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Autore: Mimi18    22/03/2016    2 recensioni
«Non è mio desiderio criticare il tuo modo di vestire, Alexander, ma – »
Alec inarcò un sopracciglio, improvvisamente all’erta quasi come se Magnus fosse un demone pronto a sbranarlo da un istante all’altro. «No.»
«Alexander! Non sai nemmeno quello che stavo per dirti!»
{ Malec | Ventun flash!fic, per ventun lettere dell'alfabeto | Canon!Universe }
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Bring me back to life.

{ Alfabeto Malec || Canon!Universe // TVShow!Universe || Slash }

Personaggi © Cassandra Clare

Fanfiction © Mimi18

 

 

 

(A)ttrazione

Alec osservò con statica freddezza la figura di Magnus, ricurva su uno dei numerosi pentagrammi disegnati su fogli sottili di pergamena ruvida. Una porzione di schiena nuda s’intravedeva appena dalla maglietta sollevata, alcuni brillantini cadevano dai capelli pettinati in spuntoni dall’aria particolarmente acuminata, nonostante il ragazzo avesse passato tra di essi le proprie dita numerose volte e mai – mai – s’era ferito.

Parvero quasi oscurarsi le iridi d’un azzurro intenso, lo sguardo che cadde più languidamente lungo il corpo dello stregone, e Alec fu costretto a deglutire.

«Vedi qualcosa che ti piace, Alexander?» La voce di Magnus suonò canzonatoria, nonostante gli occhi fossero predatori, e per poco il cacciatore non perse l’equilibrio pur rimanendo fermo, ritto come un palo, colto nel segno.

Borbottò qualcosa di simile ad un insulto – forse più verso se stesso, che per Magnus – seguito da una risata trillante ed i passi dello stregone che lo raggiungevano, silenziosi per tutti, ma mai per Alec.

 

 

(B)ellezza

Jace tirò una delle guance di Clary, attirandone così l’attenzione momentaneamente rapita dalla coppia di ragazzi dinanzi a loro, presi dalla discussione su un qualche fumetto abbandonato da Simon. La ragazza cercò d’afferrare la propria cannuccia con le labbra, senza guardare così da poter continuare a mantenere gli occhi su Magnus e Alec, mentre Jace cercava disperatamente di non scoppiare a ridere. A Clary non sarebbe piaciuto, e probabilmente avrebbero bisticciato per qualche ora, senza potersi baciare.

«Cosa guardi? Se vuoi quel fumetto posso chiedere ad Alec di – »

«Non sono bellissimi?» Domandò con una voce quasi stridula, interrompendolo, gli occhi luminosi.

Jace inarcò un sopracciglio. «Io sono bellissimo. Dovrei ritenermi offeso, Clarissa, del tuo sguardo posato su altri uomini quando hai il sottoscritto al tuo fianco.»

Ridacchiando Clary gli pizzicò una coscia, sotto il tavolo, allontanando finalmente lo sguardo dalla coppia. Chinato sul fumetto e con un solo orecchio a prestare attenzione ad Alec, Magnus sogghignò diabolicamente divertito.

 

 

(C)alore

Le ampie finestre spalancate permettevano ad un fresco vento di entrare nella stanza, donando sollievo ai corpi sdraiati dei due giovani. Alec portò appena una mano alla fronte sudata, sospirando piano, attento a non svegliare Magnus. Lo stregone gli stringeva saldamente la vita con un braccio, il viso rivolto verso il cacciatore, sdraiato prono. Avevano calciato simultaneamente le coperte al fondo del letto, tuttavia Alec si era risvegliato nel cuore della notte affannato, a causa del calore emanato dal corpo di Magnus.

Spostò lo sguardo sullo stregone, accarezzando con lentezza affettuosa la pelle dorata della schiena, liscia a differenza della propria ricoperta da numerose cicatrici e qualche runa permanente. Chinò appena se stesso, posando le labbra secche contro l’epidermide, discendendo in una umida scia di baci forse ancora più infuocati della notte stessa.

