Note: ShikaIno, sempre AU, con accenni
NaruSaku. Rating giallo con presenza di qualche parolaccia.
Si ringrazia WishfulThinking
per il betaggio.
B
r i o c h e s
A te,
Mimi,
per il tuo
compleanno,
ovviamente in
ritardo.
Spero di aver reso giustizia ad
ogni singolo
personaggio e
situazione.
Grazie, per ascoltare le mie
lamentele,
i miei
dubbi,
i miei
sfoghi
quando tutto mi va
storto.
Grazie di
esserci.
Ino sbatté la porta di camera,
buttandosi sul letto in lacrime.
Suo padre, rimasto chiuso fuori nel
corridoio, cercava di parlarle piano, calmo, senza essere troppo
invadente.
«Ino,
tesoro?»
La voce di Inoichi Yamanaka fu
coperta dai pesanti singhiozzi della figlia.
«Ino, che è successo?» chiese
ancora entrando silenzioso nella stanza, avvicinandosi al letto. Ino stringeva
il cuscino, affondando il viso nella federa viola.
«Piccola, non è che quel Nara ti ha
fatto qualcosa, vero?» insistette, sedendosi accanto al corpo tremante della
ragazza.
Non era la prima volta che Ino
tornava a casa in quelle condizioni, ma solitamente c’era sua moglie ad
occuparsi di tutto, di informarsi sui fatti, di rassicurarla, di consigliarla.
Inoichi era sempre stato uno spettatore esterno e adesso, nonostante avesse
visto la moglie all’opera un sacco di volte, non sapeva che
fare.
«Ino, puoi dirlo al tuo
papà…»
«Non ne voglio parlare!» rispose
finalmente la ragazza, urlando contro il cuscino.
«Dimmi almeno cosa ti turba, se
posso fare qualcosa…»
«Non puoi fare nulla! Se
quell’imbecille ha il cervello delle dimensioni di una nocciolina, la colpa è
solo sua!»
Inoichi collegò l’epiteto imbecille al nome Shikamaru Nara, e non poté che sospirare
rassegnato.
Quante volte aveva detto al suo
piccolo fiore che quel ragazzo non era adatto a lei? Quante volte le aveva fatto
notare che erano troppo diversi perché la loro storia potesse andare avanti?
Quante?
«Ino…»
«Papà, ti prego, esci! Non ho
voglia di sentire nessuno adesso!»
Inoichi non protestò, uscendo
silenziosamente come era entrato e ripromettendo a se stesso che alla prima
occasione in cui avesse visto il ragazzo, gli avrebbe fatto pagare ogni singola
lacrima versata da sua figlia.
Quando sentì la porta richiudersi,
Ino si liberò del cuscino, guardando il soffitto col volto bagnato e devastato;
Nara ne aveva fatte tante da quando stavano assieme, tra sbronze, dimenticanze
di appuntamenti, compleanni, San Valentino. Ma quella le batteva tutte, stavolta
non ci sarebbe stata una sfuriata e via, tutto passato, tutto come
prima.
I tradimenti non si perdonano con
un niente.
Aveva sempre pensato che lui fosse
diverso, era irritante e menefreghista; forse era stato proprio quello ad averla
affascinata.
Glielo aveva presentato Sakura,
quando aveva iniziato a frequentare Naruto; la prima volta che lo aveva visto,
vestiva con pantaloni scoloriti e consumati, una maglietta con un gruppo metal
sopra, scarpe da tennis rovinate e una sigaretta tra le dita. In un modo strano
e incomprensibile, era bello, meglio di tutti gli altri ragazzi montati con cui
era uscita.
Shikamaru era semplicemente
diverso.
Erano usciti insieme qualche mese dopo. Quel pomeriggio si
erano divertiti entrambi, come non avrebbero mai immaginato; litigavano,
bisticciavano, si prendevano in giro, ma poi risolvevano subito con una risata,
una battuta.
Ino non avrebbe mai scordato, poi,
la prima volta che si erano baciati.
La sua macchina si fermò davanti
casa, ma nessuno dei due diede cenno di voler
scendere.
Ino si slacciò la cintura di
sicurezza, ridendo ancora dell’ultima uscita folle del ragazzo mentre
guidava.
«Non ci salgo più in macchina con
te, sei un pirata!»
«E tu sei una seccatura! Ti pare
che uno come me possa perdere il controllo della
macchina?!»
