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Autore: Huilen4victory    23/03/2016    1 recensioni
In un mondo di anime gemelle si nasceva come numeri uno per poi incontrare la propria anima gemella ed insieme diventare numeri due. Oppure nascevi numero uno per poi diventare un numero zero perchè non avere un partner equivale a non valere nulla.
Jungkook ha 23 anni, studia economia ed ha un lavoro part-time due volte alla settimana.
Jimin ha 26 anni ed ha appena iniziato a lavorare in ufficio.
Sono due persone molto diverse e non sono certo destinate a stare insieme. Hanno un tratto in comune però: sono entrambi numeri zero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno.

 

Qualcuno stava suonando alla porta insistentemente da almeno un quarto d'ora.

In un primo momento Jungkook aveva pensato semplicemente di ignorare la cosa. Per una volta aveva lezione a un orario umano invece che alle 8 di mattina perciò, chiunque fosse, avrebbe dovuto farsene una ragione. Jungkook non avrebbe risposto.

Tuttavia il trillio non smetteva, faceva una lieve pausa a intervalli di tre per poi tornare potente e Jungkook ne aveva le tasche piene. Non ebbe altra scelta che sgusciare dal suo caldo e confortevole bozzolo di coperte e trascinarsi scalzo verso l'ingresso.

Con occhi ancora chiusi ed aspetto per nulla minaccioso, aprì la porta.

Qualcosa si abbatte sulla sua faccia. Jungkook lanciò un urlo.

“Jeon Jungkook! Cosa diavolo credevi di fare?” la cosa che aveva schiaffeggiato la sua faccia fu rimpiazzata dal volto furioso di Taehyung. Jungkook non era sicuro fosse un miglioramento.

Confuso, si stropicciò gli occhi cercando di scacciare via i rimasugli di sonno.

“Taehyung è troppo presto per le tue scenate” mugugnò ma si fece comunque da parte per farlo entrare. Non voleva di certo svegliare tutto il vicinato.

Taehyung entrò a grandi falcate chiudendosi la porta fragorosamente alle spalle

“Le mie scenate? Le mie, scenate!” continuò il suo migliore amico. Jungkook lo guardò perplesso e se possibile ciò fece arrabbiare di più Taehyung.

“Ma secondo te io parlo ai muri? Cosa ti avevo detto ieri? Non fare nulla di stupido ed ero convinto sai, cosa potevi combinare in meno di 24 ore!” Taehyung lanciò le braccia al cielo per poi prendere dalla sua tasca il suo cellulare e piantarlo sotto gli occhi di Jungkook.

“Atto vandalico al nuovo supermercato...” Jungkook lesse. Ops. Il sangue gli si gelò nelle vene.

“ Io non ...” le sue mani tremarono mentre zoomava sull'articolo. Una parte di sé aveva sperato di aver sognato tutto quanti. O che comunque dormendoci sopra il tempo si sarebbe riavvolto per atto divino o qualcosa del genere.

“ So che sei stato tu Kookie! Ti è andata bene che non avevano ancora installato le telecamere a circuito chiuso! Ma veramente cosa pensavi di fare?” Taehyung lo sgridò ancora una volta.

Jungkook sembrò incapace di generare una risposta sensata.

“Io...non pensavo” concluse penosamente passandosi una mano sulla faccia, preoccupato. Che il grande Jeon Jungkook si abbassasse ad ammettere che aveva toppato di brutto, era un evento che capitava una volta ogni lustro, perchè Jungkook era più cocciuto di un cammello traditore nel deserto.

La cosa sembrò ammorbidire Taehyung quasi subito, il quale, con sua grande sorpresa o forse no, lo abbracciò. Avevano un solo dannato anno di differenza ma Taehyung si comportava spesso come il fratello maggiore. Il che era ridicolo perchè Taehyung era riuscito nell'impresa di far morire un cactus. Eppure si prendeva cura di Jungkook come nessun altro.

“ Sono uno scemo” Jungkook sussurrò sulla sua spalla.

