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Autore: Jade Tisdale    28/03/2016    3 recensioni
Post seconda stagione | Nyssara
È passato un mese dalla sconfitta di Slade, e mentre Starling City cerca di risollevarsi in seguito ai danni subiti, il Team Arrow continua a vigilare sulla città, proteggendola dai numerosi e frequenti pericoli.
Sara, invece, ha fatto ritorno a Nanda Parbat. Ma qualcosa, o meglio, una notizia, potrebbe dare una nuova svolta alla sua vita. E mettere a rischio quella di chi le sta intorno.
*
«La tua ragazza» sussurrò la mora «è questa Nyssa?»
Sara annuì, arrossendo lievemente.
«Dev'essere una persona splendida. Voglio dire, se è ancora con te dopo aver saputo di questa storia, significa che ti ama veramente.»
*
«Credevo di essere perduta per sempre» sussurrò, solleticandole dolcemente la pancia nuda «ma poi sei arrivata tu, e hai sconvolto completamente la mia vita. Tu mi hai ritrovata, Sara. Mi hai ritrovata e mi hai fatta innamorare follemente di te con un semplice sorriso.»
Nyssa intrecciò la propria mano in quella di Sara, rossa in viso.
«E poi» proseguì, con un sussurro «in questo inferno chiamato vita, stringerti la mano è la cosa migliore che mi sia potuta capitare.»
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nyssa al Ghul, Oliver Queen, Ra's al Ghul, Sarah Lance, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is the most powerful emotion'
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Capitolo 6: 
The charmer

 

 

 

 

L’acqua della doccia scorreva velocemente sui suoi capelli, e il contatto con il liquido ghiacciato riuscì a svegliarlo completamente.
I graffi che si era procurato durante lo scontro della sera precedente erano profondi e ben visibili sulla sua schiena, ma, fortunatamente, con gli anni aveva imparato a sopportare il dolore.
Oliver si passò entrambe le mani sul viso, sospirando.
«Stanco?»
L'uomo si voltò verso Felicity, in piedi sullo stipite della porta. «Abbastanza» rivelò, coprendosi con un asciugamano.
La bionda delineò un sorriso, incrociando le braccia nervosamente. L’ex miliardario si accorse di quel gesto e le dedicò uno sguardo confuso.
«Tutto bene?» domandò, strofinandosi i capelli con un secondo asciugamano.
Lei annuì, poco convinta. «Solo che...» Sospirò a sua volta, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. «Abbiamo visite.»



Quentin accettò senza troppi convenevoli il bicchiere d'acqua che Felicity gli aveva offerto, ringraziandola con un cenno del capo.
Oliver, seduto di fronte a lui, incrociò le mani. «Perché è venuto qui?»
Il capitano lo osservò silenziosamente per qualche secondo prima di rispondere. «Non potevo aspettare che calasse la notte per incontrarti» ironizzò, poggiando il bicchiere sul tavolino di vetro. «È troppo importante.»
Lui annuì, poco convinto. «La ascolto.»
Quentin sospirò sonoramente, dopodiché gli porse un fascicolo con dei fogli pieni di dati. Sulla targhetta c'era scritto: “L’Incantatore”.
«Questo nome mi dice qualcosa» dichiarò la bionda, con fare pensieroso.
Arrow diede una rapida occhiata all'identikit dello sconosciuto, dopodiché, si soffermò sulla fotografia nella seconda pagina. Raffigurava una ragazza col cranio fracassato che avrà avuto all'incirca l'età di Thea.
«Perché lo chiamate Incantatore?» domandò il ragazzo.
«Perché incanta le donne con il suo fascino. Si presenta alle feste e ai galà dei ricchi, seleziona una preda e, dopo averla abbindolata per bene, la tortura fino ad ucciderla.»
Felicity deglutì, rabbrividendo alla vista di una seconda foto, dove una donna era stata bruciata viva.
«Queste schede risalgono a due mesi fa» sibilò poco dopo l'ex miliardario, fissando attonito un'altra dozzina di fotografie, una più cruenta dell'altra. «Perché non mi ha informato prima?»
«Perché nemmeno noi ne sapevamo nulla» rivelò il capitano, riprendendo il bicchiere tra le mani. «L'Incantatore ha sempre agito a Central City, perciò noi non ne eravamo al corrente. Però, la settimana scorsa...» Sospirò, passandosi una mano sul viso. «Una nostra poliziotta si trovava di guardia ad un party di beneficenza e...»
Quentin si premette le dita sulle palpebre, cercando di trattenere le lacrime. Fu allora che Felicity si coprì le labbra con le dita, sentendosi un'idiota.
«Mi dispiace tanto» sussurrò, affranta. «Mi sono ricordata dove ho già sentito questo nome, l'Incantatore. C'era un articolo sul giornale l'altro giorno, ma non c'era scritto molto, eccetto che era morta una donna molto giovane. Immagino che la vittima fosse-»
Oliver la bloccò con lo sguardo, e il tecnico informatico si strinse nelle spalle, a disagio.
Dopo un primo momento di shock, Lance alzò il viso. Apparentemente, sembrava essersi ripreso.
«Sì, era lei» disse, osservando distrattamente il tappeto scuro e morbido sotto ai suoi piedi. «Si chiamava Susanna Grand. Aveva una figlia di tre anni e un marito disoccupato. È stata uccisa a martellate nel petto.»
Oliver chiuse il fascicolo di colpo, stringendolo tra le mani con forza. «Lo prenderemo, detective.»
«Lo spero» ammise Quentin, con un sorriso amaro. Poggiò nuovamente il bicchiere sul tavolino, dopodiché, si alzò in piedi. «Ora è meglio che vada. Ho alcune faccende da sbrigare.»
«Solo una domanda» s'intromise la bionda, alzandosi a sua volta di scatto, «avete qualche idea sulla sua identità? Potrebbe essermi utile per individuarlo il prima possibile.»
Il capitano sospirò ancora. «No, nessuna. Purtroppo tutte le sue vittime sono decedute e non ci sono testimoni. Gli altri partecipanti alle cerimonie hanno assicurato che non hanno notato niente di strano,e che non c'era nessun imbucato alle loro feste. Stiamo cercando un ago in un pagliaio.»
Oliver annuì, dopodiché, allungò una mano in direzione di Lance. «Le faremo sapere.»
L'uomo ricambiò la stretta, puntando i suoi occhi in quelli dell'ex miliardario. Ci mise un altro paio di secondi prima di farsi forza e porgere quella fatidica domanda che da giorni lo perseguitava. «Ho sentito dire che nelle ultime serate una donna vestita di nero ha aiutato Arrow a catturare dei criminali» affermò.
Arrow abbozzò un sorriso. «Non si tratta di Sara, se è questo che pensa. In realtà, non la sento da un po’.»
Quentin fece una smorfia. «Nemmeno io.»
I due si scrutarono in silenzio per diverso tempo prima di parlare ancora, mentre Felicity spostava rapidamente lo sguardo da Oliver a Quentin, e viceversa.
«Adesso che conosce la mia vera identità, potremmo organizzare una festa» scherzò il ragazzo, riuscendo a strappare un sorriso al capitano.
«Non credo che un poliziotto sarebbe ben accetto in mezzo a un gruppo di vigilanti, ma possiamo sempre tenere da conto l’idea per incastrare il nostro killer» rispose con ironia. «Tenete pure il fascicolo, e avvisatemi non appena scoprite qualcosa.»
«Ci conti.»
Dopo che Quentin fu uscito dalla casa, Felicity ritornò in salotto e osservò il fidanzato confusa. «Perché gli hai mentito?»
Oliver corrugò la fronte. «A che ti riferisci?»
«A Sara.»
Arrow sospirò, compiendo qualche passo verso di lei. La bionda incrociò le braccia, in attesa.
«Quando Sara è tornata, ci ha fatto promettere di non dire niente a suo padre, ricordi?» esordì, con tono di voce pacato. Attese che la bionda annuisse prima di proseguire. «Non gliel’ho detto per questo motivo. E poi, sono sicuro che Sara e Nyssa ci stiano nascondendo qualcosa di grosso. Forse Quentin sarà più al sicuro se non saprà che sua figlia è tornata in città, almeno fino a quando non capiremo cosa c’è sotto.»
Felicity deglutì in silenzio, e capì che probabilmente Oliver aveva ragione. Ma, dentro di sé, non riuscì a non chiedersi che cosa avesse davvero spinto le due donne a tornare a Starling City.
Ho un brutto presentimento... veramente brutto.

