« Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella…»
(da Donna pietosa e di novella etate – D.A.)
Entrò lentamente nella stanza e richiuse la porta alle sue spalle, accompagnandola nel suo percorso con la mano. ⌘ * § * ⌘ Le parole di Martha ancora ronzavano nella sua mente mentre con passo svelto raggiungeva l’edificio. ⌘ * § * ⌘ La stanza era immersa in un’atmosfera cupa, non poteva vedere con gli occhi ma tramite gli altri sensi aveva una percezione delle cose che la circondavano. Dai piccoli rumori generati dai movimenti attorno a sé, era riuscita a capire che la situazione era cambiata, qualcosa di molto importante era accaduto e in cuor suo sapeva che presto lui avrebbe agito ma faceva di tutto per non prestare attenzione a quel presagio. ⌘ * § * ⌘ Quel lunedì mattina era iniziato fin troppo presto per i sui gusti. Certo una volta, quando lavorava per la NYPD faceva levatacce anche peggiori ma almeno c’era la vera scusa di un omicidio e una vittima da analizzare. Oggi invece si era dovuta scapicollare, e perfino senza nemmeno il suo amato rottame a quattro ruote, verso gli uffici dell’anticrimine. ⌘ * § * ⌘ Sentiva un’energia scorrergli nelle vene, il momento di vedere i suoi capolavori era quasi arrivato e lui fremeva dalla voglia di trasformare quei quadri felici che erano le sue foto, in meri ricordi e di far precipitare nel baratro con lui i suoi protagonisti.
La luce proveniente dal neon rosso, al di sopra dello stipite, colorava la stanza rendendo a mala pena visibile il tavolo da lavoro.
Si avvicinò e accostando lo sgabello si sedette, poggiando entrambi i gomiti sul piano rovinato della scrivania e, facendo scattare la piccola levetta della sua macchina fotografica, iniziò a riavvolgere il rullino.
Era trascorsa a mala pena una settimana ma aveva riempito anche questo nuovo rullino.
Mentre con gesti automatici lo toglieva dal suo alloggiamento, sollevò la testa per scorgere quelle foto che erano ancora appese ad asciugare. Anche se la luce era molto tenue, riusciva ad intravedere la figura di un uomo e di una donna, o solo l’uno o l’altro, delle persone che uscivano da una villa o che salivano su una macchina.
Scostò lo sguardo alla ricerca delle altre pellicole, pensando che presto anche questo rullino sarebbe diventato una serie di negativi appesi e i loro positivi sarebbero state foto.
Spense la piccola luce rossa che illuminava appena la stanza, e fece scattare il coperchio della macchina fotografica.
Sfilò dal suo involucro il film fotografico e avvolse tutta la pellicola nella spirale, eliminando la parte finale coperta dal nastro adesivo. La inserì all’interno della tank e avvitò il coperchio a tenuta di luce. Tutto pronto per iniziare lo sviluppo.
Procedeva nella sua opera con molta calma, tutte le fasi dovevano essere seguite alla flebile luce dell’impianto d’illuminazione della camera oscura e ognuna di queste aveva bisogno della giusta temperatura per permettere alla chimica di fare la sua opera.
Non aveva nessuna fretta, anzi, compiva tutte le operazioni con molta molta calma, come se fossero scandite dal ticchettio dell’orologio.
Introdusse agenti di sviluppo attraverso il foro aspettando il suono della sveglia che era poggiata lì accanto.
Raccolse nuovamente tra le sue mani la tank e la agitò capovolgendola lentamente a intervalli regolari; la sua grandissima esperienza faceva in modo che sapesse perfettamente per quanto tempo è quanto forte dovesse agitarla per ottenere il giusto risultato.
Trascorse i minuti necessari allo sviluppo mirando i capolavori che avevano preso vita dal suo obiettivo nelle settimane precedenti. Quando il suono della sveglia, che indicava la fine del procedimento, lo distolse dai suoi pensieri introdusse il bagno di arresto per terminare lo sviluppo.
