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Autore: aoimotion    25/03/2016    25 recensioni
1 - Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola.
5 - Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
11 - Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»

13 - «Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
16 - Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
20 - «È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
[Post-film] [I'm nothing but furry trash]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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~Coniglio~
15 - Ubriaco


 
 
(Il capitolo speciale è qui; spero che piaccia a voi quanto, da mera lettrice di se stessa, piace alla sua autrice.)


 
«Ca-ro-ti-na.» Nick sillabò il suo nome e scoppiò a ridere, mentre barcollava verso di lei con andatura incerta. «Lo sai, ci sono due Carotine in questo momento.»
«Davvero?» rispose Judy, scuotendo la testa con un moto di stizza. «E cosa stanno facendo?»
Nick fermò la sua stramba marcia. «Vediamo…» Il partner assottigliò lo sguardo e si toccò il mento con la zampa, come se da quell’osservazione si preparasse a dedurre la soluzione ad un difficile enigma. Ma, ben presto, quella posizione si rivelò instabile e la volpe cominciò a vacillare sul posto.
Judy sospirò e ripose il cellulare in tasca. «Grandioso, proprio oggi i taxi dovevano andare in sciopero.»
«Niente taxi» ripeté Nick, evitando per un pelo di cadere a terra. «Carotine scontente.»
«Fa’ silenzio» gli intimò Judy, additandolo. «Come ti è saltato in mente di bere tutto quel vino, Nick?»
Ma, soprattutto, come era saltato in mente agli altri di lasciargli bere tutto quel vino? Dimenticavano che Nick era grande un decimo di quanto lo erano loro? Per l’amor del cielo, era così ubriaco che avrebbe scambiato Finnick per una pantera.
Lui si strinse nelle spalle. «Alle volpi piace l’uva, alle volpi piace il vino.»
«Certo, alle volpi piace il vino… e poi tocca alle conigliette impedire che le suddette volpi anneghino la testa nel gabinetto della centrale.»
«Perché le conigliette tengono alle volpi.» Un sorriso da idiota gli si dipinse sul volto. «E le volpi tengono alle conigliette. Io tengo alla mia Carotina.»
«“Mia”? E da quando sarei tua, agente Wilde?»
Nick aprì la bocca per rispondere, ma il suono tardò ad uscire, come se avesse perso la strada di casa.
«Daaa… sempre» riuscì infine a dire, aggrottando la fronte per lo sforzo di pronunciare quelle parole.
«Oh, sì, certamente. Hai chiesto almeno il mio parere, prima di considerarmi una tua proprietà?»
La volpe grugnì un verso di chiara disapprovazione. «Ti prendi gioco di me. Cattiva, Carotina, cattiva.»
«Per forza, sei ubriaco» commentò Judy, lasciandosi sfuggire una risata divertita di fronte a quel broncio ridicolo. «E se non sei affidabile neppure da sobrio, immagina quanto peso abbiano adesso le tue parole.»
«Invece ce l’hanno» rispose Nick, sollevando una zampa a mo’ di monito.
La zampa oscillò come una zattera in balia delle onde e ricadde presto lungo il suo fianco, mentre la volpe inclinava leggermente la testa – proprio come fanno i lupi, pensò Judy, divertita – probabilmente chiedendosi perché il suo braccio non fosse riuscito a stare dritto, o se quello fosse effettivamente il suo braccio e non l’arto di qualcun altro, o forse non chiedendosi nulla, lasciandosi semplicemente sprofondare nel suo stato alticcio.
«Andiamo, Nick, ti porto a casa io.» Judy gettò una rapida occhiata all’orologio infisso sulla parete dell’ufficio. «Sono appena le otto, a quest’ora non dovrebbe esserci troppo– ehi!»
Ma era evidente che lui non avesse alcuna intenzione di tornare a casa.
«Mia» sussurrò la volpe, cingendola con entrambe le zampe. «Adesso non mi scappi più, Carotina.»
Judy si paralizzò, incapace di adottare un’adeguata contromisura a quell’assalto improvviso. Perché, un conto era rispondere a tono a Nick Wilde, pienamente in possesso di tutte le sue facoltà mentali, un altro tenere a bada una volpe ubriaca e… terribilmente tenera.
«Nick…» mormorò, «puzzi di vino.»
«E tu odori di coniglietta» ribatté il partner, come se il nocciolo della questione fosse stabilire chi sapeva di cosa. «Mh, che buon profumo…»
Il tartufo di Nick le accarezzò dolcemente il collo scoperto. Judy chiuse gli occhi, tremante, cercando di placare la tachicardia che le stava pericolosamente accorciando la vita. Se non avesse posto un freno a quella situazione, Judy era certa che sarebbe morta entro la tarda serata.