Magnus mugolò, un gemito d’apprezzamento soffocato dal cuscino, la mano che strinse più saldamente la dita di Alec.

«Pensavo avessi troppo caldo per certe cose,» lo scimmiottò sollevando gli occhi, le iridi da gatto che scrutarono il cacciatore con pacato divertimento. Era più sveglio di quanto Alec credesse, e le labbra di quest’ultimo s’incurvarono in un sorriso sinistro, mordendo la spalla di Magnus.

«Posso sopportarlo.»

«Hai una Runa per ques – Alexander!»

 

 

(D)olore

Izzy buttò il cellulare con violenza sul letto sfatto, la figura ricurva di Alec che sussultò impercettibilmente al gesto, ignorando tuttavia lo sguardo preoccupato della sorella.

«Quel dannatissimo stregone non risponde,» ringhiò adirata, sedendosi di fianco al ragazzo, sfiorando il suo corpo senza azzardare alcun gesto di affetto o sostegno. Non sapeva cosa volesse suo fratello, in quel momento, e si limitava a stare lui accanto e minacciare Magnus di morte sin da quando i due si erano lasciati. «Spero sia soffocato con il glitter

Qualche giorno prima Alec avrebbe ridacchiato alla battuta, ora, invece, le sue spalle rimasero immobili e nessun grugnito di risata scappò alle labbra screpolate, intaccate da tagli causati dal vento freddo che incombeva fuori dall’istituto.

«Non esiste qualcosa per questo, vero?» Domandò all’improvviso, cogliendo Izzy di sorpresa. La giovane lo guardò con una domanda inespressa, attendendo pazientemente che Alec continuasse. Non premeva, non esigeva – in quel momento, altro non faceva che supportare suo fratello, una dolorosa figura che la impregnava d’un istinto materno mai avuto. «Una Runa per il cuore spezzato, Iz

Strinse gli occhi la cacciatrice, assumendo la tipica espressione di chi era in grado di trattenere le lacrime per la troppa abitudine, abbracciando infine la figura del fratello.

«Ci sono io, per questo. Non ti lascerò solo un istante, Alec.»

E strozzerò quel maledetto stregone con una delle sue sciarpe colorate.

 

 

(E)ccentrico

A parere di Alec, Magnus Bane possedeva uno stile piuttosto eccentrico, con i numerosi vestiti colorati e dalle stampe di svariati animali, piante od oggetti su di essi. Il glitter e tutto ciò che brillava, sosteneva lo stregone, davano un aspetto ancor più importante alla sua famosa persona e su questo, pensò il ragazzo, doveva dargli ragione.

«Perché non indossi una mia maglietta, come al nostro primo appuntamento?»

Alec inarcò un sopracciglio scuro, lo sguardo che scrutò Magnus con evidente scocciatura, prima che sospirasse ed incrociasse le braccia al petto. I muscoli guizzarono appena, risaltando le Rune, e Magnus sbatté le ciglia ricoperte di glitter argentato e dorato.

«Anche se, devo ammettere, i tuoi vestiti per quanto orripilanti abbiano i loro vantaggi.»

«Magnus.»

Lo stregone imbronciò la bocca, prima di roteare gli occhi, muovendo le mani come a scacciare un demone fastidioso. «Oh e va bene, va bene! Almeno una sciarpa! Quelle non sono poi così eccentriche, Alexander!»

 

 

(F)ollia

Alec lo sapeva, ne era assolutamente sicuro, che quella fosse una pura e sciocchissima follia. Sua sorella lo aveva messo al corrente degli eventi riguardanti quegl’ultimi giorni – Magnus che gli salvava la vita, Clary e Jace fratelli, l’apparizione di Valentine – e tutto vorticava nella mente del giovane come un tornado inarrestabile.

Non che tutto ciò rappresentasse una scusa per trovarsi lì, davanti al cancello che lo divideva dall’appartamento del Sommo Stregone di Brooklyn, con una sola spada angelica che pendeva dalla cintura leggermente allentata e le stampelle. Ricordava un idiota, e fu quasi deciso a tornarsene all’istituto, quando invece la mano libera premette il pulsante accanto al nome di Magnus.

