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Autore: LouisDePointeDuLac    14/03/2016    4 recensioni
La convivenza, si sa, è una delle prove più ardue che ci si possa trovare ad affrontare.
Sopratutto con certi soggetti. O con i loro amici. O i loro problematici ed ingombranti drammi esistenziali che vanno a sommarsi a quelli personali, dando vita a risvolti imprevisti e non sempre graditi.
Perché la vita è un cubo di Rubik: molteplici facce, combinazioni, conseguenze e frustrazioni derivanti da ogni singola tessera e i suoi movimenti.
Dove non bisogna stare attenti all'introvabile soluzione, ma a ciò che accade nel mezzo della ricerca.
Sopratutto, a quali tiri mancini il dannatissimo cubo tenta di tirarti.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Norwegian Wood
 
 
 

- Dunque. Ricapitoliamo. –
- Ma Lili, abbiamo…-
- Una sera di Settembre, decidiamo di andare ad un festival. –

- Sì. –
- La cui musica poteva essere decisamente meglio, e dove abbiamo scoperto i retroscena scabrosi di Milo…-
- Evitiamo di divagare, Elle. Dunque, la musica era discutibile e Milo ha ancora quindici anni. Ma, mentre ce ne freghiamo bellamente, incontriamo gli Street Sharks [1]…-
- Le Mermaid Melody [2],vorrai dire. –
- Zitta, Elle. Dicevo, ci imbattiamo nelle sirenette. Apriamo le scommesse su chi la spunterebbe in un’eventuale rissa tra signorine, rischio di farmi un bel gruzzolo…–
- Ma non hanno neanche cominciato. I Solo Boys si sono ritirati prima. – interrompe di nuovo Elle.
-…e tu intanto che fai?! – le parla sopra Lili.

- Chiedo ad Isaac di uscire. – mormoro.
- Chiedi ad Isaac di uscire. – ripete lei.


- MA COME DIAVOLO TI È VENUTO IN MENTE?! – esplode Lili.
- I-io…io non lo so, eravamo lì, abbiamo fatto due chiacchiere, era carino…- tento di giustificarmi.
- Carino in stile freak, intendi. –
- No, Elle, carino inteso come carino. – ribatto.
- Non rientra nel mio vocabolario. –
- Una missione suicida. Ecco cos’è stata. – borbotta intanto l’altra ragazza.
- Tanto per intenderci, stiamo parlando di Polifemo? – si intromette una terza voce.
- Esattamente, Lexi. Esattamente. – conferma Lili, sempre scrutandomi con sguardo di biasimo. Il nuovo elemento della compagnia fa un lieve cenno di comprensione, ritornando a concentrarsi sull’articolo di musica che stava leggendo.
- Ancora non ci credo, comunque. – aggiunge Lili, tornando a fissarmi – Come possa esserti saltato in mente. A te, intendo. -
- Non lo so, i miei neuroni kamikaze hanno pensato che forse era meglio agire o la situazione non si sarebbe mai sbloccata. Non per merito suo, almeno. – dico apertamente.
- Non puoi saperlo, magari te l’avrebbe chiesto… – fa Elle.
- Oh davvero? Perché secondo te se non lo avessi fatto io, lui lo avrebbe fatto? Ma per favore, Elle! Queste cose non succedono, o meglio, non succedono A ME! -
C’è un lungo istante di silenzio in cui Lili mi fissa con un sopracciglio inarcato, Lexi inclina la testa con fare incuriosito e la terza rimane letteralmente a corto di parole.

- Scusa, non volevo mi uscisse così acida. - dico allora – Ma è così, credimi. –

- Okay. – riprende Elle – Quindi hai deciso di smuovere la situazione. E lui, in tutto questo… -
Oh. Lui.
Di tutta questa assurda faccenda, è il dettaglio più straordinario. Non bastavo io a fare il piccolo criceto imbarazzante. Oh no. Il destino doveva far impazzire la ruota e spingermi in una corsa affannosa che rischia di far saltare gli ingranaggi.
Perché Isaac, in tutto questo…
Ha detto sì.
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
- È inutile che cerchi lì dentro, il cioccolato è finito. –
La voce di Saga interrompe la mia disperata ricerca nella sua ancora più desolata credenza.  Sbuffo, abbandonando la cucina e tornando verso il salotto, lasciandomi pesantemente cadere sul divano accanto alla sua figura stravaccata.
Maledizione a me che non ho ordinato il dolce, quando abbiamo chiamato il greco d’asporto! E maledetti pure lui e il fratello, sempre a corto di scorte!
Ho più fame del solito, perché, come sono ansiosamente cosciente, mancano esattamente cinque giorni al mio appuntamento.
Cinque giorni.
Spero solo di distrarmi, stasera.

Lo sguardo mi cade sulla borsa del ghiaccio premuta contro la gamba destra di Saga, dove si trova da quando sono arrivata, anzi, da prima del mio arrivo.
- Ti fa ancora male? – domando, perplessa.
- Già. -
- Si può sapere come mai? –
- Te l’ho detto, sono stato a giocare a basket con Aiolos e alcuni dei ragazzi del centro…- mi spiega, sistemandosi meglio sul divano.
- Hanno usato la tua rotula  e gli annessi come palla? – osservo con un sopracciglio inarcato, pensando distrattamente al tempo che Micene trascorrerà qui, ovvero molto di più rispetto a prima per colpa della questione del matrimonio. Non ho capito bene come si sia messo d’accordo col lavoro, ma pare che per ora lo vedremo sporadicamente, con l’avvicinarsi della data sempre più spesso.
Maiunagoia, è stato il commento di Kanon quando l’ha scoperto.
- Residui del liceo. – è la risposta di Saga alla mia domanda, una frase a dire il vero poco chiara per me.
- Cioè? – chiedo.
- Non ti ho mai detto che ero nella squadra di basket? – chiede, sorpreso.
- No. – rispondo, per poi aggiungere: – A dire il vero non mi hai mai parlato di quando eri al liceo. O del collegio. O dei tuoi. –
Saga mi fissa per un lungo istante, l’aria di chi sta riflettendo attentamente sulle mie parole.
- Oh. – fa dopo un po’- Giusto. Be’, sono entrato in squadra il primo anno. – sintetizza.