*

Sara si passò una mano sul ventre, sospirando.
Era da poco uscita dalla doccia, e quando era passata davanti allo specchio della camera da letto, si era resa conto che qualcosa, in lei, stava cambiando.
«Nyssa?» esclamò ad un tratto, ruotando appena il corpo sul fianco destro.
L’erede del Demonio la raggiunse nella stanza poco dopo e, non appena la vide in biancheria intima, non riuscì trattenere una risata. «È un po’ tardi per la prova costume, non trovi?»
La bionda continuò ad osservare il proprio corpo, senza ascoltare realmente le parole di Nyssa. «Dai, vieni qui.»
La ragazza si avvicinò allo specchio, dopodiché, poggiò a sua volta una mano sul ventre dell’amata e il mento sulla sua spalla. «Che ti prende?»
L’altra rimase in silenzio per qualche secondo, aspettando il momento giusto per parlare. «Guarda» disse semplicemente, senza indicare nulla in particolare.
 Subito dopo, sentì la mora passarle l’indice sulla spalla destra.
«È quasi guarita» disse, riferendosi alla ferita che Sara si era procurata il mese prima durante uno scontro.
«Non intendevo questo» proseguì Canary, arricciando il naso. «Non sembra anche a te che mi stia crescendo la pancia?»
«Sei incinta» rise a labbra chiuse la mora, allontanandosi «mi sembra logico che ti cresca la pancia. No?»
Sara fece una smorfia, seccata. Nel frattempo, l’erede estrasse una maglietta bianca dal cassetto e la passò alla bionda.
«Non intendevo questo. Di nuovo» mugugnò Sara, infilandosi la t-shirt di malavoglia.
Nyssa la osservò con serietà mentre continuava a rimirarsi allo specchio. «Hai intenzione di passare tutto il giorno chiusa qui dentro?»
Canary mise le mani sui fianchi, dopodiché, sbuffando, si sedette sul bordo del letto. «Sono preoccupata» ammise, e Nyssa capì all'istante a cosa si riferisse.
«Dovrai dirglielo, prima o poi.»
«Lo so. Ma ho comunque paura» rivelò Sara, prendendosi la testa tra le mani.
La mora si sedette al suo fianco e le accarezzò la schiena con fare rassicurante, e quando Sara alzò il viso, Nyssa le dedicò un sorriso sincero.
«Andrà tutto bene.»
La bionda sorrise appena, non del tutto convinta. «Lo spero.»
L'altra ritrasse la mano. «Piuttosto» esordì, inarcando un sopracciglio «perché non mi spieghi come hai fatto a non accorgerti di essere incinta? Non ne abbiamo mai parlato.»
Sara sussultò, ma non riuscì a non chiederselo a sua volta.
«Io...» Deglutì, ripensando alle settimane successive a quando aveva lasciato Oliver e a come lei non si fosse accorta di nulla. «Penso che fosse lo stress. Insomma, il mio ritorno alla Lega, Salde Wilson... direi che controllare se avessi il ciclo o meno fosse l'ultimo dei miei pensieri.»
Nyssa abbassò lo sguardo, annuendo appena. «Comunque, non pensarci troppo. La pancia non si nota ancora, perciò...»
«...ho ancora tempo per riflettere su come dirlo ad Oliver.»
La mora delineò un sorriso. «Sì. Ma vedi di non metterci troppo.»
«Mi sembra di sentire Sin.»
«Allora dovresti ascoltare entrambe.»
Detto questo, Sara rise, e Nyssa inarcò un sopracciglio.
«E adesso che ti prende?»
Canary si lasciò andare sul materasso morbido, attendendo che Nyssa si stendesse al suo fianco. «Hai notato che di recente le nostre conversazioni più intense le abbiamo a letto?»
La figlia del Demonio rise a sua volta, per poi lanciare dolcemente un cuscino sul viso dell’amata.