«Nick, posso fornirti almeno tre validi motivi per cui non dovresti fare quello che invece stai impunemente facendo» gli disse, allontanandolo – a malincuore – da lei. La volpe ciondolò incerta, incespicò nella propria coda e urtò malamente la scrivania di Bogo.
«Ahi!» esclamò Nick, quando il portapenne del capo gli cadde sulla zampa a causa del colpo. «Stupida tazza.»
«Non è la tazza ad essere in torto, siamo noi che non dovremmo neppure essere qui.»
E, infatti, quello era l’ultimo posto in cui avrebbe mai pensato di rinchiudersi quella sera. «Non possiamo rimanere nell’ufficio di Bogo, riesci a capirlo?»
Sfortunatamente, in quel momento, Nick era predisposto a capire tanto quanto lo sarebbe stato Clawhauser a mettersi a dieta.
«No» rispose semplicemente lui, regalandole un sorriso spensierato. «A me piace questo ufficio.»
«È per questo che ti sei trascinato fin qui come un verme?» Judy ripensò per un momento a come lo aveva trovato, disteso a pancia in giù sul pavimento e intento a cantare inni antichi in una lingua che persino gli dei avevano dimenticato, e sentì un potente avvilimento scorrerle nelle vene con la forza di un fiume in piena.
Nick fece una smorfia che doveva presumibilmente esprimere disappunto. «Cercavo te, sciocca Carotina. Dovevo… uh, sì… dovevo dirti… una cosa, sì.»
«Sul serio?» Judy si coprì la bocca con una zampa. «Accidenti, chissà quale impellente urgenza ti ha spinto a cercarmi nell’ufficio del capitano Bogo!»
Pure da ubriaco, il partner parve capire che stava venendo deriso, e la sua espressione divenne ancora più scontenta. «Adesso vedrai» le disse, prima di gettarsi verso di lei con uno slancio.
Judy sussultò e si spostò di lato, quanto bastava per sottrarsi a quel goffo tentativo di abbordaggio. Nick chiuse le braccia attorno all’etere, perse il suo già precario equilibro e cadde a terra con un tonfo.
«Ti porto a casa» annunciò la coniglietta, scuotendo mestamente il capo. «Sei ubriaco come una spugna, Nick.»
Lui mugolò qualcosa contro il pavimento e si rigirò faticosamente sulla schiena. «Sei crudele, Carotina. Perché schivi le mie etiliche avances?»
«Perché sono etiliche, per l’appunto. Se magari flirtassi con me da sobrio…»
Judy si bloccò, mentre le parole che le erano appena uscite dalla bocca cominciavano a girare attorno alla stanza, riempiendo il vuoto tra i due mammiferi con un’eco assordante.
‘Non l’ho detto davvero’, disse a se stessa. ‘Non l’ho detto davvero, non l’ho detto davvero…’
E invece, a giudicare da come Nick la stava guardando, l’aveva detto eccome.
«Carotina» mugugnò la volpe, mettendosi a sedere sul pavimento, «vieni qui.»
Judy si irrigidì quando vide le braccia di lui aprirsi nella sua direzione. «No.»
«Vieni qui» insistette, con una voce che in quel momento le parve miele fuso che colava dritto nelle sue orecchie. «Non ho intenzioni malvagie, lo giuro.»
«Bugiardo.» Judy incrociò le zampe al petto. Voleva mostrarsi indignata, forse anche arrabbiata, ma lo faceva soltanto per impedire al suo cuore di schizzarle via con un guizzo, neanche fosse stato una saponetta dispettosa.
Nick sghignazzò – era davvero ubriaco marcio, dannazione a lui – e avvicinò pollice e indice della stessa mano fino a farli quasi toccare. «Solo un pochino-ino-ino
Era così carino, pensò Judy con un moto di tenerezza. Così schifosamente rincretinito dal vino, certo, ma assolutamente adorabile.
Così diverso dal solito, vecchio Nick, eppure allo stesso tempo così lui, in un modo che non riusciva proprio a spiegarsi.
«Dai, idiota. Ti accompagno a casa.»
«Sono già a casa» biascicò Nick, grattandosi il collo con noncuranza.
«Bel tentativo, agente Wilde, ma dubito che il capitano Bogo ti lascerà chiamare “casa” il suo ufficio.»