Attese soltanto qualche secondo, la speranza che lo stregone non rispondesse quasi più alta del –

«CHI OSA DISTURBARE IL SOMMO STREGONE DURANTE IL BAGNO AL SUO GATTO?»

Alec deglutì, cercando di ignorare l’attività di Magnus oltre la porta, e aggrottando le sopracciglia. Una ruga di espressione si formò sulla fronte solitamente liscia.

«Uh – ehm, sono Alec. Alec Lightwood

Ci fu un silenzio improvviso oltre la linea del citofono, ed Alec si rimproverò per quella stupida follia, dacché era evidente che Magnus non si ricordasse affatto di lui.

«Alexander, mi chiedevo quando ti saresti fatto vivo!» Trillò la voce dello stregone, sorprendendolo, prima che il cancello si aprisse.

Alec non poteva scappare, dopotutto aveva le stampelle.

 

 

(G)atto

Chairman Meow non era un tipo amorevole.

Solitamente passava gran parte del proprio tempo sdraiato sul tappeto morbido ai piedi del divano, a pancia all’aria, le zampe sollevate quasi imitasse un morto. Ronfava della grossa, per lo più, ed erano rare le occasioni in cui lo si vedeva sveglio o semplicemente correre.

Tuttavia, Magnus aveva preso a notare quanto quel gatto più simile ad un topo particolarmente grosso si fosse affezionato al petto di Alec. Forse, più che al padrone stesso. Sgattaiolava furtivamente sul corpo del cacciatore quand’egli era pigramente sdraiato sul divano, il libro tra le mani, la testa che ciondolava. E si udivano, in quelle occasioni, fusa tanto forti da arrivare alla vicina di casa.

S’accigliò lo stregone quando scorse il sorriso soddisfatto di Alec, le dita affondate nel pelo dell’animale: dopotutto, pareva proprio che quello shadowhunter fosse destinato a stare per sempre con lui. Piaceva a Chairman Meow!

 

 

(H)unger Games

Sollevando appena lo sguardo sul televisore, Alec inarcò entrambe le sopracciglia scure. Esse scomparvero sotto i folti capelli color ebano, mentre un’espressione di cupo divertimento tingeva le fattezze solitamente dolci del viso – dolci, per lo più, lo erano quando si trovava in compagnia di Magnus.

«Di nuovo questo film?» Domandò piccato, scoccando un’occhiata furente alla ragazza che, nello schermo, portava arco e frecce con sé. Si presupponeva che Magnus Bane con la propria proverbiale magia dovesse essere in grado di fornire qualche cosa di più interessante dell’ennesima replica di The Hunger Games, tuttavia lo stregone si era particolarmente affezionato al povero Gale. Alec sospettava fosse per i capelli scuri e gli occhi cerulei.

«Katniss avrebbe dovuto scegliere Gale,» sospirò lo stregone, accarezzando la gamba di Alec. Il ragazzo tacque – patteggiava per Peeta, tuttavia trovava inutile discutere di qualcosa di così sciocco. Un dettaglio, però, premeva sulla punta della sua lingua.

Cedette con un sospiro, allungando un braccio e circondando le spalle di Magnus, tirandolo a sé. Un profumo di sandalo gli invase le narici immediatamente. «Io sono un arciere migliore.»

Contro il proprio petto Magnus ridacchiò e, persino Alec, sentì le labbra incurvarsi in un sorriso di malizioso divertimento.

 

 

(I)ndecisione

Magnus osservò silenzioso la porta che Jace Herondale s’era sbattuto rumorosamente alle spalle, l’accusa che aleggiava ancora nell’aria pesante dell’appartamento. Nonostante avesse rotto con Alec, entrambi sapevano quanto ancora lo amasse – quanto ancora si preoccupasse per lui, sperando che nulla potesse toccarlo (forse, sperando di renderlo immortale, con tutto quell’amore).