*

«Non capisco» esordì Laurel, incrociando meccanicamente le braccia. «Perché mio padre non me ne ha parlato? Voglio dire, anch'io ho sentito notizie riguardo all’Incantatore, però...» sospirò, incontrando lo sguardo di Oliver «lui sa che sono in contatto con Ar- con te. Non riesco a capire come mai non mi abbia inclusa nel pacchetto.»
«Già, a proposito» s’intromise Sara, «com’è che papà ha scoperto di Oliver?»
L’ex miliardario incrociò le mani dietro la schiena, abbassando appena il capo. Si preparò a dare una spiegazione alla bionda, ma la sorella di quest’ultima lo precedette.
«È successo pochi giorni dopo che è stato rilasciato dall’ospedale» spiegò Laurel.
Sara inarcò un sopracciglio, confusa. «Come?»
Oliver serrò le labbra per un paio di secondi, senza un reale motivo. «Non lo so neanch’io» ammise, la voce ridotta ad un sussurro. «Quando ho saputo che tuo padre si è sentito male dopo la tua partenza, sono rimasto abbastanza... scosso.»
Canary annuì appena, ripensando con disgusto al momento in cui Laurel l’aveva chiamata dicendole che il padre era ricoverato in ospedale, mentre lei era su quella nave con Nyssa, in viaggio per tornare a Nanda Parbat. Avrebbe tanto voluto tornare indietro e restare al fianco di Quentin, ma non se l’era sentita di abbandonare nuovamente Nyssa, perciò si era tenuta telefonicamente in contatto con la sorella per diversi giorni. E ora, si sentiva doppiamente in colpa, perché era tornata a Starling City da quasi un mese e non si era ancora degnata di andarlo a trovare o di fargli una semplice telefonata per chiedergli come stesse.
«Non so cosa mi sia preso» proseguì Arrow. «Forse volevo solamente dimostrargli che gli ero vicino e che avevo fiducia in lui. Però, quando gli rivelai la mia vera identità, mi resi conto che lui già lo sapeva. Sapeva di tutti noi.»
«Beh, almeno a qualcosa è servito, visto che ha abolito subito la Task force Anti-Vigilante» commentò John.
Roy sorrise appena, pensando a quanto quella situazione fosse buffa. Fino all’anno prima era stato arrestato diverse volte ‒ anche se grazie a Thea non aveva mai passato più di qualche ora in commissariato ‒, mentre ora si ritrovava ad essere alleato del capitano della polizia.
«E questo ci riporta alla mia domanda di prima...»
«Probabilmente non voleva metterti in mezzo. Quest’uomo è pericoloso, Laurel» disse Oliver, rivolto all'avvocato.
«È agghiacciante» commentò John, sfogliando per l’ennesima volta le fotografie all’interno del fascicolo dell’Incantatore.
Nyssa si avvicinò di qualche passo al gruppetto, poggiando le mani sui fianchi. «Se ce lo avessi qui davanti, lo torturerei fino a fargli implorare la morte.»
Oliver le dedicò un’occhiata indefinibile, mentre Felicity replicò alla sua affermazione. «Conserva i pensieri maligni per questa sera.»
«Questa sera?» chiese Sara.
Il tecnico informatico annuì. «Ci sarà un galà di beneficienza in Downtown Street, presso il vecchio teatro comunale.»
«Bene.» L'ex miliardario si voltò nuovamente verso i suoi compagni. «Dig, Roy, avete uno smoking elegante?»
I due si scambiarono un’occhiata eloquente, fino a quando un sorriso non contornò le labbra di entrambi.
«Noi dove ci vuoi?» domandò Sara, con Nyssa e Laurel complici appena dietro di lei.
Oliver serrò nuovamente le labbra, poggiando accuratamente una mano sulla spalla della bionda. «Qui.»
Sara incrociò d’istinto le braccia. «Scusami?» esclamò, inarcando un sopracciglio. «Credi davvero che ce ne staremo qui con le mani in mano mentre un maniaco psicopatico se ne va in giro per la città ad uccidere delle donne innocenti?»
«Maniaco psicopatico» sottolineò, rivolgendosi anche alle ragazze poste dietro a Canary. «È per questo che non voglio che vi muoviate da qui. Se vi accadesse qualcosa, vostro padre avrebbe non uno, ma ben tre motivi per uccidermi.»
Nyssa, al sentirsi tirata in ballo, arricciò il naso. Sara mantenne lo sguardo serio fisso su Oliver, mentre Laurel tentò lo stesso gioco con gli altri due membri del team.
«Non guardarci in quel modo, non siamo noi a comandare qui» si giustificò Roy, scuotendo appena il capo.
«Mi dispiace, ragazze, ma non ho nessuna intenzione di mettervi in mezzo. Vi ricordate cos’è successo l'anno scorso, quando abbiamo usato Felicity come cavia per acciuffare Mathis?»
«L’avete salvata in tempo.»
«In tempo è la parola chiave, Laurel» proseguì Arrow. «E se non riuscissimo a salvarvi in tempo? La prossima su quel fascicolo potrebbe essere una di voi.»
«Adesso basta!» Felicity scattò in piedi, mostrando tutta la sua ira in uno sguardo. «Come puoi paragonarmi a loro? Come puoi paragonarmi a delle donne che sono perfettamente in grado di difendersi da sole? A differenza mia, loro sono addestrate, Oliver.»
«Laurel non la è» sibilò l'ex miliardario, spostando lo sguardo dalla sua ragazza alla sua ex nel giro di mezzo secondo.
«Non saprò combattere contro un esercito di burattini col Mirakuru nelle vene, ma qualche corso di autodifesa l’ho fatto pure io» protestò l’avvocato, a testa alta.
«In ogni caso, noi cinque le copriremo le spalle» s’intromise la figlia del Demonio, sott’intendendo che lei e Sara, in ogni caso, li avrebbero seguiti.
Oliver continuò a guardare Laurel negli occhi, sospirando. «Posso concedere a loro di venire con noi,» proseguì, indicando Sara e Nyssa con lo sguardo «ma tu...»
«Io sono l’ultima arrivata» commentò la maggiore delle sorelle Lance, seccata «quindi non posso fare altro che seguire gli ordini. Ho recepito il messaggio, forte e chiaro.»
«Laurel, non intendevo ques-»
«No, ti prego, risparmiami le tue scuse. Resterò qui a far compagnia a Felicity. Di sicuro riceverò più soddisfazioni seduta qui con lei che sul campo con te che ti comporti da mammina ogni due secondi.»
Detto questo, Laurel si avvicinò all’amica, mentre Sara le riservava un’occhiata dispiaciuta. In fondo, però, sapeva che Oliver aveva ragione: Laurel non era addestrata, e portarla con sé sul campo di battaglia sarebbe stato come condannarla ad una morte certa.
Non avevano scelta se non lasciarle un po’ di tempo per sbollire la rabbia, dopodiché, sarebbe tornato tutto alla normalità.



