Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?
Wordcount: 3.430
(Fidipù)
Introduzione: Sono
passati quattro anni da quando Ladybug e Chat Noir hanno sconfitto
Papillon, riportandolo dalla parte del bene.
Ma una nuova minaccia giunge a Parigi e i due eroi non sanno se stavolta
riusciranno a fermarla...
Note: Prima di ogni cosa, mi scuso se causerò malesseri con
la lettura di questo capitolo: non era intenzionale, davvero! Quasi
sicuramente ho reso Adrien OOC (Out of Character), anzi ne son
assolutamente certa ma mentre scrivevo...non so, sentivo la presenza di
Chat Noir alle spalle che mi diceva come far muovere la sua versione
everyday. Marinette...beh, stranamente devo ancora imparare a usarla (e
dire che mi sono sentita subito affine a lei, dalla prima volta che l'ho
vista), per quanto riguarda Gabriel...giuro, io volevo farlo serioso e
tutto d'un pezzo, ma ogni volta che scrivevo una scena con lui ripensavo a
quel flop flop e a quel brrrr, e quindi è venuto fuori quel che è venuto
fuori.
E ora qualche piccola informazione random: il liceo Louis-le-grand esiste
veramente a Parigi (qui potrete
trovare il sito della scuola) e anche il Balajo (per il sito cliccate qui) citato da Nino. Sì, sono talmente
malata che mentre scrivevo, cercavo informazioni e...beh, ero fissa con
google maps aperto!
Per finire, volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto, inserito in
una delle liste e commentato il primo capitolo!
Capitolo 1
Adrien canticchiò, finendo di vestirsi e osservando il kwami nero che,
completamente stravaccato sulla scrivania, osservava il soffitto: «Avete
fatto le ore piccole, ieri?» chiese, afferrando un bracciale di cuoio
intrecciato, poggiato sul comodino e allacciandoselo al polso destro: teneva
particolarmente a quel monile, dato che era stato il primo regalo di
Marinette.
Il primo regalo che Marinette aveva fatto, con le sue mani, per lui.
«Wayzz…»
«Ah. Pensavo che le ore piccole le facevi con Tikki. Non hai una specie di
cotta per la kwami di Marinette?»
Plagg issò la testa, sgranando gli occhi e fissandolo torvo: «Io non ho
nessuna cotta per Tikki.» dichiarò l’esserino nero, alzandosi e svolazzando
fino alla scatola di Camembert poggiata sul tavolino da caffè, davanti la
TV: «Sei contento. Fin troppo contento.»
«Dici?»
«Quanto hai tormentato quella poveretta, ieri sera?»
«Ho semplicemente chiamato la mia ragazza, ieri sera.» sentenziò Adrien,
poggiandosi con la spalla contro l’armadio e osservando il suo kwami: «Non
mi sembra che si dica tormentare.»
Plagg tenne lo sguardo fisso sul suo umano, mentre apriva la scatola e
prendeva un triangolo di formaggio: «Giochi di parole?»
«Solo uno.»
«Battutine alla Chat?»
«Qualcuna.»
«Consolazione alla Adrien?»
«Mmmh…» il biondo incrociò le braccia, alzando gli occhi al cielo: «No,
quello no.»
Il kwami addentò il formaggio, masticandolo lentamente: «Per caso ha finito
la chiamata con “Adrien!”?» domandò, cercando di imitare una voce femminile
e facendo ridere il ragazzo.
«Solo perché ho chiuso la chiamata, altrimenti mi avrebbe rimproverato. Alla
Ladybug, per essere precisi.»
«Ok. Hai tormentato quella povera ragazza.»
Il sorriso di Adrien si accentuò, mentre si spostava e indicava il giubbotto
al kwami: «Andiamo, Plagg. Devo ancora fare colazione.» dichiarò, prendendo
la borsa e aspettando che il felino nero si nascondesse in una tasca. Uscì
dalla camera e velocemente scese le scale, raggiungendo la sala da pranzo;
aprì la porta, osservando suo padre seduto capotavola con il tablet davanti:
da quando Papillon era stato smascherato e poi sconfitto, suo padre aveva
fatto un esame di coscienza e lentamente stava cambiando, ritornando il
genitore che Adrien conosceva.
