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Autore: _cercasinome_    08/04/2016    2 recensioni
“Tempo al tempo, Lucy” pensò tra sé e sé, mentre un breve soffio di vento gelido come il ghiaccio, le scombinava i capelli biondi.
Lei e Natsu si guardarono con gli occhi sgranati, notando entrambi il sorriso improvviso sulle labbra di Juvia, per poi sorridere a loro volta, mentre al ragazzo sfuggiva un’altra lacrima.
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Introduzione piuttosto breve, vi invito quindi a leggere a storia. Grazie a tutti in anticipo!
ATTENZIONE SPOILER PER CHI GUARDA SOLO L'ANIME
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray Fullbuster, Lluvia, Lucy Heartphilia, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Rain of Tears

La pioggia cadeva dal cielo ininterrottamente da ben cinque giorni, lavando tutte le macerie dalla polvere e dal fango formatosi dalla terra bagnata. Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato, in quel luogo.
Nessun rumore, nessun movimento. Neanche un filo di vento. Niente di niente, fatta eccezione per il suono ovattato delle gocce d’acqua che si infrangevano al suolo.
Anche il cielo era spento. Plumbeo, un’immensa distesa grigia vuota. Non si vedeva il sole da cinque giorni. Le stelle e la luna avevano avuto lo stesso trattamento, nascoste all’occhio degli abitanti della terra che vivevano anche ad una distanza di un paio di chilometri da quel posto.
Si, il tempo sembrava essersi fermato e, di conseguenza, pareva che non ci fosse alcuna vita, lì. Tutto era fermo, morto.
Fece un altro passo nel fango, continuando a guardarsi intorno, lasciando che la pioggia scivolasse lungo il suo corpo, bagnando i capelli, i vestiti e le bende che ricoprivano il suo torace, la testa e gli arti.
Anche il suo sguardo era spento, perso nel vuoto, privo di vita. E non era per niente normale per quegli occhi verde smeraldo sempre luminosi e sorridenti.
Sollevò leggermente la testa non appena notò la figura che aveva davanti voltarsi verso di lui.
Anche il suo sguardo sembrava vuoto, ma, anche se solo leggermente, incoraggiante. Certo, quel coraggio che cercava di trasmettergli era comunque avvolto dalla tristezza. Un’opprimente tristezza. Non poté, però, non apprezzare quell’immane, ne era sicuro, sforzo.
Vide le sue dita aumentare la stretta sul lungo manico dell’ombrello rosso che riparava i suoi capelli biondi e tutto il suo corpo dalla pioggia, mentre gli indicava, voltando il capo, un punto a qualche metro da loro.
Immediatamente percepì una stretta al cuore ed era sicuro che lei ebbe la stessa sensazione. Infatti la vide, con la coda dell’occhio, asciugarsi gli angoli degli occhi con il palmo della mano tremante. Ma fu tutto inutile. Non riuscì a trattenere il pianto a quella vista e iniziò a singhiozzare silenziosamente, scuotendo le spalle.
Avrebbe voluto dire qualcosa, confortarla, aiutarla. Ma non poteva. Sapeva che lui non poteva.
Non avrebbe saputo neanche cosa dirle.
Quella sensazione dolorosa al petto si fece più forte, costringendolo a stringere i pugni lungo i fianchi per trovare la forza necessaria per continuare a camminare.
Superò la ragazza, imprimendosi nella mente l’immagine del suo viso in lacrime. Non poteva non soffrire al solo pensiero, ma gli stava bene. Era colpa sua. Doveva pagare per ciò che aveva fatto e sapeva che la sofferenza dei suoi amici, per quanto gli facesse male, non era comunque abbastanza.
Fece un passo dopo l’altro, sempre più lentamente. Sembrava che stesse camminando su dei chiodi. Più si avvicinava, più il dolore e il senso di colpa aumentavano.
Camminava a capo chino, ma con lo sguardo fisso sul punto davanti a lui che gli aveva fatto salire le lacrime agli occhi solo guardandolo.
Si fermò ad un metro di distanza, non riuscendo più ad avanzare e facendo un profondo respiro, cercando di ricacciare indietro le lacrime e il groppo che si era formato in gola.
Doveva dire qualcosa. Doveva fare qualcosa. In fondo era lì per quello. Ma non ci riusciva.
Lei era lì, proprio ai suoi piedi, ma lui non aveva il coraggio di muovere un solo muscolo.
Si diede mentalmente del fallito, mentre scuoteva violentemente il capo.
-Juvia…- sussurrò con uno strano tono di voce che non gli apparteneva.
