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Autore: Mary P_Stark    25/03/2016    5 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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10.
 
 
 
 
 
 
L’essere stato l’unico superstite, tra lui e Andrew, a tornare dalla campagna contro Napoleone, non aveva certo reso più facili i rapporti con Barnes.

Christofer, già al tempo del suo matrimonio frettoloso con Kathleen, non aveva mai fatto mistero di disprezzare il barone per le sue prese di posizione egoistiche.

Neppure Andrew era riuscito a impedirgli di prenderlo a male parole, e Barnes non si era di certo risparmiato, dandogli del perdigiorno e del buono a nulla.

All’epoca, anche Bartholomew si era sperticato nell’insultare il figlio e, forte dell’amicizia con il barone, lo avevano azzittito con la semplice realtà dei fatti.

Lui avrebbe sposato Kathleen, gli piacesse o meno, Barnes avrebbe ottenuto un matrimonio di valore per la figlia, e Bartholomew una nuora cui chiedere un sacco di nipoti.

Che questi piani non fossero stati nelle corde di entrambi gli interessati, non era importato a nessuno dei due nobiluomini.

La guerra e la morte di Andrew avevano poi cambiato Christofer, ma non certo il padre di Kathleen.

Se possibile, il disgusto provato per il giovane cadetto degli Harford, ora conte, si era inasprito a dismisura.

L'unica volta in cui Christofer aveva scorto il barone Barnes, in occasione di una sua visita alla tomba di Andrew, le cose non erano andate molto bene.

Quel giorno, approfittando di una tregua nel maltempo, il conte, la moglie e William avevano sellato i cavalli per raggiungere la cappella di famiglia dei Barnes.

Non appena avevano messo piede sulla bella collina dove si trovava la cappella, però, tutto era andato a rotoli.

Il barone non solo aveva ingiuriato a male parole la figlia, rea di aver condotto lì il marito, ma aveva anche minacciato di colpirla con il frustino, per la sua incresciosa condotta.

Christofer era intervenuto per tempo, afferrando il frustino prima che colpisse Kathleen e, dinanzi a entrambi, si era parato William.

Gelido e forte quanto una montagna, li aveva protetti dalle intemperanze del barone, pronto a sfidare la sorte, per loro.

Il barone, allora, se n’era andato sdegnato in viso e, ingiuriando la figlia e il suo attendente, era salito sul suo roano per riprendere la via di casa.

Nessuno dei tre aveva voluto commentare l'episodio, limitandosi a pregare sulla tomba di Andrew prima di allontanarsi per raggiungere la cappella di famiglia degli Harford.

Lì, con un mesto sorriso e la mano stretta in quella di Christofer, Kathleen aveva mostrato al marito la lapide in marmo rosa ove era stato inciso il nome del loro figlio perduto.

Quella vista, unita al brutto episodio appena vissuto, aveva portato il conte a lasciarsi andare a un pianto silenzioso.

William e Kathleen vi avevano assistito in religioso silenzio.

Christofer si era poi piegato su un ginocchio per sfiorare la bellissima lapide, abbellita da fronzoli dorati e da una struggente poesia.

Era stata una sorpresa, per lui, scoprire che era stata la moglie, a scriverla.

La contessa era rimasta tutto il tempo accanto al marito, una mano poggiata sulla sua spalla in segno di conforto.

Quando, infine, erano rientrati alla villa, non si era voluta allontanare da Christofer per tutto il giorno.

Quell'episodio aveva segnato profondamente il conte.

Aveva toccato con mano, e nel peggiore dei modi, la loro immane perdita, e il rischio corso da Kathleen, viva solo per grazia divina.
 
***

Con l’approssimarsi del Natale, Christofer decise che, pur non desiderando festeggiare in pompa magna, nulla gli vietava di regalare qualcosa di speciale alla moglie.

Scoprire cosa le potesse piacere, però, si rivelò più difficile del previsto e, anche chiedendo alla madre, non venne a capo di nulla.

Così, mosso dal desiderio di carpire dalla stessa Kathleen cosa avrebbe potuto darle gioia, il conte iniziò a porle di tanto in tanto domande sibilline.

Questo non migliorò la situazione.

La giovane contessa, infatti, si rivelò essere una persona molto umile.

Non desiderava gli ultimi abiti alla moda o i gioielli più belli, perciò la scelta di un regalo si complicò enormemente.

Inoltre, Christofer dubitava che Kathleen si sarebbe lasciata sfuggire così su due piedi ciò che più le stava a cuore.

Un caso fortuito, però, lo aiutò in maniera insperata.

Una mattina di metà dicembre, impegnato come suo solito negli esercizi riabilitativi, il conte intercettò la moglie intenta in un'attività tutt'altro che consueta.

Stava ripulendo un quadro.

Armata di straccio e sgabello, se ne stava appollaiata sul ripiano più alto, in punta di piedi e tutta presa dalla pulizia dell'articolata cornice di un quadro raffigurante un paesaggio boschivo.

Il quadro, un dipinto di Jacob Van Ruisdael1, ritraeva una bellissima cascata immersa nel verde di un bosco e, personalmente, lo aveva sempre trovato stupendo.

Non comprendeva, però, perché la moglie si stesse occupando di ripulire quella cornice di sua mano.

Avvicinatosi a lei con aria curiosa, tossicchiò per rendere nota la sua presenza e Kathleen, interrompendo immediatamente il suo lavoro, scese al volo dallo sgabello e mormorò: “Christofer, … avevate bisogno di me?”

“Affatto, mia cara, piuttosto, ero incuriosito da ciò che stavate facendo. Le domestiche sono scappate? Ci hanno abbandonate senza dirci nulla?” si informò con cortesia il marito, sorridendole malizioso.