Il padre che era stato finché c’era stata anche sua madre.
«Buongiorno.» esclamò, entrando e salutando il genitore con la mano: Gabriel
alzò lo sguardo, annuendo e tornando poi al suo lavoro.
Beh, il cambiamento era lento.
Però almeno ora consumavano i pasti insieme e, Adrien n’era certo, aveva
visto il genitore sorridere ogni tanto; quando poi Marinette andava a
trovarlo, suo padre era sempre il perfetto padrone di casa e, alle volte, lo
aveva visto parlare appassionato con Marinette su qualche collezione o
stilista.
Si mise seduto, sorridendo alla cameriera che prontamente gli servì il caffè
caldo: «Quella camicia non è mia.» dichiarò suo padre, mettendo da parte il
tablet e osservando l’abbigliamento del figlio.
«No, è una Marinette Dupain-Cheng originale.» dichiarò orgoglioso Adrien,
lisciando la stoffa bianca con delle sottili linee grigie: Marinette aveva
talento e a lui piaceva indossare gli abiti che la ragazza gli confezionava,
anche perché era un modo per incoraggiarla a continuare su quella strada.
Gabriel annuì, continuando a osservarlo e studiando il capo d’abbigliamento,
quasi sicuramente valutandolo con l’occhio critico da stilista di fama
mondiale: «Sta migliorando.» dichiarò compiaciuto, piegando leggermente le
labbra in un sorriso.
«La tua futura nuora sarà presto tua rivale.» dichiarò Adrien orgoglioso,
bevendo un sorso di caffè: «Di nuovo.» precisò, ricordandosi di quando
Papillon e Ladybug erano nemici giurati.
«La mia futura nuora sarà l’erede della mia maison.»
«L’importante è che sia tua nuora.»
Gabriel fissò il figlio, scuotendo la testa: «Fattela sfuggire e ti
akumatizzo, figlio.»
Fu strinse il cuscino, mentre il sogno di quando era un giovane guerriero
sfumava alla luce del giorno: ricordava perfettamente il giorno in cui aveva
dovuto dire addio a quella bella fanciulla, perché il sacerdote del tempio
gli aveva affidato la custodia dello scrigno dei Miraculous.
«Maestro, maestro!»
«Sì, tornerò da te…» mormorò l’anziano, afferrando Wayzz e portandoselo
verso il volto: il kwami verde sbarrò gli occhi, osservando le labbra
dell’umano farsi sempre più vicine al suo musetto.
«Maestro! Maestro! Maestro, si svegli!»
Fu aprì gli occhi, osservando il kwami: «Wayzz, che stai facendo?»
«Cosa stava facendo lei, maestro!»
L’anziano scosse il capo, mettendosi seduto e osservando il folletto della
tartaruga: «Lasciamo perdere.» dichiarò, cercando di ricomporsi: «Cosa è
successo? Perché mi hai svegliato?»
«Ho appena avvertito l’energia del Miraculous dell’ape.»
Fu sbatté le palpebre, fissando il kwami e poi il grammofono sul mobile,
poco distante da lui: «Ma non l’avevo dato a una ragazza in America?»
«Maestro?»
«Ha un’aura negativa?»
«No, maestro. Ma avverto anche i Miraculous del Pavone e della Volpe.»
Fu si massaggiò il mento, iniziando a camminare per la stanza: «Pessimo
segno, pessimo segno.»
Marinette sbadigliò, avanzando verso la scuola con Alya: «Hai dormito poco
stanotte?» le chiese l’amica, mentre metteva il cellulare nella borsa; la
mora osservò il movimento stizzito che aveva accompagnato il gesto e
sospirò: a quanto pare la ragazza aveva di nuovo litigato con Nino.