«Hai fatto una manovra a pelo, è
solo fortuna!»
«Te lo ha mai detto nessuno che sei
un impiastro, Yamanaka?»
Ino era nuovamente scoppiata a
ridere mentre Shikamaru scuoteva la testa, divertito. Appena le risate si
dissolsero nell’abitacolo, il silenzio li colse all’improvviso; non era
imbarazzante, né scomodo. Solo carico di cose non dette, di sentimenti nascosti
che loro conoscevano bene.
«Senti, Ino…» aveva iniziato lui
giocherellando con le chiavi del veicolo. Lei distolse lo sguardo, un po’
perplessa, notando però che le portiere erano state
bloccate.
«Qualsiasi cosa tu mi debba dire,
non credo che sarà così tremenda, Nara!»
«Come?»
«Le portiere… hai paura che
scappi?»
«Non lo so, ho preso una piccola
precauzione…»
«Adesso sì che sono
tranquilla!»
Shikamaru non aveva più risposto,
tornando a giocare col portachiavi.
«Non so se lo hai capito, ma tu mi
piaci.»
Glielo disse con tutta la
naturalezza del mondo, senza impappinarsi, balbettare, arrossire o
altro.
Erano semplicemente loro due, nella
macchina di lui, accanto l’uno all’altra e si
guardavano.
Ino aprì la bocca per dire
qualcosa, ma dopo aver boccheggiato per almeno cinque secondi pieni, decise di
richiuderla, cominciando anche lei a giocare col portachiavi di
casa.
Shikamaru ancora la guardava,
apparentemente tranquillo, ma un po’ in ansia; uscivano insieme ormai da tre
settimane, ed era abbastanza sicuro di piacerle un po’, altrimenti non si
spiegava come avesse accettato tutti i suoi inviti.
Ma adesso, con quel silenzio, lo
stava mettendo nel dubbio.
«Devo dire, Nara…» iniziò Ino alla fine con calma, «…che questa
dichiarazione è stata proprio il massimo del romanticismo, davvero!» dichiarò
ridendo.
Il ragazzo si sciolse anche lui in
una risata, pensando che loro, di romantico, non avevano proprio
niente.
«E che, sì… ecco, anche tu mi
piaci, già.»
Nessuno dei due stava arrossendo,
perché erano sicuri dei loro sentimenti, erano decisi e felici di scoprire le
carte in tavola.
«Vuoi una storia seria?» chiese lui
allora dopo poco, guardandola dritta negli occhi
azzurri.
Ino era la prima ragazza che gli
piaceva veramente, dopo essere stato scaricato dalla sua ex. Non gli interessava
avere una storiella di una sera con lei; voleva qualcosa di più, voleva poter
dire con certezza che lei era la sua ragazza, molte e molte volte, a chiunque
glielo chiedesse.
Non si sarebbe
accontentato.
«Bhe, Nara, non sono ancora pronta
per il matrimonio.»
«Ci penseremo poi. Non posso
piombare in casa del parroco in due minuti. Senza contare che tuo padre mi
ucciderebbe.»
Ino gli sorrise, sfoderando una
delle sue migliori occhiate maliziose.
«Se il matrimonio non si fa entro
due anni, volentieri.»
Shikamaru si era definitivamente
sciolto, e impaziente le si era avvicinato con tutto l’intento di baciarla,
finalmente.
Ma loro, come detto, non amavano
particolarmente le cose romantiche, e qualcosa doveva pur succedere a
interrompere quell’atmosfera.
Le chiavi della macchina che teneva
in mano si impigliarono nei capelli di Ino, facendole fare una smorfia di
fastidio.
«Nara! Ma sei un
disastro!»
«Accidenti, seccatura, sta
ferma!»
«Voglio il
divorzio!»
«Momento…»
«Sei un marito
degenere!»
Lui riuscì a liberare le chiavi dai
suoi fili d’oro, e senza lasciarle il tempo di dire, o pensare altro, finalmente
la baciò.
«Domani ti porto le brioches, così
mi faccio perdonare.»
Lei sorrise e lo attirò nuovamente
a sé.
Uscì dalla macchina solo molti
minuti più tardi.
Non si erano mai detti Ti amo, ricordava adesso la ragazza,
mentre con disgusto stava buttando via tutte le foto che la ritraevano insieme a
Shikamaru.
