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Autore: Aleshia    18/03/2016    1 recensioni
Dopo un infortunio avvenuto in campo, Kageyama si reca a trovare Hinata in infermeria per accertarsi delle sue condizioni, visto che gli interscolastici sono alle porte e il piccolo centrale è un elemento di punta della squadra. Tuttavia, per la sorpresa di Kageyama, la situazione dà l'avvio ad un malinteso. Egli ritiene che ciò che irrita Hinata così tanto siano le sue pretese in campo...ma sarà davvero così o ci sarà sotto qualcosa di più?
Genere: Comico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Yachi Hitoka, Yuu Nishinoya
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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"E dai, mi hai costretto a portarti in giro perché giocare ai videogame in casa ti pareva noioso, e nemmeno presti un po’ di attenzione quando ti spiego le cose?" – si lamentò sbuffando Kenma, anche se in quel suo tipico tono pacato e rilassato.

“Eh? Oh sì, scusami, hai ragione, mi sono distratto un secondo”.
Dannazione, come mai continuava a pensare a Kageyama? Aveva fatto in modo che ci fossero più di 300 chilometri tra loro due appositamente per distrarsi e dimenticarsi di tutta quella faccenda per un po’. Era a Tokyo, la più bella metropoli del Giappone, in compagnia di uno dei suoi migliori amici, e nonostante tutto non riusciva a togliersi dalla mente quell’idiota. Ripensava ai fatti dell’altro giorno, e sentiva il cuore iniziare a battergli e le guance diventare di color rosso acceso, pur non essendo presente il diretto interessato. Come aveva potuto fare…quello che aveva fatto? Cosa gli era saltato in testa per baciare Kageyama così, dal niente? Ora non solo avrebbe perso il suo alzatore, ma anche uno delle persone a lui più care, ne era sicuro. In quel momento aveva agito senza riflettere, preso dalla rabbia e dal foga del momento, per poi pentirsi non solo del suo gesto, ma anche di ogni singola parola uscita dalle sue labbra. Non aveva mai avuto intenzione di offendere Kageyama, e non pensava sul serio nemmeno una delle accuse che gli aveva inferto. Ma ormai era troppo tardi, quel che era fatto era fatto, e non restava altra alternativa se non cercarsi di dimenticarsi dell’intera faccenda il prima possibile. Magari, con un po’ di fortuna e un po’ di tempo, anche Kageyama ci avrebbe semplicemente riso sopra, e avrebbe finito col rimuovere dalla memoria l’accaduto.

“Guarda, siamo arrivati” – gli fece notare Kenma, a cui non era certo sfuggito l’ulteriore assenza momentanea della mente di Hinata.

“Waaaa” – urlò il piccoletto in visibilio, alzando lentamente gli occhi verso l’alto per seguire i contorni di ciò che si ergeva davanti a lui – “La Tokyo Tower!”.

Un sorriso sfuggì a Kenma, nel vedere gli occhi dell’amico illuminarsi per così poco. Era eccitato quasi tanto quanto quando giocava a pallavolo.

“Dai, saliamo in cima! Dove si fa il biglietto? Su Kenma, su!” – lo esortò Hinata, afferrando l’amico per la manica della felpa.

“Shouyou, smettila, non tirare” – protestò l’altro, pur lasciandosi trascinare verso la biglietteria.

In quel momento, un cellulare squillò. Era quello di Hinata. Rovistò nella sua tasca e, quando lo trovò, sbiancò a leggere il nome scritto sullo schermo. Era Kageyama. Hinata sentì una sensazione di ansia crescere dentro di lui, e iniziò a formulare varie ipotesi sul motivo della chiamata. Cosa voleva? Rinfacciargli di non essere andato all’allenamento? Dichiarargli che respingeva i suoi sentimenti, così come gli aveva fatto intendere fino ad allora? Nel frattempo, il telefono continuava a suonare incessantemente, tant’è che fu Kenma a ricordargli: “Shouyou, forse dovresti rispondere”.

Hinata schiacciò il tasto verde e portò il cellulare all’orecchio. “P-p-pronto?” – disse con voce tremante, tanto era agitato.

“Idiota!!! Dove sei?” – sentì una voce strepitare all’altro capo della linea. Sì, decisamente si trattava di Kageyama.

