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Autore: Writer_son of Hades    24/03/2016    0 recensioni
Non siamo mai tanto diversi dagli altri quanto crediamo o dovremmo.
Ivy Compton-Burnett, Madre e figlio, 1955
[SOLANGELO. Perché, ammettiamolo, non ce ne sono mai abbastanza]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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      1.      








            << Molto bene ragazzi, per oggi può bastare. >> esclamò la Signorina Melroy battendo le mani.
I ragazzi si rilassarono e tirarono un respiro di sollievo.
            << Ci vediamo domani per le ultime prove. >> li salutò mentre si dirigeva verso la sua borsa.
I ballerini salutarono a loro volta intonando in coro un melodioso “Arrivederci”.
Appena fu uscita dalla porta della sala Jessica sbuffò: << Dio quanto la detesto. >>
Will le fece passare un braccio attorno alle spalle dopo aver preso il suo asciugamano.
            << Andiamo Jessica, non è così terribile alla fine. >> cercò di rassicurala lui mentre anche lei si asciugava il viso dal sudore.
            << Terribile? Lei è perfida! >> esclamò la ragazza mora mentre si accasciava sulla panca di legno con decisamente poca grazia. << Tu dici così solo perché sei il primo ballerino. Lei ti ama. >> si lamentò mentre fissava Will che si cambiava la maglietta sudata. << Sì, che poi come si fa’ a non amarti. Che Dio sia maledetto quella volta che ti ha fatto così perfetto. >>
            Will ridacchiò mentre si toglieva le scarpette e le sostituiva con delle semplici all star bianche. << Guarda che odia pure me. E tu hai il fidanzato, per cui smettila di guardarmi così. >>
            << Rilassati Will, la tua aura gay mi impedisce di provare qualcosa per te. >> commentò lei mentre si cambiava a sua volta. << Parlando di fidanzati: com’è andata con quel ballerino fighissimo della Melodie Company? >>
Il biondo fece una smorfia mentre si passava una mano tra i capelli per sistemarli un po’: << Lasciamo perdere. >> borbottò.
            << Scherzi? >> esclamò la ragazza. << Era un dio che era sceso in terra per parlare con noi comuni mortali! >>
            << Sì, lo so. >>
            << È primo ballerino nella sua compagnia! >>
            << Sì, lo so. >>
            << Suona il pianoforte e il violino! >>
            << Sì, lo so. >>
            << Studia da privatista con un professore di Harvard! >>
            << Sì, lo so. >>
            << Ha una casa in montagna e una in California per l’estate! >>
            << E anche una al lago. >>
            << E anche una al lago! Mi spieghi quale sia il problema? È perfetto!. >>
            << Questo è il problema.>> prese finalmente parola Will. << Era troppo perfetto. Siamo usciti una sera a teatro e mi ha portato a vedere un concerto che è durato sì o  no sei ore. Siamo usciti che erano le dieci di sera e io non avevo ancora cenato. Mi ha portato in un posto da ricconi e non ho potuto nemmeno prendere una pizza perché costava settanta dollari. Jessica ti rendi conto? Settanta dollari per una cavolo di pizza! Ma cosa c’era sopra mi chiedo io?! Pipì di unicorno con scaglie d’oro massiccio!? >> buttò tutto fuori.
Jessica lo fissò con una smorfia: << Certo che sei delicato con i gusti. >>
            Will sbuffò e alzò gli occhi al cielo: << Il fatto è che vorrei qualcuno che sia diverso da me. Qualcuno che mi possa estraniare da questo mondo per un po’. Non ho bisogno di una copia di me stesso. >>
La ragazza sorrise e gli circondò la vita con il suo braccio sottile: << Andiamo a casa, dai. Puzzi come una capra su di una porta.* >>
            << Una capra su di una porta puzza più di una capra normale? >> chiese lui con un sorriso.
            << E io che ne so. Suonava bene però. >> si difese lei mentre scendevano le scale della scuola di danza.  
