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Autore: Huilen4victory    20/03/2016    2 recensioni
In un mondo di anime gemelle si nasceva come numeri uno per poi incontrare la propria anima gemella ed insieme diventare numeri due. Oppure nascevi numero uno per poi diventare un numero zero perchè non avere un partner equivale a non valere nulla.
Jungkook ha 23 anni, studia economia ed ha un lavoro part-time due volte alla settimana.
Jimin ha 26 anni ed ha appena iniziato a lavorare in ufficio.
Sono due persone molto diverse e non sono certo destinate a stare insieme. Hanno un tratto in comune però: sono entrambi numeri zero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A world for two - Un mondo per noi due

 

 

Fare la spesa era il solito incubo settimanale. Ma gli scaffali e le dispense di casa sua erano vuoti, così come il suo frigo. Quindi dopo lavoro invece di pedalare dritto verso casa, come le sue membra stanche gli suggerivano, si era fermato invece al primo supermercato lungo la strada.

“Vota la nuova legge per la coppia legale. Il 10 maggio vota si”. Lo schermo pubblicitario era così grande e luminoso che nascondeva quasi completamente la facciata del supermercato. Jungkook frenò. Il suono stridulo dei freni sull'asfalto fece sussultare qualche passante.

Sbuffò.

Erano stati tremendamente intelligenti a piazzare lo schermo davanti ad un supermercato, quel supermercato, il più grande e centrale della città.

Come se non fosse abbastanza il bombardamento continuo in televisione.

Jungkook legò la bici a un palo, dando le spalle al ridicolo schermo televisivo, quasi la pubblicità fosse una offesa personale. Secondo Jungkook lo era. Le lanciò un ultimo sguardo torvo, desiderando, non per la prima volta, di possedere qualche super potere che come per magia lo avrebbero disintegrato. Ovviamente lui non era super man.

Le porte del supermercato si aprirono automaticamente al suo passaggio. Il suo umore già pessimo era, se possibile, peggiorato.

Sorridi Jungkook, sorridi. Il ridicolo vocione di Taehyung echeggiò nella sua testa. I numeri due sorridono sempre! Jungkook cercò di sorridere. Era strano che Taehyung parlasse così, visto che lui stesso era un numero due, ma il suo miglior amico era sempre stato sopra le righe. Jungkook era contento che lui fosse rimasto lo stesso, sempre libero, sempre eccentricamente se stesso. Jungkook pensava che non avrebbe sopportato questa realtà senza il suo migliore amico al suo fianco. In ogni caso Taehyung aveva ragione da vendere e così Jungkook si stampò un sorriso in faccia, il suo sorriso da pubblico.

Prese un cestino dalla cassa e si diresse direttamente verso la sezione biscotti e merendine. Ad eccezione dei biscotti in tubo, si trattava per la stragrande maggioranza di confezioni in sacchetto con la promozione 'prendi due paghi uno'. Jungkook scosse la testa e prese una delle confezioni in promozione. Significava che la settimana dopo non sarebbe dovuto tornare per i biscotti. Lo stesso si ripeté in quasi tutti i reparti del supermercato anche se, per sua fortuna, era rimasti abbastanza prodotti singoli per lui. Erano le marche più infime ma se prendeva altro rischiava di portarsi a casa il doppio dei pacchi e lui aveva una sola bici.

Il sorriso stava risultando sempre più difficile da mantenere.

Doveva aspettarselo, si disse. Da quando era stata proposta la nuova legge c'era stato un crescendo di prodotti e servizi per due. Presto non sarebbero più rimasti prodotti personalizzati. Jungkook fu percorso da un brivido. Dopo aver preso tutto ciò che gli serviva, si diresse verso le casse. Non ne poteva più di quel posto e voleva andarsene quanto prima a casa.

La cassiera rivolse a Jungkook un gran sorriso, e lui dovette trattenersi dal roteare gli occhi. Una numero due. Jungkook iniziò a mettere i prodotti distrattamente in borsa, quando fu sorpreso dal suono strimpellante dalla cassa.

“ Non ci posso credere! Congratulazione ragazzo sei il cliente numero 20,000 di questa cassa!” le persone accanto lui batterono tutte le mani. Jungkook smarrito si guardò intorno.

