribaltò il cuscino per poggiare il viso sul suo lato più fresco, poi si sdraiò sulla schiena, gli occhi ancora chiusi appesantiti dal sonno. Sbuffò e si passò una mano sul viso: era bollente.
Si rigirò una, due, tre volte ancora, fino a trovare una posizione comoda in cui riaddormentarsi. 
Thomas aprì gli occhi, ritrovandosi di fronte il soffitto bianco, attraversato da crepe quasi impercettibili. Sospirò e allungò una mano verso il suo cellulare, in carica sul piccolo comodino accanto al letto. Sbloccò lo schermo e osservò i numeri e le lettere che scintillavano sul display: 3:37 AM.
Thomas gemette. Si sentiva come in attesa di un evento importante: era come se avesse dimenticato di dover fare qualcosa che non poteva essere rimandato. Era qualcosa d'importante, ma cosa?
« Cacchio, cacchio, cacchio », biascicò a voce bassa, il volto seppellito per metà nel cuscino. Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo respiro. Il cuore aveva preso a battergli nel petto a un ritmo irregolare e frenetico, come se si fosse scolato due litri di caffè. Non riusciva a calmarlo. Non riusciva a calmarsi.
Provò a contare le pecore.
Una pecora.
Due pecore.
Tre pecore.
Chissà se Newt sta dormendo
Quattro pecore.
Cinque pecore.
Forse è sveglio?
Sei pecore.
Sette pecore.
Newt.
Newt.
Newt.
Thomas sbuffò e scosse la testa, come per scacciare quei pensieri molesti, ma questi tornarono, abbattendo ogni sua difesa.
Si concentrò sulle crepe sottili che attraversvano il soffitto, le percorse con lo sguardo, le accarezzò con gli occhi. Si diramavano in tutte le direzioni come arterie povere e inerti, sentieri scavati nella pallida roccia.
Pallida come la pelle di Newt, lì dove il sole non l'aveva ancora baciato, sotto la stoffa sottile delle sue t-shirt.
Thomas chiuse gli occhi. Dietro le sue palpebre c'era lui, sempre lui; la sua silhouette slanciata, esile, all'apparenza così fragile. Thomas sospirò, la mente annebbiata, gli occhi stanchi. Newt era lì, accanto a lui, sdraiato sul letto, e giocherellava con i suoi capelli. Rise e gli lasciò sulla fronte una scia di piccoli baci, casti e umidi. Thomas rabbrividì. Si sollevò sui gomiti quanto bastava per arrivare a sfiorare le sue labbra con le proprie. Newt sorrise contro la sua bocca e gli accarezzò il volto con una mano, che poi scese a sfiorargli il collo, le clavicole, lo sterno, il ventre. Thomas si inarcò contro il suo tocco, desiderando la sua pelle contro la propria. Quando sentì il tessuto dei boxer sollevarsi appena, quel tanto che bastava a lasciar passare una mano calda, non riuscì a trattenere il gemito che gli salì alle labbra con prepotenza, rabbia, disperazione, desiderio.
Aprì gli occhi e si trovò solo, sudato e tremante al centro del suo letto singolo, con una mano infilata nei pantaloni.
« Cosa caspio - », disse, ritirando la mano e mettendosi a sedere, la schiena contro la testiera del letto. Scattò in piedi, uscì dalla stanza, raggiunse il piccolo bagno e si chiuse la porta alle spalle.

Quando sentì il suo cellulare vibrare, il mattino dopo, Thomas imprecò. Aveva sperato di dormire un po' di più: giusto una o due decadi.
Si trascinò fuori dal letto a fatica. Attraversò la stanza trascinando i piedi, aprì un cassetto e ne estrasse un paio di jeans e una maglietta bianca. Si vestì in silenzio e preparò lo zaino. Sua madre lo chiamò per la colazione, ma lui non rispose. Si sedette sul bordo del letto sfatto.
C'era qualcosa di strano, di sbagliato. Thomas non riusciva ad afferrare cosa fosse e cosa riguardasse, ma sapeva che era lì, fuori posto, qualcosa a cui avrebbe dovuto rimediare. 
Sospirò e, zaino in spalla, si diresse al piano di sotto.
« Thomas », lo chiamò sua madre, « non mangi? »
« No, io - Thomas si schiarì la voce - non ho molta fame ».
Sua madre lo squadrò per un istante, le sopracciglia aggrottate. « Ti senti bene? Hai dormito male, stanotte? »
« Sono solo stressato per gli esami », mentì Thomas. « Compro qualcosa alle macchinette, promesso! Ci vediamo dopo, ma' ». Prima che sua madre potesse protestare, uscì di casa e si diresse verso la fermata dell'autobus.