Usciti dalla grande porta di legno antico, il ragazzo di Jessica la stava aspettando fuori con la macchina. Il viso della sua amica si illuminò alla vista del suo fidanzato. Gli corse in contro e gli buttò le braccia al collo.
            << Avevi detto che dovevi lavorare. >> esclamò lei con un sorriso.
            << Ho staccato prima perché avevo voglia di vederti. >> ripose lui prima di baciarla.
Will si sentì un po’ in più, così scese le scale dell’entrata e si diresse verso casa sua.
            << Ehi, Will! >> lo chiamò Jessica da dietro. Lui si voltò verso di lei. << Ti possiamo dare un passaggio a casa se vuoi. >>
Lui guardò lei e poi il suo ragazzo. Di sicuro lui non avrebbe avuto voglia di allungare il giro per portarlo a casa.
            << No, tranquilla. Faccio due passi che mi fa’ bene. >> le rispose con un sorriso.
            << Will, in questo quartiere rischi di essere ucciso da solo. >> gli ricordò lei.
La scuola di danza in effetti si trovava in un quartiere abbastanza isolato e malfamato di New York. Ma Will aveva fatto quella strada milioni di volte e non era mai successo niente. Solo una volta ha visto un tizio che rubava in un negozio, ma erano cose che accadevano spesso.
            << Non ti preoccupare. >> la rassicurò per poi salutarla alzando una mano. Si voltò e riprese per la sua strada. Ci sarebbero voluti solo quindici minuti a piedi per arrivare a casa sua.
Mentre camminava sentiva le dita dei piedi che gli facevano leggermente male. A casa avrebbe dovuto fare un impacco di ghiaccio e curare le ferite.
            Erano ormai tredici anni che ballava di cui dieci con le punte, ma il suo corpo non si era ancora abituato a troppo sforzo. La Signorina Melroy gli diceva sempre che con un po’ di allenamento in più sarebbe potuto entrare alla Royal Academy, ma questo era un sogno lontano.
            Girò l’angolo immerso nei suoi pensieri, quando una musica diversa lo distrasse. Alzò gli occhi e notò un gruppo di ragazzi che incitavano qualcuno a venti metri da lui. Saranno stati una dozzina ed erano in cerchio attorno ad uno stereo che sparava musica Hip Hop. Will non conosceva quella canzone, ma qualcosa in quel ritmo gli faceva venire voglia di muoversi.
Più si avvicinava più riusciva a distinguere la figura che si muoveva in mezzo al cerchio. La maggior parte di quei ragazzi e ragazze avevano la pelle scura, ma quel ragazzo che stava ballando al centro era esageratamente pallido. I capelli e i vestiti completamente neri che portava contrastavano con la pelle chiara.
            Will si perse a guardarlo. Si muoveva con una fluidità incredibile e al ritmo di quella musica sembrava un mostro. Davanti a lui, una ragazza sculettava. Sembrava quasi che stessero facendo una gara. Una battaglia.
Will era così preso dal ragazzo che non si accorse che la musica si fermò. Il moro smise di ballare e si lamento con una buona dose di parolacce. Un ragazzo si avvicinò a lui e indicò Will, che solo allora si rese conto di essere entrato un po’ troppo nel cerchio.
            << E tu che cazzo vuoi? >> gli ringhiò contro il ragazzo.
Il biondo sbiancò e cominciò a balbettare delle scuse.
Il ballerino senza nome lo fissò con gli occhi stretti per tutto il tempo, poi posò lo sguardo sulla borsa che portava sulla spalla. Con una mossa davvero poco elegante la strattonò per guardare il logo e il suo nome stampato sopra.
            << Ah, ora capisco. >> disse ridacchiando. Poi tornò con lo sguardo su Will che non sapeva più cosa dire o fare. << Che cazzo ci fa’ una fighetta come te qui? >> lo canzonò. << Non ti piace più ballare come le femminucce? Hai deciso di imparare a ballare come i veri uomini? >>
I ragazzi intorno a lui risero e lo incitarono. Will capì di essere incappato nel classico sbruffone di turno.