Sospirò, passandosi una mano tra i capelli disordinati, Chairman Meow che scodinzolava al suo fianco. Era accaduto qualcosa e quel maledetto cacciatore aveva pensato bene di instillare in lui il dubbio, il desiderio di sapere se Alec stesse bene.

Si era ripromesso che non ci sarebbe ricaduto, per il bene di entrambi, nonostante ciò Magnus si alzò dal proprio divano rosa shocking per raggiungere la stanza, spalancando l’armadio con un tumulto arcobaleno di colori.

Sarebbe andato da lui, scacciando quell’indecisione, poiché l’amore che provava per Alec risultava più forte della razionalità stessa.

 

 

(L)anguido

Le labbra di Magnus si mossero in un bacio vorace contro quelle di Alec, il languido piacere ad invadergli le viscere, arrotolandole in una morsa che non faceva né male, né lo portava ad allontanarsi dallo stregone. Affondò maggiormente le dita lunghe e sottili nella camicia di seta leggera, un motivo floreale che lo aveva portato a strizzare il naso scorgendolo, ricercando al di sotto di essa il calore della pelle.

Non appena i polpastrelli vi entrarono in contatto, una semplice e forse frettolosa carezza, per un ragazzo che faceva tutto per la prima volta, Magnus gemette contro la bocca di Alec. Un suono che instillò nel cacciatore un briciolo di sicurezza, portandolo ad afferrare il bacino dello stregone, avvicinandolo al proprio – ed un gemito ancora, questa volta mescolato a quello che sfuggì alla presa della stessa bocca che divorava Magnus, lentamente, saggiandone avidamente il sapore sino ad imprimerlo – forse eternamente – nella propria mente (e nel proprio cuore).

 

 

(M)agia

Uno sprizzo azzurro sfuggì alle dita di Magnus ed Alec spalancò appena gli occhi.

La magia si infranse contro il petto di un Dimenticato, abbattendolo al suolo. Con un movimento quasi sensuale, almeno allo sguardo del giovane cacciatore, Magnus spostò il ciuffo di capelli neri ed argentei – colorati per l’occasione, sospettava – che gli era ricaduto sul viso coperto da un lieve strato di sudore.

«Non avevi mai visto uno Stregone all’opera, Shadowhunter

Alec udì la nota di divertimento nella voce, tuttavia questo non gli impedì di assottigliare appena lo sguardo, stringendo con maggiore forza la spada angelica nella mano destra.

«Sì.» Lo disse con freddezza, dando infine le spalle a Magnus, ed avvicinandosi al proprio parabatai – imponendosi di non guardare indietro, attratto dal colore blu della magia, un colore che ricordava dannatamente le proprie iridi. E questo, se possibile, costrinse qualcosa nel suo stomaco a sfarfallare maggiormente.

Idiota di un Alec.

 

 

(N)ausea

Alec non aveva progettato di finire la serata in quel modo.

Quel modo, ovverosia inginocchiato dinanzi al water nell’appartamento di Magnus, dopo aver gettato il cuscino riposto sopra la tazza da qualche parte – era sicuro d’aver colpito Chairman Meow durate quell’ignobile atto. Probabilmente avrebbe vomitato l’anima quella notte, a causa della quantità di alcool consumata con Jace e Simon in vista dell’addio al celibato di quest’ultimo. Avrebbe dovuto essere una serata tranquilla, tra amici, tuttavia il sorriso di Jace, la gaytudine di Alec e l’umorismo di Simon avevano colliso a sufficienza da attirare su di sé sguardi d’apprezzamento e drink offerti dalla casa (e non).

Magnus, d’altro canto, sospirò per l’ennesima volta.

«Quando mi hai detto “Dopo passo da te” pensavo intendessi qualcosa di più piccante di questa scena puerile, Alexander.»

Alec, dal canto proprio, riuscì appena a sventolare una mano nell’aria prima di affondare nuovamente il volto in preda all’ennesimo spasmo. Fu in quell’istante che Magnus posò le dita fredde sulla fronte del giovane, scostando il ciuffo di capelli color ebano dalla fronte, espirando piano.