La ragazza sembrava non aver neanche sentito.
Solo dopo un intero minuto, ancora inginocchiata per terra e completamente indifferente alla pioggia, voltò leggermente il capo, alzandolo verso di lui.
-Nastu-san, ti sei svegliato finalmente-
Sentì il terreno sprofondare sotto ai suoi piedi e la pressione dell’aria che lo circondava diminuire, rendendogli difficile respirare regolarmente alla vista di quel viso, rigato dalle lacrime che lei ormai versava senza neanche rendersene realmente conto. Ma ciò che il suo sguardo, inumiditosi improvvisamente, non riuscì a sopportare fu quel sorriso malinconico che, ne era sicuro, non aveva mai visto fare alla maga dell’acqua, in nessuna occasione.
 -Che sollievo. Hai fatto preoccupare tutti quanti-
Il ragazzo dai folti capelli dal colore dei ciliegi in fiore tremò, e non per la pioggia che scorreva lenta sul suo corpo, ma per quel tono gentile che, lo sapeva, non meritava per niente.
-Juvia è felice che Natsu-san stia b…-
-Smettila!-
La ragazza si ammutolì, bloccata da quell’urlo improvviso, ma non fece niente: non sgranò gli occhi, non lo guardò sorpresa. La sua espressione poteva essere sintetizzata con una sola e semplice parola: vuota, proprio come tutto l’ambiente che la circondava e di cui, ormai, faceva parte.
Natsu non riuscì più a trattenere le lacrime, permettendo finalmente loro di bagnargli le guance coperte dai cerotti e di mischiarsi con la pioggia.
Si accasciò per terra, affondando le dita nel fango, mentre la schiena era scossa da singhiozzi più dolorosi di una pugnalata al cuore.
-Smettila- ripeté, questa volta era quasi un sussurro. La forza che aveva mantenuto fino a quel momento l’aveva abbandonato improvvisamente, scivolando al suolo fangoso, insieme alle sue lacrime.
-Juvia non…-
-E’ colpa mia! Sai benissimo che è colpa mia! Lo sapete tutti! Perché continuate a trattarmi così?! Perché ti comporti come se non avessi fatto niente?!- singhiozzò il Dragon Slayer del fuoco, strizzando gli occhi, non riuscendo a guardare la maga accanto a lui.
Se solo avesse alzato lo sguardo, si sarebbe accorto dell’espressione intenerita della maga e sapeva perfettamente che non sarebbe riuscito a sopportarla.
-Non è colpa di Natsu-san. Non è colpa di nessuno se…- lasciò in sospeso la frase, non riuscendo a continuare, mentre posava gli occhi sull’oggetto davanti a sé: una semplice croce di legno conficcata nel terreno che non sembrava diversa da tutte le altre che la circondavano. Ma non era così. Non per Fairy Tail.
Non per Nastu.
Non per Juvia.
-Non è vero! Sono stato io! Ho ucciso io Gray!!!-
-No-
Natsu sgranò leggermente gli occhi, spostando lo sguardo appannato su Juvia. Non aveva urlato, ma il suo tono era talmente deciso che sembrava quasi lo stesse rimproverando.
La vide stringere fra le dita sporche di fango la gonna blu strappata e sgualcita, mentre il suo sguardo non si spostava di un millimetro da quella croce che lui, ancora, non aveva avuto il coraggio di guardare.
-Natsu-san non era in sé. Non è stato lui. Nastu-san non… lui non avrebbe mai…- neanche adesso riuscì a continuare la frase, costretta a prendersi il volto fra le mani e a dare sfogo al suo pianto disperato.
Anche il pianto di Natsu si fece più forte, contagiato dalla maga.
Sbatté i pugni per terra con forza, schizzandosi del fango addosso.
Perché?! Perché era successo?!
Si, non era in sé e non ricordava niente di quanto fosse successo cinque giorni fa. Ma gliel’avevano raccontato. Aveva costretto Lucy a dirgli ogni singolo dettaglio, nonostante lei non fosse in grado neanche di parlare a causa del pianto e della tristezza che le opprimeva il cuore.
Ma lui, alla fine, aveva saputo. Sapeva tutto e, si cazzo! Era colpa sua!
Era colpa sua e della sua debolezza! Se fosse stato abbastanza forte non avrebbe permesso a E.N.D, il demone che da sempre era assopito in lui, di prendere il sopravvento su di lui, su Nastu, il Dragon Slayer del fuoco di Fairy Tail.
Si era trasformato in un brutto e spietato mostro senza memoria e coscienza perché era debole! Dannatamente debole!