- E…? – insisto.
- E cosa? –
- Vuoi darmi altri dettagli? Sei entrato in squadra, okay, ma cosa c’entra con la tua gamba? Perché proprio basket e non nuoto come Kanon? O rugby? O tennis? O curling? –
- Curling?! – esclama.
- Uff, facciamo bocce, allora. – lo accontento.
- Ah beh, con quelle…- è il commento fulmineo della terza persona presente.
- Kanon! – scatta Saga all’istante.
- Oh smettila. Non ci hai giocato fino ai diciotto anni, cerchiamo almeno di migliorarti la reputazione nel certificare che hai imparato! – sbuffa il gemello.
Saga alza gli occhi al cielo.
- Farò finta di non averti sentito…- sentenzia – E si può sapere perché hai piantato su questo casino?! –
In effetti, il salotto assomiglia più ad un campo di battaglia che alla stanza pensata in origine. No, non è colpa dei panni accumulati in giro, quelli ormai fanno parte della decorazione. E neanche dei quattro PC, nelle rispettive borse, abbandonati all’angolo tra la cucina e il corridoio.
Eh no, il problema è il computer fisso che Kanon ha ricevuto l’ordine di aggiustare e che ha ASSOLUTAMENTE DOVUTO smembrare sul tappeto del salotto, manco fosse la scena del crimine di uno splatter informatico.
Sweeney Kanon, il perfido informatico di Twin Street!
Giusto per rimanere coerente con la mia personalità musical.
Per la miseria, ma davvero in un computer c’è tutta quella roba?!
Ho rischiato di ammazzarmi come minimo quattro volte, anche perché il genio incompreso ha deciso che per lavorare deve stare allungato per terra e occupare lo spazio libero rimanente, in modo da poter operare e guardare la tv assieme.
Ah, dimenticavo di menzionare i contenitori del cibo greco lasciati qua e là, perché ovviamente, essendo tornato mentre io e Saga parlavamo di cenare, ha dovuto aggiungere almeno altri sette piatti per sé alla nostra ordinazione.
Non ho invidiato il fattorino.
Povero Nachi.
- Facciamo proprio schifo. – osservo, guardandomi attorno con espressione rassegnata.
- Parla per te! – mi rimbecca Kanon, ignorando il discorso palesemente a doppio senso intavolato col fratello due minuti fa.
- Giuro che se poi non fai sparire tutto…- lo minaccia Saga.
- Cosa fai? Butti tutto? Provaci e io butto te dalla finestra! –
- Come se potessi riuscirci! –
- Vuoi vedere?! –
- Va bene, va bene, calma. – mi intrometto – Kanon, torna al tuo giochino. Saga, io e te stavamo facendo un discorso. –
- Uhm. – ribatte lui, dopo aver scambiato un’occhiata di sfida col gemello – Sì. Dicevamo? –
- Basket. – gli ricordo – Perché proprio quello. -
- Ah. Strano, non saprei dirlo neanche io. Mi piaceva. Ero bravo. – fa lui, scrollando le spalle.
 - E poi che è successo? – indago.
- Mi sono rotto i legamenti del crociato in quarta liceo. –
- Davvero?  -
- No, per finta. Sì, certo, per davvero. – conferma.
C’è qualcosa, nel suo sguardo, che passa veloce come un battito d’ali. Un’ombra. Non tanto veloce da farmi sfuggire un’ipotetica forma di rammarico, ma abbastanza da farmi capire che non intende parlarne.
- Oh. Mi spiace. –
- Può succedere. – si limita a commentare lui, per poi mandare giù un sorso di Coca-Cola.
- Soprattutto se sei sfigato come lui. – aggiunge Kanon, tutto preso dall’esame di uno strano componente elettronico. Per tutta risposta, Saga gli lancia il contenitore di cartone delle keftedes in testa, prima di mettersi seduto e, rimettendo il ghiaccio in posizione, passarmi la custodia del Dvd scelto stasera in modo che possiamo visionarlo.

- L’unica partita che mio padre è venuto a vedere, pensa un po’. – si lascia sfuggire dopo qualche istante  – L’ho sentito urlare “Vai Saga!”, e poi sono finito per terra. -

- Ah. –
Non so cos’altro dire, così mi limito a prendere il DVD, alzarmi e fare lo slalom fino al lettore, inserendolo. Mentre afferro il telecomando, chiedo:
- Ti hanno operato? –
- Sì. – conferma. – Addio carriera agonistica. –
- Non hai più giocato? – faccio.
Scuote la testa:
- Solo per svago, e poco. Ora bastano quaranta minuti per soffrire per un giorno. – ammette, spostando appena la busta del ghiaccio, decidendo che forse è meglio dare un po’ di tregua alla gamba.
Soppeso l’immagine con lo sguardo per qualche istante, decidendo poi di chiedere chiarimenti:
- Ma come è successo, di preciso? –
- Vorrei capirlo pure io. - sospira, poi sembra raccogliere i pensieri e proseguire: - Stavo correndo a canestro, marcato stretto. Volevo fare una finta per smarcarmi e passare, c’era abbastanza spazio. Metto giù il piede, mi giro … un dolore indescrivibile, ti giuro. Mi sono ritrovato per terra senza capire da dove arrivasse e soprattutto ad implorare che smettesse. –
- E quel cretino di Aiolos a dirgli “Ma ti sei fatto male?”. No guarda, è che non avevo mai notato il colore del campo! – fa Kanon.
- Ma dai! – esclamo.
- Effettivamente me l’ha chiesto. – conferma Saga, ritornando alla posizione iniziale – Poi ha visto che chiamavano l’ambulanza e si è zittito. Anche mio padre, per fortuna.-
- Già, vaffanculo, Saga! Si è zittito talmente tanto che dopo gli allenamenti di nuoto io sono rimasto sotto alla pioggia per due ore, prima che si ricordasse di saper parlare e avvisarmi! – protesta Kanon.
- A proposito di Aiolos, suo fratello ancora non gli parla, vero? – domando, selezionando la lingua dal menu.
- No. – conferma Saga. – Sta provando in tutti i modi a spiegarsi, ma Aiolia si rifiuta di dargli ascolto. –
Già, Castalia mi ha accennato qualcosa del genere, l’ultima volta che l’ho incrociata per caso mentre uscivo da una libreria. Settimana scorsa, se non sbaglio.