            Ne aveva incontrati tanti nel corso della sua vita. Infondo era facile prendere in giro un ragazzo che faceva il ballerino di danza classica. Se in più eri gay… bé, la cosa non aiutava affatto.
            << Ero solo curioso. >> rispose Will mantenendo un tono di voce calmo. << Sei molto bravo. >>
            << Certo che sono molto bravo. >> esclamò il moro. << Sono il miglior bianco di questo quartiere! >> i suoi amici lo acclamarono ancora.
            << Immagino. >> mormorò il biondo. << Ora se non vi dispiace, andrei a casa. >> affermò continuando dritto per la sua strada. Ma dopo un solo passo, il moro lo fermò con una mano sul petto. Lo spinse indietro e incrociò le braccia al petto.
            << Perché dovresti andare via? Non avevi detto che ero bravo? Ti sei già stancato? >> lo stuzzicò arrivandogli a pochi centimetri dal viso.
            << Sì, ma ora devo andare. >> ripeté Will fissandolo negli occhi.
Il moro mise il broncio (che Will trovò immensamente carino) e aggiunse: << Io dico di no. >>
            A Will era successo più volte di essere picchiato. Ma quando il gruppo di ragazzi cominciò a spingerlo da una parte all’altra del cerchio, non ci capì più niente.
Quando cadde per la terza volta, finalmente qualcuno urlò di smetterla e se ne andarono, lasciandolo a terra.
Will contò fino a dieci per quattro volte e poi fino a venti per altre quatto, prima di mettersi seduto. Sentiva la testa che gli girava, qualcosa di caldo che gli colava dal naso e gli dava un sapore metallico in bocca che cercava disperatamente aria pulita.
            Si prese la maglietta e la strappò sul fondo usandola per bloccare il sangue che usciva. Si guardò intorno per cercare la sua borsa e trovò qualcuno chinato su di essa a qualche metro da lui. Riconobbe i vestiti neri e la pelle pallida. Studiò le mosse del ragazzo in silenzio mentre sistemava con cura i vestiti e le scarpette al suo interno.
Quando ebbe finito, chiuse la borsa e si voltò verso Will con la sacca issata sulla spalla. Gli si avvicinò e lo guardò dall’alto. Will continuò a fissarlo con lo stesso sguardo indagatore. Ma che cacchio stava succedendo?
Rimase seriamente stupito quando il moro gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi. Will rimase a guardare la mano testa e bianca del ragazzo.
            << Allora? >> chiese il moro duramente. << Ti vuoi alzare o resti con il culo sul marciapiede anche sta notte? >>
Sempre molto fine.
            << Che cacchio stai dicendo? >> gli ringhiò contro Will allora, alzandosi da solo.
            << Nemmeno “cazzo” dici? Sei proprio una fighetta. >> lo canzonò ancora il ragazzo con un ghigno (adorabile) stampato in faccia.
Will strinse le labbra e divenne rosso per il nervoso: << Prima mi picchi a sangue e poi mi vuoi aiutare?! Mi spieghi i tuoi problemi? >>
            << Senti, Raggio di sole, >> Will adorò quel soprannome. << di problemi ne ho quanti ne vuoi. Ma ora lasciati aiutare. >>
Il tono del ragazzo sembrò incredibilmente sincero.
Will lo fissò ancora per un po’, ma poi, senza dire nulla, iniziò ad incamminarsi verso casa. L’altro, senza aggiungere una parola, si mise al suo fianco e lo seguì con la borsa sulla spalla.
            Il tragitto fino a casa fu silenzioso e nessuno dei due si guardò in faccia. Quando Will si fermò davanti alla porta rosso scuro, il ragazzo si mise davanti a lui.
            << Puoi anche andare a spaccare qualche vetrina o a picchiare un vecchietto indifeso adesso. >> disse cupo Will mentre buttava nell’immondizia la stoffa impregnata di sangue e tirava fuori le chiavi di casa.
            << Nelle condizioni in cui sei devo accertarmi che non svieni nel corridoio. >> rispose con tono neutro il ragazzo.