Aveva attaccato i suoi amici, i suoi compagni, la sua famiglia. Era diventato incontrollabile e nessuno era riuscito a fare niente. Si limitavano a difendersi, ma era tutto inutile: E.N.D era troppo potente. Ma loro non potevano neanche contrattaccare. Si trattava sempre di Natsu!
Era stato Gray, l’unico a farsi avanti, nonostante le urla di Erza e Lyon che gli intimavano di farsi da parte, il pianto di Lucy e lo sguardo indecifrabile di Juvia puntato sulla sua schiena.
-Sono un Devil Slayer. Il Devil Slayer del giacchio, questo è compito mio- aveva detto serio, gettando la sua maglia al vento e preparandosi a combattere.
Lui non ricordava assolutamente niente di quello scontro, eccetto un piccolo momento. Era durato solo qualche secondo, il tempo di vedere Gray in fin di vita che a malapena si reggeva in piedi e di ascoltare  la sua voce.
-Io sigillerò la tua oscurità. Mi hai sentito, fiammifero?!-
Poi buio, di nuovo.
Si era risvegliato in un letto improvvisato in uno dei pochi edifici di Magnolia rimasti in piedi, con Lucy e Happy al suo fianco. Si era messo seduto, nonostante il dolore lancinante che gli attraversava tutto il corpo, sorridendo ai due amici, facendogli capire che lui stava bene e non dovevano più preoccuparsi. Ma le loro espressioni erano strane e indecifrabili, così si era fatto raccontare per filo e per segno tutto quello che era successo nell’ultima fase della guerra contro Alvarez, di cui non ricordava niente.
Non riusciva davvero a credere al racconto di Lucy. Era troppo incredibile! Non poteva essere vero. Non doveva essere vero!
Gray non…non poteva non essere più lì con loro. Era assolutamente impossibile! Non voleva crederci!
Gray era la sua nemesi. Il suo eterno rivale, ma non solo. Erano cresciuti insieme. Si conoscevano da tanto, troppo tempo. Era come suo fratello.
Probabilmente, la persona di cui si fidava maggiormente, a Fairy Tail. L’unico che voleva battere a tutti i costi, ma a cui avrebbe affidato più che volentieri la sua vita, in qualsiasi momento.
Avevano affrontato tantissime avventure insieme. Avevano combattuto, scherzato, litigato, riso, pianto insieme. Come scordare quando si era unito, sottocopertura, ad Avatar. Fino alla fine, non aveva smesso di credere in lui. Perché si, forse il cuore di Gray era fatto di ghiaccio, ma in fondo loro due erano uguali. E proprio per questo, neanche lui avrebbe mai tradito i suoi nakama.
Anche la battaglia contro Tartaros era stata difficile e li aveva messi a dura prova. Ma ricordava perfettamente che era bastato fidarsi di lui per riuscire a vincere. Un lavoro di squadra degno di un team di Fairy Tail.
Non l’avrebbe ammesso con nessuno, ma era una persona fondamentale nella sua vita. Da sempre. Era anche merito suo se era diventato quello che era, perché il suo obiettivo principale, oltre quello di trovare Igneel, era sempre stato quello di superare Gray, di riuscire a batterlo.
Una vita senza di lui, era inimmaginabile.
Con Gray, moriva anche una parte di Natsu.
Fairy Tail non sarebbe mai stata la stessa. Lui non sarebbe mai stato lo stesso.
Le risse con Gajeel, Erza, Elfman e gli altri ragazzi non avrebbero più avuto senso. E che fine avrebbe fatto il team più forte di Fairy Tail?!
Non era pronto a perdere un’altra persona così importante!
Le immagini del corpo privo di vita di Igneel che si dissolveva nel vento erano ancora vivide in lui. E Zeref? Aveva appena scoperto che era suo fratello e l’aveva visto svanire, insieme al corpo del Primo.
Non poteva perdere anche Gray!
E poi… non per colpa sua!!!
Nulla era più doloroso della morte di un amico se non la consapevolezza di essere la causa di questa! Come poteva vivere con questo peso sullo stomaco?! Era impossibile!
Avrebbe preferito morire, anche lui!
“Vuoi scappare?” lo aveva deriso una voce nella sua testa, che assomigliava tanto a quella di Igneel, non appena quel pensiero le attraversò la mente.
Quella voce sembrò accendere una lampadina dentro di lui. Doveva trovare lei.
Si era alzato di corsa dal letto, nonostante i rimproveri di Porlyusica e del master Makarov, indossando un paio di pantaloni e facendosi portare immediatamente da Lucy in quel posto, da lei.