Non erano di quelle coppie che
mostravano al mondo il loro amore, sbaciucchiandosi in pubblico, prendendosi per
mano mentre camminavano, o cose simili.
Quelle cose le facevano Sakura e
Naruto, ormai prossimi al matrimonio, ci scommettevano
tutti.
A Nara non piaceva parlare dei
proprio sentimenti; in verità non gli piaceva proprio parlare, ma lei era
abbastanza loquace e chiacchierona per tutti e due. Lui ogni giorno le aveva
fatto capire quanto l’amasse, solo con piccoli gesti, occhiate, sorrisi che le
rivolgeva quando nessuno prestava loro attenzione.
Anche quando erano usciti una sera
con degli amici di Naruto, andando a cena in un
ristorante.
Un tizio alto, dagli scompigliati
capelli castani e il fisico atletico le si era avvicinato ammaliatore,
circondandole le spalle con un braccio.
Allora, tesoro, quando usciamo
insieme?, le aveva
chiesto malizioso. Ino, già un po’ su di giri per via dell’alcool, si era messa
a ridere come sempre, non pensando che il ragazzo facesse sul
serio.
Ma la risposta che arrivò da
Shikamaru fu abbastanza chiara da dimostrarle che sì, il bel moro ci aveva
appena provato con lei sotto gli occhi del suo ragazzo.
Io direi mai, Kiba. Perché non giri
un po’ a largo?
Fu in quel momento che Ino ebbe
l’ennesima conferma che Nara, con tutti i difetti che poteva avere, l’amava
davvero; non per il suo corpo, non per i
suoi occhi azzurri, non per i suoi capelli biondi. Anche per tutte queste cose. Ma
soprattutto perché la rispettava, la proteggeva e riusciva a farla divertire con
poco: questa era la cosa più importante.
Ino cercò di reprimere un altro
attacco di pianto, perché pensare a tutte quelle cose la faceva star
male.
E si maledì quando le venne in
mente la prima volta che avevano fatto l’amore.
Shikamaru stava al parco, seduto su
una panchina con i soliti quattro idioti che si ritrovava per
amici.
Era un pomeriggio come tanti,
faceva caldo e loro non avevano niente da fare di utile per la società. Sakura
li aveva raggiunti poco dopo, sfoggiando un vestito primaverile verde, che
s’intonava perfettamente con i suoi occhi; Naruto l’aveva accolta a braccia
aperte, in uno stato di contemplazione assoluta.
Prima che potessero appartarsi per
scambiarsi le coccole quotidiane, la ragazza dai capelli rosa si era avvicinata
a Shikamaru, con sguardo serio.
«Hai sentito Ino,
oggi?»
«No, non le ho ancora
telefonato.»
«Ah.»
Il ragazzo osservò Sakura che
adesso si guardava attorno spaesata, quasi preoccupata, avrebbe osato
dire.
«Haruno, è successo
qualcosa?»
«Non lo so.» ammise,
sospirando.
«E allora che ti
preoccupi?»
«Proprio perché non lo so.
Stamattina Ino stava litigando con suo padre, ho parlato con lei solo per poco.
Ecco perché sono in ansia, non l’ho più sentita da
stamattina.»
Shikamaru osservò la figura di
Sakura che si allontanava con Naruto, e senza pensarci troppo, si avviò verso la
sua macchina.
Guidò più velocemente del solito,
parcheggiando malissimo vicino casa Yamanaka. Tirò fuori il cellulare,
componendo a memoria il numero di telefono della
ragazza.
«Ehi…» la sentì sussurrare
dall’altro capo dell’apparecchio telefonico.
Aveva la voce spenta, sembrava
quasi che si stesse sforzando per non scoppiare a
piangere.
«Ehi, come
stai?»
«Bene, come dovrei
stare?»
«Ho visto Sakura, mi ha raccontato
della vostra telefonata di stamattina.»
Sentì Ino sospirare. Evidentemente
non voleva che lui sapesse.
«Non… non era necessario che ti
raccontasse, sono cose da niente.»
«Dal tuo tono non si
direbbe.»
«Shikamaru…»
Sentiva che le cose non stavano
andando bene, proprio per niente. Anche solo il fatto che lei lo chiamasse per
nome, era un chiaro segno che qualcosa non andava.
«C’è tuo padre in
casa?»
«Sì, è in
salotto.»
«Ce la fai a
uscire?»