Un uomo, quello che doveva essere il direttore, venne verso Jungkook per stringergli la mano e consegnargli un grosso coupon. Anche lui aveva un gran sorriso stampato in faccia.

Jungkook ricambiò la stretta, prese il coupon e abbassò subito lo sguardo per leggere cosa c'era scritto.

La stretta sul biglietto si fece così forte che le sue nocche si fecero bianche e lui non sapeva se mettersi a piangere o a ridere.

Aveva appena vinto un weekend in una spa per due.

 

 

Era un sabato mattina sonnacchioso e Jungkook lo avrebbe volentieri trascorso a giocare ai video games o a leggere qualche storiella scontata, ma aveva promesso a Taehyung che avrebbero fatto colazione assieme, perciò si era svegliato ragionevolmente presto, le 10, ed era sfrecciato verso il luogo d'incontro.

Jungkook non avrebbe dovuto meravigliarsi del fatto che nel dire “andiamo a fare colazione”, Taehyung avesse implicitamente incluso anche il suo numero uno.

Ed infatti si trovavano li entrambe, seduti alla finestra e immersi nel loro mondo a due. Jungkook non avrebbe dovuto prendersela si disse, mentre legava furiosamente la sua bicicletta. Era normale e a lui piaceva il numero uno di Taehyung. Gli voleva bene persino. Ma quella mattina avrebbe voluto vedere Taehyung e Taehyung soltanto.

Tuttavia quando varcò la porta e fu salutato calorosamente dai due, Jungkook non riuscì, come sempre, ad avercela veramente con loro. E davvero Jungkook sfidava chiunque, era impossibile rimanere arrabbiati, perchè Taehyung e il suo numero uno Jung Hoseok rappresentavano probabilmente tutto ciò che poteva esserci di bello nei numeri due.

“Kookie kookie vieni qui presto!” lo chiamo Taehyung con quella sua ridicola voce bassa che faceva a pugni con quel viso e modi di fare da ragazzino. Per la cronaca Taehyung aveva 24 anni.

Jungkook scrollò le spalle sorridendo, suo malgrado, genuinamente.

“Ciao Jungkook, come va?” lo salutò serafico Hoseok abbagliandolo con uno dei suoi enormi sorrisi. Jungkook dovette sbattere gli occhi un paio di volte prima rispondere.

“Mmm, bene?” rispose con una domanda per poi sedersi di fronte a loro. La sedia stridette penosamente sul pavimento come a sottolineare quanto, quella appena detta, fosse una bugia grossa come una casa. Il sorriso di Hoseok vacillò per un attimo. Hoseok, oltre ad essere una persona solare e positiva, era anche terribilmente acuto e sensibile. Jungkook si sentiva un libro aperto di fronte a lui e si chiedeva se questo sarebbe sempre stato l'effetto nel trovarsi al cospetto di qualcuno così disinteressato e a posto come lo era il suo hyung. Il numero uno di Taehyung.

Il suo miglior amico guardò prima Hoseok per poi spostare i suoi grandi occhi scuri su di lui. Taehyung sapeva da tempo infatti che c'era qualcosa che non andava. Jungkook ricambiò lo sguardo ricordandosi di sorridere.

“Jungkook se mi dici cosa vuoi vado al bancone a ordinartelo” aggiunse quindi Hoseok.

“ Un caffè, ma posso andarci io, tranquillo”.

“Nah, tu stai pure qui, vado io”, e quello era il modo carino di Hoseok di lasciarli un po' soli. Jungkook gliene fu grato. Certo avrebbe voluto che lui direttamente non si presentasse, tanto valeva essere onesti, ma tutti gli avevano detto quanto era difficile per i numeri due stare separati, per giunta numeri due come Hoseok e Taehyung che erano rimasti lontano l'uno dall'altro per così tanto tempo. Erano praticamente incollati con la super colla.

“Jungkook” Taehyung gli disse accarezzandoli i capelli. Era un gesto così Taehyung, lo faceva sin da quando avevano 15 anni, quando Jungkook si era reso conto cosa sarebbe significato essere un numero zero. Jungkook chiuse gli occhi per un attimo e quando gli riapri Taehyung aveva smesso di pettinargli i capelli ma lo guardava con attenzione. Si poteva dire tutto di Taehyung e lui più di altri aveva dichiarato più volte quanto il suo miglior amico fosse insoffribilmente insopportabile ( per poi ovviamente unirsi a lui nella follia), ma non che non ci tenesse ai suoi amici.