Inizialmente la ragazza aveva tentennato, ma, alla fine, non era riuscita a dire no a quegli occhi verdi così depressi.
Durante la strada gli aveva raccontato che Juvia era rimasta lì dalla fine della battaglia e, da quel momento, aveva sempre piovuto, senza nessuna interruzione.
Da allora, erano passati cinque dannatissimi giorni. Cinque giorni in cui lui non aveva fatto altro che dormire su uno stupido letto mentre Juvia era rimasta sola, in mezzo al fango, sotto la pioggia, senza mangiare e senza bere.
Si sentiva un verme.
Un bastardo.
Sapeva cosa la maga dell’acqua provasse per Gray, lo sapevano tutti tranne il diretto interessato, forse. E, proprio come tutti gli altri, aveva capito che Juvia non era tanto indifferente neanche al mago del ghiaccio. Solo perché non si interessava a certe cose, non voleva dire che non le capisse.
Li aveva separati. Li aveva divisi, per sempre.
E, la cosa peggiore era che, a detta di Lucy, che l’aveva saputo da Erza con la quale Juvia si era confidata, Gray aveva deciso, finalmente, di dare una risposta alla maga dell’acqua. Ma solo dopo la sconfitta di Alvarez.
Quando l’aveva saputo, aveva avuto l’istinto di colpirsi con uno dei suoi pugni alla massima potenza.
Per colpa sua, Juvia, avrebbe vissuto il resto della sua vita senza mai sapere la cosa più importante della sua vita.
Perché si, sapeva che la vita di Juvia girasse attorno a Gray, oltre che a Fairy Tail. E non perché fosse una maga infantile in preda agli ormoni. Ma perché era merito di Gray se Juvia aveva scoperto il significato della parola “nakama”. Era merito di Gray se Juvia era entrata a far parte di Fairy Tail. Era stato Gray a farle capire il vero senso dell’amore.
E lui aveva strappato alla ragazza la sua felicità.
Come poteva non sentirsi in colpa? Come poteva credere a tutti quelli che cercavano di convincerlo che non era affatto colpa sua? Tra cui la ragazza che ancora piangeva al suo fianco.
-Mi dispiace, Juvia-
La ragazza formò due fessure fra le dita, in modo da poter vedere Natsu senza però togliere le mani dal volto. Ma non poté non abbozzare un sorriso e far scivolare le braccia sulle gambe quando incrociò lo sguardo seriamente pentito del mago.
Tirò su col naso, senza smettere di piangere.
-Natsu-san deve stare tranquillo. Juvia sta bene, non ce l’ha con lui- disse di nuovo la maga, nonostante le sue lacrime la tradissero.
Ma non era mai stata più seria. Come faceva ad avercela con lui?
Lei e Natsu non erano mai stati “amici per la pelle”. Juvia faticava parecchio ad approcciarsi con l’altro sesso e, gli unici ragazzi con cui riusciva a rapportarsi senza troppi problemi erano Gajeel e Gray. Ma erano comunque nakama, uniti da un forte legame, come tutti i membri di Fairy Tail.
Lei non aveva nulla da perdonargli.
Semmai, era proprio lui che doveva perdonare se stesso.
Si azzardò a poggiare una sua mano sul pugno chiuso di Nastu, sorridendogli dolcemente anche se, ancora, un leggero velo di tristezza copriva i suoi occhi.
-Basta piangere, Natsu-san. Cosa direbbe Gray-sama se ti vedesse in questo stato?- disse, piegando leggermente il capo da un lato e chiudendo gli occhi a mezza luna, non riuscendo a frenare le nuove lacrime uscite allo scoperto non appena pronunciò quel nome.
Natsu, non seppe bene come, riuscì a trovare la forza di abbozzare un sorriso, mentre si passava il dorso di una mano sotto al naso e, con l’altra, stringeva quella di Juvia.
-E tu, allora?- le rispose, pizzicandole una guancia e sporcandola con il fango.
Juvia soffocò un singhiozzo, lasciando che Natsu stringesse entrambe le sue mani fra le proprie.
Aveva proprio bisogno di un contatto umano in quel momento. Di qualcuno che potesse considerare come un membro della sua famiglia. Certo, in quei giorni Gajeel, Erza, Lucy e tutti gli altri le erano stati vicini. A turno, le facevano tutti compagnia, portandole qualcosa da mangiare e da bere che lei, puntualmente, non toccava neanche. Avevano provato a consolarla, a farla parlare e sfogare con loro. Ma lei non aveva aperto bocca, limitandosi a sorridere malinconica a quella croce e ad ascoltare distratta quello che le raccontavano riguardo le condizioni dello stesso Natsu e di tutti gli altri. Era da cinque giorni che non parlava con qualcuno.