Cosa che succedeva almeno una volta alla settimana.
«Nino?» chiese, cercando di sviare dalla domanda che le era stata rivolta:
aveva passato gran parte della notte con gli occhi aperti, a ripensare alle
parole di Adrien; quel poco che era riuscita a dormire era stato pieno di
sogni…
Di sogni alla Chat Noir.
Quando Tikki era tornata poi, l’aveva trovata con il volto completamente in
fiamme e, quando la kwami le aveva chiesto il perché, aveva balbettato
qualcosa.
Sinceramente non ricordava cosa avesse detto e cosa la sua kwami avesse
capito.
In ogni caso Tikki l’aveva ascoltata paziente e fatta calmare, come sempre.
Alya sbuffò, riportandola alla realtà: «Al solito, preferisce andare a fare
il dj sabato sera, piuttosto che passarlo con me.» dichiarò la ragazza,
alzando le braccia al cielo con un gesto stizzito: «Capisco che lo fa perché
gli piace e mette su un po’ di esperienza ma…» si fermò, scuotendo il capo e
facendo ondeggiare le ciocche marroni: «Mi piacerebbe stare un po’ con lui,
ogni tanto. Con lui da solo.»
Già.
In effetti da quando stavano insieme, Alya e Nino erano usciti sempre con
Adrien e lei: «Scusa.» mormorò la mora, fermandosi davanti l’entrata della
scuola e fissando l’amica: «La prossima volta che Nino invita Adrien gli
dirò di dire no.»
«A cosa devo dire no?» domandò la voce di Adrien, mentre due braccia
circondavano la vita di Marinette e la ragazza si ritrovò imprigionata
nell’abbraccio forte e sicuro del suo partner: «Buongiorno, mia principessa.
Buongiorno, Alya.»
«Buongiorno anche a te, Adrien “sono il fidanzato perfetto” Agreste.» sbottò
Alya, fissandolo male: «E comunque devi dire di no agli inviti del tuo
amico, soprattutto quando ti dice: “Ehi, Alya ed io andiamo in quel posto.
Volete venire anche tu e Marinette?”»
«Ah.»
«Ah cosa, Adrien?» domandò Alya, facendo un passo verso il giovane e
fissandolo minacciosa; Adrien spostò le mani sulle spalle di Marinette,
trattenendola fra lui e la ragazza: «Non osare farti scudo con la mia amica,
Adrien Agreste.»
«Inventerò una scusa. Giuro.»
«Sarà meglio per te.» concluse Alya, voltandosi e andandosene a passo di
marcia.
«Il pericolo è passato, mon minou.» dichiarò Marinette, sciogliendo la
stretta delle mani sulle sue spalle e voltandosi verso il ragazzo: «L’hai
combattuta quando era Lady Wifi e non ti ha fatto paura, ma ora sì?»
«Ora mi avrebbe ucciso.» dichiarò Adrien, additando la ragazza che entrava
nel liceo, aprendo la calca di studenti come se fosse stata Mosé: «Ho avuto
paura di morire.»
Marinette lo fissò male, schiaffeggiandogli l’avambraccio: «E mi hai usata
come scudo?»
«Ero certo che non ti avrebbe ucciso.» dichiarò sicuro Adrien, sorridendole:
«Piuttosto, principessa, dormito bene stanotte? Dallo sguardo stanco si
direbbe di no. Forse un certo gatto nero ti ha tenuta sveglia?»
Marinette tenne lo sguardo in quello verde, inclinando poi la testa e
sorridendo: «Già, tutta colpa di un gattaccio nero.» dichiarò, avvicinandosi
e posando l’indice sotto al mento del giovane: «Quasi quasi sento Alya se
vuole occuparsene lei. Penso ne sarebbe veramente felice.»
«Marinette.»
«Adrien.»