“Ho visto una pubblicità ieri” iniziò Jungkook, Taehyung lo guardò confuso. Jungkook sospirò.

“ Stavo andando a fare la spesa, sai, a comprare un cartone del latte e dei biscotti, niente di chè, non stavo commettendo nessun crimine, non ho mai commesso nessun crimine. Lo sai che hanno messo uno schermo pubblicitario che copre tutta la facciata del supermercato? Il 10 maggio vota si!” Jungkook ripetè con finta allegria. “Come credi che mi sia sentito?”. Una rabbia cocente si celava sotto la superficie. Veniva accumulandosi da anni, dai suoi giorni liceali fino ad oggi e si era fatta più intensa e spavalda e Jungkook si chiedeva quando, quando, la facciata esteriore, quel sorriso finto con cui affrontava l'esterno, si sarebbe infranta per liberare la bestia. Era sicuro che non sarebbe stato bello.

“Jungkook” Taehyung disse prendendogli la mano, stretta in un pugno sul tavolo.

“Lo sai vero che ti voglio bene? Che qui tutti ti vogliamo bene?”Taehyung non era mai stato bravo a capirlo. Jungkook per anni aveva pensato fosse una mancanza di sforzo da parte sua, ma sinceramente Taehyung non ne era in grado. Mancava di empatia e di reale sottigliezza, ma dopotutto Taehyung non era certo diventato il suo miglior amico perchè riusciva a capirlo. No. Taehyung era il suo miglior amico perchè non aveva paura di dire a Jungkook quando si sbagliava. Perchè ascoltava anche quando non capiva. E perchè era stato ed era tutt'ora la miglior parte della sua giornata.

Nonostante ciò c'erano ancora frangenti in cui Jungkook trovava frustrante questa incapacità di Taehyung, lui che sembrava essere convinto che dire “andrà tutto bene” bastasse a guarire una ferita.

“Lo so.” Jungkook rispose corrugando la fronte e ritraendo la sua mano, stizzoso. Taehyung sembrò ferito dal gesto, lui e Jungkook si erano tenuti per mano anche quando erano solo i numeri due a farlo, un modo per Taehyung di rassicurare Jungkook che non era solo (anche se tecnicamente lo era). Jungkook si sentì immediatamente in colpa.

“Kookie devi stare attento. Io sono d'accordo con te, lo sai. Vorrei poter aggiustare questo mondo, ma non posso. Quindi promettimi che non farai nulla di stupido. E che sorriderai. Sei stato tu a dire che non è il numero a decidere se essere felice o meno, no? Perciò sii felice”.

Jungkook avrebbe voluto rispondere la fai facile te, ma Taehyung aveva ragione, si erano fatti una promessa anni fa che Taehyung non lo avrebbe mai abbandonato anche se Jungkook non era il suo numero uno e che Jungkook avrebbe dimostrato al mondo quanto si poteva essere felici da numeri zero.

Dio. Avevano solo dieci anni allora.

“Tu. Sei maturato un casino. “ Jungkook alla fine rispose, distogliendo lo sguardo ma sorridendo genuinamente.

“ Sono maturato vero? Vero? E' tutto merito di Hoseok!”

Taehyung esclamò, trasudando entusiasmo da tutti i pori.

Jungkook scosse il capo.

“ Cosa è merito mio?” Hoseok chiese materializzandosi alle spalle di Jungkook.

“Kookie qui c'è il tuo caffè! Taehyung ti ho portato un altro muffin! Sappi che ho dovuto lottare per ottenerlo, era l'ultimo ai mirtilli rimasto”. Se possibile Taehyung si illuminò ancora di più.

“Grazie mille!” disse e quando Hoseok si sedette, Jungkook era sicuro che i due si stessero tenendo per mano sotto il tavolo.

Erano i momenti come quelli in cui Jungkook si sentiva piccolo e fuori posto. Taehyung e Hoseok erano lungi dall'essere una di quelle orribile coppie numeri due tutti baci e carezze, quasi a voler ostentare il loro status a ogni piè sospinto. Jungkook non li aveva mai visti baciarsi o abbracciarsi e la cosa più romantica che avessero mai fatto in sua presenza, era stato tenersi per mano. Ed era accaduto due volte. Ma ogni volta che Taehyung guardava Hoseok e viceversa era come il divampare dell'alba in una notte cupa.