Ioria sa essere davvero tenace quando vuole. E onestamente, considerata la situazione, non a torto.
- I suoi genitori non sono d’aiuto, mi è parso d’intendere. – butto lì, giusto per avere una piccola conferma alla mia ipotesi personale.
- Mai stati – replica infatti Saga, con un’affermazione che preferisco non approfondire.
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
- Quindi? QUINDI?! QUELLA CAZZO DI TROTTOLA GIRA ANCORA O NO?! –
Il cacciavite per poco non finisce dritto dritto nel televisore, rischiando di annullare non solo l’effetto del finale del film, ma anche la visione di altre pellicole in futuro.
Pessima idea, far vedere Inception a Kanon. Non gli piace rimanere in sospeso. Proprio no.
Senza contare il repertorio di imprecazioni con cui ha accompagnato l’intero film, indirizzate sia a Leonardo di Caprio, sia al povero computer tra le sue mani.
- Kanon, è a libera interpretazione. – faccio, cercando di calmarlo.
- Sto cazzo! –
Appunto.
- Per me non smette. – commenta Saga, sbadigliando ampiamente. – Sarebbe troppo semplice. –
- Perché tu sei il campione mondiale delle seghe mentali. – ribatte l’altro.
- Nah, io lo batto. – mi inserisco – Forse dovremmo fare tutti come Aiolos e semplificarci la vita. –
- No, quello è stato lobotomizzato. – Kanon non perde occasione di infierire sul fratello di Ioria – Cosa stai facendo?! –
- Tolgo il DVD! – esclamo. – Mi pareva abbastanza ovvio. -
- No, lascialo lì. Lo devo rivedere e capirci qualcosa. –
- Adesso?! Ma sei fuori? Ma vai a dormire! – fa Saga, stirandosi, per poi dire: - Micky, ti porto a casa. –  tirandosi su a sedere e passandosi una mano sugli occhi per scacciare via il sonno.
- No, tranquillo. Faccio due passi. Va’ pure a letto. – ribatto, alzandomi e stirandomi  mia volta la schiena.
- È quasi mezzanotte e mezza e vuoi tornare da sola a piedi? Ti sei bevuta il cervello. –
- Saga…- protesto.
- Mettiti la giacca. – taglia corto lui, prima di rivolgersi al fratello: – E tu fai sparire questa roba, o potrei non essere responsabile di ciò che calpesterò! –
Kanon sbuffa, agitando molto gentilmente il medio nella sua direzione, mentre il gemello si infila il giubbotto e si accerta di avere le chiavi della macchina.
- Ricordati i sacchettini. – dice allora, lanciandomi poi un’occhiata malevola. – Non voglio multe perché il tuo animale la fa per strada! –
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
- Micky. –

- Uhm? –
- Sento il rumore dei tuoi pensieri. –
Siamo partiti da pochi minuti da casa dei gemelli. Non ci vuole molto in macchina dal loro appartamento a quello dove sto io, quindi è probabile che Saga sappia esattamente come gestire il discorso che scaturirà da questa sua osservazione. Un commento ben poco casuale.
Comincia a conoscermi fin troppo bene…
- Sei nervosa. – osserva. Ci scommetto che è tutta la sera che mi sta studiando. – Perché? –

Rimango per un istante in silenzio, giocherellando con la mia collana a forma di Boccino d’Oro, regalatomi dalla mia migliore amica poco tempo fa. Mi serve ancora qualche secondo per raccogliere il coraggio di dire ad alta voce e concretizzare davvero cosa è successo.
- Ho chiesto ad Isaac di uscire, quando ci siamo visti al concerto. – ammetto, un po’ in imbarazzo. – E ha detto sì. -
- Ah. – è l’unico commento di Saga, mentre svolta a destra.
Passano ancora alcuni istanti, prima di rivolgermi il suo solito sguardo che, come sempre, non lascia minimamente intendere cosa gli stia passando per la testa.
 – E …? – domanda quindi.
- “E” niente, sono preoccupata. –
- Perché? –
- Come sarebbe a dire “perché”?! Secondo te? –
- Non vedo ragioni per cui tu debba esserlo. Vuoi illuminarmi? – spiega pazientemente.
Faccio una smorfia, prendendo tempo. Ne voglio parlare? Ne voglio discutere con lui?
- E…- inizio, ma ho ancora un attimo di esitazione - E se poi non gli piaccio? Forse mi ha detto sì solo per essere gentile ma…-
- No, se non fosse stato interessato ti avrebbe detto di no. Semplice. – risponde lui immediatamente – Prosegui. –
- Be’… e se mi rendo ridicola? O peggio, se si aspetta qualcosa, o vediamo la questione in modo diverso e …-
- In che senso? – domanda Saga, perplesso.