«Shikamaru, non credo che
sia…»
«Ce la fai sì o no?»
Ino, se solo non fosse stata così
tanto orgogliosa, probabilmente avrebbe iniziato a piangere come una bambina.
Sbirciò dalla fessura della camera la figura di suo padre, intento a leggere il
giornale comodamente seduto sul divano.
«Non so se lo hai capito,
tesoro, ma se non esci da sola, giuro che entro io
in casa e ti porto via. Sono qui sotto con la macchina, lo faccio,
Ino.»
La ragazza non aveva più
pensato.
Aveva spento la comunicazione e
come un razzo si era precipitata fuori, con le urla di suo padre nelle orecchie
e la porta di casa che sbatteva.
Aveva subito trovato l’auto blu di
Shikamaru e ci si era buttata dentro, mentre lui ripartiva veloce, per non dover
vedere Inoichi che gli bestemmiava contro.
Ino finalmente si sciolse in un
pianto liberatorio, prendendosi il viso fra le mani; il ragazzo tolse una mano
dal volante e l’avvicinò a sé, lasciando che piangesse sulla sua spalla,
sfregando una mano sulla sua testolina bionda per
rassicurarla.
«Sei veramente una seccatura,
Ino.»
Arrivarono a casa Nara in una
decina di minuti.
Tutto era buio e silenzioso
all’interno, le strade erano colorate dalla luce soffusa del sole al tramonto,
l’afa del giorno stava scomparendo lasciando spazio a una brezza
leggera.
Entrarono nell’abitazione senza
dire niente, perché non c’era da dire niente.
Shikamaru le si avvicinò,
guardandola negli occhi e prendendo una ciocca di capelli biondi fra le dita,
sentendo con i polpastrelli la loro morbidezza.
«I miei sono fuori città, puoi
stare qui quanto vuoi, se non vuoi tornare a casa da tuo padre. Almeno finché
non gli sarà passata l’incazzatura.»
Più lo guardava, più Ino desiderava
che in quel momento Nara la baciasse.
Lo voleva con tutta se stessa,
voleva sentirsi al sicuro fra le sue braccia, aveva bisogno di sentirlo vicino
ora più che mai.
Si alzò in punta di piedi,
lentamente le loro bocche si accostarono, le loro mani si trovarono, i loro
corpi di toccarono.
Shikamaru le abbracciò la vita, la
sollevò di pochi centimetri da terra e cercando di non andare a sbattere contro
qualche muro, riuscì a portarla vicino al divano.
La lingua di Ino giocava con la
sua, lo stuzzicava, gli parlava, gli faceva capire quello che voleva, lo
invitava ad andare oltre.
Si staccarono per pochi secondi, i
loro sospiri che si confondevano, le fronti che si poggiavano l’un l’altra; Ino
si distaccò leggermente, guardò il ragazzo che aveva davanti, e con un gesto
fluido si tolse la maglia.
Al mattino, quando si risvegliò
nuda nel suo letto, coperta dalle lenzuola che sapevano di lui, trovò accanto al
comodino un sacchetto di brioches.
Alla fine, gliele aveva portate sul
serio.
«Giuro che non mangerò mai più una
singola brioche in tutta la mia vita, maledetto verme!» bofonchiò Ino, prendendo
il cuscino e lanciandolo contro la finestra, in un impeto di
rabbia.
Shikamaru l’aveva
tradita.
T r a d i t
a.
Con la sua ex fidanzata: più
grande, più bella, più affascinante.
Il solo pensiero le fece salire il
vomito, tanto che dovette precipitarsi al bagno, per il
disgusto.
Non avrebbe mai pensato che un
giorno le sarebbe capitato, non avrebbe mai immaginato che Nara potesse farle
una cosa del genere, non dopo tutto quello che avevano passato
assieme.
Per lei, adesso, era un uomo
morto.
Sentì il campanello suonare e di
corsa si affacciò alla finestra che dava sulla strada, vedendo proprio il
traditore davanti alla sua porta.
Corse giù per le scale, cercando di
fermare suo padre.
«Papà non
apri-!»
«Che sei venuto a
fare?»
Troppo tardi, la voce di Inoichi
Yamanaka era dura e severa.
«Devo parlare con sua figlia.»
rispose Shikamaru, non facendo una piega.
«Non credo proprio. Girale al
largo, se non vuoi che ti rispedisca a casa a calci nel sedere. Io non scherzo,
Nara.»