Una volta inserito anche il bagno di fissaggio, prese le pellicole e le sciacquò in acqua corrente per alcuni minuti. Un sorriso soddisfatto apparve sul suo volto, ma pian piano si trasformò in un ghigno: sulla pellicola apparvero chiaramente quelle immagini che lui aveva ancora fissate nella sua memoria dal momento in cui le aveva immortalate su di essa.
Prese delle mollette dal cestino poggiato sulla scrivania e ad una ad una appese la nuova pellicola.
Si guardò intorno soddisfatto e si diresse verso la porta lasciando che quelle immagini si fissassero definitivamente sulla pellicola e pregustando il momento in cui avrebbe rivisto quei soggetti immortalati. Lasciò l’angusta stanza chiudendo la porta alle sue spalle.
- Kate… aspetta!- una voce alle sue spalle la fece voltare.
- Capitano - esclamò vedendo l’uomo appoggiato a una delle colonne del porticato.
- Posso rubarti un minuto?- le chiese.
La sua aria seria la misero subito sull’attenti.
- Certo… - rispose avvicinandosi.
- Che succede Roy?-
- Castle ha capito che ti ho messo lì come scorta.- sparò Montgomery.
- Lo so… - rispose. Poi vedendo il suo cipiglio interrogativo aggiunse - gliel’ho detto io.-
- Cosa?- le fece cenno di sedersi sui gradini.
- Ieri, quando ha voluto essere accompagnato a casa, ha fatto salire anche me e ha tirato fuori la storia del ‘troppo pericoloso’- disse accomodandosi di fianco al capitano.
- Da lì, abbiamo degenerato in una specie di litigata - disse alzando leggermente le spalle e mostrando un sorriso angelico.
Montgomery aveva un’espressione che era un misto tra il rimprovero e la faccia di uno che cerca in tutti i modi di non scoppiare a ridere. Lei sapeva benissimo che cosa stesse pensando il suo superiore, l’aveva pensato anche lei che quel gesto era così tipicamente dei Castle…
- Quindi?- le chiese.
- Quindi ho dovuto dirgli la verità- ammise stringendo le labbra e alzando gli occhi come per scusarsi.
- Bene! Voi due non riuscite proprio a non litigare, vero?- sorrise scuotendo leggermente la testa.
- Mi ha chiesto di allontanarti….- le disse a bruciapelo.
- Ma… - tentò di dissuaderlo.
- Sta tranquilla - intervenne prima che potesse dire altro - Non lo lascio solo, abbiamo sistemato tiratori scelti attorno alla casa e due macchine civetta girano continuamente da quelle parti. E ha accettato di sostituirti con uno degli uomini di Gray… Avevano già collaborato insieme.-
- Non me lo avevi detto che proprio alla fine mi avresti rispedito a LA…- furono le sue uniche parole.
- Ma scherzi? Chi lo tiene a bada!- risero entrambi ancora una volta.
- Ho ricostruito la mia vecchia squadra e non la lascerò separare di nuovo! Continuerete a lavorare tutti insieme! Se ti va.- disse serio.
- Certo che mi va. Siete la mia famiglia!- dei rumori alle loro spalle li fecero voltare di scatto, quando capirono che erano soltanto Ryan ed Esposito che come al solito litigavano per l’ultima ciambella, rincorrendosi come dei bambini.
Voltandosi di nuovo verso il suo Capitano disse:
- Dove li trovo altri come questi?-
Alzò la mano e sentì che i passi erano diventati veloci, bastava quel gesto a farlo accorrere al suo fianco.
- Come stai?- le chiese mentre sicuramente si era accucciato ai suoi piedi.
- Io bene.- disse-Ma tu, come stai?-
Al perdurare del silenzio, scalfito solo dai suoi respiri che erano leggermente trattenuti, continuò:
- Tesoro, so che qualcosa non va, lo sento dai tuoi gesti.-
- No mamma, stai tranquilla...- un breve silenzio e poi tornò a parlare:
- Ho sentito della musica prima, cosa stavi ascoltando?-
- Haydn - prese tra le sue la mano di suo figlio che era poggiata sul bracciolo della poltrona e voltandosi appena verso di lui precisò: - Le sette ultime parole del nostro redentore in croce.-
Sapeva che suo figlio aveva capito cosa volesse dirgli ascoltando quel brano, il senso di pietà per la sofferenza che domina la scena ma anche la leggerezza della musica che racconta la morte imminente quasi in modo programmatico.