“Kageyama, sono a Tokyo. Non ve l’ha detto Yachi?”

“No, idiota! Intendevo dove ti trovi in questo momento! Idiota d’un Hinata!”

“Eh? Sono davanti alla Tokyo Tower…aspetta un momento, ma io sono a Tokyo e tu sei a Miyagi, perché diavolo me lo stai chieden-“

“Sapevo che saresti venuto qui! È il posto più figo della città!” – lo interruppe Kageyama.

“Quello è poco ma sicuro!! Ma perché dic-“ – stavolta non fu Kageyama ad interrompere Hinata, ma la sua voce che si spense da sola, mentre il suo sguardo era concentrato su un punto un poco più lontano.

A circa cento metri da lui un ragazzo dai capelli corvini si guardava ansiosamente attorno, con l’aria di chi sta cercando disperatamente qualcuno. Era così teso e concentrato nel suo sforzo che aveva il naso completamente arricciato e gli occhi semichiusi, ed emanava un’aura che quasi spaventava i turisti che avevano la sfortuna di camminare vicino a lui. Hinata rimase a bocca aperta, e quasi smise di respirare. Era Kageyama. Il suo corpo si mosse in automatico, e senza nemmeno rendersene conto, iniziò a correre verso il suo compagno. Quando quest’ultimo si rese conto di aver trovato colui che cercava, anche lui si precipitò per incontrarlo, e quasi involontariamente, entrambi aprirono le braccia e le protrassero l’uno verso l’alto.

“Kageyama” – mormorò il più piccolo, stretto nella morsa di quel caldo abbraccio.

“Hinata” – lo chiamò allo stesso modo l’altro, aggrappandosi ancora più forte a lui.

Per un momento rimasero così, con i muscoli così contratti che sembrava quasi che stessero evitando di essere separati da una qualche forza invisibile, poi Hinata spostò le mani per metterle sul petto di Kageyama, spintonandolo lontano da sé.

“Aspetta un attimo! Ma tu cosa diavolo ci fai qui?!” – disse, chiedendosi tra sé e sé, oltre al perché si trovasse a Tokyo, anche perché poco prima avesse compiuto quel gesto.

“Non è ovvio, idiota che non sei altro?” – replicò burberamente l’altro, per poi abbassare sia il tono della voce sia lo sguardo: “Sono venuto qui per te”.

“Per me?” - ripeté sbalordito Hinata.

“Certo! Insomma, tu hai saltato l’allenamento! No aspetta, non è questo il punto! Voglio dire che…sì insomma, mi hai fatto proprio imbestialire! Nono, ma non in quel senso! È che…quando ho saputo che eri qui…con quel tizio con lo shatush…e che poi a Yachi piaci…e poi ripensavo a quando mi hai…sì, insomma, a ciò che è successo l’altro giorno…e cioè, non è che sia stato così spiacevole…è che, insomma, dovevo venire!”

Hinata gli rivolse uno sguardo più perplesso del precedente, confuso da quell’insieme di parole che era tutto fuorché una frase di senso compiuto.
“Sì insomma, io voglio giocare ancora con te! Però non intendo solo quello! Vorrei, non so…fare quello che fanno le persone quando stanno insieme…tipo andare al parco e allenarci ai passaggi insieme…andare a correre insieme…cioè, non solo! Anche, tipo, che diamine, andare al cinema e prendere un pacchetto gigante di popcorn da spartirsi, e cose del genere!”.

Pian piano, Hinata stava forse finalmente ricavando un significato da quei frammentati discorsi, e un dubbio, anzi una speranza, si insinuò in lui.

“Kageyama, mi stai forse dicendo…che tu…vuoi stare con me?”

Kageyama girò la testa di lato e rivolse lo sguardo a terra. Ad Hinata parve che stesse – possibile? – arrossendo.

“Ovvio, idiota! Tu mi piaci! Razza d’idiota!”.