Da breve distanza, dove stavano lavorando alacremente alcune ragazze della servitù, si udì più di un risolino sommesso.

Mordendosi il labbro inferiore con aria divertita,  Kathleen allora asserì: “Oh, no, affatto. Ma questo quadro mi è molto caro, così ho chiesto di potermene prendere cura personalmente.”

Il conte  lanciò uno secondo sguardo al dipinto, alle sue pennellate forti, al suo realismo da togliere il fiato, alla possanza delle acque tumultuose della cascata.

Sì, non poteva negare che quel quadro fosse affascinante.

“Piace molto anche a me. E' sempre stato uno dei miei preferiti.”

Accentuando il suo sorriso, la contessa dichiarò con voce sognante: “Ho sempre desiderato saper dipingere così, ma non sono mai stata capace di replicare quel genere di pennellata. Sono abbastanza brava nel dipingere paesaggi, ma di certo non così.”

“Andrew mi fece vedere uno dei vostri dipinti, e posso smentirvi senza tema di venire sbugiardato. Siete molto capace, invece” replicò il marito, vedendola arrossire di piacere a quel complimento insperato.

Erano anni che non ripensava a quei bei dipinti, scorti in camera di Andrew.

Li aveva tenuti gelosamente in raccoglitore, e gliene aveva parlato con orgoglio malcelato.

Curioso, come se ne fosse ricordato solo vedendo la moglie accanto a uno dei suoi quadri preferiti.

Fu a quel punto che Christofer comprese cosa regalarle.

Avvolta una mano della moglie nella propria in un gesto spontaneo quanto sentito, le domandò: “Vi piacciono le avventure, mia signora?”

“Credo di sì. Non ho viaggiato molto, come voi ben sapete, ma ho sempre desiderato farlo” ammise lei, facendo comparire due delicate fossette sulle gote rosee.

Christofer desiderò ricoprirle di baci, ma preferì astenersi dal commettere errori del genere.

Dopo quel bacio rubato durante il suo bagno, l'uomo non si era più arrischiato a chiedere altro alla moglie.

Da quell’incidente imprevisto, però, Kathleen si era sempre recata da lui, la sera, per scambiare due chiacchiere dinanzi al camino.

Se l’avesse turbata irreparabilmente, non si sarebbe mai arrischiata a rimanere di nuovo sola con lui, e questo l’aveva rincuorato.

Ogni volta, inoltre, lei gli aveva sempre concesso di sedersi al suo fianco per tenerle la mano, o sfiorarle i capelli rilasciati sulle spalle.

Christofer le aveva categoricamente vietato di legarli, e lei aveva acconsentito.

Erano davvero passi brevissimi verso un futuro più roseo, ma all'uomo stavano diventando cari e desiderabili come l’aria stessa che respirava.

Agognava l'arrivo della sera, per poter vedere la moglie senza le odiate gramaglie – che sarebbero rimaste per altri due mesi – e, soprattutto, per godere della sua esclusiva compagnia.

Non era facile da ammettere, perché questo non faceva che sottolineare la sua precedente superficialità, ma apprezzava sempre di più la moglie e la sua compagnia.

Soprattutto, amava parlare con lei.

Non c'era argomento di cui la moglie non sapesse almeno qualcosa.

Quando, invece, non era al corrente delle ultime novità, subissava il marito di così tante domande che, alla fine, Christofer si riduceva quasi a perdere la voce.

Ma non avrebbe mai cambiato per nulla al mondo quei preziosi momenti.

Gli restituivano la serenità, la pace,... la moglie.

Mai aveva sperato di poter creare un simile rapporto con Kathleen ma, a quanto pareva, erano più affini di quanto non avesse immaginato il giorno del loro matrimonio.

Quando perciò la condusse con passo eccitato verso i piani alti, dove si trovava la mansarda – usata per raccogliere ciò che non veniva più usato – seppe di non sbagliarsi.

Lì, avrebbe trovato il regalo giusto per Kathleen.

Sorpresa dalla foga del marito, che non aveva mai visto così acceso di aspettativa e di allegria, la contessa si ritrovò a sorridere come una bambina.

Quando Christofer, con aria cospiratrice, si fermò innanzi a una porta, lo fissò dubbiosa, inclinando il capo meditabonda.

Che ci facevano lì?

Il conte non attese molto, per farglielo scoprire.

Aprì lentamente la porta che conduceva alla mansarda e, con un sorriso che avrebbe potuto illuminare la stanza, la guidò al suo interno.

Il battente cigolò spettrale, evidentemente ben poco usato negli ultimi anni, ma questo non scoraggiò i due avventurieri.

Forti di una lampada a olio, si inerpicarono su una stretta scaletta fino a raggiungere un ampio stanzone ricolmo di enormi mobili.

La semi oscurità, spezzata solo dalla lampada – che Christofer teneva alta per meglio scorgere le sagome che li circondavano – conferì a quel luogo un che di inquietante.

Kathleen, impulsivamente, si strinse al braccio del marito e mormorò: “Non possiamo aprire le imposte, per favore?”

“Ma certo. Non ho voglia di darmi alla caccia al tesoro senza vedere dove metto i piedi” assentì lui, accompagnandola fino a una delle finestre, che lei aprì in fretta, scostando le imposte di legno.

Subito, una falce di luce tenue si espanse sul pavimento, che risultò essere polveroso ma sgombro di pericoli.

Una dopo l'altra, le finestre vennero aperte e Kathleen, ammirando il paesaggio circostante da quella posizione sopraelevata, esalò: “Oh, è così bello, qui, Christofer! Grazie per avermi portato in questo posto.”

In effetti, le campagne innevate e baciate dal sole, le colline brillanti come diamanti e le rade nubi nel cielo azzurro, erano una vista mozzafiato.