«Adriennuccio!» la voce squillante di Chloe Bourgeois li fece sobbalzare
entrambi, mentre la bionda si appropriava del braccio destro del ragazzo e
scoccava un’occhiata malevola a Marinette: nonostante lei e Adrien stessero
insieme, Chloe continuava a comportarsi come quando erano al collége,
dichiarando suo il giovane Agreste.
«Devo andare a portare i disegni alla professoressa d’arte.» dichiarò
Marinette, facendo un passo indietro e ricevendo un’occhiata malevola dal
ragazzo: se sperava che non si sarebbe vendicata della notte in bianco, il
suo gattino, si sbagliava di grosso.
«Ci vediamo dopo, Adrien.» lo salutò, facendogli l’occhiolino e voltandosi
poi verso la scuola, affrettando il passo: era certa che, appena si fosse
liberato di Chloe, Adrien gliel’avrebbe fatta pagare.
«Non pensi di essere stata un po’ troppo cattiva con Adrien?» domandò Tikki,
facendo capolino dalla tasca della giacca e fissando la sua compagna umana:
«L’hai abbandonato con Chloe.»
«Io penso che sia stata malefica. Cattiva. Imperdonabile.» dichiarò la voce
del biondo, facendo sussultare Marinette: «Hai abbandonato il tuo ragazzo.»
sbottò Adrien, afferrandola per la mano e costringendola a fermarsi nel
giardino interno della scuola: «Ti sembra una cosa da fare?»
«Come hai fatto a…?» iniziò Marinette, venendo interrotta da un cenno del
capo del ragazzo; seguì la direzione indicata e osservò Chloe avvinghiata al
braccio di un ragazzo dai capelli scuri.
«Chi è?»
«Non conosci Rafael Fabre?»
«Il modello?»
Adrien annuì, posandole una mano sulla schiena e invitandola a proseguire
verso attraverso il giardino, verso l’ala più interna dell’edificio: «Ho
posato qualche volta con lui, è uno dei nuovi modelli che mio padre ha
reclutato quest’anno.»
«Non sapevo che frequentasse la nostra scuola.»
«Nemmeno io.» dichiarò Adrien, grattandosi la guancia con l’indice:
«Sinceramente, pensavo fosse più grande di me…»
«Davvero?»
«Adrien Agreste!» esclamò una voce maschile, facendo voltare i due: Rafael
Fabre li aveva raggiunti con Chloe ancora avvinghiati al braccio: «E’
davvero piccolo il mondo.»
«Come va, Rafael?»
«Molto bene.» dichiarò il moro, passandosi una mano fra i capelli, mentre lo
sguardo grigio si posava su Marinette: «Ho il piacere di conoscere…»
«Marinette. La mia ragazza.» affermò secco Adrien, fissando l’altro: «Non
sapevo che frequentavi il Louis-le-Grand.»
Rafael abbozzò un sorriso, senza staccare gli occhi da Marinette che, sotto
quello sguardo, si era avvicinata ad Adrien, come se lui potesse
nasconderla: non le piaceva essere fissata in quel modo, per niente. Era uno
sguardo troppo indagatore, troppo attento.
Troppo tutto.
«E’ stata una decisione improvvisa.» dichiarò il moro, spostando lo sguardo
su Adrien: «Adesso devo andare, questa graziosa testolina bionda mi ha
promesso di farmi vedere un po’ di cose.» concluse, posando poi lo sguardo
nuovamente sulla mora: «E’ stato un piacere, Marinette.»
«Mio, non di certo.» dichiarò Marinette, dopo che i due si furono
allontanati un poco, fissando le schiene del modello e di Chloe.
«Se lo conosco un po’, penso che Chloe gli mostrerà un po’ di cosette. E non
saranno solo della scuola.»
«Cosa?»
Adrien abbozzò un sorriso: «Niente, niente. Mia dolce innocente lady.»
mormorò, posandole una mano sulla testa e scompigliandole i capelli: «Avevi
detto che dovevi portare dei disegni alla professoressa d’arte, giusto?»