Hinata rimase pietrificato all’istante. Gliel’aveva davvero sentito dire? O stava forse sognando? Sì, doveva essere un sogno, oppure doveva essere in preda di una qualche allucinazione. Lui piaceva a Kageyama. Non poteva essere vero. La memoria lo riportò a quel giorno, quando Yachi gli chiese se in squadra c’era qualcuno che gli piaceva. Lui, ingenuamente, rispose semplicemente che non ci aveva mai riflettuto, e chiese a Yachi cosa si provasse quando si è innamorati di qualcuno. “Eh, come si può spiegare” – aveva risposto la ragazza – “Più tempo stai con quella persona, e più ne vorresti trascorrere. E anche se ci sono cose che non ti piacciono di lei, non importa, perché comunque ci sono più motivi per i quali pensi che lei ne valga la pena, ecco”. Dopo aver ascoltato queste parole, Hinata provò a meditarci su, e un giorno, lo capì. Una persona che rispondeva a questi criteri effettivamente c’era. Ed era Kageyama. Dal quel momento, i suoi sentimenti erano cresciuti di giorno in giorno. Attendeva con impazienza il giorno dopo per potersi allenare insieme, e ancor di più le pause pranzo in cui palleggiavano loro due da soli. Per quanto Kageyama lo irritasse, voleva passare insieme con lui ore e ore. E ogni tanto, senza nemmeno rendersene conto, lo osservava dall’altro lato del campo mentre giocava, concentrato ed attento come sempre, con il sudore a grondargli sulla fronte. Eppure, mai avrebbe osato dichiararsi apertamente, sicuro come era che Kageyama non avrebbe ricambiato i suoi sentimenti. Era certo non solo che il suo compagno di squadra non fosse interessato a simili relazioni, ma che addirittura lo avrebbe trovato strano e riprovevole, trattandosi più sempre di una dichiarazione proveniente da un individuo del suo stesso sesso. Invece, adesso quello stesso ragazzo aveva preso un treno appositamente per dirgli che voleva stare con lui. Come poteva credere che stesse veramente succedendo? Lente lacrime sgorgarono dagli occhi di Hinata, e corsero lungo le sue guance, alla cui vista Kageyama impallidì.

“Kageyama…Kageyama…” – mormorò sommessamente.

“Perché ora fai così? Mi dispiace, forse mi sono espresso male, quello che volevo dirti è che-“ – iniziò a balbettare gesticolando, in preda al panico.

“Kageyama!” – ripeté Hinata, stavolta a voce più alta, per poi sprofondare il viso nel petto dell’altro, continuando a singhiozzare.

Sul momento Kageyama, non ancora abituato né a questo tipo di contatto fisico né a queste esternazioni di sentimenti, deglutì e rimase come immobilizzato, ma poi lentamente si mosse per ricambiare l’abbraccio, posizionando una mano sui soffici capelli di Hinata, mentre con l’altra gli avvolgeva la schiena, stringendolo ancora più stretto a sé.
Hinata sentiva il calore del petto di Kageyama, percepiva la vigorosità con cui quelle braccia lo cingevano, si inebriava dell’odore che il suo corpo emanava. Non aveva bisogno di dettagliate spiegazioni su come i sentimenti del suo compagno si fossero sviluppati, o su come avesse preso la decisione di confessarli: i suoi gesti parlavano per lui. Continuando a ripetere il suo nome, come per accertarsi che l’altro fosse veramente lì e che quei fatti incredibili stessero veramente accadendo, aggiunse: “Kageyama, non te ne andare. Mai più”.

E a quel punto Kageyama pronunciò due parole. Due semplici parole, ma che erano stati sufficienti quando per la prima volta Hinata aveva schiacciato una palla alzata da lui in partita e, ancora una volta, erano sufficienti a suggellare la loro unione: “Sono qui”.

E Hinata sentì, nel profondo del suo cuore, che da allora ci sarebbe sempre stato.  
 
NOTA FINALE DELL'AUTRICE
No vabbè, ci ho messo tipo tre settimane ad aggiornare questa fic. E l'ho finita tipo un mese e mezzo-due fa. Scusate.
Comunque, ringrazio chiunque l'abbia letta, e sopratutto chiunque abbia preso la briga di recensirla. Ha significato davvero molto per me, incerta come sono delle mie capacità di scrivere. Spero che vi siate divertiti a leggerla quanto io mi sono divertita a scriverla.
Ho già iniziato una nuova fic, sempre su questi due idioti (<3) che inizierò a pubblicare a breve (spero con più costanza). Ringrazio chi abbia letto questo lavoro fino a questo punto! Spero che vi sia piaciuta e che mi renderete felice recensendo anche la prossima! 

Aleshia
   
 
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