«Non il suo ufficio… tu. Tu sei la mia casa, Carotina.»
Judy perse un battito. Era sleale, sleale, sleale all’ennesima potenza, così tanto che avrebbe voluto prenderlo a pugni, a schiaffi, a morsi, a baci– ok, forse quello no.
Forse.
«Nick, non sai neppure cosa stai dicendo…» Judy affondò il viso nelle zampe, alla ricerca di conforto. Lo sentiva caldo, come se avesse la febbre, ed era tutta colpa di quel sacco di peli, vino e fascino che giaceva per terra a pochi passi da lei.
Come osava starsene lì, seduto per terra come un imbecille, a fissarla con quegli occhi – di un verde illegale in almeno venti paesi del mondo – e a dire frasi da cucciolo di prima elementare? Come osava farla sentire così bene semplicemente spiccicando due parole impastate nell’alcool?
«Madame, lei mi ferisce.» La volpe si passò una mano malferma sul cuore. «Sarò pure ubriaco, ma so quel che dico.»
«Ma se non ti reggi neanche in piedi!»
«Per scelta» precisò lui e, come a voler confermare che era tutta una tattica per arrivare a lei, Nick allargò di nuovo le braccia. «Vieni qui, dai.»
Ad ogni “vieni qui”, Judy si faceva un po’ meno determinata a resistergli e un po’ più incline a dargli corda.
E questo non andava bene, non andava affatto bene.
«Perché?» gli domandò, per prendere tempo e nel mentre pensare a un modo per portarlo fuori dalla centrale passando inosservati. «Cosa vuoi farmi?»
Nick ridacchiò, come se quella sottile accusa lo divertisse, e cominciò a dondolare il busto. «Le coccole, che altro?»
Le coccole.
Nick Wilde, ubriaco, col pelo arruffato, seduto sul pavimento dell’ufficio del suo diretto superiore e con un ghigno demente stampato sul volto… voleva farle le coccole.
Il livello di ridicolo di quella situazione stava raggiungendo picchi da guinness dei primati. Era tutto così assurdo che per un attimo Judy pensò di essere ubriaca assieme a lui, anzi, forse era lei l’unica ubriaca tra i due e quella era solo un’allucinazione – di pregevole fattura, senza dubbio, ma pur sempre un’allucinazione.
Perciò, alla luce di quelle riflessioni, la coniglietta non rimase poi così sorpresa quando vide il suo stesso corpo incedere verso Nick, come animato da una forza misteriosa, e non rimase sorpresa neppure quando si piegò alla sua altezza per poterlo guardare dritto degli occhi.
La sorpresa cominciò però a coglierla quando si vide afferrare Nick per la cravatta e tirarlo più vicino al proprio muso.
«Attento a quello che desideri, agente Wilde» sussurrò. «Potrei sempre decidere di assecondarti.»
Dopo qualche attimo di iniziale smarrimento, Nick ricambiò il suo sorriso provocatorio e poi, proprio quando sembrava che il sogno stesse finalmente per infrangersi, la volpe le poggiò entrambe le zampe sulla vita e la attirò ancora più vicino a sé.
Judy sussultò, improvvisamente padrona di sé, e il suo primo pensiero coerente fu quello di darsi precipitosamente alla fuga.
Eppure, con lui con indosso la divisa da agente – come faceva a stargli così bene? – a tenerle saldamente i fianchi, a guardarla negli occhi in quel modo, con quell’espressione leggermente stordita ma che le bruciava sulla pelle come un fuoco, con le labbra perfidamente piegate all’insù, così vicino a lei da poterne sentire il respiro pregno di alcool sul proprio muso, Judy si ritrovò a pensare che Nick fosse dannatamente attraente e che, se anche avesse davvero finito col saltarle addosso, forse non le sarebbe dispiaciuto poi così tanto.
Ma quel pensiero durò un istante, il tempo che sbattesse le palpebre e ritrovasse il senso della realtà.
«Sei caduta nella mia trappola» disse Nick, a tanto così dal poggiare il naso contro il suo. «Coniglietta ottusa.»
Non aveva via di scampo; lei stava continuando a tenerlo per la cravatta – retaggio del precedente momento di follia che non si era ancora diradato – e lui, dal canto suo, le stringeva la vita con una possessività che le faceva venire i brividi, e non in senso negativo.
Judy credeva che sarebbe morta da un momento all’altro, di imbarazzo, di arresto cardiaco o di entrambe le cose, ma non c’era nulla che potesse fare per liberarsi da quella situazione.