“Non era esattamente questo, il mio scopo ma, per iniziare, va già bene così” asserì lui, sorprendendola non poco.

“In che senso?” volle sapere lei, prima di vederlo poggiare la lanterna su un davanzale per poi dirigersi verso una delle casse. “Cosa pensate di trovare?”

“Quando li vedrete, lo scoprirete da sola” ironizzò lui.

“E' piuttosto sibillina, come frase” gli fece notare la moglie, pur divertita da quello strano gioco.

Aprendo un mobile per dare una mano al marito in quella strana ricerca, la giovane scoppiò in una risata argentina non appena si rese conto di ciò che aveva davanti.

Incuriosito dalla sua reazione, il marito sbirciò a sua volta all'interno e gracchiò: “Oh, cielo!”

Un enorme cappello dall'ampia tesa se ne stava in bella mostra, appeso a una gruccia, e una lunga piuma di struzzo pencolava dall'alta fascia di seta che la tratteneva a quella fantasiosa creazione.

Estrattolo con mani emozionate, Kathleen lo spazzolò con cura prima di indossarlo e, nel rivolgere uno sguardo divertito al marito, celiò: “Non sembro una donna pirata?”

Scoppiando a ridere, Christofer assentì e le spiegò le origini di quello strano orpello.

“Quello deve essere appartenuto alla pro-prozia Ermengarda. So che si trasferì per un certo periodo di tempo in Giamaica, e che fece amicizia con alcuni corsari.”

“Oh, mio Dio!” esalò la giovane, facendo tanto d'occhi.

“Era folle, ma molto, molto simpatica, da quel che so” ironizzò il conte, scartabellando nel mobile alla ricerca di qualche altro accessorio stravagante.

Quando trovò un gilet in seta blu con ricami dorati, e pesanti borchie ottonate sulla schiena, lo consegnò alla moglie, divertito.

“Con questo, diventereste una corsara coi fiocchi.”

Indossatolo con un risolino agli angoli della bocca, Kathleen si sistemò meglio il cappello perché le nascondesse in parte il viso e la rendesse più misteriosa.

Fatto ciò, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che potesse fungere da spada ma, nulla trovando, chiese in prestito il bastone del marito e si mise in posa.

L’abito in stile impero che indossava non le consentiva una postura molto comoda, ma poteva andare lo stesso.

Christofer ne rimase a dir poco incantato, lei fiera e meravigliosa in quelle vesti così inconsuete per la sua giovane sposa.

I suoi occhi verdi, in cui splendevano mille pagliuzze dorate, erano illuminati dalla gioia e da una giocosa malizia, e le gote rosee erano abbellite da quelle meravigliose fossette, che comparivano quando era felice.

In quel momento, nonostante si sentisse un vero barbaro al solo pensarlo, avrebbe voluto gettarla sulla prima superficie morbida disponibile e farla sua.

Era la creatura più sensuale, bella e speciale che avesse mai incontrato in vita sua... ed era sua moglie.

Quando mosse un passo verso di lei, però, la donna si mise in posizione di attesa e il conte, a quel punto, comprese anche un'altra cosa.

Scoppiando a ridere di gusto, Christofer si passò una mano sul viso ed esalò sconcertato: “Oh,cielo! Non ditemi che William vi ha insegnato anche a tirar di spada?!”

“No, è stato Andrew, quando avevo quattordici anni” replicò lei, facendo la lingua come una birbante.

Sì, fece proprio la lingua.

Il marito non resistette più.

Annullò la distanza che li separava con pochi, rapidi passi e, sotto lo sguardo sconvolto e vagamente sorpreso di Kathleen, le strappò dal capo il pesante cappello.

Lesto, prima che potesse sfuggirle, le avvolse la vita con un braccio e la schiacciò contro di sé.

Stretta in quell'abbraccio febbricitante, gli occhi colmi di desiderio del marito puntati su di lei, la contessa socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma lui glielo impedì.

La sospinse verso un cumulo di coperte ammonticchiate in un angolo e, sfiorandole la guancia con un bacio, mormorò roco: “Non spaventatevi, per pietà... voglio solo tenervi stretta a me. Prometto di non fare altro.”

Lei annuì e, con delicatezza, poggiò le mani sulla schiena di lui, forte e ampia.

Christofer emise un sospiro tremulo in risposta al suo tocco e le labbra, come mosse da fili invisibili, si poggiarono vogliose sul suo collo, deponendovi un bacio.

Kathleen sospirò e, sorprendendo se stessa e il marito, si inarcò contro di lui per offrirgli maggiore superficie su cui baciarla.

Il conte non se lo fece ripetere.

Uno dopo l'altro, piccoli baci carezzevoli si depositarono sulla carne morbida e profumata di lei che, pur tremando leggermente, lasciò fare il marito.

Voleva quel tocco, quella passione, quel desiderio incontrollabile e, anche se era difficile non lasciarsi sommergere dalla paura, desiderava che lui continuasse.

La mano destra di Christofer, frettolosa, le sollevò un poco la gonna fino a trovare le morbide calze di seta che lei indossava.

Carezzandole il polpaccio, mormorò tra un bacio e l'altro: “Adoro questo abito. Scollato al punto giusto.”

Un attimo dopo averlo detto, le depositò un bacio sulla clavicola, esposta al suo sguardo e alle sue labbra.

Kathleen ridacchiò, afferrandolo alla nuca perché non si scostasse, il cuore che le palpitava nel petto sempre più forte, sempre più frenetico.

La mano risalì, leziosa e piacevole, ammonticchiando poco alla volta la stoffa della gonna finché, sorpresa, non si bloccò per tastare qualcosa che mai si sarebbe aspettato di trovare.