« Hai la faccia di uno che vorrebbe essere ovunque tranne che a scuola ». Teresa gli lanciò un'occhiata penetrante, poi tornò a guardare nel suo armadietto, accanto a quello di Thomas.
« Grazie per averlo notato ».
« Non hai dormito? »
« Non molto ».
Teresa sospirò. I suoi occhi azzurri, incorniciati dalle folte ciglia scure, si posarono su Thomas. « Avresti potuto almeno pettinarti, stamattina ».
Thomas si strinse nelle spalle, chiuse lo sportello metallico e si allontanò, salutando Teresa con un gesto della mano e un verso a metà tra un ringhio e un grugnito.
Quando arrivò in classe, osservò per alcuni istanti la fila di banchi ordinatamente disposti: quello in fondo, accanto alla finestra, era libero, ma due dei banchi adiacenti erano occupati da Minho e - Thomas trattenne il fiato - da Newt.
Un flash gli annebbiò la vista. C'era Newt e c'era la panna... sarebbe mai riuscito a togliersi dalla testa quella immagine? Thomas sentì il cuore accelerare in una frenetica corsa - ne era sempre più convinto a ogni secondo trascorso in quelle condizioni - verso la morte.
O forse la pazzia.
Roteò gli occhi e si avvicinò al banco situato sul lato opposto della classe, accanto alla parete che dava sul corridoio. Sentì gli sguardi dei suoi migliori amici trapassarlo come lance, ma non si voltò per accertarsene e loro non poterono chiedere spiegazioni: la lezione era cominciata.