Tanto per cominciare, lei stessa non era così convinta di volersene liberare.
«Nick, qualcuno potrebbe entrare qui da un momento all’altro…»
‘Non è questo il punto, Judy!’
«Non è un mio problema.» La volpe le risalì la schiena con una zampa, fino a giungere esattamente dietro il suo collo. «Io sono ubriaco, quindi non imputabile.»
Judy ribatté con un ben ponderato «sono abbastanza sicura che non funzioni in questo mod–», ma le labbra di Nick la zittirono prepotentemente prima che un altro suono potesse sfuggire alla sua bocca.
Le parole che avrebbe voluto pronunciare soffocarono nella sua gola ed evaporarono miseramente come neve al sole. La sua mente divenne completamente bianca; tutti i pensieri erano scomparsi, esattamente come il resto della frase che non avrebbe mai più avuto occasione di concludere.
D’istinto, Judy rafforzò la presa sulla cravatta. Si sentiva leggera, così leggera che quasi temeva di sollevarsi in aria e volare via in balia delle correnti.
Quando le loro labbra si staccarono, Nick la guardò dritta negli occhi. «Secondo te me ne ricorderò, domani?»
«Non… credo» balbettò Judy, controllando a stento il tono della voce. Il cuore stava battendo così forte da essere praticamente l’unico suono a riempirle le orecchie.
La volpe si passò una zampa sugli occhi e se li stropicciò. «Allora temo che dovrai aspettare, Carotina.»
Judy inclinò la testa, senza capire. «Cosa… cosa dovrei aspettare?»
«Che lo rifaccia da sobrio» replicò Nick; un mezzo sorriso gli si dipinse sul volto brillo. «Prima o poi troverò il coraggio, vedrai.»
«Tu…» La voce le morì dentro la gola e dalla sua bocca non uscì altro che un alito privo di suono.
«Eh~» La volpe avvicinò il muso alla sua faccia e la osservò intensamente. Poi, senza alcun preavviso… le leccò la guancia.
«N-N-Nick!» squittì Judy, mentre il sangue le affluiva tutto in viso. «Cosa stai facendo?!»
«Ti assaggio» rispose lui, con una semplicità che aveva dell’ingenuo e dello sfacciato insieme, coniugati in un ossimoro così perfetto da farla impazzire. «Sei così buona, Carotina…»
«No, aspetta… Nick!»
Ma non c’era nulla da fare: Nick Wilde proprio non si voleva fermare.
Le leccò ancora la guancia, poi risalì alla base delle orecchie e infine scese lentamente verso il collo, avventandosi sulla clavicola.
Judy si morse le labbra, ricorrendo a tutta la sua buona volontà per non lasciarsi sfuggire neanche un sospiro. «N-Nick, ti prego, no… ah!»
Dopotutto l’aveva previsto, no? Che sarebbe morta di qualcosa, entro la fine di quella stupida serata passata in centrale a festeggiare il compleanno di… aspetta, chi è che compiva gli anni quel giorno?
Un solletico improvviso all’altezza dell’addome le ricordò il motivo per cui non avrebbe potuto ricordarlo.
«Judy» mormorò la volpe, respiro caldo dentro le sue sensibili orecchie. «Judy…»
«No» ansimò la coniglietta, «ti prego, Nick, non dire niente
Il solo fatto che l’avesse chiamata per nome era bastato a disintegrare gran parte degli ultimi di barlumi di senno a cui stava miseramente tentando di rimanere aggrappata. Se dopo quello avesse pure aggiunto dell’altro – e, ubriaco com’era, chissà cosa avrebbe potuto dirle – Judy sarebbe caduta definitivamente in quella oscura voragine chiamata Perdizione, dove non esistevano né regole né buon senso.
«Piccola, piccola Judy» canticchiò, come fosse l’inizio di una filastrocca. «Mia, mia Judy…»
La spinse dolcemente a terra e la sovrastò con il suo intero corpo. Judy si specchiò in quegli smeraldi, appannati dai fumi dell’alcool eppure così vibranti di passione, e vi scorse una creatura ancora più piccola e impotente di come credeva di ricordarla.
Quella visione smosse qualcosa in lei; la Ragione, che Judy credeva perduta per sempre, si risvegliò e parlò per lei.
«Non farlo» supplicò con un filo di voce. «Non farlo… non adesso.»