«In salute ed in malattia dicono i Mondani,» pronunciò appena, ed Alec sorrise.

Prima che l’ennesimo conato di vomito lo colpisse, almeno.

 

 

(O)scurità

Se tu affondassi nell’oscurità più totale, Magnus, chi sarebbe pronto a cadere con te?

Lo stregone spalancò gli occhi di colpo, inspirando a pieni polmoni e rumorosamente, cercando con il palmo sudato il corpo ora sveglio di Alec.

Portando la mano a stringere quella spasmodica di Magnus, il giovane sbatté ripetutamente le palpebre, le iridi d’un blu oltremare che s’abituarono facilmente al buio della notte – dopotutto, gli Shadowhunters combattevano le ombre, quello era il suo elemento.

«Un altro sogno?» Domandò con voce arrochita dal sonno, quasi dolorosa. Il pallore delle proprie dita risplendeva contro la pelle dorata di Magnus.

Quest’ultimo, massaggiandosi il petto, annuì seccamente. «L’oscurità mi avvolgeva, ero solo – completamente solo e – »

Alec baciò la sua bocca, costringendolo a tacere, le dita affondate nei capelli umidi e sciolti sulle spalle. Magnus si rilassò appena a quel contatto, senza chiudere tuttavia gli occhi, assicurandosi che il ragazzo fosse realmente ad un passo da sé.

«Non sarai mai solo.»

Bruciavano, le sclere, quando Magnus si rifiutò di sbattere le palpebre.

«E se tu dovessi affondare in qualche pozzo oscuro, ci sarò anche io, Magnus.»

Ed infine, lo stregone annuì, rilassando le spalle e portando la fronte a posarsi contro la spalla di Alec.

Il suo Alexander, così coraggioso.

 

 

(P)arole

«Ti amo.»

Magnus sollevò lo sguardo dai fogli sparsi sul tavolino, le palpebre sgranate appena, risaltando così le occhiaie violacee che deturpavano il volto avvenente. Osservò Alec, appoggiato allo stipite della porta e a piedi scalzi, chiedendosi se la mancanza di sonno non gli stesse giocando un brutto scherzo.

Quando il cacciatore ridusse gli occhi a fessure, forse domandandosi se non avesse osato troppo, pronto a chiudersi nuovamente in se stesso – Magnus scattò in avanti, afferrando le sue braccia muscolose tra le proprie mani, baciandolo con una foga ed una forza che non pensava di possedere ancora dopo tre giorni di indagini ininterrotte.

Non pensava avrebbe mai udito tali parole senza provare, all’unisono, il dolore provocato della certezza della perdita. Alexander non lo avrebbe mai abbandonato.

 

 

(Q)ualcosa

Isabelle sventolò i piedi nudi nell’aria fresca dell’Istituto, osservando con un sorriso dannatamente irritante la figura longilinea del fratello, seduto con la schiena dritta su una scomoda seria quasi fosse stato sotto interrogatorio.

«Così, tu e Magnus Bane – » Lasciò scivolare la frase con dannata sensualità ed Alec sbuffò, sonoramente.

«Izzy, siamo solo amici.»

«Amici che fanno qualcosa, viste le proporzioni enormi del succhiotto sul tuo collo.»

Alec ebbe la decenza di arrossire, all’accusa, portandosi una mano a coprire il marchio lasciato da Magnus soltanto la sera prima.

«E non rifilare anche a me la scusa del “Sono caduto”,» Izzy rotolò a pancia insù, ridacchiando.

 

 

(R)una

Quando Clary ebbe finito di disegnare la Runa sul proprio avambraccio Alec si ritrovò a sbattere le palpebre in confusione. Laddove la rossa si era esposta all’intero consiglio riunito degli Shadowhunters, ora stava Magnus.

Lo stesso Magnus che, ovviamente, rimaneva anche in piedi al suo fianco.