Will alzò gli occhi al cielo: << Senti... Tu! Ne ho avuto abbastanza per oggi: ho i piedi che mi fanno un male fottuto perché ho ballato per quattro ore di fila su quelle scarpette di merda! In più delle teste di cazzo mi hanno picchiato! Per cui grazie, ma no grazie. >> gridò furioso allungando una mano per ricevere indietro la sua borsa.
Il ragazzo non mosse un ciglio per tutto il tempo della sua sfuriata e lo fissò quasi stanco.
            << Nico. >> disse.
            << Cosa? >>
            << Mi chiamo Nico. >> continuò per poi prendere le chiavi dalle mani di Will. << E hai un po’ di sangue che ti cola. Qui. >> affermò tranquillo toccandogli l’angolo delle labbra con un dito.
Will non ci capiva più niente. Si toccò l’angolo della bocca mentre Nico infilava le chiavi nella toppa e apriva la porta. Lo guardò e mise un braccio in avanti facendogli il segno di entrare.
            Il biondo entrò in casa sbuffando e ci rinunciò.
La casa di Will era piccola, perché tanto ci abitava solo lui, ma era comunque ordinata. Si diresse verso la cucina dove teneva il kit di pronto soccorso, ma qualcosa che lo tirò per il braccio lo fermò. Poi sempre qualcosa lo bloccò al muro ricoperto di carta da parati arancione. L’ultima cose che vide furono gli occhi così neri di Nico, prima di sentire le sue labbra premere contro le sue.
Sapevano di buono, constatò Will. Di molto buono.
            Ma che diamine stava dicendo?!
Con una spinta sul petto, spinse via Nico che indietreggiò solo di un passo. Il moro lo fissò con le labbra leggermente rosee.
            << Non dirmi che non ti è piaciuto. >> lo provocò Nico.
In effetti, avrebbe voluto assaggiare di nuovo quelle labbra.
            << Fanculo. >> esclamò per poi afferrarlo per la maglia e avvicinarlo di nuovo a sé. Sentì Nico ghignare fra le sue labbra e non riuscì a resistergli.
Lo condusse fino al divano in salotto senza smettere di baciarlo. Nico interruppe per un secondo il contatto per commentare: << Ma hai questa orribile carta da parati in tutta la casa? >> Will lo zittì riprendendo a baciarlo.
Si tolse la maglietta dando a Nico il tempo di fare un altro dei suoi commenti: << La danza ti ha sistemato proprio per bene. >> disse accarezzandogli gli addominali scolpiti da anni di duro allenamento. Poi alzò lo sguardo sul suo viso e aggiunse: << Certo che quel naso ridotto così non aiuta la situazione. >>
            << Riesci a stare zitto? >> lo minacciò Will spingendolo sul divano.
Sentì Nico ridere mentre si metteva sopra di lui e gli sfilava la maglia.
 

Will si svegliò che era notte fonda. Il suo appartamento, prima illuminato dalla flebile luce del tramonto, ora era immerso nell’oscurità. Si stropicciò gli occhi e si voltò nel letto.
            << Ehi! >> gridò qualcuno dopo un tonfo.
Will accese la luce e un Nico nudo e dolorante si trovava ai piedi del suo letto. Allora il biondo ricordò. Dopo un primo round in salotto, si erano spostati in camera sua e lì devono essersi addormentati.
            << Will, cazzone, stavo dormendo! >> ringhiò Nico alzandosi in piedi.
Will cercò di guardare da un’altra parte: << Ehm… Nico, il tuo… ecco… sei nudo. >>
Nico lo fissò con gli occhi ancora mezzi chiusi: << Ma secondo te che cazzo me ne frega? >> sbottò per poi fargli un cenno con la mano. << Ora spostati che voglio continuare a dormire. >>
Will obbedì e spostò le coperte e gli lasciò un po’ di spazio per farlo sistemare al suo fianco. Nico si rimise a letto e si coprì con le coperte chiudendo immediatamente gli occhi.
            << E comunque, non mi pareva ti desse fastidio vedermi nudo qualche ora fa’. >> aggiunse sbuffando.