«Ti voglio» disse Nick per tutta risposta, chinandosi su lei. «Ti voglio, ti voglio, ti voglio…»
Anche io, fu sul punto di replicare, ma fortunatamente riuscì a trattenersi. Se quelle parole avessero lasciato la sua bocca… non ci sarebbe stato più alcun punto di ritorno. E quello no, non era il momento. Non doveva andare così, non lì, non con lui in quello stato.
«Nick, sei ubriaco.» Dirlo in quella situazione le fece più male del previsto. Judy sentì le lacrime formarsi agli angoli dei suoi occhi, ma si impose di mantenere la calma. «I tuoi freni inibitori sono morti, affogati in tutto il vino che hai bevuto. Il vero Nick non mi avrebbe mai baciato e… l-leccato, e… n-non incomberebbe su di me come se volesse fare… f-fare…»
La volpe rise e la baciò di nuovo, ponendo così fine alle sue misere rimostranze. «Non posso fermarmi» mormorò, mentre prendeva a baciarla tutt’intorno al viso. «Dovrai farlo tu… se vuoi.»
«Scaricabarile!» esclamò Judy, prima che la lingua di Nick ricominciasse a lambire il perimetro del suo collo. «Non puoi lasciare a me… questa responsabilità…»
Ma era esattamente quello che stava facendo, quel disgraziato.
«Vuoi che me la prenda io?» mugugnò contro il suo pelo. «Non finirebbe bene, Carotina.»
«È facile parlare, per te… domani ti sarai scordato tutto, maledetto imbecille.»
Il pensiero era doloroso come una pugnalata nel petto, ma si mischiava così sapientemente al piacere che stava provando che Judy non trovava, nel vero senso della parola, la forza per resistergli. Sapeva che, da qualche parte nella sua mente – in quello che ne restava – doveva esistere almeno una buona ragione per porre fine a tutto questo. Eppure… quella ragione era lontana, troppo lontana perché lei potesse raggiungerla.
“… «Ehi, Francine, vacci piano con quella bottiglia!»”
O forse, in realtà, era più vicina di quanto pensasse.
“«Ma capo, è il mio compleanno! Mi lasci bere almeno oggi!»”
“Devo ricordarti cosa è successo l’ultima volta che ti sei ubriacato? Anzi, perché non lo chiediamo a Wolfar? Sicuramente se lo ricorda molto bene.»”
«Porca rapa» sibilò Judy, il corpo improvvisamente rigido come un’asse da stiro. «Porca, porca, porca rapa
Persino Nick, immerso com’era nella sua trance selvaggia, si accorse che qualcosa non andava. «Sento delle voci…»
«Sì» rispose lei, «è la Morte che è venuta a prendermi.»
E non nel modo che aveva immaginato.
“… «Glielo ripeto, capo: è stato un incidente. Non è colpa mia se Wolfar ha la coda così lunga!»
“«Ma è colpa tua se ti ubriachi senza ritegno. E, a proposito di ubriacarsi… dove diavolo è andato a finire Wilde?»”
«Oh, no…»
«Cercano me?» Nick rise, come se trovasse quella situazione estremamente dilettevole. «Sono famoso.»
«Sei cretino, non famoso.» Judy cercò di levarselo di dosso, ma il partner non collaborava. «Alzati, idiota! Ci sono Francine e il capo qua fuori!»
In quel momento, gli occhi di Nick si riempirono di un sentimento che assomigliava molto alla tristezza, ma che portava con sé altre sfumature – autentiche? Indotte dall’alcool? – che era difficile interpretare. «Si è esaurito il tempo, allora?»
E c’era qualcosa, qualcosa nella sua voce che le spezzò il cuore più del pensiero che Nick l’avesse baciata solo perché era ubriaco. Judy gli accarezzò una guancia, d’istinto, come se con quel gesto avesse potuto cancellare l’espressione sofferente sul suo volto, ma allo stesso tempo avrebbe voluto prenderlo a schiaffi perché era davvero uno stupido senza cervello.
«Temo di sì, Volperentola» rispose la coniglietta. «Vedi cosa succede ad affidarsi alla magia?»
Nick non rispose, ma lei fu certa di aver udito un uggiolare sommesso vibrargli nella gola. Un riso affettuoso sfuggì spontaneamente dalle sue labbra, benché la situazione fosse tutto fuorché amena. «E non pensare di intenerirmi, agente Wilde.»
E, in effetti, Nick non la “inteneriva”; lui la stregava, la faceva sentire come un'adolescente alle prese con la sua prima cotta, e Judy amava e odiava al contempo il modo sublime in cui ci riusciva.
“… «E ora che ci penso, anche Hopps è sparita da almeno un’ora. Sarà andata a cercarlo?»”