- Forse per lui potrebbe essere una botta e via, ecco. – quasi bisbiglio.
- E per te? –
- Ancora non lo so con precisione … -   
- Allora perché ti stai già fasciando la testa? –
Perché non posso farne a meno.
Perché non va mai bene.
Perché sono io.
- Già, forse dovrei smetterla. – mi decido invece a dire.
Mi conosce abbastanza bene, ma questo è meglio non esprimerlo ad alta voce. Non ora.
Anche se so che se si è accorto che sto cercando di chiudere l’argomento. Lo sento. In fondo, io conosco lui, e a volte non abbiamo bisogno di parlare per capire cosa stiamo pensando.
- Ne hai discusso con le altre? – mi domanda allora, facendo slittare lievemente il centro della conversazione.
- Elle e Lili? Sì, e penso di aver già rotto loro le scatole abbastanza con questa storia … – rispondo, ripensando alle conversazioni avute con le mie coinquiline.
Anche qui, ci sarebbe una parentesi da aprire. Ultimamente non ci vediamo molto spesso, tutte e tre. Io e Lili non abbiamo più molti corsi in comune. Io, inoltre, sto frequentando meno le lezioni e preferisco rimanere a casa a studiare, se non quando vado da Camus o, appunto, dai gemelli.
Lili, oltre agli impegni universitari, vede molto Lexi ed è difficile stare dietro ai loro orari, quando né io né Elle riusciamo a prendervi parte.
Quanto ad Elle stessa, la sua frequentazione delle biblioteche è assidua come sempre, in perfetta combinazione con il JJ, tavole di fumetti e sporadiche uscite.
Riassumo tutto a Saga, mentre imbocchiamo la mia via, finendo giusto nel momento in cui accosta per farmi scendere. In tempo per vedere Lili rientrare anche lei, a piedi. Le faccio un cenno dal finestrino, così si ferma e aspetta pazientemente che io scenda e per fare le scale assieme.
- Vado. – dico, voltandomi per salutare Saga – Grazie del passaggio. –
Scrolla le spalle, facendomi intendere che non è un problema.
- Quando esci con Isaac? – mi chiede, controllando di poter far manovra per tornare indietro.
- Martedì. – rispondo, ricordandomi all’improvviso, di nuovo, che siamo a giovedì e la data si avvicina. – Perché? –
- Volevo capire quanto potesse aumentare la tua ansia a livello esponenziale. – fa con un sorrisetto.
- Ah ah. E con questa, ti saluto. - dico sarcasticamente, prima di tornare seria e raccomandargli: - Stai attento a quella gamba, d’accordo? Poi ci sentiamo. Ciao! -
- Ciao. E stai tranquilla. –
Sì.
Come no.
ΩΩΩΩΩΩ
 

È solo sabato.
Non ci posso credere. Siamo solo a sabato?!
Mancano tre giorni a martedì. Troppi. Troppo pochi.
Cosa cavolo mi metto. E dove andremo, soprattutto!
Potrei stare male all’ultimo minuto. O uno dei ragazzi potrebbe fare un incidente…
No, Micky! Hai voluto la bici, ora pedali! Gli hai chiesto di uscire, brava coraggiosa suicida, e quindi uscirai!
Ma per la miseria, mica mi aspettavo che dicesse sì!!! Le altre volte non è mica andata così e…
- Kiki è distratto. –

-Uhm? – faccio, tornando alla realtà – Scusa Al, che cos’hai detto? –
- Kiki. – ripete lui, indicando con un cenno del capo il ragazzino che sta facendo riscaldamento prima della gara di atletica, nel caso specifico la staffetta, a bordo pista.
È giornata di competizioni, e siamo venuti a fare il tifo per lui, al campo sportivo principale della città. Oltre che nella staffetta, gareggerà anche nel mezzofondo, nei 1500 m se non sbaglio. Ci siamo io, Seiya, Aldebaran (stranamente non di turno in fonderia) e DM, che dato l’orario della gara (sono le 18.00, infatti) ha deciso di venire a corrompere gli animi dei liceali presenti mettendo in mostra i tatuaggi e spedendo uno dei Tre Moschettieri[3] a fare volantinaggio per lo studio.
Effettivamente, dopo aver sentito l’affermazione di Aldebaran, sposto lo sguardo su Kiki e noto come i suoi occhi balzino da una parte all’altra, cercando fugacemente tra gli spalti.
- Lili gli aveva detto che non ci sarebbe stata. – rifletto ad alta voce - E Mur è in ritardo. –
- Uhm. – è l’unico commento dell’altro, che scruta il ragazzino con espressione pensierosa. Guardandomi attorno, scorgo Shadir, Benam e Lear seduti nella fila centrale con tanto di striscione di incoraggiamento. A quanto pare, il più alto dei tre deve aver finito il suo giro di volantinaggio.
Lili, se non sbaglio, doveva aiutare Lexi al T.A.R.D.I.S. da dove Elle dovrebbe essere in procinto di tornare con una nuova scorta di materiale. Temo che questo mese abbia definitivamente rinunciato al cibo per sostenersi. Immolata per la causa fumettistica, si potrebbe dire.
- Ah eccoti! Dov’eri finito? – è il saluto di Aldebaran a Mur, che spunta in questo istante da dietro una coppia di genitori che viene a sedersi davanti a noi.
- Ho fatto tardi da Shaka, mi stava aiutando per una questione del mio dottorato di ricerca. – spiega lui, sedendosi accanto all’amico e alzando un braccio nel vano tentativo di farsi vedere dal fratello minore, che come prevedibile non gli presta la minima attenzione.
- A che punto sei? – si informa Aldebaran
- Per ora, fermo. – sospira Mur – Sto cercando di approfondire una questione con i mezzi che ho o posso procurarmi. –
- Potrebbero non bastare? – faccio – Insomma, la ricerca potrebbe bloccarsi? -
- Peggio. – ribatte lui - Mi toccherebbe chiamare mia madre. –