Levandosi su un gomito per meglio osservare ciò che la mano aveva toccato – lasciando Kathleen insoddisfatta, e desiderosa che lui continuasse – Christofer sogghignò nel tornare a guardarla.

Malizioso, mormorò: “Siete davvero una donna pirata, mia cara.”

“Giro sempre con una pistola nella giarrettiera, signor conte” sussurrò lei, sorridendogli con fare così sensuale che il marito non poté che tornare a stringerla in un abbraccio di fiamma.

Lasciato perdere che ebbe la piccola pistola, Christofer proseguì la sua risalita fino a sfiorarle un fianco, abbracciato da morbida seta.

Lì, però, si fermò, risistemò la gonna e badò solo a sfiorarle il corpo da sopra gli abiti pesanti.

Non voleva prenderla lì, come se fosse stata una sguattera.

Il solo fatto che lei non cercasse di fuggire o, peggio, di urlare in preda al panico, era comunque un successo.

Proseguì con baci leggeri alla base del collo e sulle spalle che, lentamente, ne sciolsero le ultime paure e, quando finalmente arrivò alla sua bocca, mormorò: “Volevo trovare un regalo per voi, ma voi l'avete fatto a me.”

Sgranando gli occhi per la sorpresa, occhi che erano accesi di passione e desiderio, Kathleen esalò: “Oh, ma... non abbiamo fatto nulla e...”

Lui rise nonostante tutto, dandole un bacetto sul naso prima di replicare: “Mia cara, se pensate che questo sia nulla, allora mi sorprendete. Questo è ciò che avrei dovuto fare con voi, la prima notte di nozze. Invogliarvi a desiderare il piacere, non a temerlo. Farvi capire quanto eravate preziosa e speciale. Nulla di tutto ciò vi è stato dato, perché io ve l'ho tolto con l'inganno.”

“Ma ora me lo avete reso” ribatté lei, gli occhi lucidi di una felicità a cui Christofer non volle dare un nome per la troppa paura.

“Sì, credo di sì, anche se posso dire di averne goduto a piene mani a mia volta” ammise lui, chinandosi finalmente per baciarla.

Kathleen chiuse gli occhi non appena le sue labbra toccarono quelle del marito.

Contrariamente alla volta precedente, però, lui fu delicato, le mordicchiò un labbro per stuzzicarla e, quando le sfiorò la bocca con la lingua, lei lo accolse.

Fu naturale, pur se non lo aveva mai sperimentato.

Avvertì ogni suo tocco, ogni suo guizzo e, mentre quelle magnifiche labbra facevano svanire da lei qualsiasi desiderio di fuggire, il ricordo della tentata violenza andò scemando.

Rimase solo il fuoco appiccato da Christofer, la brama crescente che aveva di lui, la forza che sentiva accrescersi dentro il suo animo grazie al suo tocco.

Ansò sotto il peso del marito, e si contorse per meglio aderire a quel corpo tonico e forte.

Nel farlo, però, le coltri persero stabilità e, strillando per la sorpresa, entrambi ruzzolarono a terra in un mare di polvere e coperte.

Scoppiando entrambi a ridere per quel volo imprevisto, si misero seduti su quello che rimaneva del loro talamo improvvisato.

Lo scenario era davvero bizzarro.

Spazzolandosi poi vicendevolmente gli abiti, continuarono a ridere fino ad avere le lacrime agli occhi.

“Non ho mai... combinato... una tale confusione... in vita mia...” boccheggiò Christofer, incapace di smettere di ridere.

“Con una donna?” esalò lei, asciugandosi lacrime di ilarità nel rimettersi in piedi.

“Anche” ammise lui, afferrando il bastone per alzarsi.

Nel farlo, gli occhi gli caddero su ciò che era venuto a cercare e, accendendosi di letizia, esclamò: “Eccoli!”

“Cosa?” volle sapere la moglie, seguendone lo sguardo deliziato.

“Il mio regalo per voi” le spiegò Christofer, armeggiando con uno scatolone di legno perché fosse più accessibile.

Aiutatolo come meglio poté, Kathleen si esibì in un sorriso estasiato quando comprese cosa fossero i tesori tanto bramati dal marito.

Nel sollevare uno dei quadri contenuti nella pesante cassa, iniziò col dire: “Sono i vostri...”

La voce, però, le morì in gola, quando i suoi occhi si posarono sull'enorme squarcio che divelleva l'opera.

Impallidendo visibilmente, Christofer corse a controllare gli altri quadri, un pensiero assillante a gelargli il cuore.

Una dopo l'altra, le tele vennero estratte e lasciate ricadere a terra come stracci usati.

Nessuna di esse si era salvata dallo scempio cui erano state vittime sacrificali e Kathleen, nello stringere le spalle tremanti del marito, mormorò: “Sapete chi può essere stato?”

“Una sola persona. Mio padre” ringhiò l'uomo, fremente di una rabbia tale che, se le forze glielo avessero concesso, avrebbe raso al suolo l'intero Green Manor.

Suo padre non aveva mai fatto mistero di non approvare la sua passione per la pittura.

Mai, però, avrebbe immaginato che sarebbe giunto a distruggere i suoi quadri, in sua assenza.

“Perché tenerli? Non capisco” mormorò Kathleen, avvolgendo le braccia attorno alla vita del marito, che strinse a sé un attimo dopo.

“Per spregio, perché io potessi vederli” sibilò l'uomo, passandosi la mano libera tra i capelli. “Dio, … se fosse ancora vivo, lo ammazzerei di mia mano!”

La moglie levò fiera il capo a scrutarlo e, lapidaria, dichiarò: “Non dategli la soddisfazione di fargli capire, anche dall'aldilà, che è stato capace di ferirvi. Possiamo fare altri quadri... insieme. Voi mi insegnerete dove sbaglio, e creeremo altre opere che esporremo in villa.”