Lei aveva capito che dietro al comportamento solitario del figlio c'era qualcosa di oscuro, qualcosa che ancora si rifiutava con tutta se stessa di accettare.
Un ricordo le venne alla mente, da quando era tornata con lui, nei giorni passati aveva sentito suo figlio comportarsi in maniera strana. Usciva nel cuore della notte, quando credeva che lei dormisse o la mattina presto e quando tornava in casa le sembrava più felice. Si muoveva stranamente in casa, continuava a chiudersi in quella stanza e ne usciva ore dopo, oppure si sedeva alla scrivania e lei sentiva il rumore dello sfogliare di pagine e il passaggio delle sue dita sui fogli, come se non avesse bisogno di leggere le parole per recitare le frasi.
- Leggimi qualcosa - gli chiese.
- Cosa vuoi che ti legga?- rispose il suo ragazzo, alzandosi e lo sentì andare verso la scrivania.
- Quello che leggevi tu!- rispose.
Dopo poco lo sentì riavvicinarsi a lei e sentì il rumore del tessuto che sfiorava il legno del pavimento. Lui si era inginocchiato ai suoi piedi come quando era bambino e le aveva poggiato il libro sulle gambe.
- E' una vecchia copia della vita nuova di Dante.- le disse.
- Della biblioteca.- rispose lei, riconoscendo la ruvidità dell'etichetta apposta sul dorso del libro.
- E queste parole sottolineate?- chiese quando poggiò le dita sulle pagine aperte.
- E' il passo in cui Dante, dopo la morte di Beatrice, scrive che lui si era chiuso da solo in una stanza e delirava…-
- Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella;
cader li augelli volando per l’are,
e la terra tremare;
ed omo apparve scolorito e fioco,
dicendomi: “Che fai? Non sai novella?
morta è la donna tua, ch’era sì bella”.-
Man mano che lui leggeva, sentiva la sua voce incrinarsi per lo sforzo di trattenere le lacrime.
- La pensi ancora?- chiese quando un singulto gli smorzò il respiro.
- Sempre!- rispose prima di scoppiare in un pianto liberatorio.
- Quando andremo via da qui, vedrai, starai meglio- gli disse - ma quando sarà?-
- Presto mamma, presto!- e anche senza vederlo capì che sulla faccia di suo figlio era apparso un ghigno che un po' la spaventava.
“Non facciamo la figura dei poveracci” le aveva detto Javier stamattina al telefono.
Ma lei non era un detective, solo una scienziata ora, e quella era la macchina che poteva permettersi, figure di niente o meno.
Per non andare incontro all’ira di Montgomery aveva preso la metro ed era arrivata al quartier generale.
Avevano passato lì tutta la giornata, con una minima pausa pranzo, analizzando i campioni repertati nei vari omicidi. Beh lei analizzava, Javier, beh lui le stava intorno come un mastino. Non che la cosa, molto buffa, non le facesse piacere, soprattutto perché non ve ne era motivo se non il fatto che lì all’anticrimine tutti la stavano adulando e probabilmente avevano scatenato la gelosia del detective.
In ogni caso, aveva sprecato il suo giorno libero per lavorare instancabilmente e all’insaputa di tutti, tranne che di Esposito e del Capitano, a quel caso che rendeva tutti molto apprensivi.
Roy le aveva chiesto di passare al microscopio ogni piccolissimo, microscopico appunto, indizio che poteva ricavare da tutte le scene degli omicidi imputati al SK.
Fino ad ora, tutti erano stati analizzati e studiati come casi a se stanti, prima della lettera a Gray, e quindi credeva che rianalizzandoli da un nuovo occhio come un unico caso, si poteva giungere a nuove conclusioni.
Chi poteva farlo meglio di lei che aveva lavorato con Castle e Beckett, insieme, e che conosceva anche altri piccoli segreti?
Aveva capito che il Capitano temesse che dietro a questo pazzo ci fosse un altro ben più mostruoso essere.