Eh?
- Tua madre? – ripete Seiya, perplesso.
- Sì. – conferma Mur, l’espressione di colpo leggermente contrariata – È un’antropologa, specializzata in miti antichi del Medio Oriente. –
- Non ce l’hai mai detto. E ora dov’è? – chiedo.
- In qualche angolo remoto in Myanmar –
- E tuo padre? –
- Medico senza frontiere, nello stesso posto. Dove va uno puoi scommettere di trovare anche l’altro. – mi risponde lui, l’espressione per un attimo molto seria – Ovunque tranne che qui, s’intende. –
Faccio per cercare il viso di Aldebaran e leggervi la conferma della strana nota percepita nella voce dell’altro, ma Pegasus ci interrompe:
- Ehi ehi, guardate! –esclama, indicando con enfasi la pista di atletica.
Notiamo che i concorrenti si sono disposti con cura nelle varie postazioni. Kiki si avvicina al suo blocco di partenza. Sembra nervoso, ora, a giudicare dai gesti rapidi con cui si aggiusta la divisa di gara e si passa una mano tra i capelli. Di colpo sembra essersi rabbuiato, ma non riesco a capire se sia solo una questione di concentrazione agonistica.
Mah.
3…2…1…
Partiti!
- CORRI! CORRI KIKI, CORRI! –
- Seiya! Ti stai zitto?! – salta su una voce, la cui proprietaria si sta avvicinando da dietro di noi, scendendo una delle rampe di scale che portano ai gradoni - Che sta facendo quello? KIKI, CORRI GUARDANDO DOVE VAI! –
- Ciao Elle. – fa Mur con espressione esasperata.
La mia coinquilina fa un breve cenno di saluto, lasciandosi cadere accanto a me, lo zaino palesemente pieno.
- Ciao. – sospira, sistemandosi accanto a me.
- Fatto spesa? – domando retoricamente.
- Già. Saluta i tre chili che perderò questo mese. –
- Vuoi i miei?! – propongo.
- Sul seno, grazie, e…-
- TU hai fatto sesso! –
Mi volto, notando lo sguardo scandalizzato di una signora alle nostre spalle, che si affretta a prendere il figlio di circa sette anni per il braccio e portarlo lontano da noi, in seguito all’esclamazione di uno dei nostri ad alta voce, come al solito noncurante della presenza di famiglie e bambini:
- Sì sì – insiste il sopracitato –Sono ero sicuro di non sbagliarmi! Tu hai fatto sesso! -
- Death Mask! – esclama a sua volta Al, allibito.
- Ma con chi ce l’hai…- inizio a dire, prima di rendermi conto su chi ha posato gli occhi l’interpellato. Un soggetto seduto accanto a me che, dopo i primi istanti di shock, ci voltiamo a guardare tutti, beccandoci delle occhiate seccate.
- Come diavolo …?! – fa Elle, poi si rende conto di essersi tradita – Oh, non voglio saperlo! –
- Momentomomentomomento…COSA?! – faccio.
- Cosa?! Con chi?! Shura non c’è! – salta su Seiya, prima di fare una pausa e proseguire, dubbioso: - Vero? –
- Certo che non c’è! – sbotta Elle – E comunque non sono fatti tuoi! -
- E chi ci dice che non fosse tutta una tecnica per farvela di nascosto, eh?! – ribatte DM.
- No, dico, c’eri anche tu in aeroporto quando è partito! – osserva lei.
- Quindi non è il caprone, eh? – è la replica immediata dell’altro – Interessante …-
- Fatti i fatti tuoi, pervertito. – lo rimbecca lei, notando poi come l’altro sposti lo sguardo sul nostro gruppo con fare indagatore, soffermandosi su alcuni di noi.
- Chi? Mur?! – protesta Elle nel notare come indugi sul fratello maggiore di Kiki, forse associando il loro ritardo nell’arrivare - No, no, no! No. No. No, no…- a Elle scappa palesemente da ridere mentre ripete con forza la negazione di tale ipotesi.
- Vuoi dire “no” un’altra volta? – sbotta il ragazzo con sguardo torvo, palesemente offeso.
- Ehm, scusa. – si riprende lei di scatto.
DM sbuffa.
- Pfff!  Come se potessi crederci – taglia corto -  Comunque, non preoccuparti, capra. Chiunque sia, finirò con lo scoprirlo. –
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
- Elle. – faccio all’improvviso.
Stiamo tornando a casa a piedi, a gara finita. Kiki e compagni hanno vinto la staffetta, ma il ragazzino è inciampato durante la 1500m ed è caduto. Nulla di grave, ma è uscito piuttosto seccato dalla pista, senza gettare, stranamente, più alcuna occhiata misteriosa verso gli spalti.
Un dettaglio che mi ha spinto a compiere delle brevi riflessioni e a pormi una semplice domanda.
Se Mur alla fine è arrivato e Lili non c’era…chi stava cercando Kiki?
- Uhm? – fa la mia amica, intenta a mandare un SMS.
- Non hai intenzione di…- azzardo.
- No. –
- Okay. Giusto per sapere. – confermo – Nessun problema. –
Giunte a casa, saliamo verso l’appartamento, trovando Lili in salotto, seduta al tavolo della cucina a studiare con le cuffie nelle orecchie e, sorprendentemente, canticchiare sottovoce quella che sembra essere una canzone dei Korn.

Ma che gli prende a tutti, in questo periodo?!
Nel vederci, la ragazza ci saluta con la mano e si sfila gli auricolari, probabilmente intenzionata a prendersi una pausa dalla sua occupazione per informarsi su come sia andata, nonostante assuma un’espressione perplessa dopo alcuni istanti dalla nostra entrata.
- Ciao Lili! – fa Elle - Oh, non vorrei dire una cavolata, ma Kiki oggi era davvero strano e…-
Sto per aggiungere la mia, ma l’altra mi batte sul tempo, lo sguardo puntato sulla nostra amica, esclamando:
- Ma tu hai fatto sesso!!! -
ΩΩΩΩΩΩ