Gajeel non l’aveva presa tanto bene. Se non fosse stato per Levy, probabilmente l’avrebbe costretta a parlare con i suoi metodi. Sapeva che lo faceva solo per il suo bene, e le dispiace far preoccupare tutti i suoi compagni in quel modo.
Ma non aveva avuto il coraggio. Fino a quel momento.
Nastu era diverso. Natsu era sempre stato diverso a Fairy Tail. Come dicevano tutti quelli che lo conoscevano, Natsu aveva il potere di scaldare il cuore delle persone.
E Juvia, in quel momento, aveva proprio bisogno di calore., proprio come lo stesso Dragon Slayer. In quel momento, si sentiva più vicina a lui che a chiunque altro.  Ma non solo calore “metaforico”. Vero e proprio calore fisico.
In fondo, da cinque giorni si trovava sotto la pioggia e, nonostante lei non facesse alto che pensare a Gray, il suo corpo iniziava a risentirne. E anche della mancanza di cibo e di sonno.
Infatti, mentre il calore di Natsu, dalle sue mani, le avvolgeva tutto il corpo, lei si lasciò cadere in avanti, appoggiando la testa sulla spalla del mago.
Lo sentì reagire immediatamente e la strinse forte fra le sue braccia. Juvia si lasciò cullare dal ticchettio della pioggia e, finalmente, riuscì a chiudere gli occhi e scollegare la mente, abbandonandosi fra le braccia di Morfeo.
Natsu, istintivamente, le lasciò un bacio fra i capelli bagnati e si voltò verso quella croce, simbolo di quanto successo.
“Sta tranquillo, ghiacciolo. Ci penserò io a lei!”
No. Altro che morire! Non poteva assolutamente! Non avrebbe lasciato Juvia sola. Aveva bisogno di lui, lo sapeva. Lei, Lucy, Happy, Erza e tutti gli altri.
Lucy sorrise intenerita davanti a quella scena, asciugando le ultime lacrime che si erano fermate sui suoi zigomi.
Alzò il capo, spostando l’ombrello in modo da poter vedere il cielo sopra di sé.
Sentì la pioggia cadere sul suo viso, ma non ci badò. Il cielo era ancora grigio e continuava a piangere, ma riusciva a vederlo. Alcune nuvole si erano schiarite ed era impossibile non notare i deboli raggi del sole dietro di loro.
Sapeva che Juvia non avrebbe superato facilmente tutta quella situazione e che, probabilmente, avrebbe continuato a piovere per altri giorni o settimane. Ma quello era già un inizio.
Loro non avevano nessuna fretta. Avrebbero superato anche quella, come sempre.
Bastava rimanere insieme.
Tornò a coprirsi con l’ombrello, non appena notò Nastu avvicinarsi a lei, con Juvia tra le braccia.
Scostò alcune ciocche che si erano appiccicate sulla fronte dell’amica per poi spostare il suo sguardo su Natsu.
Gli passò una mano tra i capelli rosa, in un gesto dolce e gentile.
Anche per Natsu non sarebbe stato facile, ma lei era lì per lui. Gli sarebbe stata al suo fianco per tutto il tempo necessario. Era disposta perfino ad accontentare ogni suo capriccio. L’unica cosa che desiderava era poter rivedere il suo sorriso, tutto qui.
Ma quello sul suo volto era rabbia, verso se stesso, tristezza e senso di colpa.
Si alzò sulle punte, lasciando un bacio sulla fronte del ragazzo, per poi coprire tutti e tre con l’ombrello rosso e incamminarsi con Nastu verso la gilda distrutta, dove tutti li stavano aspettando.
“Tempo al tempo, Lucy” pensò tra sé e sé, mentre un breve soffio di vento gelido come il ghiaccio, le scombinava i capelli biondi.
Lei e Natsu si guardarono con gli occhi sgranati, notando entrambi il sorriso improvviso sulle labbra di Juvia, per poi sorridere a loro volta, mentre al ragazzo sfuggiva un’altra lacrima.
Gray era lì, insieme a loro. E li avrebbe aiutati. Avrebbe vegliato su di loro e avrebbe continuato a ridere, scherzare, vivere insieme a loro.
Perché Fairy Tail era un’avventura eterna.
E Gray era e sarebbe stato per sempre un membro di Fairy Tail.
  
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