“«Bah, si saranno imboscati da qualche parte a fare chissà cosa.»”
Le voci provenienti dal corridoio la distolsero dai suoi pensieri. A quel punto Nick, come se fosse finalmente giunto alla fine delle sue elucubrazioni, parlò con voce incerta: «Ci proverò.»
«Perché non provi ad alzarti, tanto per cominciare?» disse lei, cercando di spingerlo via. «Se quei due entrassero qui in questo momento, penso che ci giocheremmo il distintivo.»
Eppure, nel dirlo, provò un sottile piacere che la fece sorridere dal profondo del cuore.
«No, davvero.» Nick si avvicinò al suo viso e parve scrutarla fin nell'anima. «Riuscirò a dirtelo… senza l'aiuto della Fata Madrina.»
«Una fata molto trasgressiva, se i suoi sortilegi consistono in una sbronza colossale.»
Nick le lanciò un'occhiataccia che la fece sussultare. «Sono quasi nei miei due minuti di lucidità prima del coma etilico totale, perciò attenta alle prese in giro, Carotina».
Judy trattenne il fiato. «Nick…? Sei tu
La volpe sorrise sprezzante – e sembrava davvero il suo Nick, mannaggia alle rape, con l’immancabile ghigno che riservava ad un mondo indegno di competere con il suo brillante intelletto; questa consapevolezza strisciò lentamente dentro di lei ed esplose violentemente in tutta la vastità delle sue implicazioni, lasciando la coniglietta un tutt’uno con l'orrore e la delizia, l'imbarazzo e la gioia.
«Io sono sempre io.» Nick si sollevò lentamente in piedi, ma si mise subito a sedere quando capì che non avrebbe potuto reggersi sulle proprie zampe. «Le cose che ti ho detto e… fatto prima, ecco…»
‘No’, pensò Judy, ‘non dirlo, non dirlo, non dirlo…’ e, immersa nella sua silenziosa preghiera, vide solo la bocca di lui che si muoveva, ma non fu in grado di cogliere quanto avesse appena detto.
Eppure, anche se le sue orecchie non avevano sentito, il suo cuore pareva averlo fatto, perché Judy sentì crescere in lei un’emozione potente e indescrivibile. «… Cosa hai detto, Nick?»
La porta si spalancò di colpo e un bufalo di loro conoscenza affacciò sulla soglia dell'ufficio.
Chissà se, a mordersi la lingua, Judy sarebbe morto sul colpo. Magari poteva provarci, giusto per togliersi il dubbio.
«Voi qui?» Bogo guardò Judy, poi guardò Nick, poi guardò di nuovo Judy e su di lei rimase, con un'espressione che la coniglietta non avrebbe dimenticato per almeno, beh, il resto della sua vita.
Che non sarebbe comunque durata a lungo, a giudicare da come il bufalo aveva appena lasciato cadere il suo bicchiere sul pavimento.
«Capo» rantolò lei, «le posso assicurare che ho un’ottima spiegazione per tutto questo.»
Se lo sguardo avesse potuto incenerire, Judy sarebbe appena stata fatta arrosto.
«Sarà meglio» sibilò Bogo. E poi aggiunse, puntando uno zoccolo contro Nick: «Wilde, se provi a vomitarmi sul tappeto… ti ammazzo
 
Il giorno seguente, un grumo di pelliccia e male di vivere venne ad accasciarsi pigramente sopra la sua testa, esattamente nello spazio in mezzo alle orecchie. «Carotina, uccidimi.»
«Non tentarmi» rispose Judy, senza smettere di battere alla tastiera. «E non respirarmi addosso, ché puzzi ancora di vino.»
Nick brontolò qualcosa di indistinto. «Mi sento come se avessi vomitato l’anima.»
«Quale anima?» chiese lei, alzando gli occhi al cielo. «Tu non ce l’hai, un’anima.»
Nick si allontanò da lei. «Quanta ostilità stamattina» commentò, dirigendosi verso la propria scrivania. «Solo perché ieri sera ero un po’ ubriaco…»
«Un po’?» La coniglietta smise di scrivere e gli lanciò un’occhiata colma di livore represso. «Nick, hai scambiato Bogo per una cabina telefonica‘E non è neppure la cosa peggiore che hai fatto.’
«Beh, le dimensioni sono quelle» replicò lui, prendendo posto sulla sedia girevole. «E poi… no, ok, non credo di potercela fare. Questo affare si muove troppo.»