Jungkook sapeva da anni che non avrebbe mai avuto tutto ciò. E l'accettava, davvero. Al contrario di molti zero che si suicidavano o cercavano matrimoni combinati tra zero, Jungkook era in grado di vivere da solo. Voleva vivere da solo. Aveva deciso con forza e con lacrime, che se era destinato ad una vita di solitudine, sarebbe stata una vita grandiosa. Che la gente poteva considerarlo meno, ma nessuno avrebbe mai potuto toglierli il resto. Avrebbe avuto una vita piena di traguardi da raggiungere, una vita appagante.

Era pronto. Era lieto. Non lo era però a venir privato anche di questo per via di una legge.

 

 

 

 

Il 10 maggio vota Si.

Jimin lesse il volantino che un volontario gli aveva dato in mano.

Aspettò di svoltare l'angolo prima di accartocciarlo e gettarlo via.

Non cambiava niente, si disse. Era e sarebbe stato sempre e comunque un numero zero.

La madre di Jimin veniva da una famiglia di numeri zero, perciò quando Jimin era risultato un numero zero, i suoi genitori erano stati tristi ma non sorpresi. C'erano il 25 % di possibilità che il secondo genito di genitori con antecedenti di numeri zero, contraesse le caratteristiche da numeri zero e i suoi genitori si erano preparati a questa possibilità al momento della seconda gravidanza. Erano passati 26 anni e Jimin non si era ancora abituato all'idea.

 

Proposta di legge numero 1: tutti gli zero in età da matrimonio, se non di loro scelta per designazione statale, dovranno contrarre matrimonio prima del raggiungimento dei 25 anni di età.

Proposta di legge numero 2: tutti gli zero vivranno in una zona zero e avranno servizi e scuole adatti alle loro esigenze.

 

Jimin aveva la nausea, ma purtroppo non poteva dirsi sorpreso. I numeri zero venivano già discriminati.

Con questa nuova proposta di legge si dava il diritto alla gente di farlo.

I numeri due avevano creato una società pacifica senza distinzione di razza, religione, colore e orientamento sessuale. La società viveva in armonia.

Ma la dura verità era che non tutti era destinati a essere numeri due. Si, il sistema a numeri due aveva eliminato un' enorme serie di problemi. Ne aveva creati altri però: quegli altri erano i numeri zero. La decisione di chiamarli così era di per sè offensiva, loro che non essendo numeri due non potevano neanche essere qualcosa.

La propaganda insisteva sul fatto che si erano eliminate le differenze che l'amore era alla portata di tutti. Di tutti quelli che erano destinati ad avere un partner. Solo se avevi un partner potevi essere felice, solo se avevi un partner avevi raggiunto il tuo scopo nella società. Jimin lo capiva, perchè gli umani non erano piante, non erano fatti per vivere in solitudine. Ma sfortunatamente non esiste un numero pari di umani sulla terra e rimarrà sempre qualcuno spaiato. Questo scarto, erano i numeri zero. Si nasceva come numeri uno per poi incontrare la propria anima gemella ed insieme diventare numeri due. Oppure nascevi numero uno per poi diventare un numero zero perchè non avere un partner equivale a non valere nulla. A non essere nulla.

Jimin chiuse gli occhi. A volte si sentiva davvero così. Una sequenza infinita di numeri zero. Il nulla del nulla.

Non era giusto, aveva pianto nelle notti sconsolate dopo una brutta rottura. Non era giusto. Perchè a Jimin non importava di essere zero, lui voleva semplicemente amare ed essere amato. Era sufficiente, pensava. Sarebbe bastato.

Tuttavia vista la discriminazione che i numeri zero già subivano, non incoraggiava certo questi ultimi a scoprirsi. La maggior parte di loro cercava di integrarsi e fingere di essere qualcosa che non erano, combinando matrimoni e facendoli passare per amore (quando la pressione non era troppo e non li spingeva invece a volare da un edificio). Lui non poteva certo riconoscere i suoi simili perchè portavano un cartello con numero zero scritto in grosse lettere appuntato sul petto.