Gabriel Agreste osservò i modelli della nuova linea, posti sui macchini:
«Quel rosso non va bene, voglio una tonalità più scura. A quello manca la
trina attorno al bordo e lì…» si fermò, scuotendo il capo e avvicinandosi a
un cappotto: «La tonalità di beige non va bene e il taglio è sbagliato.»
Natalie appuntò tutto sul tablet, sistemandosi poi gli occhiali: «Per la
festa devo prenotare solo due posti?»
«Festa?»
«L’apertura della settimana della moda.»
«Tre posti, Natalie.» dichiarò Gabriel, voltandosi verso la segretaria:
«Sono certo che Adrien vorrà far partecipare Marinette.»
«D’accordo.» dichiarò la donna, segnando il tutto: «Per la signorina
Dupain-Cheng devo far preparare qualche abito della linea Agreste?»
«Vai da lei e informati se ha qualche modello adatto.» mormorò Gabriel,
studiando il cappotto che aveva appena bocciato: «Se ce l’ha, consegnalo ai
nostri sarti. Cancella l’appunto sulla tonalità di beige, Natalie. Però
voglio un taglio più trasversale.»
«Sì, signor Agreste.»
«Gabriel Agreste!» esclamò una voce femminile, facendo voltare i due verso
la porta: alta e slanciata, completamente vestita d’oro e con i capelli
perfettamente acconciati, questa era la nuova arrivata.
Gabriel la studiò da dietro le lenti, mentre si avvicinava maestosa e
regale, allungando una mano verso di lui: «Sono Willhelmina.»
«Dovrei conoscerla?» domandò l’uomo, sistemandosi le lenti e fissando la sua
segretaria.
Willhelmina rimase immobile, con il sorriso stampato sulle labbra dipinte di
rosse: «Le piace scherzare, vedo. Sì, dovrebbe conoscermi: sono Willhelmina,
la stilista del marchio Coeur.» si presentò la donna, assottigliando lo
sguardo: «Un marchio che fa concorrenza con il suo, Agreste.»
Gabriel annuì, voltandosi poi verso Natalie: «Appunti sui vestiti, inviti e
informati per la signorina Dupain-Cheng.»
«Sì, signore.» dichiarò la segretaria, seguendo il suo datore mentre usciva
dalla stanza a grandi passi, lasciando lì la stilista rivale.
«Andiamo, bro! Non puoi abbandonarmi!»
Adrien poggiò sul vassoio il piatto, che l’inserviente della mensa gli aveva
offerto, voltandosi poi verso Nino: «Non ti sto abbandonando. E poi, amico,
vai con Alya.»
«Appunto. Non puoi lasciarmi solo con lei!»
«Ma state insieme da cinque anni!» sbottò il biondo, scuotendo il capo:
«Cosa vuol dire che non posso lasciarti solo con lei?»
Nino sbuffò, alzando gli occhi al cielo e prendendo il suo piatto
dall’inserviente, posandolo sul vassoio e facendolo scivolare in avanti:
«Alya ce l’ha a morte con me perché sabato sera la lascio sola.» iniziò a
spiegare, afferrando due pagnotte dalla cesta in vimini: «Ti ricordi di
quell’aggancio in quella discoteca…»
«Il Balajo?»
«Esatto, bro.» Nino annuì con la testa, sorridendo: «Ecco. E’ un aggancio
importante, insomma.»
Adrien assentì, sollevando il suo vassoio e voltandosi verso la mensa, cercò
con lo sguardo Marinette e la trovò seduta con Alya, non molto distanti:
«Immagino che non possiamo sederci con loro, vero?» domandò, indicando con
un cenno del capo le due ragazze.
«Vuoi come amico un uomo morto?»
Il biondo sospirò, indicando due posti vuoti abbastanza vicini: «Lì?»
«Sei il mio bro per questo!» dichiarò esultante Nino, dirigendosi verso le
sedie libere e facendo sospirare Adrien, che lo seguì: «Comunque, ti dicevo:
Alya ce l’ha a morte con me per questa storia. Se venerdì vado a vedere il
film da solo con lei…» si fermò, scrollando le spalle: «Nella migliori delle
ipotesi mi castra, nella peggiore mi uccide.»