Il grande salone principale del teatro era pieno di miliardari, poliziotti, e, ovviamente, giornalisti.
Sara, Nyssa, John e Roy si gettarono nella mischia, mentre Oliver, travestito da Arrow, osservò l’andamento del party dal tetto di un edificio lì vicino, pronto ad attaccare in caso l’Incantatore fosse fuggito ‒ sempre nell’ipotesi che si fosse presentato al galà, altrimenti si sarebbero semplicemente svagati per una serata.
I quattro si divisero: Dig si posizionò non molto distante dall'entrata, Roy iniziò a camminare verso il centro della sala guardandosi costantemente intorno, mentre le due donne rimasero vicino al bancone del buffet.
Dopo alcuni minuti di calma apparente, Sara iniziò ad assaggiare tartine e salatini di tutte le qualità, fino a quando l’amata, accorgendosi dell'esagerata quantità di cibo che la bionda stava ingoiando, le lanciò un’occhiata severa.
«Forse dovresti smetterla con gli stuzzichini.»
«Perché dici così? Ne ho solo mangiati un paio.»
«Ne ho contati dieci» sibilò la mora, togliendole il piatto di mano. «Piantala, o ci toccherà offrire la cena a tutta questa gentaglia.»
Sara fece una piccola risata, provocando un’occhiata confusa da parte di Nyssa.
«Gentaglia?»
«I ricchi sono gentaglia» proseguì la figlia di Ra’s, arricciando il naso. «Nella maggior parte dei casi sono persone meschine, capaci di raggirare chiunque pur di raggiungere il proprio volere. Non pensano a nessuno se non a sé stessi, e non si prendono le colpe dei propri errori, ma addirittura arrivano a corrompere le persone intimandole di mentire pur che le loro cazzate non saltino fuori. I ricchi sono falsi e calcolatori e-»
«Posso sentirvi, sapete? La comunicazione è aperta a tutti noi.»
Al sentire la voce di Oliver, Nyssa sussultò. Nella sua mente si materializzarono delle scuse che non riuscì a tramutare in parole, ma ci pensò Felicity a tenerle la parte.
«Guarda che non ha tutti i torti. Tu sei l’eccezione che conferma la regola, tesoro.»
Canary incrociò le braccia, sbuffando. Mise su un finto broncio, e nello stesso istante incrociò lo sguardo di un ragazzo che stava camminando verso di lei. Alto, biondo, occhi color del cielo, sorriso smagliante e fisico invidiabile, non avrà avuto più di venticinque anni ‒ e, se ce li aveva, li portava alla grande. Il prototipo perfetto del criminale perfetto.
Sara ricambiò il sorriso, e l’uomo le ammiccò.
Non appena la ebbe superata, non prima di averle dedicato un ultimo sguardo, Nyssa ruotò appena la testa di lato, assumendo un’espressione indescrivibile.
«E quello cos’era?»
«Si chiama flirtare.»
La mora inspirò profondamente, trattenendosi dall’inseguire mister sorriso perfetto. «Non ti pare un po’... fuori luogo?»
Sara fece spallucce nel suo abito beige, agguantando un altro paio di stuzzichini. «Nulla che non sia umano.»
«Abbiamo una missione, Sara. E il piano di Oliver non prevede che ci perdiamo in corteggiamenti.»
«Fanculo Oliver e il suo piano.»
«Vi ricordo che posso sentirvi. Di nuovo.»
«Spegni quella maledetta comunicazione invece di origliarci, dannazione!» esclamò Sara, con un pizzico di ironia nella voce. Fin dalla notte dei tempi, malgrado fosse innamorata di lui dal primo momento che l’aveva incontrato, Sara si era sempre permessa di riservagli degli insulti gratuiti solo per il semplice gusto di farlo.
L’erede serrò la mascella, cercando inutilmente di placare l’ira che stava crescendo dentro di lei. «Hai una ragazza» le ricordò a bassa voce, nella speranza di non farsi sentire dagli altri. «Non mi sembra un comportamento adeguato civettare con un uomo in sua presenza» proseguì, parlando di sé in terza persona. E quando Nyssa parlava di sé in terza persona, significava che stava davvero perdendo le staffe.
Sara, d'altro canto, non appena trovava un modo per infastidire la sua amata, ne approfittava finché l’altra non ammetteva di essere gelosa, rinunciando a difendere il suo onore.
«Aha! Ecco perché non ti va giù che io ci provi con dei ragazzi, perché tu non lo puoi fare!» esclamò la più giovane delle sorelle Lance, appurando che il suo piano per stuzzicare la figlia del Demonio stava andando alla grande.
Nyssa incrociò le braccia con fare superiore. «Solo perché non mi piacciono gli uomini, non significa che io non sappia sedurli.»
«Sì, certo, come no. Scommetto che non riusciresti a fare colpo nemmeno su un uomo presente in questa stanza.»
Nyssa inarcò un sopracciglio. «Mi stai sfidando, per caso?»
Sara delineò un sorriso. «Può darsi.»
«Siete ad un galà» le interruppe Roy, poggiando l'indice destro sull'auricolare. «Non potreste cercare di essere professionali almeno per una sera?»
«Forse Sara non ha tutti i torti» ammise Diggle, mentre camminava tra la folla. «Non sappiamo che faccia abbia l’Incantatore, perciò ci conviene stuzzicarlo un po’.»
«E noi come facciamo? Ti ricordo che siamo uomini» protestò il ragazzo.
«Probabilmente Sara e Nyssa sapranno cavarsela benissimo da sole» s’intromise Felicity.
Roy annuì. Dopotutto, non era male come idea.
«Tu sei d’accordo, capo?»
Oliver soppesò sulle parole di Arsenal per diverso tempo prima di prendere una decisione. «Cercate di non allontanarvi dalla sala principale e di restare nel campo visivo di Roy e Dig.» Una pausa. Poi un sospiro. «Non mettetevi nei guai, vi prego.»
Le due donne si scambiarono un’occhiata d’intesa.
«Allora... sfida accettata?» domandò Sara, allungando la mano destra in direzione dell’amante.
Nyssa ci rifletté un paio di secondi prima di ricambiare la stretta. «Sfida accettata.»