«Non osare staccare le tue chiappe da lì, agente Wilde. Hai rapporti da stilare per i prossimi 274 giorni e io non intendo fare anche il tuo lavoro.»
La volpe si strinse nelle spalle con un sospiro. «Non capisco il perché di tanto rancore, agente Hopps. A tutti capita di ubriacarsi, talvolta.»
«C’è chi si ubriaca bene e chi male: indovina a quale categoria appartieni tu.»
Le orecchie di Nick si abbassarono leggermente, e un’espressione incerta fece capolino sul suo volto. «È successo qualcosa che non ricordo?»
‘Oh, solo… tutto quanto.’ Ce le aveva lì sulla punta della lingua, quelle parole, e moriva davvero dalla voglia di schiaffargliele in faccia, ma un altro fu il suono che lasciò la sua bocca: «Niente, non è successo niente. Cosa vuoi che combini una volpe brilla in una centrale di polizia?»
«Indispone le conigliette, a quanto sembra.»
«Lo fai anche da sobrio» gli ricordò lei. «E meglio
Nick si lasciò andare sulla sedia, scivolando lentamente e inesorabilmente verso il pavimento – ma la cosa non sembrava turbarlo più di tanto. «Devo averla fatta davvero grossa, ieri, a giudicare dall’astio con cui continui a fissarmi da stamattina.»
«È solo una tua impressione.»
«Muori dalla voglia di arrecarmi male fisico.»
«Probabile.»
«Hai un coltello nascosto nella pettorina.»
«Possibile.»
«Quanto tempo mi resta?»
«Cinque minuti, e lo stai sprecando dicendo…»
‘«Si sta esaurendo il tempo, allora?»’
Judy sbatté le palpebre, chiedendosi cosa fosse stata la voce che credeva di aver appena sentito. «… scemenze.»
«Carotina?» La volpe aggrottò la fronte – il che risultava abbastanza comico, considerando la posizione già di per sé “aggrottata” in cui si trovava in quel momento. «Io sarò ancora mezzo rimbecillito dalla sbronza di ieri sera, ma tu non sembri stare meglio di me.»
‘E di chi pensi sia la colpa, imbecille?’
«Tu sei l’ultimo mammifero che può permettersi di fare certe osservazioni» replicò duramente Judy. «Cosa credi che penserebbe chiunque se adesso entrasse nel nostro ufficio e ti vedesse in quello stato? Sembri un mocio rinsecchito.»
«Trovami un animale che non abbia l’aspetto di uno straccio dopo aver passato l’intera notte a vomitare.»
«Potevi rimanere a casa a dormire» suggerì lei, incrociando le braccia al petto.
«E perdermi un’occasione per stare con la mia coniglietta preferita? Giammai
«Le tue parole mi commuovono, agente Mocio.»
«Smetti di chiamarmi così» protestò Nick, ormai quasi completamente seduto sul pavimento, con la testa appoggiata al bordo della sedia. «È… brutto, non mi si addice.»
«Invece io credo ti si addica perfettamente.» Judy scosse stancamente la testa e riprese a scrivere il rapporto a cui stava lavorando prima che la volpe venisse a darle fastidio.
«Ehi.»
Tap, tap, tap…
«Ehi, Carotina.»
Tap, tap, tap, tap, tap…
«Judy!»
Tap, tap, ta… ‘Cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?’ «… Che c’è ora, Nick?»
A malincuore, la coniglietta si voltò verso di lui.
E inorridì.
«Vieni qui» le disse lui, tendendo le braccia nella sua direzione. «Racconta a questa saggia volpe cosa ti affligge, su.»
 ‘«Vieni qui.»’ Judy si bloccò, come paralizzata. «Non di nuovo» mormorò, d’impulso, colta da un orrore che non era pronta a rivivere.
Era uguale. Era come la sera precedente. Era…
«Piantala di fare la difficile, stai infangando ogni buon stereotipo della tua specie.»
No, invece.
Non era uguale.
La coniglietta si costrinse a non tremare. «Perché dovrei venire da te?»
«Perché hai la scritta “qualcuno mi aiuti” stampata in faccia e, beh, si dà il caso che sia proprio quello che voglio fare, perciò vieni qui e non fare storie.»
Non era uguale, non era uguale, non era uguale.
«Vuoi aiutarmi mentre sei seduto per terra come un barbone?»