“Mm, mm” Taehyung si limitò a rispondere. A volte Jungkook pensava che Taehyung fosse troppo buono. In generale. Sopratutto con lui.

In quel momento lo stomaco di entrambe brontolò.

“Su dai, mangiamo qualcosa” disse dopo un po' mettendo più distanza fisica tra i due e dandogli una dolorosa pacca sulla spalla; probabilmente era imbarazzato dal loro siparietto sentimentale. Taehyung era il tipo che ti prendeva per mano per poi riempirti di calci, tanto per bilanciare la situazione.

“Non ho fatto colazione per venire qui ed ho fame.” il suo miglior amico esclamò in modo accusatorio. Abituato ai suoi modi di fare da gatto bizzoso, Jungkook annuì e insieme si spostarono in cucina.

Fu allora vedendolo seduto da solo, che una stranezza gli saltò agli occhi.

“Dov'è Hoseok?” chiese mentre toglieva il latte dal frigo. Era così strano vedere l'uno senza l'altro, pensò. Jungkook era piuttosto sicuro quei due a malapena si scollassero se non per andare in bagno. Forse neanche allora (con Taehyung non potevi mai sapere).

“A lavorare ovviamente o sarebbe qui a prenderti a calci pure lui. Ha dovuto sostituire un collega in ospedale”. Taehyung sospirò sognante.

A Jungkook scappò un sorriso. Numeri due.

“Non cercare di cambiare discorso comunque”. Jungkook preso in fallo provò con un'altra tattica.

“Ma ti ho regalato un weekend alla Spa! Per te e per Hobi, ti ricordi?”. Tentò Jungkook sorridendo a trentadue denti. Non ci credeva neanche lui ed era sicuro che il suo sorriso fosse vagamente isterico.

“ Il supermercato me l'ha regalato. Peccato che tu gli hai distrutto la facciata.”

“Non gli ho distrutto la facciata” Jungkook disse mogio mogio, mentre metteva anche i biscotti sul tavolo.

“ No, solo lo schermo che la copriva”.

Jungkook sospirò e si sedette al tavolo, assaltando i biscotti.

“ Tu hai distrutto la mia di faccia con quel, qualunque cosa tu abbia usato per colpirmi.”

“ Non fare la femminuccia era solo uno spartito” Jungkook gli lanciò un'occhiataccia ma preferì continuare a mangiare che commentare.

“E' tanto che non parliamo” prosegui Taehyung sconnessamente “questo evidentemente ha creato dei tarli nella tua testa, scemo.” Aveva parlato come suo solito con la bocca piena.

“Bwa sei disgustoso”

Taehyung spalancò la bocca di proposito.

A 15 anni Jungkook sconsolato per il suo destino aveva guardato il suo migliore amico Taehyung e aveva sperato che gli dicesse “sorpresa sono il tuo numero uno”. Meno male che quella illusione gli era passata subito. Hoseok doveva assistere a questo triste spettacolo ogni giorno e per tutti i giorni a venire.

“... Secondo te” disse dopo un po' Jungkook. Taehyung lo guardò senza smettere di ingozzarsi come un maiale.

“Quante possibilità ci sono che i miei lo vengano a sapere?” chiese Jungkook speranzoso.

 

 

 

Jimin per un attimo pensò di essere in un fermo immagine. Perchè era passato un buon mezzo minuto e Seokjin lo stava ancora guardando dritto in faccia senza sbattere le ciglia.

Namjoon era riuscito a rompere una tazza nel frattempo.

“Jin, ci sei ancora?” Jimin chiese preoccupato. Namjoon tornò a sedersi sul divano e solo allora Jin parve riprendersi. Il suo viso perfetto si fece paonazzo per l'imbarazzo.

“Si scusa, è solo, beh mi hai sorpreso?”

“Giusto un po'” lo punzecchiò Namjoon tornato con una nuova tazza.

Jin gli diede una gomitata, “spero per te che non stessi usando la mia tazza preferita” lo avvertì minaccioso.

“Non potrei mai” Namjoon disse e Jimin era sicuro che avesse comprato un secondo set solo per questi casi. La cosa lo fece ridacchiare.