«Se non la smetti resterai senza.»
Laurel si voltò di scatto verso Felicity, intuendo all’istante a cosa si riferisse: quasi dieci minuti prima aveva preso a mordicchiarsi nervosamente le unghie, e solo allora si rese conto che tutta la fatica che aveva messo nelle ultime settimane per farle ricrescere era stata inutile.
Sospirò, passandosi una mano sul viso. Era veramente stanca.
«Tutto bene?» domandò la bionda. Laurel osservò di sottecchi il monitor del computer dell'amica: il suo auricolare era acceso, ma il microfono era stato spento. Sicuramente voleva parlare di Oliver, di Sara o di qualcos’altro che l’avrebbe fatta innervosire più di quanto già non fosse.
«Sì. Alla grande» rispose, senza mostrare alcuna vena di ironia nella voce.
Felicity delineò un sorriso. «A me non sembra.»
Un altro sospiro uscì dalle sue labbra. «Se devi dirmi qualcosa, allora dilla e basta. »
Il tecnico informatico accavallò le gambe, ruotando la sedia alla sua destra in modo da avere la completa visuale sulla castana. «Tu sei forte» esordì, con tono pacato. «Hai superato la presunta morte di tua sorella e del tuo fidanzato, cosa che pochi sarebbero riusciti a fare.»
«Mi stavano tradendo. Tutti e due» puntualizzò, mettendo su un broncio che fece stringere ulteriormente il cuore di Felicity. «Direi che è stato abbastanza facile superare la perdita.»
La bionda sospirò a sua volta, consapevole che quella conversazione sarebbe servita a ben poco.
Però, ci doveva comunque provare.
«Capisco che tu ti senta, come dire, trascurata, ma non è affatto così. Tu sei molto importante per la squadra, Laurel.»
«Sono nell’Ufficio del Procuratore, il che, occasionalmente, mi permette di fare qualcosa, ma di solito me ne sto qui ad aspettare che gli altri tornino con le mani sporche di sangue.»
«Questa vita è più dura di quanto sembri» commentò Felicity, abbassando appena il capo. «Probabilmente tu la vedi come una cosa eccitante, andare là fuori a combattere il crimine, ma non la è. Voglio dire, è bello poter aiutare le persone, però... è un rischio enorme. Per tutti quanti.»
Laurel soppesò un paio di secondi sulle sue parole, per poi tornare a torturarsi il pollice destro. Tanto, peggio di così.
«Dovresti essere felice del fatto che Oliver si preoccupi per te, no?» domandò il tecnico informatico, ruotando appena la testa di lato. «Cioè, sì, mi ha letteralmente data in pasto a Slade due mesi fa, e l'anno scorso col fabbricante di bambole ci ho quasi lasciato la pelle, però...»
«Però io non sono ritenuta abbastanza indipendente da prendere le decisioni da sola.»
Felicity scosse la testa, sorridendo ancora. «Però, in entrambe le occasioni, chi era in pericolo più di tutti gli altri?»
Laurel sentì il respiro morirle dentro. Era strana, quella sensazione. Egoismo, forse? O era semplicemente il senso di colpa che la stava consumando da dentro?
Dopotutto, Oliver l’aveva protetta fino a quel momento, e lei si era addirittura arrabbiata con lui.
Dannazione. Dinah Laurel Lance, sei veramente una stupida.
Felicity le mise una mano su una gamba, con fare rassicurante. «Io lo amo» sussurrò, «e credo che anche lui mi ami. Però, rimarrà sempre legato a te. Probabilmente è destino. Quindi, la prossima volta che cercherà di proteggerti, cerca di essere dalla sua parte anche se la cosa ti infastidisce. Probabilmente prima o poi si stancherà di correrti dietro e inizierà a fregarsene. Se continui così, rischi di non poter più contare su di lui, e sarebbe un peccato.»
La maggiore delle sorelle Lance lasciò uscire tutta l’aria che aveva trattenuto dentro di sé fino a quel momento, sentendosi all’improvviso più leggera.
«Grazie» bisbigliò, con gli occhi lucidi. «Non capisco come fai a non essere...»
«Gelosa?» la anticipò l’altra. «Perché mi fido di lui. E forse dovresti cominciare a farlo anche tu.»