Al suono della campanella, Thomas aveva pianificato di scattare verso la porta con tutta la grinta del Velocista che era e recarsi alla lezione successiva senza curarsi di prendere i libri dall'armadietto.
Lo avrebbe fatto davvero, se solo non si fosse addormentato tanto profondamente da non sentire il suono acuto e squillante che pervadeva aule e corridoi.
« Cosa caspio gli prende? », disse Minho. Picchiettò con un dito sulla testa di Thomas, appoggiata al banco, sul quaderno di appunti ancora chiuso. Minho rise e si voltò verso Newt, che osservava Thomas con un ghigno divertito sul volto. « Questa sarebbe l'occasione perfetta per uno scherzo, cacchio ».
« Non pensarci neanche, pive ». Newt avvicinò il volto a quello di Thomas e inarcò un sopracciglio. « È proprio crollato ».
Minho si strinse nelle spalle. « Io devo correre a lezione, ho già collezionato dodici ritardi ». Si avviò verso la porta, poi si voltò verso Newt, l'espressione allegra deformata in un ghigno. « Prova a svegliare la tua principessa con un bacio, principe Newt ». Gli fece l'occhiolino e scattò verso l'uscita, giusto in tempo per evitare la penna che Newt gli aveva lanciato contro.
« Coglione », borbottò quest'ultimo, arrossendo. Scosse Thomas per una spalla, sussurrando il suo nome. « Apri gli occhi, Tommy. Faremo tardi entrambi, se non ti svegli ».
Thomas gemette e si voltò verso l'amico senza aprire gli occhi. Sospirò. « Newt... ».
Il ghigno sul volto di Newt si distese fino a diventare un vero sorriso. « Sì, pive? », mormorò.
Thomas aprì gli occhi e incontrò quelli di Newt, che lo osservavano a distanza troppo ravvicinata. Scattò all'indietro. I piedi metallici della sedia stridettero contro il pavimento.
Newt si coprì le orecchie con le mani. « Puoi avvertire prima di fare 'ste cose, pive del caspio? Mi è partito l'orecchio sinistro! » Tentò di assumere un'espressione stizzita, ma il suo sguardo tradiva un certo divertimento. 
« Scusa ». Thomas si alzò in piedi e raccattò le sue cose dal banco ancora ingombro. Fu più difficile del normale, gli tremavano le dita.
« Ti stai rincaspiando di brutto ». Newt scosse la testa e si chinò per raccogliere alcune penne che il suo amico aveva lasciato cadere.
« Ho dormito poco ».
« Non l'avrei mai detto ». Newt sorrise, poi si fece serio. « È successo qualcosa, Tommy? »
Thomas deglutì e fece spallucce. « Sono solo un po' stressato. Non è successo niente ».
« Tu ti fidi di me, sì? » Newt gli strinse le spalle, costringendo l'amico a guardarlo negli occhi. Thomas resistette per pochi istanti, poi distolse lo sguardo, arrossendo, pregando chiunque lo stesse osservando dall'alto che Newt non se ne accorgesse. Lui non fece alcun commento, ma aumentò la pressione del suo tocco. « Tommy », disse, « se c'è qualcosa che non va, non c'è bisogno che giochi al gatto e al topo, cacchio. Puoi parlarmene ». Newt lo lasciò andare e si passò una mano tra i capelli biondi. « Se continui a evitarmi comincerò a pensare che sia colpa mia ».
« Non dire stronzate », biascicò Thomas, scuotendo la testa. Infilò le sue cose nello zaino e si avviò verso la porta, seguito da Newt.
« Sicuro di farcela a reggere per altre cinque ore? », gli chiese quest'ultimo. « Se vuoi, ti accompagno a casa. Rubo la macchina di Minho ».
« Che gentile ». Thomas sorrise appena. « Per questa volta passo. Ruberai la macchina di Minho un'altra volta, Newtie ». Caricò quelle poche sillabe di tutto il sarcasmo di cui fu capace e sbirciò con la coda dell'occhio l'espressione di Newt, che arricciò il labbro in una smorfia di fastidio. « Che caspio di nomignolo è questo?! Fa schifo, cacchio! »
« Perché Tommy è meglio ». Thomas s'immobilizzò. Non capiva perché l'avesse detto, non lo pensava davvero. Tommy era okay. Newt era l'unico a chiamarlo in quel modo. Era una cosa che - Thomas sentì un tuffo al cuore quando formulò quel pensiero - apparteneva a loro.
« Se ti dà fastidio, posso chiamarti Thomas. Forse preferisci Signor Edison? » Newt sorrideva nel suo solito modo enigmatico, come se lo stesse prendendo in giro, ma i suoi occhi erano freddi, seri, distanti. Delusi, tristi, forse.
Thomas scrollò le spalle e guardò altrove. « Non sono un caspio di avvocato ultra quarantenne », borbottò. Il sangue gli affluì al viso e alle orecchie. Sperò che Newt non lo avesse notato e aggiunse: « Tommy è okay ».
« Sicuro? »
« Sicuro ».
« Bene così ». Newt si rilassò al suo fianco. « Ora ho motoria, devo correre in palestra », disse, senza accennare a muoversi.
« Va bene », sospirò Thomas. Si erano fermati al centro del corridoio quasi deserto. Nessuno dei due sembrava voler muovere un passo. Non si guardavano. Thomas si rese conto di star trattenendo il fiato: quella situazione rasentava il ridicolo. Perché non potevano parlarsi come le persone normali? Se Newt aveva qualcosa da dire, perché se ne stava lì, muto e immobile come un statua di sale?
« Io vado a prendere i libri », cedette Thomas. « Ci vediamo ».
« Va bene. A dopo, Tommy ».
Thomas si voltò. L'enfasi che Newt aveva posto nel pronunciare il suo nome lo fece sorridere.
Forse, si disse, devo solo lasciare che le cose restino così. In bilico.
Un pensiero più cupo gli attraversò la mente: stare in bilico per sempre non è possibile. Presto o tardi si cade.

Thomas non poteva saperlo, ma la sua caduta ebbe inizio poco prima che la terza ora di lezione della giornata cominciasse, quando Teresa lo raggiunse sulla soglia dell'aula.
« Ehi, Tom! » Gli sorrise lei e con un gesto gli intimò di fermarsi per un attimo. « Hai da fare, domani sera? », gli chiese.
Thomas sbuffò. « Non lo so. Non credo, perché? »
« Fammi sapere, okay? Sto cercando qualcuno che mi accompagni alla festa di Claudia, non so se la conosci. È nel mio corso di matematica ».
Thomas annuì. « Di vista. Ti mando un SMS entro stasera », le disse. Lei si allontanò, le labbra sottili distese in un sorriso soddisfatto.
Il cellulare di Thomas vibrò.