«Per l’Angelo,» sussurrò, passandosi una mano sulla faccia, cercando in qualche modo di cancellare l’illusione di ciò che stava accadendo dinanzi alle iridi stanche. Solamente quando i sussurri attorno a lui divennero chiare parole – nomi – comprese quale Runa Clary avesse scelto, come dimostrazione del proprio potere, e questo, forse, lo portò a spalancare maggiormente la bocca in un segno di muto stupore.

Guardò nuovamente Magnus che, a propria volta, aveva gli occhi puntati in preda all’incomprensione su Alec.

Il pensiero che la Runa mostrasse la persona più amata e che Magnus stesse guardando Alec a ripetizione, cercando chiarezza, portò il cacciatore a rilassarsi completamente ed ad incurvare le labbra in un sorriso sereno.

Ora capiva cosa Jace avesse voluto dirgli, con le sue dure parole.

 

 

(S)esso

Non era semplicemente sesso.

Alec percepiva la verità in questo pensiero mentre Magnus tracciava la lingua lungo la lunghezza del suo membro, costringendolo a chiudere gli occhi, stringere le palpebre così forte da provare intenso dolore tanto quanto intenso piacere. Soffocò appena il gemito quando le dita dello stregone lo sfiorarono, una carezza audace e mozzafiato, che lo ebbe completamente e indissolubilmente suo, ricercando i capelli per afferrare la nuca, trascinandolo a sé.

Cozzarono le bocche, voracemente, i denti sbatterono appena prima di chiudersi sulle labbra. Le pelli sfregarono l’una contro l’altra, la frizione dei corpi sudati e delle mani febbrili, mosse da un desiderio intenso che la distanza di qualche giorno aveva soltanto accresciuto maggiormente.

Non era semplicemente sesso, ripeté Alec con una cantilena, la mano che corse lungo la curva dei fianchi di Magnus, toccando l’osso sporgente del bacino, ed infine chiudendo gli occhi – scacciando via ogni pensiero, scacciando via ogni preoccupazione.

Il sapore di Magnus forte sulle labbra, quanto lo era l’odore sulla pelle.

 

 

(T)rucco

Lo vide struccato per la prima volta dopo una doccia, l’odore di sandalo ovunque attorno a loro, i vetri appannati a causa del calore pungente. Gocce d’acqua scivolavano dai lunghi capelli sciolti ed Alec si ritrovò a pensare quanto Magnus riuscisse ad essere ugualmente attraente, tanto da fargli perdere completamente l’uso della parola.

«Alexander!» Squittì quasi lo stregone, sconvolto dalla sua presenza, un asciugamano stretto attorno alla vita sottile. «Non ti aspettavo prima delle cinque!»

Alec sbatté appena le palpebre. «Sono le sei meno un quarto,» fu l’unica cosa che riuscì a dire e, a quel punto, Magnus parve ancor più inorridito.

Iniziò a gesticolare, febbrile, ricercando quelli che Alec comprese fossero trucchi, creme e qualche bigodino. Lo fermò con un gesto secco della mano, afferrandogli il polso, tirandolo contro di sé con uno strattone.

Così vicino, il profumo lo inondò completamente, facendogli perdere per un istante la ragione.

«Mi piaci anche così, Magnus.»

Lo stregone parve un istante stupito, prima di sorridere maliziosamente. «Certo che ti piaccio anche così, Alexander, sono pur sempre il Magnifico Stregone di Brooklyn.»

«Sommo.»

«Hai ragione, Sommo e Magnifico mi si addice di più.»

 

 

(U)mano

Magnus accarezzò con la punta delle dita il profilo addormentato di Alec. Accasciato sulle sue gambe, su quel divano rosa e troppo stretto forse per entrambi, il cacciatore dormiva quieto e indifferente a tutto ciò che gli aleggiava attorno.

Il respiro calmo solleticò i polpastrelli di Magnus, le palpebre del ragazzo che baluginarono appena, temendo d’averlo svegliato con quel suono spontaneo. Non si era mai sentito così umano, esposto al punto tale ai propri sentimenti da temere che, con la fine di quella storia, sarebbe giunta persino la sua morte.