Nyssa digrignò i denti, visibilmente infastidita.
A pochi metri da lei, Sara stava parlando non con uno, non con due, ma con ben tre uomini con un sorriso sghembo stampato in viso che le ronzavano intorno da diversi minuti.
Uno di loro era molto alto ‒ così alto che in confronto Sara sembrava una pixie ‒, di carnagione scura, ed era un poliziotto.
Probabilmente è un amico di suo padre e l’ha riconosciuta pensò la figlia del Demonio. Probabilmente parlano del più e del meno, o dello strano caso che gli è stato assegnato questa mattina. Non sta per forza flirtando con lei, no?
No. Era ovvio che ci stesse provando con lei, così come gli altri due ragazzi, poco più che ventenni e indubbiamente dei figli di papà ‒ dopotutto, che cosa potrebbero mai fare dei ragazzini ad un party di beneficienza?!
Non era neanche tanto il fatto che Sara fosse riuscita ad infatuare tre uomini ad infastidirla, quanto che loro la stuzzicassero e che lei ricambiasse con piacere.
Piantala. Sai bene che non ti tradirebbe mai. Lo sta facendo per la missione, dopotutto.
Già. Per la missione. Sara lo stava facendo per la missione.
Però era anche vero che quando voleva sapeva davvero come farla ingelosire, quella bionda psicopatica.
E lei, invece, non era ancora riuscita a parlare con nessuno.
Non che non ci avesse provato, anzi. Più e più volte un uomo le aveva rivolte dei lunghi sguardi e dei sorrisi dolci, e lei aveva ricambiato con gioia, credendo di avercela finalmente fatta. Dopo alcuni minuti, però, aveva scoperto che l’uomo in questione stava sorridendo ad un altro uomo, nientemeno che il cameriere posto dietro al bancone del buffet incaricato di servire le bevande alcoliche.
Per una volta tanto che vorrei fare colpo su un uomo, quello che scelgo è gay. Che strano scherzo del destino.
Eppure, negli ultimi anni, lei e Sara ne avevano fatte veramente tante di sfide. Certo, in un modo o nell’altro la bionda ne era sempre uscita come vincitrice, ma Nyssa, almeno, avrebbe dovuto trarne qualche insegnamento, dalle sue sconfitte.
Sara avrebbe indubbiamente vinto anche questa volta.
«Punch?»
La mora, presa alla sprovvista, si voltò di scatto, e per poco non andò a sbattere contro un uomo poco più basso di lei. Tuttavia, per lo spavento, l’uomo in questione lasciò cadere i due bicchieri che aveva in mano; fortunatamente, Nyssa li recuperò con un rapido scatto appena in tempo, prima che toccassero il pavimento.
«Wow» commentò lui, sbalordito «che riflessi!»
L'erede del Demonio sorrise appena, porgendo i due calici al ragazzo. «Non c’è di che» commentò. «Dovresti stare più attento» disse poi, pronta ad allontanarsi.
Ma, prima che riuscisse a compiere un solo passo, la voce dell’uomo la bloccò di nuovo.
«Io... io parlavo con te, poco fa...»
Nyssa inarcò un sopracciglio, scuotendo appena il capo. «Scusami, non ricordo. Stavo controllan- cercando un’amica tra la folla. Che stavi dicendo?»
Il ragazzo inspirò, drizzando le spalle subito dopo, come per darsi sicurezza. «Volevo sapere se ti andava del punch.»
La ragazza non rispose, colta di sorpresa.
Eccola lì, la sua occasione. Un ragazzo stava cercando di attaccare bottone con lei.
Dentro di sé, Nyssa stava morendo dalla gioia e dallo stupore, ma probabilmente tutto ciò che riuscì ad esternare fu un’espressione nauseata e contraddittoria, perché l’uomo si fece improvvisamente serio.
«Non volevo essere così sfacciato, insomma... sì, cioè, non ti conosco, ma ti ho vista qui tutta sola e ho pensato che ti andasse un po’ di compagnia.» Sorrise, e nel mentre gli spuntò una fossetta sulla guancia destra. «Sono Josh Hunter, comunque.»
Nyssa sorrise a sua volta, accettando il bicchiere di punch. «Nyssa Raatko» disse infine, stringendo calorosamente la mano dell’uomo.



Sara sbuffò, avvicinandosi nuovamente al bancone del buffet. Da sola.
Aveva liquidato i tre ragazzi fingendo di dover andare urgentemente al bagno ‒ effettivamente dopo aver mangiato quegli stuzzichini il suo stomaco aveva iniziato a mandarle dei segnali strani ‒, e non appena erano spariti dalla sua visuale, era tornata nell’esatto punto in cui, pochi minuti prima, si era accostata insieme a Nyssa.
A proposito, dove diamine si era cacciata? Ormai era da diversi minuti che non la vedeva, e ciò non fece altro se non far crescere un senso di ansia in lei.
Maledetta. Se davvero credeva che farla preoccupare fosse un buon modo per vendicarsi del suo comportarsi da civetta di pochi minuti prima, allora a Nyssa servivano un paio di lezioncine su come rendere divertente ‒ e non traumatico ‒ un rapporto di coppia.
«Gente, mi sentite?» domandò ad un tratto, premendo il tasto sull’auricolare.
«Forte e chiaro. Che succede?» fu la riposta di Diggle.
«Ho perso di vista Nyssa.»
Silenzio.
«Felicity?»
«Ci penso io!» esclamò il tecnico informatico, in risposta ad Oliver. Si udì il rumore delle sue dita che digitavano rapidamente sulla tastiera del computer, poi, alcuni istanti di assoluto silenzio. «Ha spento la comunicazione» constatò pochi secondi dopo.
Canary deglutì, mentre il suo cuore cominciava a battere sempre più velocemente.
«Ma» aggiunse, «se mi date un paio di minuti posso accendere la connessione del suo auricolare in remoto.»
Sara sorrise, espirando con tranquillità.
«Trovato qualcosa?» chiese Arrow.
«Solamente tre idioti che hanno cercato di attaccare bottone, ma nessuno di loro era un valido candidato per essere l’Incantatore.»
«E cosa te lo fa pensare?» chiese John, incuriosito.
«Non hanno insistito più di tanto. Voglio dire, se si fosse veramente trattato di lui, dopo diversi minuti passati a chiacchierare dubito che mi avrebbe concesso di dileguarmi così facilmente.»
«Giusta osservazione» commentò Oliver. «Mi raccomando, tenete gli occhi aperti. Ci risentiamo tra dieci minuti.»
Sara annuì appena, dopodiché, spense il microfono. Un attimo dopo, la sua attenzione fu catturata da qualcuno che si era avvicinato a lei.
«Posso sapere che cosa ci fa una così bella ragazza qui tutta sola?»
La minore delle sorelle Lance alzò lo sguardo, incontrando quello dell’uomo dal sorriso celestiale che aveva incrociato pochi minuti prima.
Proprio la persona che stava cercando.
«La tua amica ti ha abbandonata?»
Sara incrociò le braccia, ruotando appena la testa di lato. «Già, proprio così.»
Il ragazzo delineò un sorriso sghembo. «Meno male» commentò, «credevo che fosse la tua ragazza.»
Sara mostrò uno dei suoi più falsi sorrisi, ma dentro di sé, desiderò con tutta sé stessa tirargli uno di quei ganci che fanno venire male alla mascella per giorni.
«E se anche fosse?» chiese, nel modo più ironico possibile. «Sarebbe un problema, per te?»
«Direi di no.» Un altro sorriso mieloso. «Voglio dire, se non lo è per te.»
Per un attimo, Sara si sentì svenire. L’aspettava una lunga e noiosa serata.