1 NUOVI MESSAGGI 
Da: Brenda 
Allora? Glielo hai chiesto? -.-

Thomas alzò gli occhi al cielo. Aveva completamente dimenticato il patto stretto con Brenda la sera prima.

Alla prossima campanella.

All'intervallo, Thomas raggiunse Minho in cortile, accanto ai distributori automatici. Stava sferrando una serie di violenti calci alle apparecchiature, imprecando a mezza voce. « Brutto bastardo del cacchio », disse, un cipiglio aggressivo sul volto. Lanciò una rapida occhiata a Thomas e sferrò un altro calcio alla macchinetta. « Mi ha fregato dieci dollari! » 
« Vai a reclamare dal preside », gli suggerì Thomas.
« Mi è già successo due volte nell'ultima settimana », ringhiò Minho. « Questi così mi odiano ».
Thomas strinse le labbra per impedirsi di scoppiare a ridere. Quando si fu calmato, si allontanò verso la parte più esterna del cortile, verso una panchina rimasta vuota, e fece cenno a Minho di seguirlo. « Conosci Claudia Bennet? », gli chiese.
Minho assottigliò lo sguardo. « Più o meno », rispose, dopo qualche secondo di riflessione. « Non siamo amici ».
« Fa una festa, domani sera ».
« Sì, l'ho sentito ». Minho incrociò le braccia sul petto. « Non sono stato invitato ». Il fastidio che gli causò il dover pronunciare quelle parole a voce alta era ben visibile sul suo volto.
« Io conosco qualcuno che può farci ottenere un invito. Nel caso, pensi di invitare qualcuno? »
« Tipo? »
Thomas roteò gli occhi. « Tipo tua madre! » Si sentiva molto stupido nelle vesti di Cupido, ma un patto era un patto e doveva rispettarlo. Sbuffò. « Una ragazza, Minho ».
« Non saprei ». Minho si guardò intorno, scandagliando con lo sguardo le studentesse in cortile. « Ci sono tante ragazze carine ».
« Che ne dici di Brenda? »
Minho distolse lo sguardo, sorridendo. « Brenda è molto più che carina, caspio ».
« Perfetto, allora! Invita lei ».
Minho si morse l'interno della guancia e assunse un'espressione contrita. « Non lo so, amico, a me sembra sempre di starle sul cazzo. Non so se mi spiego ».
« Brenda dà quell'impressione a chiunque. Sono sicuro che accetterà l'invito. Non fare il pive e chiediglielo ».
Minho si strinse nelle spalle, poi tornò a fissarlo, gli occhi ridotti a due fessure. « Tu con chi ci vai? »
« Teresa mi ha chiesto di accompagnarla », rispose. 
Minho sembrò deluso. « Ovviamente », sbuffò, un sorriso amaro stampato in faccia.
« Che c'è? »
« Non ne faccio un mistero, Thomas: a me quella ragazza non è mai andata tanto a genio ».
Thomas si lasciò sfuggire un verso di frustrazione. « Oh, andiamo! Ancora? »
Minho alzò le mani, come per frenare la sua reazione. « Ehi, pive, placa i bollenti spiriti e non farne una questione di Stato! Non dico di odiarla o sploff del genere, ma non mi sta molto simpatica ». Si strinse nelle spalle. « Vossignoria mi permette di avere delle simpatie, eh? »
« Non fare il coglione, Minho ». Thomas aggrottò le sopracciglia. « E comunque puoi risparmiarti i giudizi. Teresa lo ha chiesto a me, non a te ».
« Bene così, amico. Pensavo solo che... » Minho scosse la testa. « Niente, tanto mi sbagliavo ».
« Cosa, cacchio, cosa? », sbottò Thomas, alzando la voce più di quanto avrebbe voluto. Scosse la testa e sbuffò, arrossendo per l'imbarazzo. « Scusa. Ho dormito poco, sono irritabile ».
« Rincaspiato del cacchio ». Minho lo colpì con un pugno sul braccio e scosse la testa. « Devi fare qualcosa per la tua insonnia, amico, o ci resterai secco. Di questo passo non supererai neanche gli esami ».
« Dove ti hanno concepito i tuoi genitori, Minho? Alla fiera dell'ottimismo? »
« Esatto, proprio accanto al padiglione della tensione sessuale irrisolta, dove i tuoi ci davano dentro! »
Thomas stava per chiedergli a cosa alludesse, ma Minho si allontanò verso l'edificio scolastico senza voltarsi indietro.

   
 
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