«Se veniamo anche Marinette ed io, quello succederà a me.» sbottò Adrien,
infilzando la pasta e sbuffando: «Seriamente, andate a vedere il film,
parlate e vi chiarite.»
«Amico, non sono te: di sicuro dirò qualcosa che non devo dire, Alya
s’incavolerà e…» Nino si fermò, portandosi una mano alla nuca e togliendosi
il berretto rosso che indossava: «Mi ucciderà. Lo so. E’ matematico,
garantito al 100%.»
«Ma no! Sono certo che andrà tutto alla grande!» Il biondo si allungò sul
tavolo, dandogli una pacca sul braccio: «Fidati! Sei il mio migliore amico,
no? Saprai risolvere questa situazione.»
«Adrien?»
«Cosa?»
«Dimmi la verità, bro. Tu vuoi rimanere da solo con Marinette. Vero?»
domandò il moro, fissandolo serio: «L’hai finalmente convinta a fare quel passo e scommetto che
venerdì è l’unico giorno, perché uno dei due a casa libera. Ho indovinato?»
C’erano solo due cose che poteva fare: assentire alla storia che Nino aveva
tirato dal nulla oppure fargli capire che voleva solo il suo bene,
facendogli passare un po’ di tempo con Alya.
Solo due cose…
Adrien avrebbe scelto la seconda opzione, senza dubbio.
Chat invece…
Sorrise, poggiandosi alla schiena e incrociando le braccia sulla pancia:
«Che posso dire?» mormorò, alzando le spalle e guardandosi poi indietro, in
modo da osservare la schiena di Marinette: «Finalmente ce l’ho fatta!»
Annotare: Marinette non deve sapere
assolutamente nulla o mi legherà con il suo yo-yo in una vasca piena di
coccodrilli.
Assolutamente nulla.
Il suo amico annuì, allungando la mano chiusa verso di lui: «Sono fiero di
te, bro.» dichiarò contento, mentre Adrien allungava il proprio pugno e
colpiva quello dell’amico.
Sì, se Marinette lo avesse scoperto, l’avrebbe sicuramente ucciso.
La giornata si era conclusa senza tanti problemi: Nino aveva tenuto la bocca
chiusa per tutto il giorno – forse pensava che il Grande Progetto di
Venerdì, così ribattezzato dal ragazzo, era una sorpresa per Marinette – e
lui era ancora vivo.
Alya avrebbe avuto il suo appuntamento in solitaria e lui sarebbe rimasto in
vita.
Perfetto.
Tutto assolutamente perfetto.
Nemmeno tutta la sfortuna di Chat Noir poteva rovinare quella perfezione.
Finì di lavarsi i denti e si preparò a una notte di sonno meritato: scuola,
lezione di scherma e set fotografico nella stessa giornata non andavano
bene.
Sbadigliò, spegnendo la luce del bagno ed entrando in camera sua, senza
notare la figura vicino alla finestra: «Dobbiamo parlare.» dichiarò una voce
decisa femminile, facendolo sobbalzare.
«Ma porc…» sbottò Adrien, voltandosi verso la finestra e osservando la sua
partner che, a braccia conserte, lo fissava: «Ladybug?» domandò, facendo
scorrere lo sguardo sulla tuta rossa a pois neri: «Marinette! Avvisa quando
entri in casa d’altri.»
La ragazza lo fissò, sciogliendo poi le braccia e ordinando al suo kwami di
liberarla dalla trasformazione: «Sei nei guai.» cantilenò Tikki, volando
fino alla scrivania e sorridendogli, mentre veniva raggiunta da Plagg.
«Come faccio a essere nei guai, se non ho fatto nulla?» domandò Adrien alla
kwami, voltandosi poi verso la ragazza che, ancora ferma vicina alla
finestra, lo fissava con il volto in fiamme.