Magnus aveva una terribile paura di ciò che Alec potesse fare, il suo cuore tra le mani, fatto per essere cullato o distrutto.

Aveva riposto in uno Shadowhunters non solo la sua vita, ma anche la fiducia che raramente lo stregone concedeva, consapevole di giocare una partita con il principe dell’inferno stesso contro quell’angelo dagli espressivi occhi blu che ricordavano il mare.

Avrebbe perso od avrebbe vinto il suo amore, per tutta l’eternità che ad Alec era stata concesso? Soltanto il tempo – un vecchio amico, ormai, per Magnus – poteva definirlo.

 

 

(V)estiti

«Non è mio desiderio criticare il tuo modo di vestire, Alexander, ma – »

Alec inarcò un sopracciglio, improvvisamente all’erta quasi come se Magnus fosse un demone pronto a sbranarlo da un istante all’altro. «No.»

«Alexander! Non sai nemmeno quello che stavo per dirti!»

Magnus parve oltraggiato e ferito dalla risposta, ed il cacciatore roteò appena gli occhi, affondando maggiormente nei sedili dell’auto a noleggio. Parigi si stagliava oltre i finestrini, magica come lo stregone stesso l’aveva definita, seppur non specificando alcun aneddoto sul passato trascorso in quella città.

«Volevi propormi un nuovo guardaroba.»

Magnus arricciò la bocca: l’aveva colorata con del lucidalabbra alla ciliegia, quella mattina, ed Alec ancora non lo aveva baciato a sufficienza da cancellarne il colore. «Quantomeno le magliette bucate, mio caro.»

Alec incrociò le braccia al petto, un broncio sontuoso sul viso giovane, che lo rendeva agli occhi di Magnus ancor più carino.

«Perché comprare magliette che poi finirò per rompere alla prima battaglia con un demone?» Sbottò logico, ponendo a suo parere fine alla questione, e Magnus sospirò.

Allungò la mano, intrecciandola a quella di Alec, sfiorandone il dorso con il pollice.

«Oh, Alexander,» pronunciò quel nome come una carezza che fece rabbrividire il ragazzo. «Vorrà dire che ti presterò i miei!»

Il gaudio di Magnus non si spense nemmeno quando un’espressione d’orrore si dipinse sul viso di Alec.

 

 

(Z)ittire

Esistevano molti modi in grado di zittire Magnus. Per esempio, Alec avrebbe potuto scaraventare ogni suo vestito vintage dalla finestra e per le strade di Brooklyn. Questo avrebbe costretto lo stregone ad accasciarsi a terra, in preda agli spasmi, indeciso per ore se uccidere o meno il proprio fidanzato.

Il modo tuttavia più efficace era quello di baciarlo sino a sentire male alle labbra, alla mascella, alle dita che scorrevano sul petto e sotto i vestiti, alla ricerca ossessiva della carne. Lo facevano spesso, Alec conosceva a memoria ormai i movimenti della lingua di Magnus nella propria bocca, o come gli piacesse tirare le ciocche d’ebano dei capelli così da chiedere di più.

Affondavano tra i cuscini del divano, rischiando spesso di perdere l’equilibrio, ed Alec dimenticava persino che esso fosse rosa. Intrecciavano le gambe, si incastravano alla perfezione e pericolosamente, divenendo il puzzle completo che Magnus aveva cercato di completare da quasi settecento anni. O forse erano ottocento?

Baciarlo era semplice quanto respirare.

Amarlo, forse, era più complicato – più pericoloso, più tutto. Eppure Alec non avrebbe comunque rinunciato a nulla, nemmeno alla sofferenza, se significava vivere accanto a Magnus.

 

 

 

 

N/a: ci sono un sacco di riferimenti ai libri, lo so, ma non ho resistito. Volevo provare a riempire quei piccoli buchi di scene che non ci sono state date – Cassie, me la pagherai per questo, sallo.

Spero vi piaccia. Ci ho messo quasi una settimana a scriverla a causa della mia pigrizia!

   
 
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