Will diventò rosso: << Tu! Pos-possiamo evitare di parlarne? >> balbettò.
            << Cosa? Non ti ricordi più? >> ghignò Nico voltandosi sulla pancia per guardarlo negli occhi.
            << Nico… >> cercò di fermarlo il biondo.
            << Se vuoi ti aiuto a ricordarlo. >> continuò il moro mantenendo il suo solito ghigno.
            << Non ci provare. >>
            << Aspetta… com’è che facevi? >>
            << Nico, no. >>
            << Ah sì! >>
            << NO! >>
            << Ah! Nico! Sì! Continua così! Ah, sì! Nico! Nico! >> gridò il moro imitando una ragazzina in preda agli ormoni.
            << William Solace! >> gridò improvvisamente una voce oltre il muro destro della camera. << Per l’amor del cielo! Sono due ore che ti sento gemere in modo osceno! Almeno la notte fammi dormire! >>
            << Scusi Signora Freankins! >> esclamò Will verso il muro per poi tirare un pugno di pieno petto a Nico che non smetteva di ridere.
            << Allora il tuo cognome è Solace. >> affermò Nico sistemandosi con le braccia dietro alla testa dopo aver smesso di ridere.
            << Già. >> sbuffò Will buttandosi al suo fianco.
            << Di Angelo. >>
            << Il tuo cognome? >>
            << Già. >>
            << Italiano? >>
            << Bravo. >>
            << Interessante. >>
Calò il silenzio.
Will deglutì un paio di volte prima di trovare il coraggio di parlargli.
            << Mi spieghi cos’è successo? >>
Nico lo guardo per un secondo negli occhi e capì che non era il momento per delle battutine ironiche.
            << Solace, è complicato. >>
            << Perché sei gay e sei venuto a letto con un ballerino di danza classica? >> commentò il biondo neutro. << Per questo è complicato? >>
Nico annuì.
            << Bé, in effetti, non poteva che essere una botta e via. >> disse Will mandando giù un groppo in gola.
Nico non disse niente e si mise seduto, dandogli la schiena nuda. Solo allora Will notò la quantità di cicatrici biancastre su quella superficie.
Senza accorgersene si allungò e toccò con la punta delle dita quelle strisce che gli marchiavano la schiena. Sentì Nico fremere sotto il suo tocco, ma non si ritrasse.
Dopo un po’ Will sostituì le labbra alle sue dita. Vide Nico stringere le mani attorno alle lenzuola e tirare il collo di lato.
            Ad un certo punto il moro scattò in piedi. Will temette si aver fatto qualcosa di sbagliato.
            << Vestiti. >> gli ordinò  Nico mentre scendeva in salotto a prendere i suoi vestiti.
Will ci rimase male, ma lo ascoltò. Si vestì in tempo di record e scese trovandolo sulla porta di casa. Ebbe paura che se ne volesse andare.
            << Mettiti un giubbetto che ti porto in un posto. >> disse cupo Nico.
 

Dopo trenta minuti di silenzio di cui venti di metropolitana, arrivarono in un Mc Donald.
Will si bloccò all’entrata. Nico lo fissò senza capire.
            << Ehm.. ti ricordi il mio fisico giusto? >> chiese al ragazzo.
Nico annuì.
            << Se lo voglio mantenere non posso mangiare qui. Insomma, la Signorina Melroy potrebbe uccidermi se-
            << La Signorina Sti Cazzi può andare a farsi fottere. >> esclamò il moro prendendo Will per la maglia e trascinandoselo dietro mentre entrava.
            << Due patatine grandi e due milk shake al cioccolato. >> ordinò Nico al cassiere mezzo addormentato.
            << Veramente io lo preferirei alla fragola. >> mormorò Will con il broncio.
Lo sguardo che gli lasciò l’altro non ammise repliche.
Dopo aver preso la loro ordinazione, andarono a sedersi nel posto più lontano possibile, anche se il locale era completamente vuoto.
Una versione metal di Hello di Adele suonava in sottofondo. Nico mangiò le patatine una ad una in fretta e Will cercò di mangiarne il meno possibile.