“Kathleen...” sospirò lui, fissandola in quei grandi occhi coraggiosi.

“Non dategli l'opportunità di ferire anche voi” lo scongiurò lei, speranzosa.

“Lo ha già fatto mille e mille volte, nel corso degli anni” ironizzò tristemente l'uomo, scostandosi dai suoi quadri mutilati.

“Beh, allora credo che basti e avanzi” borbottò la moglie, raccogliendo dalla cassa la sua valigetta con i colori e i pennelli. “Usateli, e rendetemi fiera di voi.”

“Con dei colori a olio?”

“Si rivolterà nella tomba, ne sono sicura, e io ne sarò lietissima” si limitò a dire Kathleen, senza alcun pentimento nella voce.

Non erano belle cose da dire, ma Christofer sapeva esattamente da dove nasceva quell’asprezza.

Molte volte si era trovato in quell'oscuro regno, in cui suo padre era solito mandarlo con le sue male parole, o i suoi gesti egoistici.

Aveva subito molti tipi di violenza, dal padre, oltre a quella fisica – il vecchio conte era un fervido sostenitore delle punizioni corporali.

Come aveva sostenuto la moglie, però, era tempo che Bartholomew Spencer smettesse di ferirli, anche se solo dalla tomba.

“Dovrete attendere un po' per il vostro regalo, stando così le cose” si scusò Christofer, stringendosi al petto la sua scatola di colori e pennelli.

Lei, però, sorrise e, arrossendo copiosamente, mormorò: “Beh, penso di aver ricevuto per lo meno... l'antipasto.”

“Katie!” esalò il marito, sorpreso dal suo ardire.

La moglie reclinò il capo e lo poggiò contro il suo braccio perché non la vedesse avvampare e, con voce solo a stento udibile, ammise: “Non... non ho avuto paura. Se siete voi a toccarmi, non ho paura. Non più.”

“Procederemo comunque per gradi” sostenne lui, sorprendendola un poco. “Oggi eravamo sovraeccitati dalla ricerca ma sono più che sicuro che, a mente fredda, qualche paura tornerà a solleticarvi. Ho visto più di un soldato, preda di crisi post-traumatiche, perciò so che ci possono essere delle ricadute. Non forzerò la mano, pur se ammetto senza remore che oggi il mio cuore ha gioito.”

Kathleen annuì, sorridendogli grata e, mentre le imposte venivano chiuse una dopo l'altra, la giovane si ripromise di trovare un regalo degno per il marito.

Lui le aveva aperto le porte per una ritrovata libertà, e nulla di quanto avrebbe fatto, da lì in poi, sarebbe bastato per ricompensarlo.

Ma, in un modo o nell’altro, l’avrebbe fatto.
 
***

Il suono del pianoforte si espandeva per la villa con toni struggenti, senza dimensione né corporeità.

Poiché da tempo non aveva più udito alcuno suonarlo, Whilelmina si chiese fuggevolmente se Kathleen si fosse per caso recata nella sala della musica.

Sapeva che, ogni tanto, era dedita a suonare brani di Mozart o Beethoven, ma quello non le sembrava uno dei suoi pezzi preferiti.

Se la memoria non le giocava brutti scherzi, quello era il Preludio in C maggiore di Bach, e Kathleen non era solita interpretarlo.

Non fu del tutto sorpresa perciò quando, sul divanetto di fronte al bellissimo pianoforte a coda, trovò il figlio.

Era raro che Christofer suonasse – l'ultima volta che era successo, Bartholomew aveva litigato ferocemente con lui – ma, quel che veramente la stupì, fu vedere Kathleen al suo fianco.

Col terminare delle ultime note, che galleggiarono nell’aria immota della stanza, Christofer attaccò i primi passi di Sonata al chiaro di luna di Beethoven.

Whilelmina rabbrividì interiormente a quel suono, presagendo qualcosa di brutto, ma lasciò perdere quei tetri pensieri per fare attenzione a ciò che aveva davanti.

Le mani di Kathleen erano poggiate sulle spalle ricurve del marito e, ogni tanto, le sue dita sistemavano con gesti teneri le ciocche brune di Christofer.

Il figlio portava i lunghi capelli sciolti sulla giacca, giacca che recava segni evidenti di polvere, come pure l'abito di Kathleen.

Ma dov'erano stati? Cos'era successo?

Kathleen fu la prima a rendersi conto della presenza della suocera.

Salutatala con un mormorio, si scostò appena dal marito per volgersi completamente nella sua direzione.

Subito, la melodia si interruppe, galleggiando ancora qualche secondo nell'aria prima di scomparire.

Con un movimento fluido, Christofer si volse a sua volta verso la madre e, allargando le gambe, attirò possessivo a sé la moglie.  

Senza dar peso all’aria sconvolta della contessa madre, strinse le braccia attorno all’esile vita di Kathleen per poi poggiare il capo appena sotto i suoi seni.

Sconvolta da quel comportamento ben poco decoroso, anche per una coppia sposata e, di sicuro, impensabile per Kathleen, Whilelmina però si trattenne dal fare qualsiasi commento.

Vedere la nuora perfettamente a suo agio con il marito, frenò la sua lingua.

Appariva sicura di sé, quasi protettiva nei confronti di Christofer.

Con un braccio ad avvolgere le spalle del marito, pareva pronta a sfidare un'intera legione di dragoni inglesi, se solo avesse dovuto.

Ancora una volta, la donna si chiese cosa fosse successo a entrambi per portarli a quel radicale cambiamento.

Ben sapendo quale fosse la sua missione, però, lasciò le domande a un secondo momento ed espose ciò che doveva.