Però alle 5 del pomeriggio non era riuscita a ricavare nulla. Esposito aveva convenuto che non fosse più necessario che stessero lì, una volta finite le analisi, e che l’indomani avrebbero iniziato a indagare, insieme, su quanto ricavato, prima di coinvolgere anche Detective e Scrittore.
- Ti do uno strappo.- disse Esposito quando uscirono dal quartier generale.
- Cosa hai per me macchina o moto?- gli chiese.
- Secondo te?-
- Non ho il casco.- rispose scuotendo la testa e pensando che in fondo lui era sempre il solito Javier.
- Te lo do io.-
Mentre s’incamminavano verso la sua Honda, gli disse:
- Lo sai che mi hai fatto perdere una giornata di shopping?- come se la colpa fosse sua
- Si eh?- disse per nulla sorpreso.
- Per rimediare dovresti almeno portarmi al cinema. E’ un’invenzione del secolo scorso, però funziona perché la gente ci va per baciarsi.- disse con aria al quanto maliziosa.
- Senti, ti accompagno in studio, a casa, o…- disse deglutendo. Non sapendo se la sua fosse la reazione per il cinema o per quello che poteva concludere la frase.
- A casa - gli rispose cercando di rimanere neutrale.
- Casa tua? Fino a là?- chiese senza voglia di farsi i km per poi lasciarla sulla porta di casa e tornarsene a Richmond.
- Si, è l’unica casa che ho.- disse finendo di allacciarsi il casco.
- Invece che un anello diamanti e zirconi potevi farti regalare un appartamento in affitto, un po’ più centrale!- continuò togliendo il cavalletto alla moto.
- Per più centrale intendi verso Richmond?-
Sorrisero entrambi.
- Io non lavoro più con voi!-
- Però collabori…- le disse, aiutandola a sedersi a cavallo della moto.
- Comunque la mia casa è in una buona zona per il mio lavoro, anche se è un po’ piccola ma per una persona sola va bene.-
- Che è successo non sei più…-
- Già - rispose reggendosi a lui che intanto aveva messo in moto.
- Eh… Mi dispiace - disse mentre si avviavano verso la strada.
Nessuno dei due, però, poté vedere che non era il solo ad avere un sorriso sul volto.
Entrò nella camera oscura portando con sé un macchinario che aveva recuperato nell’antico sotterraneo dove tutto era iniziato.
Per tutte le stampe precedenti aveva usato un metodo naturale che suo padre gli aveva insegnato fin da bambino, ma questa volta era speciale. Questa volta non doveva esserci nessuna sbavatura. Più che una semplice foto, quella che stava per realizzare era una sorta di fotoincisione che doveva rimanere nitida così com’era, di certo sarebbe certo sarebbe stato il canto finale di tutta quella faccenda.
Sistemò il bromografo su un tavolo che aveva preparato giorni addietro e aprendo quella specie di scatola si apprestò ad iniziare la nuova fase: l’esposizione.
Con ritmata precisone seguì tutte le fasi che portavano alla fotografia, così come nella vita stava procedendo per fasi. Le stava seguendo tutte e presto, dopo essersi esposto, avrebbe iniziato a sviluppare la sua foto.
Nel mentre si sarebbe accontentato di imbattersi in quei sorrisi fissati su quello che, per ora, era solo un pezzo di carta ma che presto si sarebbe presentato in tutta la sua potenza.
Appese quell’ultima stampa ormai pronta per l’ultima sua fase, l’asciugatura, e si sedette ad ammirare ancora una volta il capolavoro della scienza. Fissava quelle foto, mirandone i soggetti e gioendo della potenza della chimica che trasforma una pellicola senza sfumature in una foto dai tanti colori e che presto ne avrebbe lasciato spazio ad uno solo: il rosso !
Salve!
Questa settimana con un pochino di ritardo....
Purtroppo ho un po' di problemi personali per cui non so quando potrò aggiornare di nuovo.
Vi prometto che cercherò di farlo nel più breve tempo possibile!
Scusate per la probabile attesa!
Grazie per la pazienza
Vulpix
<3