Ci siamo.
Mi sono cambiata cinque volte, prima di decidermi per un paio di jeans, gli stivaletti neri, una maglietta blu liscia scollata al punto giusto, un maglioncino di cotone nero da lasciare aperto e il giubbotto di pelle. Comodo, semplice e abbastanza noncurante nel far notare il lato M.
Cerco mentalmente di convincermi che va bene così, che non sembro scema e che il bernoccolo sulla mia fronte non si formerà, nonostante Lili mi abbia tirato uno stivaletto, centrandomi in pieno, alla quarta volta che ho deciso di cambiare la mia mise per questa sera. C’è da dire che riteneva di avere una brutta mira e che io, della stessa opinione, non mi sono spostata.
Elle non la piantava più di ridere, e nemmeno Crystal ad essere onesti. Questo fino a che non si è accorto che Lexi e Andromeda avevano preso posto sul divano e che  la ragazza aveva messo apposta in disordine le sue riviste di snowboard.
A quel punto ha smesso.
Per fortuna, almeno gli altri non sono più di tanto in giro. Sirio ormai passa più tempo fuori che in casa, mentre Seiya si è buttato anima e corpo sul calcio. Anche perché Ioria, da tempo capitano, sta convocando allenamenti ad ogni piè sospinto, sospettiamo sia per risollevare la squadra dalle pessime partite dell’ultimo periodo, sia per sfogare la propria rabbia repressa.
Come biasimarlo.
So che volete saperne di più circa le vicende di Elle, ma posso assicurarvi che non so nulla di aggiuntivo rispetto a quello presumibilmente accaduto sabato. Ha menzionato l’accaduto, sì, con un paio di frasi brevi e semplici, ma nulla di che. Nessun dettaglio. Nessun nome. Onestamente, dopo esserci scambiate un’occhiata, né io, né Lili abbiamo insistito.
Ancora non ho capito come quest’ultima abbia fatto ad intenderlo così, al primo colpo, senza nemmeno che Elle avesse bisogno di dire qualcosa.
Fidati, mi ha detto quando le ho posto questa domanda, una lo sa.

Ma che vuol dire?!! Io mica lo sapevo! Se non fosse stato per Death Mask…
Già, se non fosse stato per DM!
È la frase preferita di Elle in questi giorni, per averla pubblicamente sputtanata. Ovviamente, Aphrodite già lo sa. E anche Milo. E Camus. E Kanon. Sicuramente anche Shura, che avrà sperato vanamente di poter essere lasciato in pace solo grazie a delle misere centinaia di chilometri tra lui e Demenzialandia.  
Senza menzionare la pioggia incessante di messaggi con cui DM tormenta Elle ogni giorno, per tentare di scoprire chi sia il soggetto con cui ha compiuto il misfatto.
Che comare.
Come se non avesse trovato un osso duro, tzè! Elle si farà ammazzare, piuttosto che cedere a tali pressioni, ci scommetto.
- Vogliamo ripetere, prima che tu esca? – mi apostrofa Lili, vedendo che mi sto infilando il giubbotto nell’attesa che mi arrivi l’SMS di conferma che è arrivato.
Appunto.
- Troppo tardi – annuncio alle altre, leggendo il breve testo e guardandole con un’aria che spero sembrare almeno tranquilla – Ci vediamo dopo. Ammesso che io non faccia cavolate. A quel punto non cercatemi. Vi lascio i miei libri e i film. I miei vestiti invece dateli pure a Dohko, scommetto che conosce qualcuno a cui rifilarli. –
Finisco la frase varcando l’uscio, e alle mie spalle sento Lili esclamare:
- E Shun a chi lo rifiliamo?! -
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
Eccolo lì.
In piedi davanti al portone, lo sguardo che perlustra la strada senza particolare enfasi, le mani in tasca e la posa rilassata, un pigro movimento del capo che cerca di scostare il ciuffo di capelli.
- Ciao Isaac. – lo saluto, chiudendomi il portone alle spalle.
Abadir si volta, indirizzandomi un sorriso sghembo che, lasciatemi essere onesta, più accattivante non si può.
You’re beautiful…
Senti James, cerchiamo di piantarla, e subito!
- Ciao. – mi risponde, puntandomi gli occhi addosso. - Come stai? –
- Bene, grazie, tu? – sorrido.
- Bene. – afferma – Andiamo? -
- Sì. – annuisco, affiancandolo mentre ci dirigiamo verso la sua macchina.
Andiamo.
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
Alla fine, dopo una breve consultazione, abbiamo deciso di comune accordo di andare a mangiare qualcosa in un pub. Nonostante il rischio elevato di fare figure discutibili che tale condizione forniva, ho apprezzato che preferisse fare due chiacchiere piuttosto che passare due ore a vedere un film, ponendo il problema della scelta, o in silenzio ad assistere ad un concerto. Anche se, a dirla tutta, mi espone alla possibilità che si accorga degli sguardi, forse indiscreti, che gli lancio.
Il tragitto in macchina è stato già di per sé difficile. Continuavo a spiarne il profilo nelle luci della sera, e ora siamo davvero a poca distanza l’uno dall’altra…
- Allora, hai iniziato i corsi? – domando, cercando di portare avanti la conversazione, davanti a una birra per lui e una Coca-Cola per me.
- Sì.  Alla fine ho scelto Fisica del Sistema Terra -
- Per fare cosa, dopo? –
- Ricerca per la geofisica ambientale, probabilmente – fa, prendendo una patatina dal piatto.
- Salvi il pianeta? –
- Solo a patto che la specie umana si estingua. –
Mi scappa un lieve sorriso: sono della stessa idea.
- Tu invece? – mi domanda.
- Sono al terzo anno di Discipline dello Spettacolo –
- Hai un campo specifico? –
Mi guarda dritto negli occhi, quando mi parla. Ammetto che all’inizio ero un po’ a disagio, ma ci ho subito fatto l’abitudine e mi sono chiesta se si sia accorto che stavo facendo la stessa cosa, ignorando del tutto la cicatrice che fa leggermente capolino da dietro il ciuffo.
Potrebbe sembrare strano, ma ho notato che Crystal faceva fatica a sostenere il suo sguardo, l’ultima volta in cui sono stati faccia a faccia.
- Ho dato molti esami di teatro, ma cerco di mescolare un po’ le carte. – ammetto. – Non mi piace…essere monotematica. -
- Tipo? –
- Esami di cinema, o televisione. Se non combaciassero gli orari, riuscirei perfino a seguire i corsi di musica. – spiego – Mi sarebbe piaciuto, anche perché di musica classica e opera, ad esempio, so ben poco. Quando siamo andati a vedere il concerto di un nostro amico e mi è un po’ dispiaciuto non capirci più di tanto. –
- Ioria, giusto? – domanda, dopo un attimo di riflessione.
- Sì. – confermo – Come fai a saperlo? –
- Kanon. – fa semplicemente, dopodiché decide di spiegare: - Quando condividi allenamenti quattro giorni e almeno una gara a settimana, un qualche tipo di conversazione riesci ad instaurarlo. Mi ha parlato di Ioria, anche se non quanto del fratello maggiore…Aiolos, giusto? –
- Esatto. Non gli è mai piaciuto. – considero.
- Temo che a Kanon non piaccia praticamente nessuno. – fa, ridacchiando appena – Forse rispetta, in qualche modo perverso, alcuni. Tipo Julian, per quanto si impegni a non dimostrarlo troppo. –
- Ho avuto l’impressione che non avesse nulla contro di te. –
Scrolla le spalle.
- Può darsi. - 
Dietro di noi, lo scoppiare di alcune grida di giubilo ci fanno voltare verso la sala centrale del pub, dove l’attenzione della maggior parte dei presenti è rivolta al grande megaschermo acceso. Noto l’espressione perplessa di Isaac, oltre che,  con uno sguardo rapidissimo, le sua mani avvolte attorno al proprio bicchiere, le dita lunghe e sottili.
Quasi inconsciamente, cerco di celare appena le mie, rovinate dal mio persistere a tormentarmi le pellicine alle estremità. Le incrocio una sopra all’altra sul tavolo,  lasciando la meno danneggiata, ovvero la destra, sopra.
- C’è una partita. – spiego con un lieve sorriso  – Credo le qualificazioni per la Champions League. –
Isaac annuisce, tornando a voltarsi verso di me.
- Non ci ho mai capito molto. – ammette – Temo di essermi sempre e solo focalizzato sugli sport d’acqua. –
- Ad ognuno il suo. – faccio - Onestamente di nuoto mi intendo poco…anche se non c’è nessuno come Michael Phelps. [4] -
- Ti piace Phelps? –
- A te no? – domando.
- Scherzi? Darei l’altro occhio per avere un decimo di quello che ha lui. Avessi continuato con le competizioni a livelli più seri, mi sarei imposto di almeno provare a batterlo! – s’illumina – Di così ne nasce uno al secolo. –
- Già…e diciamolo, il record di Spitz[5] bisognava pur batterlo, prima o poi! – scherzo.