Jimin era contento che ci fosse anche il numero uno di Seokjin, Namjoon. Dove Seokjin era apprensivo, Namjoon era calmo e logico. Erano la coppia più non convenzionale di numeri due che Jimin avesse mai conosciuto.

Jimin segretamente li trovava spassosi.

“Sono contento per te? Se lo sei tu, Jimin, naturalmente.” Seokjin aggiunse, guardandolo con infinita tenerezza. Jimin si sistemo meglio sul divano un po' a disagio.

“Non è che sprizzo di gioia.” Jimin scosse la testa. Non sapeva bene come dare voce al vortice di pensieri nella sua testa. Da un lato aveva sempre cercato l'amore, a qualunque costo. Dall'altro aveva sempre odiato i matrimoni combinati tra numeri zero. Li aveva visti con sdegno e aveva considerato quegli zero, deboli.

Si rendeva conto ora quanto in passato fosse stato arrogante. Non poteva sapere allora cosa voleva dire giacere ad occhi aperti per tutte le ore della notte e non avere più sogni.

“ Sulla carta lui sembra un tipo a posto.” Jimin si fermò per proseguire con tono più sicuro, “non mi faccio illusioni. Lo so che un matrimonio zero su due finisce male. Ma vorrei... chiunque lui sia, se lo vuole, vorrei provare a esserci per lui”. La cosa suonava delirante anche alle sue stesse orecchie. Il concetto stesso che zeri provassero a farsi compagnia, che ne fossero in grado, era alieno.

“Jimin” Seokjin non sembrò in grado di aggiungere altro.

“Ok.” intervenne Namjoon cercando di prendere in mano la situazione. Jimin gliene fu grato perchè non era sicuro per quanto sarebbe stato in grado di mantenere un certo contegno e non scoppiare in lacrime per esempio. “Jimin, Jin e io ti appoggeremo in qualunque tua decisione. Ti vogliamo bene, lo sai, e vorremmo bene anche al tuo nuovo compagno”. Seokjin annuì con fervore alle parole della sua anima gemella e Jimin si sentì sopraffatto dalla gratitudine.

Uno zero che si trova un compagno non era ben visto tra i numeri due. Molti dicevano, con immensa ignoranza, cose come “meglio morire che stare con una finta anima gemella. La cosa triste non era solo ciò che i numero due dicevano, no. Sin da quando erano nati i numeri due andavano avanti nelle tappe della vita con la sicurezza di non essere soli a questo mondo, con la certezza che ci fosse qualcuno fatto apposta per loro, senza che carattere o aspetto avessero una reale importanza. Jimin li aveva odiati per questo, ma se lo aspettava. La cosa triste invece era che gli stessi zero pronunciavano spesso queste parole. Il condizionamento sociale e mentale era tale che ogni zero aveva preso in considerazione l'eventualità di morire. Anche Jimin.

La maggior parte dei numeri due preferiva non sapere cosa facessero i numeri zero e si lasciavano ingannare ben volentieri dai tentativi dei numeri zero di sembrare normali. Purchè nessuno lo sapesse mai, la farsa era ben accetta.

Seokjin e Namjoon la pensavano diversamente.

Seokjin veniva da una famiglia di numeri due di tre generazioni e la logica avrebbe voluto che lui fosse uno di quei numeri due privi di qualsiasi tatto. Seokjin possedeva invece una sensibilità diversa dalla sua famiglia e i due incontri più importanti della sua vita avevano cementato le sue convinzioni: l'incontro col suo numero uno Kim Namjoon; e l'incontro con il suo numero zero Jimin.

Sia Seokjin che Namjoon erano volontari presso le associazioni che promuovevano i diritti dei numeri zero. La famiglia di Seokjin l'aveva disconosciuto.

“Vado a fare una tazza di tè ok?” Seokjin disse all'improvviso, alzandosi. Seokjin era una di quelle creature che pensavano che il tè riuscisse a risollevare qualsiasi atmosfera. Fu la volta di Jimin di annuire.