All’inizio, quando Josh aveva proposto a Nyssa di sistemarsi in un punto meno caotico della sala, la donna aveva esitato. In primis perché allontanandosi non avrebbe più potuto tenere d’occhio Sara, e poi, con l’Incantatore presumibilmente nei paraggi, non se la sentiva proprio di trovarsi impreparata o colta di sorpresa durante un attacco improvviso.
D’altronde, l’uomo che aveva appena conosciuto non le dava per niente l’idea di essere un tipo che potesse ammaliare le donne: non si faceva la barba da chissà quanto, il nodo alla cravatta sembrava fatto da un bambino delle elementari e non aveva ancora bevuto un sorso di punch.
Altro che Incantatore, dava più l’idea di essere un tizio rimasto chiuso in casa per giorni, a cui, una volta uscito nuovamente all’aria aperta, venisse difficile interagire con altri esseri viventi.
Si erano seduti sui gradini della scalinata che conduceva al piano superiore del teatro, abbellita da un lungo tappeto rosso e da diversi quadri di inestimabile valore posti sul muro adiacente.
«Hai proprio un bel vestito» disse ad un tratto il ragazzo, facendo tornare Nyssa alla realtà.
E lo era veramente. Era nero, con dei filamenti dorati disposti orizzontalmente, ed era così lungo da arrivare quasi a coprirle le caviglie, ma con un leggero spacco che le avrebbe permesso di combattere senza troppa fatica: al particolare abito, aveva abbinato un paio di sandali neri con tacco non troppo alti, più comodi di quanto pensasse. Per l’occasione, Nyssa aveva deciso di lasciare i capelli sciolti e di indossare un paio di orecchini celesti, che non aveva mai avuto l’occasione di sfoggiare.
«Ti ringrazio. Me l'ha prestato la mia raga- sorellastra» buttò lì, maledicendosi mentalmente per l'imminente gaffe.
«Il mio fratellastro a malapena mi concedeva uno strappo a scuola di tanto in tanto, ma di solito mentiva a nostra madre dicendole che mi accompagnava, quando invece mi faceva scendere dopo un isolato e dovevo farmela a piedi.»
Ah, però. Simpatico il fratellone.
«Comunque, non mi sembra un argomento adatto ad una serata come questa» concluse, mandando finalmente giù il primo sorso del liquido rosso.
«In effetti, mi stavo chiedendo che cosa ci fa un tipo come te in un posto del genere. Non mi sembri-»
«Un miliardario? No, in effetti non lo sono proprio» rise. «Sono il proprietario di un bar in centro che ho inaugurato poco più di un anno fa, ma non credo di potermi definire una persona ricca.»
«Quindi, perché ti trovi qui?»
Josh sospirò, poggiando il bicchiere su un gradino. «Per sostenere quell’idiota del mio fratellastro, per l’appunto.»
«Credo di non capire» commentò l’erede, più confusa che mai.
«Presenterà il meeting. O meglio, lui sarà quello che leggerà un discorso non scritto da lui agli invitati cercando di convincerli a stilare degli assegni il più alti possibile, in poche parole un-»
Questa volta, fu Nyssa a non lasciargli finire la frase.
«Volevo dire, da quanto ho capito non sembra che andiate molto d’accordo. Come mai sei venuto a sostenerlo nonostante ciò?»
Il ragazzo si passò stancamente una mano sul viso. «Lo faccio per mia madre» rivelò, la voce ridotta ad un sussurro. «Kenneth è nato dal suo primo matrimonio con un tizio pieno di soldi. Si sono separati quando lui era molto piccolo, e dopo pochi anni mia madre ha conosciuto un altro uomo, si è risposata e ha dato alla luce me.» Fece una pausa, soppesando sulle parole da usare. «Mio padre ha sempre trattato Ken come se fosse suo figlio, visto che il suo padre biologico era parecchio assente, uno dei tanti motivi per cui mia madre ha chiesto il divorzio. Io gli ho sempre voluto un gran bene, ma nonostante tutto l’affetto che ha ricevuto, negli anni ha accumulato la rabbia e il dolore che la separazione dei genitori gli ha provocato, fino a diventare esattamente come suo padre. Un egocentrico, snob, riccone con la puzza sotto al naso. A diciotto anni è andato a vivere con suo padre e ha iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia. Quel gran bastardo, sa solo lui da dove li prende tutti quei soldi. Comunque, mia madre ha insistito affinché io mantenessi un rapporto con lui, perciò, ogni tanto, fingiamo di andare d’accordo per farla contenta. Che spasso, vero?»
Nyssa fece una smorfia indecifrabile, probabilmente divertita.
«Perdonami, ma basta un sorso di alcol per farmi venire la parlantina.»
«Me ne sono accorta» rise lei, sistemandosi una ciocca ribelle dietro all’orecchio.
«E tu, invece?» domandò, incrociando le braccia. «Sei qui in veste di ricca ereditiera?»
La figlia di Ra’s lasciò uscire un lungo sbuffo ‒ anche se da un lato trovò divertente il fatto che Josh l’avesse chiamata ereditiera, visto che lei era l’erede del Demonio. «Figuriamoci. Non ho nemmeno un lavoro.»
Il castano buttò giù un altro sorso di punch, gustandoselo con lentezza. «Davvero?»
«Davvero.»
Josh soppesò sulle parole della donna per alcuni secondi, prima di scolarsi tutto il bicchiere in un colpo solo.
«Okay, allora facciamo così» esordì, sfregando le mani «se tu mi concedi un ballo, in cambio ti regalerò un contratto a tempo indeterminato presso il mio locale. Ci stai?»
Nyssa delineò un sorriso furbo. «Devo ammettere che è una proposta allettante» disse, incrociando le braccia. «Però, prima di darti una risposta certa devo parlarne con la mia ra- sorellastra.»
L’uomo si accigliò. «Come mai?»
L’erede si irrigidì di colpo, udendo una vocetta stridula rimbombarle nella testa all’improvviso.
«Terra chiama Nyssa, si può sapere dove ti sei cacciata?»
La diretta interessata deglutì, innervosita. Non era proprio il momento adatto.  E adesso...?
«Non fare finta di niente con me! So benissimo che puoi sentirmi» proseguì Felicity.
«Ti senti bene?» domandò il ragazzo, notando l’improvvisa stranezza della mora.
Quest’ultima annuì freneticamente, per poi tossicchiare. «È solo che, sai com’è, sono appena uscita da un tremendo raffreddore e... credo di non essere ancora guarita del tutto.»
«Oh mio Dio, sei con qualcuno?»
«Però, che brutta cosa ammalarsi in piena estate! Immagino che ti abbia dato parecchio fastidio, magari hai dovuto rinunciare ad andare in vacanza per colpa di un malanno!»
«Eh già, proprio così» rispose Nyssa, con un sorriso tirato.
«Okay, perfetto, allora ti seguo. Utilizziamo la tattica di poco fa. Un colpo di tosse vale a dire sì, due colpi no, tre non lo so. Stai bene?»
Un colpo di tosse.
«Sei con l’Incantatore?»
Due colpi di tosse.
«Sapevi di aver spento la comunicazione?»
Tre colpi di tosse. Ma no, che non lo sapeva. Era già tanto se riusciva ad utilizzare un computer e un cellulare, figuriamoci se era in grado di interagire con degli auricolari.
«Okay... posso espandere la comunicazione anche agli altri? Sara è molto preoccupata.»
Tre colpi di tosse, che, per Nyssa volevano dire “fa’ come ti pare”. Poi, però, soppesò su quanto le era appena stato detto.
Sara è molto preoccupata.
Oh. Quindi la regina dei flirt aveva perso la sfida. Che soddisfazione, la vittoria.
«Lo prenderò come un sì. Allora, buona fortuna.»
Il tutto si svolse in una ventina di secondi, quindi, per Josh, parve come un semplice attacco di tosse.
Quando fu sicuro che Nyssa si sentisse meglio, le dedicò un sorriso. «Dov’eravamo rimasti?»
L’erede spostò lo sguardo in un punto indefinito alla sua sinistra. Lei ricordava benissimo dov’erano rimasti, per questo sperò con tutta sé stessa che il ragazzo se ne fosse dimenticato.
«Ah, giusto!» disse ad un tratto. «Mi stavi spiegando come mai devi chiedere il permesso a tua sorella per diventare una mia dipendente.»
La mora deglutì. «Ecco... io non sono molto brava come barista, o cameriera. Ci ho già provato e, a dirla tutta, non è esattamente il lavoro che fa per me. Anche lei sta cercando un impiego, perciò, magari potrebbe interessarle, visto che è più portata di me in certe cose» buttò lì, e per la prima volta dopo la sua ultima chiacchierata con suo padre, si complimentò mentalmente con sé stessa per la sua dote naturale nel riuscire a mentire alle persone su due piedi. «In ogni caso, ti farò sapere qualcosa.»
«Certamente. Ti lascio il mio biglietto da visita. Il numero è sul retro» spiegò, porgendole un cartoncino beige. Era disegnata una tazza di caffè fumante, con su scritto: “Mystery Café.”
«Quindi» proseguì la donna, senza riuscire a smettere di sorridere «ai party di beneficienza si balla anche?»
Josh rise a sua volta, passandosi distrattamente una mano tra i capelli. «Di solito no, ma, sai com’è, mio fratello si è appena fidanzato e ha richiesto che dopo le donazioni, che dovrebbero iniziare a momenti, venga concessa una mezz’ora di danze, cosicché gli ospiti non se ne tornino subito a casa. O meglio, questo è quello che ha detto lui. In realtà sappiamo benissimo entrambi che lo ha fatto solamente per farsi vedere in compagnia della sua futura sposa. A Kenneth è sempre piaciuto essere al centro dell’attenzione.»
Nyssa trattenne a stento una risata. Quel ragazzo era veramente buffo.
«Comunque, non mi hai ancora detto che cosa ci fa una plebea come te ad un ricevimento di così alto ceto sociale.»
L’erede tossicchiò nuovamente, aumentando così il tempo a sua disposizione per trovare una scusa credibile. «Un amico della mia sorellastra è qui per fare una donazione, e ci ha chiesto di accompagnarlo.»
Josh annuì convinto, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quello di Nyssa. Se l’era bevuta sicuramente.