Nino.
A quanto pare aveva detto qualcosa.
«Ti posso spiegare…» iniziò, ma subito venne investito da una raffica di
parole senza senso – le uniche che captò con un significato erano gattaccio,
maniaco e qualcosa su un certo uso del suo bastone allungabile. L’arma di
Chat Noir, per la precisione, non l’altro bastone
–; fortunatamente aveva imparato a gestire quegli attacchi e, velocemente,
si avvicinò alla ragazza, stringendola fra le sue braccia.
«Non pensare di cavartela con così poco, Adrien Agreste.» sbottò Marinette,
alzando il volto e fissandolo irata.
Ottimo!
Approfittando dell’occasione, Adrien abbassò il volto e sfiorò le labbra
della ragazza con le proprie, sorrise soddisfatto e le fece
l’occhiolino: «Cosa dicevi, my lady?» le domandò, chinando il viso per la
seconda e dandole un secondo bacio, sentendola rilassarsi un poco fra le sue
braccia: «Ho cercato di salvarmi oggi, davvero. Solo Nino ha inteso in una
certa maniera e…» Con il viso nascosto contro di lui, Marinette urlò piena
di frustrazione, mentre lui continuava a cullarla fra le braccia,
dondolandosi: «Non c’è niente di male, principessa.»
«Hai una minima idea di cosa ho dovuto…» iniziò la ragazza, ma un boato la
interruppe: entrambi si girarono verso la finestra, osservando il palazzo
vicino a quello degli Agreste e, poi, la figura imponente e illuminata della
Tour Eiffel: «Fumo…» mormorò Marinette, indicando la voluta nera davanti il
monumento.
Adrien annuì, voltandosi e correndo fuori dalla camera, seguito a ruota da
Marinette, giungendo fino allo studio di Gabriel: suo padre aveva qualche
problema a dormire, quindi sicuramente sarebbe stato lì. Bussò, scambiandosi
un’occhiata con Marinette e attese l’invito a entrare: «Una domandina veloce
veloce.» iniziò, non appena fece il suo ingresso nella stanza: «Per caso hai
akumatizzato qualcuno?»
Gabriel si tolse gli occhiali, massaggiandosi il setto nasale e facendo
spaziare lo sguardo ai due ragazzi: «Marinette, buonasera.»
«Buonasera, signor Agreste.»
«Volevo farti i miei complimenti per la camicia di Adrien…» iniziò Gabriel,
alzandosi e superando la scrivania: «Anche se gli avrei dato un taglio un
po’ diverso, soprattutto al collo…»
«Sì, ok.» sbottò Adrien, alzando gli occhi al cielo: «Akuma. Persona. Per
caso hai mandato qualcuna delle tue farfalline nere a giro per Parigi?»
Gabriel Agreste spostò lo sguardo sul figlio, allungando poi un braccio e
facendo notare il kwami della farfalla, completamente addormentato sul
divano dello studio: «No.»
Le corse fra i tetti di Parigi le mancavano, decretò Marinette, mentre
lanciava il suo yo-yo e usava un comignolo come attracco: corse in avanti e
si lanciò nel vuoto, lasciando andare il comignolo e afferrando con la sua
arma magica un altro: «Secondo te cosa può essere successo?» le domandò il
suo compagno, fermandosi e osservandola atterrare.
«Spero sia solo un incidente…»
Chat Noir annuì, osservando davanti a sé e sorridendo: «Beh, sono certo di
una cosa.» dichiarò, allungando il braccio e indicando qualcosa davanti a
sé: «Io non mi metto a cantare Let it go,
anche se quello è uscito da Frozen.»
L’eroina seguì la direzione indicata e si ritrovò a bocca aperta: grosso,
tanto grosso e fatto completamente di ghiaccio.
Quasi sembrava il bestione che era presente nel film che Chat Noir aveva
citato.
Ok, senza il quasi.
«E quello da dove salta fuori?»