- Aspetta, sai chi è Spitz? – domanda, e per un istante credo di cogliere una sincera sorpresa nel suo sguardo.
Ecco. Ci siamo.
Ora spiegagli quanto sei scema!
- Ehm…sì. – dico, imbarazzata.
- Come…? –
- Be’ ecco…io…diciamo che oltre al teatro, libri e cose così…mi interesso anche di…storia dello sport. Campioni, Olimpiadi… Mi…piace. Più che praticare uno sport vero e proprio, a dire il vero, il che è paradossale.–
Continua a fissarmi con un’espressione che non capisco.
Ti prego, non prendermi per pazza.
Sono solo strana.
Parecchio.
- Mi hai detto di aver fatto calcio, se non sbaglio. – ricorda dopo qualche istante, forse sentendosi in dovere di dire qualcosa.
- Già, ma per poco. Ho fatto anche pattinaggio artistico quand’ero più piccola, per un anno. Anche se quello che ho praticato di più è l’equitazione. In quella ero abbastanza brava...-
- E poi? – indaga.
- E poi ho deciso di concentrarmi sulla scuola. – dico mestamente, scacciando via l’ombra del pensiero che stavo per formulare.
Certe volte penso di aver fatto un grosso errore.
- Inoltre – proseguo, soffocandolo – Dopo un po’, se vuoi gareggiare, diventa un casino. –
- Posso capire. – annuisce - Anche io, col nuoto, ho cominciato a prendere le distanze dalle competizioni. Partecipo solo ogni tanto, anche perché la squadra non è più quella di una volta. –
- In che senso? –
- Nel senso che siamo bravi in tre e gli altri…be’, lasciamo perdere. – sbuffa – Kanon aveva ragione, quando ci siamo visti al parco quest’estate. –
- Non lo metto in dubbio, ma non ho intenzione di dirglielo e dargli un motivo per credere di avere sempre ragione. – dico in tono scherzoso.
- Vi degna della sua presenza? – fa, allo stesso modo.
- Quando si annoia. Anche se personalmente mi considera più un animale domestico. –
- E di che tipo? –
- Ancora non mi è chiaro. Credo una via di mezzo tra un criceto e un cane, vallo a capire! -
 
ΩΩΩΩΩΩ
 
- Eccoci. – dico nel riconoscere la sagoma del palazzo del nostro appartamento.
Dalle luci accese all’ultimo piano, ne deduco che alcuni di noi siano ancora svegli. Per un attimo, il pensiero che possano vederci dalla finestra mi sfiora la mente, ma lo caccio via. Poco importa, è un problema che affronterò dopo.
Noto lo sguardo fugace che Abadir rivolge al palazzo, forse pensando al fatto che qui ci abita anche Crystal, chissà.
- Ti inviterei a salire, ma purtroppo ho sei coinquilini più uno bonus piuttosto ingombranti e impiccioni. – faccio, ridendo, per poi essere fulminata dall’idea che potrebbe intendere male quel “salire”.
Oh porca miseria, piantala!, tuona la voce di Lili nella mia mente.
- Direi che non è il caso – mi fa eco Isaac, l’aria per nulla turbata dalla mia precedente affermazione.