“Mi fa piacere avervi trovati entrambi” esordì la contessa madre, cercando di non sentirsi imbarazzata di fronte al comportamento fin troppo possessivo del figlio nei confronti della moglie.

“Cosa succede, madre?” le domandò lui, attirando sulla gamba sana la moglie, che si sedette con naturalezza.

Christofer le sorrise un attimo dopo, dandole un buffetto sulla guancia come per ringraziarla della fiducia accordatagli.

“Abbiamo ricevuto un invito dal barone Barnes per le festività natalizie” confidò loro la donna, sorprendendoli entrambi.

Consegnando la missiva con l’invito al figlio, continuò dicendo: “Ci invitano a recarci presso la loro villa di campagna, pregandoci di rinunciare temporaneamente alle gramaglie in occasione delle festività natalizie, così da rendere più gioiose le feste al piccolo Randolf.”

Annuendo torvo, Christofer lesse più e più volte la missiva, scritta evidentemente da Georgiana, la madre di Kathleen.

Nel riporla sul pianoforte, il conte asserì: “Non posso negare che al piccolo Randolf possa far bene un po’ di cambiamento, dopo tanto lutto, ma quel che mi stupisce è l’invito. Mi era parso di capire che il barone Barnes mi odiasse e, di certo, io non ho mai esternato un grande amore per lui.”

Christofer lanciò un'occhiata dubbiosa all'indirizzo della moglie, che appariva non meno preoccupata di lui.

Quell'invito aveva tutto l'aspetto di un bacio di Giuda, ma il conte non se la sentiva di tenere la moglie lontana dalla sua stessa famiglia, pur non apprezzandone per nulla il padre.

Whilelmina mormorò con tono conciliante: “Può darsi che il tempo abbia raffreddato la rabbia di Barnes, consentendogli di scorgere la verità oltre il dolore.”

Christofer si mostrò molto più che scettico, ma fu Kathleen a esprimere apertamente quanto poco credesse a quelle parole.

“Mio padre non passerebbe sopra al proprio orgoglio ferito neppure in punto di morte” asserì sarcastica la giovane, levandosi dalla gamba del marito per passeggiare nervosamente attraverso la stanza. “Questo invito mi sembra solo l'ennesima occasione per denigrare mio marito, e prendere di mira me. Non fosse per mia madre, che so essere innocente, rispedirei al mittente il messaggio senza neppure una risposta.”

La suocera si limitò ad annuire, lo sguardo per lo più concentrato sul figlio che, come un magnete, non faceva che seguire con gli occhi i movimenti nervosi della moglie.

Da quando l'aveva abbandonato, pochi attimi prima, il suo viso si era subito incupito e, come spinto da una profonda preoccupazione, il suo sguardo non l'aveva più lasciata.

Non voleva intromettersi nelle loro vite private per conoscere i motivi di un tale comportamento, ma era assai curiosa di comprendere cosa fosse mutato, in loro.

Sperava ardentemente che il figlio non si fosse spinto troppo in là con la moglie, spaventandola ulteriormente ma, almeno a giudicare dal comportamento di Kathleen, pareva l'esatto contrario.

La giovane si era fatta fieramente, e apertamente, protettiva nei confronti di suo marito, e lasciava che Christofer la toccasse senza che lei provasse l'istinto di fuggire.

Era davvero successo qualcosa, ne era certa, ma comprendere come comportarsi con Barnes aveva la precedenza sulle sue domande.

“Preferireste non andare? Mi atterrò alle vostre scelte” le propose Christofer, sorridendole comprensivo.

Kathleen si volse a guardarlo, le braccia strette sotto i seni e il viso nuovamente pallido e triste.

Il marito detestò vederla in quello stato e, infischiandosene del ton, la attirò verso di sé in un abbraccio consolatorio, in cui Kathleen si lasciò andare con un sospiro.

“Lo ucciderò di mia mano per avervi fatta intristire, Kathleen. Non dovete permettergli di rovinarvi le festività. Non andremo. Punto” ringhiò Christofer, carezzandole lentamente la schiena.

Lei scosse il capo, scostandosi appena per scrutarlo in viso e, con una sicurezza che non provava, replicò: “Andremo. Non voglio più farmi mettere i piedi in testa da mio padre. Vorrei far visita a mia madre e al piccolo Randolf, pur se Myriam e mio padre non saranno affatto felici di vederci.”

“Affari loro” sentenziò lapidario il conte.

Rivoltosi poi alla madre, l’uomo dichiarò: “Manda pure a dire a lady Georgiana che accettiamo il loro invito, e che giungeremo alla villa dei Barnes due giorni prima di Natale, nel primo pomeriggio.”

Whilelmina assentì e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla coppia, che tornò a dedicarsi al pianoforte, si avviò per recarsi nel suo studiolo a redigere la risposta a quello strano invito.

Mentre percorreva a ritroso i corridoi che l'avevano condotta alla sala della musica, la contessa madre tornò a udire il suono melanconico del piano.

Stavolta, in quell'accorata richiesta di pace, avvertì il tocco di Kathleen.
 
***

“Cosa dovrei fare, scusate?” borbottò contrariata Kathleen, accigliandosi di fronte all'assurda richiesta del marito.

La sala d'armi, ove si trovavano in quel momento, era illuminata da candele appese a pesanti candelabri d'argento.

Dal soffitto, leggiadri lampadari pendevano come enormi mani distese, sparpagliando bargigli di luce un po' ovunque.

Il piano in parquet era stato tirato a lucido da poco, e rifletteva la luce delle candele rinviando una calda luce dorata tutt’attorno.

Appese alle rastrelliere da muro, una serie di spade da allenamento si alternavano ad autentici pezzi da collezione, provenienti da ogni angolo del mondo conosciuto.