            << Andiamo ballerina. >> lo punzecchiò Nico mentre sorseggiava il milk shake. << Mangia quelle benedette patatine prima che prendano vita e ti mangino loro per prime. >>
            << Non posso, Nico. >> rispose serio Will. << La danza impone delle regole che devo rispettare. >>
            << La mia danza non ha regole. >> ribatté.
            << Perché è diverso. La tua non è… >> ma si bloccò prima di finire la frase.
Nico alzò le sopraccigli invitandolo a continuare: << Cosa? La mia non è una vera danza? >> lo sfidò con lo sguardo.
            << No.. non volevo dire.. >>
            << Credo che sia esattamente quello che volevi dire. >> continuò il moro duramente. << Solo perché non ci spacchiamo il culo per anni non vuol dire che la mia non sia un danza. Anzi, io non riesco ad immaginare una danza che escluda le persone per il loro aspetto fisico. >> Will vide i suoi occhi illuminarsi.
            << Nell’Hip Hop non importa chi sei o come sei, importa solo la passione che ci metti. >> ripose secco.
            << Vuol dire molto per te, vero? >> chiese il biondo in un sussurro.
Nico deglutì: << La danza è tutto per me. >>
            << L’ho visto. Da come ti muovi. >> continuò Will timidamente. << Ero serio quando ti ho detto che sei bravo. >>
Il moro mugugnò un grazie mentre sorseggiava la fine del suo milk shake al cioccolato.
            Quella notte si salutarono davanti a quel Mc Donald scadente con un semplice “ciao”. Will tornò a casa con un peso sullo stomaco. Non sopportava l’idea di non poter rivedere mai più Nico.
La mattina dopo si alzò a fatica e si vestì velocemente per andare a lezione. La giornata di prove sembrò infinita e Jessica non faceva che chiedergli del perché di quelle occhiaie.
Era sfinito quando arrivarono le cinque e si fiondò fuori dalla scuola non vedendo l’ora di tornare a casa. Arrivato alla porta di casa cercò le chiavi, ma quando si appoggiò al legno rosso scuro, questa si aprì.
Una zazzera di capelli neri lo accolse insieme ad un ghigno famigliare.
            << Se sapevo che saresti tornato così di corsa mi sarei fatto trovare già nel letto.>> commentò Nico.
Will ci mise un po’ ad elaborare la cosa. Forse era un’allucinazione dovuta al sonno, ma quando si lanciò a baciarlo e sentì le sue labbra, capì che era reale. Rise e lo baciò ancora e ancora.
 
 
 
 
 
*mia sorella usa questa frase un po’ per tutto: “Sei stupido come una capra su di una porta.” “Mangi come una capra su di una porta.” “Ridi come una capra su di una porta.” “Sai ballare come una capra su di una porta.” “Sei simpatico come una capra su di una porta (per dire che non lo sei).”
Un senso non ce l’ha però mi faceva ridere e allora ho detto: ma sì, METTIAMOLA!
 
 

Nota: Dunque questa è la prima di una serie di long sulla coppia che tutti noi amiamo: la Solangelo. (UOOOH! SO-LAN-GE-LO! SO-LAN-GE-LO!)
Ho un milione di storie ancora in corso ma non me ne frega niente! Questa e “Storie di gente comune” infatti le aggiornerò un po’ quando capita e quando mi viene l’ispirazione visto che devo prima finire l’Armata dell’Olimpo e Another story of Lemonade Mouth (gente sto finendo il nuovo capitolo, giuro che domani sera aggiorno).
Le long sono accumunate dalle differenze fra Nico e Will (come dice il titolo che è in spagnolo perché ho appena fatto il gemellaggio con la Spagna e mi è arrivato uno spagnolo a casa (bello come il sole)… scusate non interessa a nessuno…però vi giuro è veramente figo da far paura), per esempio in questa dove Will è un ballerino di danza classica e Nico di Hip Hop.
Spero che l’idea vi piaccia e che continui a piacervi anche per le prossime storie.
Un bacione
Silvia

 
   
 
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