“ Quindi, a quando l'incontro?” Namjoon chiese casualmente, una volta che Jin se ne fu andato.

“Non lo so, i miei genitori hanno detto la prossima settimana.”

“ Sei nervoso?”

“Un po'” disse Jimin. “Anzi no, sono terrorizzato”, ammise infine.

“E' normale lo ero anche io quando dovevo incontrare Jinnie”

“Ma Seokjin è la tua anima gemella” esclamò Jimin sorpreso.

Namjoon sorrise.

“Mi hai visto? Ero e sono un mezzo disastro, pensavo che persino la mia anima gemella sarebbe scappata a gambe levate”.

Jimin rise suo malgrado ma tornò ben presto serio.

“ Io ...sto facendo la cosa giusta?”

“ Jimin, non c'è niente di male. Credimi non c'è niente di male in tutto questo”.

“ Grazie” Jimin chiuse gli occhi lasciando che quelle parole curassero un po' le sue ferite.

Quando Jin tornò con il tè, un po' del nervosismo che Jimin si portava da giorni, dal giorno dell'annuncio, se ne era andato. Aveva ancora una paura matta.

Ma almeno aveva l'appoggio dei suoi amici.

 

 

 

Taehyung era rimasto poco quel giorno perchè aveva lezioni al conservatorio in tarda mattinata e un sacco di cose da fare. Jungkook si era vergognosamente rimesso a letto e si era svegliato solo a mezzogiorno per mangiare qualcosa e andare a lezione. Si sentiva un po' nervoso ma, si era detto, se nessuno era ancora venuto a prelevarlo significava che non sapevano fosse lui il responsabile dell'atto vandalico.

Jungkook quel pomeriggio prese appunti furiosamente. Era stato un cretino. Un incosciente. Taehyung aveva ragione. Taehyung, quello che si era infilato un verme di gomma su per il naso per una scommessa.

Per il resto del pomeriggio tuttavia non accadde nulla di rilevante e quando le lezioni finirono Jungkook ne dedusse che non sarebbe accaduto nulla e quindi aveva deciso di smettere di torturarsi. La polizia era tremendamente veloce quando si trattava di numeri zero e se non lo avevano trovato fino ad allora, non lo avrebbero fatto in futuro. Il suo cellulare squillò. Jungkook quasi inciampò sul marciapiede. Quel pomeriggio nella sua paranoia non aveva neanche preso la bicicletta.

“Papà” disse Jungkook rispondendo al telefono.

“Jungkook, dove sei? Io e tua madre siamo sotto il tuo appartamento”

Oh.

“ Oh, va bene. Sto tornando. 10 minuti e sono li.” E riagganciò.

Jungkook aveva 23 anni ma ogni volta che parlava con i suoi genitori se ne sentiva 17. Un po' era anche colpa sua, aveva dato un sacco di grattacapi ai suoi genitori ma era anche vero che i suoi genitori non lo prendevano ancora sul serio. Gli avevano permesso di andare a vivere fuori casa e questo era stato tutto.

“ Jungkook tesoro” lo salutò affettuosamente sua madre. Jungkook si lasciò sollevare la guancia e guardare per bene. Abbassò lo sguardo.

“Figliolo”, gli disse suo padre, formale ma non senza gentilezza. “ Ci fai salire?” Jungkook annuì.

Jungkook i tuoi ti vogliono bene, quindici anni prima Taehyung gli aveva detto queste parole e lui vi si era aggrappato con tutte le sue forze.

Jungkook sospirò. I suoi non erano male, gli volevano bene e lui a loro. E tuttavia aveva cercato di mettere quanto più distanza possibile tra loro.

Lui sapeva, allora come adesso, che una parte dei sui genitori, non importava quanto ben nascosta o quanto infinitesimale, l'avrebbe sempre visto come il loro più grande fallimento.

 

 

 

 

 

 

 

NdA: Oh. Anche questo si è scritto da solo. Non preoccupatevi ci stiamo arrivando ;)

 

 

 

   
 
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