Stupende katane giapponesi, avvolte nei loro elaborati foderi, erano compagne preziose per elaborate e magnificenti sciabole arabe dalle else ingioiellate.

Kris malesi di ottima fattura, dalle lunghe lame a fiamma, erano appesi accanto a possenti bipenni di origini scandinave.

Ammirando pensieroso quella collezione, Christofer replicò candidamente alla moglie: “Desidero solo rendermi conto della vostra preparazione, tutto qui.”

“E per questo dovrei indossare le brache di... di Julian? Per saziare la vostra curiosità?” esalò la donna, avvampando in viso nel tenere tra le mani gli indumenti perfettamente ripiegati del valletto del marito.

“Non venitemi a dire che William non vi ha rinfrescato in materia, in mia assenza, perché non vi crederò mai. Inoltre, non penso lo abbiate fatto abbigliata a quel modo. Quella gonna non ha un'ampiezza tale da permettervi un buon gioco di gambe, figurarsi un affondo di spada” le fece notare il marito, ghignando divertito.

Lei sbuffò contrariata e mugugnò: “Ve l'ha detto Julian, vero?”

“L'ho fatto parlare, sì” ammise candidamente il marito. “Inoltre, ho fatto due più due. E' l'unico, tra i nostri dipendenti, a essere abbastanza magro da potervi prestare un simile indumento, e i pantaloni da cavallerizza sono solo mutandoni assai lunghi…e ben poco decorosi, senza la gonna al seguito.”

Ghignando, aggiunse malizioso: “E, visto che immaginavo non vi sareste mai abbassata a esibirvi con i mutandoni neppure dinanzi a vostro fratello...”

Il rossore sul volto di Kathleen si fece così evidente che il marito scoppiò a ridere sonoramente, portando la donna a sbuffare infastidita.

Con rabbia, si infilò infine le brache sotto le gonne con gesti goffi e furiosi.

Quando fu più o meno soddisfatta del lavoro, sibilò: “Dovete aiutarmi con l'abito, razza di idiota, invece di rimanere lì a sghignazzare come una scimmia.”

Christofer incontrò una certa difficoltà a rimanere serio e, mentre slacciava il vestito della moglie sulla schiena, non riuscì a veder nulla di sensuale in quel gesto.

Era troppo impegnato a ridacchiare per i suoi brontolii sommessi e sentiti, per cogliere l’evidenza di ciò che stava compiendo.

Quando infine lei rimase in camiciola – che sfiorava a malapena le cosce – era a dir poco paonazza in viso, ma il marito si ritenne soddisfatto.

Lasciati abito, sottogonne e corsetto su una sedia, Christofer la ammirò in quella strana mise, trovandola più seducente di mille dame abbigliate con raffinata seta orientale.

Fu solo in quel momento che capì di aver quasi spogliato del tutto sua moglie.

Le lunghe gambe slanciate, messe in mostra dalle brache di velluto strette al ginocchio, erano diritte e morbidamente tornite.

La camiciola di lino, che le avvolgeva i seni con leggerezza, lasciava ben poco all'immaginazione.

Nel complesso, era deliziosa, e le sue mani vennero percorse da un brivido di aspettativa, di desiderio a stento controllabile.

Ma non poteva prenderla lì, in quella stanza tutt’altro che agevole per le arti amatorie.

Inoltre, doveva prima di tutto pensare a lei, e non ai propri desideri carnali.

“Se mi aveste avvisata di questa pazzia, mi sarei preparata degnamente” ringhiò lei, afferrando con competenza una delle spade da addestramento, debitamente smussata su punta e lama.

“Credetemi, vi trovo più che adeguata” replicò lui, imitandola e piazzandosi in mezzo alla stanza.

“Mancano due ore alla cena, … non credete che avremmo potuto scegliere un altro giorno, per questo gioco?” brontolò ancora Kathleen, mettendosi in posizione di difesa.

Christofer approvò mentalmente la sua postura, ma si limitò a dire: “Dovevo sincerarmi di una cosa.”

“E cosa?” sbottò la giovane.

L'uomo si esibì in un affondo che colse di sorpresa la contessa, costretta suo malgrado a difendersi.

Rintuzzato il colpo con una parata, Kathleen replicò con una stoccata, che Christofer evitò abilmente.

Pur gravato dall'impedimento della gamba destra, ancora debole seppur in netto miglioramento, il conte riuscì a piazzare qualche ottimo colpo prima di disarmare con abilità la moglie.

Lesto, la afferrò alle spalle, avvolgendole un braccio attorno alla vita.

Mentre il tintinnio della spada rimbalzava da una parete all'altra della stanza vuota, Christofer si strinse la moglie al petto, ansante non meno di lui.

Nel poggiare le labbra roventi sulla pelle del suo collo, mormorò: “Volevo essere certo che poteste difendervi. Non mi fido di vostro padre e, per nessun motivo al mondo, vi lascerei entrare in casa sua meno che preparata.”

Schiacciata contro il corpo rovente del marito, che la stava trattenendo possessivamente alla vita, Kathleen esalò: “Pensate davvero che possa attentare alla mia vita?”

“Non penso nulla, Katie. Vi voglio solo in grado di difendervi, qualora io non fossi presente per qualsiasi motivo. Nessuno deve toccarvi, a parte me” ringhiò Christofer, affondando il viso nei suoi capelli raccolti in uno chignon per aspirarne il dolce profumo di miele.

“Christofer...” mormorò lei, sorpresa dal tono possessivo e accorato del marito.

Lasciando andare la spada a terra, il conte la strinse con entrambe le braccia e, in silenzio, rimase a cullarla dolcemente nel suo calore, nella stretta protettiva del suo abbraccio.