«E con ciò?» Adesso era il turno di Nick di incrociare le zampe al petto. «Almeno il pavimento non gira
«Beh, teoricamente la Terra gira, e quindi anche il pavimento su cui sei seduto…» Nel dirlo, una risata le risalì la gola e venne fuori, così pura e nitida che Judy stessa ne rimase genuinamente sorpresa. Come poteva, un suono così cristallino, essere nato dalla sua voce e in un momento come quello?
Eppure, la risposta a quella domanda era esattamente a pochi metri da lei.
Una risposta imbronciata e forse ancora un po’ stordita dai bagordi della sera prima, ma… senza alcun dubbio, nel modo più assoluto, inequivocabilmente sincera.
E forse, dopotutto, lo era sempre stata. Solo che lei non ci aveva creduto davvero.
«Vogliamo parlare di astronomia?» la incalzò Nick. «E parliamone, se questo può farti stare meglio, ma non credo che la rotazione dei pian– EHI!»
Un attimo dopo, nello stesso brevissimo lasso di tempo in cui le palpebre sbattono per mettere a fuoco l’ambiente circostante, Judy era saltata giù dalla sedia e gli si era gettata disperatamente tra le braccia.
Perché non ci aveva creduto? Perché aveva scelto di non crederci?
‘«Io sono sempre io.»’
«Carotina…?»
«Taci» gli intimò, stringendolo con tutta la forza che aveva in corpo – beh, magari non proprio tutta. «Sei un maledetto idiota. Io, io sono una maledetta idiota. Siamo degli idioti, tutti e due.»
«Ehm, okay?» Un paio di zampe gentili le restituirono pian piano l’abbraccio. «Se chiamarci idioti può alleviare le tue pene, suppongo che te lo lascerò fare. Solo per oggi, però.»
E finalmente, finalmente tutto era diventato giusto, e ogni tassello era andato al suo posto, e ogni cosa sapeva di bello e buono esattamente come lei aveva sempre desiderato.
«Io aspetterò.» Così gli disse, di punto in bianco, alzando lo sguardo verso di lui. «Aspetterò, Nick. Ma non farmi aspettare troppo, mi raccomando.»
E Judy rise dell’espressione vuota e confusa della volpe, rise del suo «cosa dovresti aspettare?», rise del modo in cui aveva inclinato la testa nel porle quella domanda – proprio come fanno i lupi – e rise della propria stupidità, perché in fondo era davvero una coniglietta ottusa.
Anzi, gli ottusi erano due.
 
‘E anche la stupidità può diventare felicità, se si è scemi in coppia.’










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Angolino dell'autrice:
Beh, che dire... avevo cominciato a scrivere questa one-shot qualcosa come due settimane fa, in preda ad un'ispirazione miracolosa, e onestamente non sapevo neppure io dove volevo andare a parare. Ho scritto frammenti, che poi ho provveduto a ricucire assieme (e per fortuna ci sono riuscita egregiamente), e fin lì più o meno ero riuscita a destreggiarmi. Finché... non mi è toccato scrivere il finale.
In proporzione, l'80% dell'impegno è andato tutto alla ricerca di una degna conclusione per questa storia, che è venuta fuori così forte, così piena di una moltitudine di sentimenti che ad un certo punto trovare l'epilogo perfetto è diventata una questione di principio. Fino a 24 ore fa non sapevo ancora come fare, navigavo nell'angoscia mentre il contatore delle parole superava le 4000 cifre e io pensavo "quanto sta venendo lunga, diosanto"... a tal proposito, ringrazio JunJun per avermi spronato a non arrendermi a un finale troppo aperto e affrettato (grazie cutipie, luv u), perché grazie al suo incoraggiamento è venuta fuori quella che ritengo una delle one-shot più belle che abbia mai scritto. E spero che sia riuscita a soddisfare anche i palati più raffinati, spero che spingerà alcuni di voi lettori silenziosi, che continuano a mettere questa raccolta tra i preferiti, a lasciarmi un commento e a dirmi perché amano questa raccolta <3 perché - e parlo per esperienza personale - so quanto pesi lasciare una recensione, spendere anche solo un minuto a mettere insieme una frase non banale che faccia capire all'autore che il suo lavoro è giunto a destinazione, nel cuore del lettore. Per questo spero sempre di riuscire a scrivere con una maestria tale da far pensare: "no, deve sapere che è stata grandiosa, deve sapere che mi ha stregato il cuore, deve sapere che è riuscita a donarmi qualcosa", perché è in quel momento che sento di aver davvero raggiunto il mio scopo.
E dunque spero che, nel suo piccolo, questa one-shot riuscirà nel suo intento.
<3
   
 
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