- Sai, sono … sorpreso. – ammette dopo un po’  – Non capita tutti i giorni di essere invitati fuori così esplicitamente da una ragazza. –
- Davvero? – faccio, fingendo noncuranza, appoggiandomi al muro dello stabile.
Non girare il coltello nella piaga. Mi do’ già della cretina tutti i giorni per conto mio. O della disperata.
- Davvero. – conferma, allungando un braccio per trovare a sua volta appoggio alla parete, alla mia destra.
- Nemmeno una delle ragazze con cui sei uscito? – domando, perplessa.
Ti prego, dammi un dettaglio qualsiasi per sentirmi meno stupida.
- Diciamo che le ragazze con cui ho avuto a che fare hanno fatto in modo di farsi invitare. – osserva, l’espressione divertita.
- Oh. Capisco. – mi limito a dire, per poi aggiungere scherzosamente – Allora stavolta sei inciampato in una ben poco furba! -
- Non ho detto che non mi sia piaciuto. -
Non arrossire. Non farlo, Micky. Contieniti.
- Ah. Allora…lo terrò a mente. –
Wuuuuuuuuuuuuuu, i tuoi neuroni si sono appena suicidati.
Uno dopo l’altro.
Harakiri, proprio.
- Già. Pure io. –
Cos…?
Isaac mi lancia un’occhiata, poi, con un movimento che non riesco a prevedere, si sposta in direzione del punto in cui si è appoggiato con il braccio. Così, con una semplice e minima rotazione, si avvicina alla sottoscritta, che si ritrova così chiusa tra Abadir e il muro.

Ecco. È il momento.
E ora? Cosa devo fare? Cosa si aspetta?
Per la miseria. È così vicino.
Che buon profumo.
Il ciuffo di capelli mi sfiora la pelle, i lembi dei giubbotti quasi si toccano, mentre Isaac si china  verso il mio viso e…
L’impressione di avere raggiunto una nuova tonalità di rosso nel sentire le sue labbra muoversi e posarmi un bacio… sulla guancia.

Oh.
È stato più veloce di quanto pensassi.
Un attimo. Finito.
- Ci sentiamo. – dice poi, raddrizzandosi, il solito sorriso sghembo e accattivante sulle labbra.
- Sì. Ci sentiamo.- ripeto meccanicamente, cercando di mantenere un certo contegno nell’annuire a tale affermazione.
Ci scambiamo un’occhiata che non saprei definire, prima che si volti e si incammini con passo deciso verso casa, lasciandomi la scia del suo profumo che mi avvolge e il lampo di quel sorriso impresso nella memoria.

E adesso?
ΩΩΩΩΩΩ


Quelle chiacchiere al pub.
Un bacio sulla guancia.
Ci sentiamo.
La piega del giubbotto di pelle, appena alzato in vita per seguire il movimento del busto nell’avvicinarsi.
Non ho detto che non mi sia piaciuto.
MA CHE SIGNIFICA?!
Ho appena varcato la soglia, stralunata, la mente ancora fissa su quell’immagine, quando vengo travolta dalla scena apocalittica che si sta svolgendo nel nostro salotto.
Non importa da quanto tempo viviamo assieme, è sempre uno shock tornare a casa, quando Andromeda cerca di studiare, Lili e Crystal si pestano alla X-Box ed Elle, sporca di inchiostro, porta avanti una delle sue tavole. Soprattutto se, in sottofondo, si sente l’inconfondibile timbro di Milo, che esclama a voce altissima:
- È ARRIVATA! È ARRIVATA! –
- Ma cosa? – sento chiedere da Lexi, che spunta dalla cucina e manifesta così la sua presenza.
 Una veloce occhiata in giro mi fa notare l’assenza fisica del greco, nonché il cellulare di Lili appoggiato sul tavolo del salotto, lo schermo illuminato. Ne deduco che si tratti di una telefonata messa in vivavoce per farsi sentire da tutti i presenti.
- ANCORA NON CI CREDO, È QUI! –
- Chi? – domanda Seiya, che non si è mosso dal divano dal ritorno dagli allenamenti, a giudicare dal borsone da calcio abbandonato a terra di fianco alla porta d’ingresso.
- Come? – si aggiunge ovviamente Shun, abbassando appena il volume di anatomia animale che sta leggendo, seduto accanto all’amico.
- È ARRIVATAAAAAA! – continua la voce dall’altra parte del telefono.
- Metti un soggetto in quella fottuta frase! – protesta Lili, ma Milo la ignora completamente. Al che sentiamo dei suoni indicanti una leggera lotta per il monopolio del telefono, finché la voce di Camus non si intromette, spiegando:
-  La lettera. È arrivata la lettera. –
- Se non è quella di Hogwarts non m’interessa. – sentenzia Lili – Sto ancora aspettando di poter raggiungere i miei degni compari a Serpeverde. –
- Per la miseria Camus, lanciagli contro Lavoisier e fallo stare zitto! – esclama Elle, seccata dal tono di voce assunto dal greco, che continua ad emettere suoni di giubilo in sottofondo.
Il francese mi fa quasi pena, con il suo tono ammonitore che ripete “Smettila di gridare!”, mentre perfino il gatto  miagola in tono di protesta e una terza voce, sconosciuta, bassa e profonda, chiede in inglese cosa stia succedendo.
Il nuovo coinquilino!!!
Drizziamo contemporaneamente le orecchie, avidi di saperne di più in merito, ma dato che il francese gli risponde che non è nulla di grave e che Milo è solo felice perché gli è arrivata la lettera di conferma, l’altro ragazzo si limita a fargli delle meste congratulazioni e svanire (sonoramente parlando) dal nostro radar.
La lettera di conferma!
Ecco cos’è.
Infatti, la voce di Milo urla trionfante:
- SONO UN FOTTUTISSIMO AVVOCATO! –
 
 
 
 
 
N.B:
[1] Street Sharks = serie animata americana prodotta dalla Dic Enterprises, tipicamente degli anni ’90, dove quattro fratelli vengono trasformati in creature metà uomo e metà squalo in seguito ad un esperimento scientifico.
[2] Mermaid Melody = manga e anime giapponese di Michiko Yokote;
[3] I Tre Moschettieri = prendetelo come riferimento per i Cavalieri d’Acciaio
[4] Michel Phelps = considerato il più grande nuotatore di tutti i tempi, detto anche Lo Squalo di Baltimora
[5] Mark Spitz= è un ex nuotatore statunitense, vincitore di sette medaglie d'oro vinte alle Olimpiadi del
 1972, battuto solo da Phelps
   
 
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