E, la fortuna dopotutto non era mai stata dalla sua parte: era rientrato in quel 25% e Jimin ovviamente non aveva fatto che innamorarsi di numeri uno che avevano già un'anima gemella.

Aveva fatto male. Ogni dannata volta.

Perciò quando i suoi genitori quel giorno erano venuti a fargli visita, annunciandogli il suo fidanzamento, Jimin era stato sollevato. Aveva 26 anni e ne avrebbe compiuti presto 27. Era arrivato al punto in cui non si vergognava affatto ad ammettere quando volesse una compagnia. Quella di chiunque.

Sua madre seduta in salotto e con in mano una tazza di tè lo guardava preoccupato, suo padre invece in silenzio attendeva una sua risposta.

“Va bene” disse Jimin. Non era neanche triste o arrabbiato. I suoi genitori erano gente assennata e amorevole, avevano sicuramente scelto qualcuno di adeguato. Jimin non sarebbe mai stato come suo fratello maggiore. Non avrebbe mai aiutato negli affari suo padre, o messo su famiglia con tanto di cane, tre figli e casa al mare. I suoi gli volevano bene, non gli avevano mai fatto mancare nulla e avevano cresciuto e amato entrambi i figli allo stesso modo. Ma era logico che avevano visto con crescente preoccupazione la condizione da numero zero di Jimin e lui era sicuro suo padre certo non sbandierasse il suo status durante gli incontri di lavoro quando gli chiedevano “come sta la famiglia”.

“Ti piacerà ne sono sicura. E' giovane, intelligente. Di talento. Se posso dire la mia, anche molto attraente”. Sua madre disse cercando di essere positiva ma Jimin si era accorto della stretta ferrea sulla sua tazza.

Jimin piegò la testa. Suo padre sembrava sollevato del responso positivo di Jimin e lui non poteva dargli torto; in passato Jimin avrebbe fatto muovere le montagne per la rabbia.

“ Quanto giovane?” chiese Jimin d'un tratto. Per favore fa che abbia raggiunto almeno i venti anni. Jimin poteva accettare che i suoi gli appioppassero un compagno, non un bambino da educare.

“23” disse suo padre. “Ma conosco suo padre e conosco il ragazzo. E' veramente intelligente.”

“E' un bravo ragazzo”. Aggiunse sua madre.

Quindi il suo compagno sarebbe stato un ragazzo sui 23. Poteva andargli peggio. Jimin si chiese vagamente se era questo ciò che i numeri due provavano quando gli veniva rivelata la propria anima gemella. Ma no. Loro erano numeri zero. Le anime gemelle erano i numeri due.

“ Papà, mamma. Vi ho già detto che va bene. Ho 26 anni e... capisco”. Jimin avrebbe voluto tirare in ballo la proposta di legge ma non voleva ferire i suoi genitori. Il se non di loro scelta per designazione statale, gli risuonava ancora in testa come se avesse ancora il volantino sotto i suoi occhi. E lui i prima dei 25 gli aveva passati da un pezzo. I suoi probabilmente volevano risparmiargli un'eventualità ben peggiore.

Sua madre si rilassò visibilmente e suo padre accennò un sorriso.

“ Bene! Immagino vorrai sapere tutto sul tuo compagno”, disse sua madre ritrovando la sua positività.

Una volta aveva creduto di aver ereditato quel tratto da lei.

“Certo, per iniziare, come si chiama?”

 

 

 

 

Quella notte Jungkook tornò nel supermercato e lanciando una pietra frantumò lo schermo.

La sua soddisfazione fu però breve. Giusto il tempo di un mezzo sorriso prima che l'allarme squarciasse il silenzio della notte.

Jungkook spaventato inforcò la sua bici e fuggì il più in fretta possibile da lì.

Col fiatone ma al sicuro dietro la porta del suo appartamento Jungkook si lasciò scivolare dietro di essa. Scoppiò in risate isteriche ma poi si rese conto che erano lacrime quelle che gli scendevano dagli occhi.

Taehyung lo avrebbe ucciso.

 

 

 

Note: sono molte felice di questa nuova storia. E' la prima volta che mi avventuro con la coppia Jikook. Una Au per giunta! Un bacio, Huilen
   
 
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