Il ragazzo sostenne per pochi
attimi lo sguardo ammonitore dell’uomo, poi piegò la testa, facendo dietro
front.
«Come desidera, signor
Yamanaka.»
Inoichi, soddisfatto, richiuse la porta, mostrando il pollice in
segno di vittoria alla figlia. Lei sorrise, seppur amareggiata, e lentamente strascicò i piedi fino alla sua
camera.
E per poco il cuore non le si
fermò.
«Che cazzo ci fa lì?!»
Shikamaru era sul suo balcone, e le
chiedeva di farlo entrare. Come aveva fatto a salire fino al primo
piano?
«Dall’albero.» rispose quando Ino,
turbata, gli aprì la porta finestra.
«Tu non sei normale, hai qualche
rotella fuori posto!»
«Bhe, al cellulare non rispondi,
tuo padre fa il cane da guardia alla porta, mi dici come faccio io a parlare con
te?»
«Errore, io non voglio parlare con
te! Evapora!»
Shikamaru entrò del tutto nella
stanza, mentre Ino indietreggiava. Non voleva nemmeno stargli troppo vicino: in
quel momento provava solo ribrezzo nei suoi confronti.
«Ascoltami, io non sono bravo con
le parole e lo sai. Però una cosa te la devo dire: mai, mai, ti tradirei. Sei tutto quello che
un ragazzo possa desiderare, perché mai dovrei cercare appagamento in
un’altra?»
«Ah, non lo so. Questo me lo devi
dire tu.»
«Ino, accidenti! In questi mesi che
siamo stati assieme, mi sembra di avertelo dimostrato quanto tenga a te!
Preferisco diventare gay che stare con qualcun'altra!»
La ragazza strabuzzò gli occhi,
dandogli le spalle.
«Ino, per favore, devi
credermi!»
Mai, in tutta la sua vita,
Shikamaru aveva supplicato qualcuno.
Mai aveva seppellito il suo
orgoglio e il suo menefreghismo per farsi perdonare da
qualcuno.
Shikamaru Nara non guarda in faccia
nessuno.
Forse fu per questi motivi, che Ino
si voltò di nuovo verso di lui, mettendo per un momento da parte il
rancore.
«Vorrei crederti, ma non ci riesco.
Questa volta non basterà un abbraccio o un sorriso per farmi
dimenticare.»
«Lo so.»
«Ti sei ubriacato. Sei andato a
letto con la tua ex, hai-»
«Io non sono andato a letto con
nessuna!»
«Come credi che mi sia sentita
quando ti ho telefonato per sapere se stavi bene, e invece di sentire la tua
voce, mi ha risposto una donna?»
«Non è come pensi. L’abbiamo
incontrata per caso, con me c’erano anche gli altri.»
«Non mi importa degli
altri!»
Ino lo guardava non furiosa, solo
tremendamente delusa e amareggiata.
Non sopportava che qualcuno le
negasse l’evidenza, era una delle tante cose che non tollerava in un
rapporto.
«Ti dovrai faticare la mia fiducia,
Shikamaru. Io devo poter fidarmi di te di nuovo.»
Lui sorrise,
annuendo.
Non aveva fatto veramente niente,
la sera prima. Aveva solo avuto la sfortuna di incontrare la persona sbagliata
al momento spagliato; non avrebbe più cercato di spiegare questo a Ino.
Conoscendola, conoscendosi, non
avrebbe risolato niente.
Sperava solo che col tempo lei
riuscisse a capire, comprendesse che prima di farle del male in qualsiasi modo,
avrebbe preferito mille volte ferirsi da solo.
Ino era diventata troppo
importante, per poter permettere che un fraintendimento la allontanasse da
lui.
Gli serviva la sua presenza come
l’aria, non avrebbe più potuto farne a meno.
«Domani ti compro le
brioches.»
«Non ti farai perdonare prendendomi
per la gola, sai?»
«Bhe, ci ho provato,
seccatura.»
Passo dopo passo, piano, senza
fretta, avrebbe riconquistato Ino, come la prima volta.
Fine.
Si
ringraziano celiane4ever(aka Vale),
Wishful
Thinking (aka Sil)
e Mimi18 per
aver recensito la scorsa shot. <3
Alla
prossima…
Lee
Naruto © Masashi
Kishimoto
Brioches © Coco
Lee – Mimi18