Lentamente, la furia che aveva preso Christofer scemò e Kathleen, ormai rilassata contro il torace dell'uomo, sussurrò: “Siete preoccupato di rimanere vedovo, mio signore?”

“Sono preoccupato per voi, ragazza insensibile” brontolò lui, scostandosi dalla moglie per voltarla verso di sé e fissarla negli occhi. “Come potete anche soltanto pensare che io non mi preoccupi per voi?!”

Lei allora gli sorrise dolcemente e celiò: “E' per questo che mi avete sconfitta, e mi avete dimostrato che non posso difendermi da sola?”

Christofer imprecò senza tanti complimenti e, torvo in viso, le confidò: “Signora, se foste riuscita a togliermi la spada, mi sarei trafitto io stesso su di essa. Ve lo dico senza tema di venire smentito, mia cara... ero, e sono, il miglior spadaccino di tutto lo Yorkshire. Per questo, sono abbastanza sicuro quando vi dico che no, non mi avreste mai disarmato ma sì, vi ritengo in grado di difendervi discretamente bene.”

La moglie lo fissò sinceramente stupita e Christofer, con aspra ironia, ammise: “Mio padre è sempre stato contrariato all'idea che fossi io, il miglior spadaccino in famiglia. A Eton non avevo rivali e, se Andrew fosse qui, vi potrebbe confermare che non mento. So che conoscete Anthony Phillips,… chiedete a lui, quando sarà  tornato dalla Spagna. Potrà decantare le mie prodezze molto meglio di me.”

Sorridendo appena nel sentir parlare del loro comune amico d’infanzia, Kathleen mormorò: “E’ troppo impegnato con il Ministero della Guerra, per tornare a York… e so che la sua missione a Madrid non è meno impegnativa degli affari che svolge di solito a Londra.”

Levando un sopracciglio con evidente sorpresa, Christofer le chiese lumi in merito e la moglie, nel riporre la sua arma, asserì: “Lady Phillips viene qui, a volte, e così parliamo di suo figlio e delle sue missioni diplomatiche. Di quel poco che sappiamo, per la precisione.”

Annuendo, Christofer dichiarò: “Era anche grazie a lui e alla sua abilità di spia, se riuscivamo ad avere dispacci aggiornati. Una qualità che coltiva da anni, per la verità.”

Lappandosi nervosamente le labbra, la giovane mormorò: “Andrew non mi parlava mai di Eton, quando era a casa. Immagino intendiate che Anthony imparò lì.”

Assentendo torvo, il marito borbotto: “Non ve ne parlò mai volentieri perché era l'Inferno in terra, mia cara, e non erano argomenti degni delle vostre gentili orecchie. E sì, Anthony imparò lì, salvandoci da un sacco di punizioni corporali. Più di quante voglia ammettere… o rammentare.”

“Eravate così scapestrati?” cercò di ironizzare Kathleen, non riuscendovi.

Gli occhi di Christofer si fecero di ghiaccio, nel rammentare quegli anni in collegio.

“Ben pochi rampolli delle case nobiliari inglesi, meritano il titolo che Dio ha deposto sulle loro spalle. La maggior parte, sono boriosi figli di papà, che non fanno altro che prendersela con i più deboli... o con i figli cadetti. Non mi vergogno nel dire che i miei fratelli erano parte dei miei aguzzini, spesso e volentieri.”

“Oh” esalò Kathleen, comprendendo al volo cosa volesse dirle il marito.

Con un sorriso ironico quanto triste, lui ammise: “Ho imparato a essere il migliore nella lotta, quanto nella scherma, per non venire massacrato. I miei fratelli non erano molto propensi a difendermi, quando erano a Eton con me, perciò...o imparavo, o morivo.”

“Capisco” assentì lei, spiacente. “E io che pensavo che solo i circoli per sole signore fossero insopportabili!”

Ridacchiando suo malgrado, Christofer esalò: “Non credo che le lezioni di bon-ton, o di cucito, possano produrre i danni di Eton, ma non desidero sapere davvero cosa fate, quando voi donne siete sole.”

“Non ci accoltelliamo con i coltellini da burro, se è questo che temete” ironizzò lei, ammiccando divertita.

“Ah, Katie! Ora sì che mi piacete. Prima, nella sala della musica, eravate così pallida!” mormorò il marito, deponendole un bacio sulla fronte.

“La prossima volta che vorrete tirarmi su di morale, portatemi un fiore. Sarà più semplice e meno... confusionario” replicò lei, indicando i suoi abiti ammonticchiati su una sedia.

“Lo spogliarello mi ha divertito, però” ammise lui, lanciando un'occhiata interessata ai suoi seni.

Kathleen arrossì suo malgrado e, nell'andare a recuperare i propri indumenti, borbottò: “Non vi rispondo per le rime solo perché io ho avuto l'opportunità di vedervi con molto meno addosso.”

“Grazie per averlo notato” ironizzò lui, deliziato alla vista del morbido fondoschiena della moglie, abbracciato dalle brache di velluto di Julian. “Ah, mia signora... siete davvero una visione!”

Lei si raddrizzò immediatamente, gli abiti stretti in un unico fagotto contro i seni e, lanciandogli un'occhiataccia da sopra una spalla, ringhiò: “State attento, mio caro... ci sono troppe armi, qui dentro.”

Christofer scoppiò a ridere di tutto cuore mentre, a passo di carica, la moglie si dileguava dalla sala d'armi.

Oh, sarebbe stato un autentico divertimento, il suo matrimonio, d’ora innanzi, ne era sicuro!

 
 
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1: Il dipinto di cui parlo è “Cascata tra le rocce”, del pittore olandese J. Van Ruisdael, che attualmente si trova nella National Gallery di Londra.



 
  
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