«E così, vorresti dirmi che una bella principessa come te è venuta ad un party simile senza un cavaliere?»
«No, sono sola» sbuffò Sara, guardandosi ansiosamente intorno. «L’avrò ripetuto almeno tre volte» sibilò tra sé e sé.
Lucas, il tizio biondo dal sorriso angelico che la stava torturando da più di dieci minuti, non era l’Incantatore. Anche perché, se lo fosse stato, non appena l’avesse scoperto lo avrebbe sicuramente preso a botte senza ritegno.
Era un semplice playboy che si riteneva chissà chi, ma, per sua sfortuna, dopo qualche sillaba Sara aveva smesso di dargli peso, e ciò provocò in lui, oltre che un grande sconforto, anche un misto di rabbia. Di sicuro era uno di quelli che non accettava un rifiuto, perciò, l’unico modo per placare il suo turbamento era assillare la ragazza in questione fino a quando essa non si arrendeva al suo fascino. Peccato, però, che lui non conosceva bene Sara.
«Ti va un bicchiere di champagne?» disse ad un tratto, porgendo un flûte alla bionda.
La minore delle sorelle Lance, per un istante, fu tentata di accettare; poi si ricordò che non molto tempo prima aveva già fatto uno strappo alla regola bevendo un bicchiere dello stesso spumante insieme a Nyssa, e ciò la fece esitare. Non era un’esperta di bambini, ma di certo l’alcol non era salutare per una donna incinta.
«No, ti ringrazio» rispose, declinando la proposta. «Non mi va.»
Il biondo inarcò un sopracciglio, confuso, ma non ebbe il tempo di proferire parola: l’attenzione di tutti i presenti, Sara compresa, fu attirata da un forte boato.
Non proveniva dal salone principale, ma era comunque lì vicino, indubbiamente dentro all’edificio.
La reazione di Sara fu immediata: non si curò minimamente delle voci di Oliver e Felicity che urlavano nell’auricolare. I suoi pensieri andarono ad una sola persona, e pregò con tutta sé stessa di trovarla presto.



 








Okay, mi sembrava che per colpa mia i personaggi stessero avendo una piccola dipendenza da caffè, così questa volta a Quentin è toccata l'acqua e a Nyssa il punch xD
Che impressione vi ha dato il nuovo personaggio, Josh Hunter? Secondo voi è solo di passaggio o avrà rilevanza nella vita sentimentale e non di Nyssa? Sono curiosa di sentire le vostre idee ^^
E, per quanto riguarda il finale del capitolo... io so già cosa accadrà, ma non vi spoilero nulla (d’altronde, sappiamo tutti a chi stia pensando Sara u.u). Spero di non lasciarvi troppo a lungo sulle spine, ma visti i miei impegni non so quando potrei aggiornare *corre a nascondersi*

   
 
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